LIEVITI CHIMICI, NATURALI. LEVARE/ALZARE

Partendo dal presupposto che senza il blastomicete naturale (perché è a tutti gli effetti un lievito naturale!) S. cerevisiae sia in pratica impossibile ottenere un prodotto alimentare derivante da una fermentazione alcolica come il pane, ritengo però che la panificazione sia solo uno dei tanti settori in cui lo vedono protagonista.

 Il discorso delle allergie/intolleranze a questo myces naturale sembra essere però la problematica più diffusa ormai da circa 7/8 anni. I motivi che hanno scatenato, e scatenano la reazione allergica verso, questo lievito possono essere diversi e imprevedibili anche se personalmente non mi sento certo di escludere, tra le ipotetiche cause, l’utilizzo/abuso di questo microrganismo in dosi eccessivamente elevate negli impasti, da parte di qualche industria del settore nell’ultimo decennio. Da queste considerazioni, nasce quindi la domanda che mi sento fare quasi a ogni corso: “A una persona intollerante/allergica al S. cerevisiae posso fare il pane con il lievito naturale di pasta acida?”.  La risposta negativa sembra scontata, anche se in effetti dipende da molti fattori tra i quali: il grado di allergia ed intolleranza (non sono sinonimi!) e dalla concentrazione espressa in UFC/g del blastomicete. Non avendo conoscenze specifiche in proposito non possiamo valutare per ogni soggetto quale sia la soglia oltre la quale si scatena la risposta immunitaria da parte dell’organismo, la reazione allergica vera e propria con intervento delle Immunoglobuline E (IgE) e dei mastociti oppure la reazione d’intolleranza. Tale risposta dell’organismo non si manifesta cosi rapidamente come l’allergia, ma è molto lenta e operata da cellule del sistema immunitario, diverse dalle precedenti Immunoglobuline. Non si può quindi escludere a priori che il lievito naturale di pasta acida possa agire anch’esso in tal senso data la presenza nel suo interno di S. cerevisiae.  E’ obbligo fare corretta informazione proprio per la grande confusione e poca conoscenza che l’opinione pubblica ha sull’argomento. Per prima cosa è giusto far comprendere al consumatore che il Saccharomyces cerevisiae è un lievito naturale, che è sporigeno e quindi per forza di cose, i locali, le attrezzature ecc., del panificio, della pizzeria ecc., sono contaminati, a meno che non si lavori in luoghi separati e appositi in cui vi siano anche dei sistemi di filtraggio e purificazione dell’aria presente, e per ultimo che il lievito naturale di pasta acida o madre è costituito da una microflora dominante selvaggia in cui i batteri lattici convivono (in alcuni casi anche in simbiosi stretta!) con una coltura di lieviti proprio del genere Saccharomyces(S. exiguus, cerevisiae ecc.) oltre ad altre innumerevoli specie microbiche. È pertanto impossibile tecnicamente realizzare un impasto da pane, pizza, grande lievitato, sfogliato lievitato, pasta brioches ecc., senza l’intervento del S. cerevisiae (impasto diretto corto, lungo, biga, poolish, pasta di riporto, madre) a meno che non si creino appunto condizioni particolari ed esclusive di produzione. Tali prodotti specifici devono essere realizzati escludendo prima di tutto a priori una qualsiasi forma di contaminazione microbica e in seguito favorendo la produzione degli stessi in assoluta e totale assenza di qualsiasi tipologia di lievito naturale biologico o facendo uso del cosiddetto lievito chimico. La parola lievito in questo caso è utilizzata nell’unico senso attribuibile al verbo levare/alzare e non al reale e specifico significato microbiologico. Il lievito chimico rispetto a quello biologico presenta un minor tempo di lievitazione (pochi minuti rispetto alle ore) e nessuna perdita di carboidrati per la trasformazione metabolica in alcool etilico, anidride carbonica, acqua e composti volatili in generale. L’anidride carbonica sviluppata non è altro che il gas prodotto da una semplice reazione chimica. Il lievito “chimico”, come dice la parola, non è altro che una sostanza creata dalla combinazione di uno o più sali in grado di reagire tra di loro, con l’acqua presente nell’impasto, per azione del calore al fine di produrre il gas carbonico chimico. La velocità di generazione della CO2 dipende dalla solubilità dei vari componenti chimici che compongono la sostanza lievitante utilizzata, ma soprattutto dalla velocità di reazione che i diversi acidi mostrano nei confronti del bicarbonato.  Generalmente si utilizzano tal quali: bicarbonato di ammonio E 503 e bicarbonato di sodio E 500 oppure una miscela di più componenti chimici come nel caso del baking powder, cremor tartaro, fosfato monocalcico, pirofosfato di sodio, glucone D-lattone ecc. La lievitazione chimica abbinata a quella fisica è il principio sul quale si basano alcuni prodotti di pasticceria, ma nella produzione specifica del pane, della pizza può presentare qualche difficoltà in più.