COSA VUOL DIRE...FARE QUALITA'

Si è parlato recentemente di qualità del pane e sono emerse alcune considerazioni estremamente importanti che interessano l’intero comparto della panificazione artigianale.

Fare un prodotto di qualità non vuol dire avere la presunzione di fare il pane meglio di chiunque o farla solamente a parole, ma vuol dire avere la certezza di garantire ed analizzare la sinergia dei parametri che quotidianamente (tecnicamente nel linguaggio di marketing sono conosciuti anche con il nome di “attributi”) concorrono ad elevare lo standard qualitativo: sapore, odore, colore, consistenza, forma, imballaggio (materiale e migrazione), prezzo, etichettatura, sicurezza, bilancio nutrizionale, naturalità, genuinità, durata commerciale (shelf – life) e grado di servizio fornito al cliente. Detto questo ritengo opportuno fare delle semplicissime considerazioni personali alle quali sono giunta nel momento in cui vagavo per le corsie di un supermercato qualsiasi analizzando le caratteristiche di tutti i pani industriali confezionati. La prima cosa che ho notato è stata quella relativa ad un notevole miglioramento della qualità dei prodotti mediante l’utilizzo d’ingredienti di qualità tra i quali in alcuni casi l’utilizzo proprio di olio extravergine di oliva, latte intero, burro e lievito naturale e di conseguenza l’immediata scomparsa nell’elenco degli ingredienti degli additivi volontari, limitando l’uso al solo alcool etilico nella confezione. Le aziende che a tutt’oggi utilizzando ancora nel pane industriale confezionato moltissimi additivi: E 481, gomma di guar, E 282, E 300, acido citrico, E 471, E 472 sono aziende non italiane ed in alcuni casi di provenienza oltre oceano. Un'altra osservazione la farei anche sul valore nutrizionale del pane industriale confezionato rispetto al pane fresco artigianale: molto confrontabile non solo …ma con un grado di servizio migliore! Beh che dire… una doccia fredda anzi freddissima? No, un campanello d’allarme, una sveglia che ci deve far riflettere su come elevare a livelli altissimi la qualità del nostro prodotto, in un periodo in cui il pane artigianale è costantemente sotto i riflettori. La qualità in termini di migliorie delle caratteristiche sensoriali, di conservabilità, di cottura non si fa utilizzando elevate percentuali di lievito compresso, lavorando con il metodo diretto, operando la fermentazione ad oltre 40°C, procedendo con una cottura sempre e comunque per tutti i tipi di pane e per qualsiasi pezzatura a 250°C, utilizzando farine scadenti e poi additivandole, aggiungendo volontariamente in questi prodotti, dopo averli lavorati in questo modo, additivi per migliorare la conservazione, la tenuta ecc. Ritengo una grande offesa personale e di conseguenza per tutta la nostra categoria quando sento dire: il pane dopo 2 ore è gomma, non ha sapore, è crudo e costa tanto!  Il pane non deve essere fatto e “buttato là” tanto per fare solo perché si ha fretta, non deve avere una vita di scaffale di 2 ore, ma di 15 – 20 ore, non deve essere senza sapore, ma con un aroma ed un sapore impagabile e caratteristico, deve essere ben cotto e croccante, deve essere fatto con farina, acqua, sale e lievito, deve essere il frutto di continui aggiornamenti professionali… perché se no… è chiaro che il consumatore si rivolge altrove!

La qualità sensoriale del prodotto si ottiene solo con lavorazioni indirette lunghe (bighe, lievito naturale ecc.), con materie prime di qualità, con tecniche di lavorazioni opportune, considerando le caratteristiche di ciascun impasto, ma soprattutto rispettando i tempi di lavorazione e di cottura alle corrette temperature. Cerchiamo di non commettere gli stessi errori che fecero per anni le grandi aziende perché ora lo hanno capito e sono già corse ai ripari. Il pane fresco artigianale rappresenta  la nostra vita, la nostra storia, le nostre tradizioni, ma soprattutto non dimentichiamoci che resta un alimento genuino non additivato e che si apprezza prima con l’olfatto e poi con il gusto. E’ il suo profumo che inebria i nostri sensi ed evoca ricordi e fantasia …non l’odore dell’alcool etilico quando apro una confezione!

-  ARTE BIANCA -   anno LXIV numero 30 del 27 luglio 2009  -