Hai un problema tecnico di produzione nel settore dell'arte bianca (pane, pizza, grandi lievitati, prodotti da forno in generale)? Il tuo prodotto ha un difetto? Hai bisogno di consigli? Esponi il tuo problema e Simona Lauri ti risponderà nel più breve tempo possibile.
Carbone vegetale come Additivo Colorante E153 nel pane, pizza
Buongiorno Dott.ssa volevo sapere se era lecito l'utilizzo del carbone vegetale come colorante E 153 nel pane, pizza, focacce, prodotti da forno. Se Si in quali dosi. Posso utilizzare le informazioni "Pizza più digeribile"? Grazie
Buongiorno a Lei.
Nel settore della panificazione ancora prima dell'entrata in vigore del Reg. UE 1129/2011 la legge alla quale si faceva riferimento, per quanto concerne gli additivi alimentari, era il DM 209/96 nella quale l'Allegato IV riportava ben in evidenza che: Farina ed altri prodotti della macinazione, amidi e fecole cosi come Pane e prodotti simili ecc NON dovevano contenere nessun COLORANTE e l'Allegato III dello stesso DM 209/96 identificava proprio il carbone vegetale (E153) come ADDITIVO COLORANTE. La suddetta legge ne consentiva l'utilizzo solo ed esclusivamente in Prodotti da forno fini (quali pasticcini viennesi, biscotti, torte e cialde) oltre ai Prodotti della confetteria. L'entrata in vigore del Reg. UE 1129/2011 parte B ribadisce e include l'E153 Carbone vegetale nella categoria degli additivi COLORANTi. In riferimento però allo specifico settore dell'Arte Bianca, la tab. 2 dello stesso Reg. UE 1129/2011 NON consente l'utilizzo di nessun colorante in: PANE E PRODOTTI SIMILI non solo, ma in nessun ingrediente utilizzato per preparare il suddetto prodotto: ACQUA, FARINA, SALE, MALTO, ZUCCHERO, MIELE, BURRO E LATTE.
Proseguendo, nell'attuale e vigente Reg. UE 1129/2011, Parte E 07 (07.1, 07.2) viene RIBADITO che - l' E153 è consentito quantum satis solo ed esclusivamente nei Prodotto da forno fini (07.2) e NON in Prodotti da forno - Pane e panini ecc. (07.1). Sulla base di dette valutazioni legali si deduce che l'utilizzo del colorante E153 carbone vegetale nel pane, prodotti da forno, ecc. sia VIETATO. Essendo vietato, non si pone neanche il problema dell'utilizzo dell'informazione, già di per se molto opinabile, "Pizza più digeribile". A tale scopo, e a scanso di equivoci, il claim riportato nel Reg. UE 432/2012 "Il carbone attivo contribuisce alla riduzione dell’eccessiva flatulenza post-prandiale" si riferisce unicamente a "..un alimento che contiene 1 g di carbone attivo per porzione quantificata. L’indicazione va accompagnata dall’informazione al consumatore che l’effetto benefico si ottiene con l’assunzione di 1 g almeno 30 minuti prima del pasto e di 1 g subito dopo il pasto" pertanto al consumo di carbone vegetale tal quale (venduto in farmacia, parafarmacia e GDO per particolari patologie seguendo sia la prescrizione, posologia sia le precauzioni di utilizzo riportate nel foglietto all'interno) o in alimenti in cui è CONSENTITO l'uso, ma non in aggiunta all'impasto per pane, pizza, prodotti da forno, ecc. Nonostante l'amplificazione mediatica e pubblicitaria di detto colorante alimentare espressamente nel pane e pizza "neri" e in considerazione dell'analisi appena fatta, ribadisco che l'uso in arte bianca (esclusi i prodotti da forni fini come pasticcini viennesi, biscotti, torte e cialde e i prodotti della confetteria) sia VIETATO e pertanto soggetto a sanzioni amministrative da parte degli Enti adibiti al controllo.
A tale proposito ricordo che la denominazione di vendita Pane al carbone vegetale se corretta da un punto di vista di semplice dicitura legale NON è lecita in quanto implica l’utilizzo di detta sostanza E153 nell’impasto.
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Biga eccessivamente matura
Gentile dottoressa quali sono le conseguenze derivanti dall'uso di una biga che per diversi motivi sia maturata eccessivamente grazie.
Buongiorno a Lei. Prima di tutto si accorge che è eccessivamente matura dal fatto che:"trasuda" acqua, si stacca dalle pareti del contenitori, la temperatura finale è minore rispetto alla stessa biga alla fine della fase di impastamento. Generalmente si presenta un eccesso di appiciccosità e letteralmente l'impossibilità di strutturare l'impasto finale. E' chiaro che dipende dalla quantità di biga utilizzata nelli'mpasto finale, ma comunque il problema è sempre presente e può portare, nei casi estremi, anche all'impossibilità di proseguire nella fase di impastamento. In ogni caso l'impasto finale presenta molta debolezza e un notevole rallentamento della fase di fermentazione per l'eccessiva attività proteasica sulla struttura glutinica avvenuta nella fase di stoccaggio della biga. Spero di aver risposto esaurientemente alla sua domanda. Un saluto cordiale e a disposizione
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Pane con la biga
Panificatore per passione
Per poter fare il pane utilizzando la biga (farina, acqua al 44-45% della farina e lievito compresso 1% della farina, impastatrice a spirale per 4-5 minuti alla prima velocità) necessita di tempi di maturazione che vanno da 12 a 24 ore a temperatura di 18°, non avendo la possibilità di mantenere costante questa temperatura. Cosa posso fare?
Ho letto che si possono adottare degli accorgimenti del tipo mettere la biga in frigo e tirare fuori 4 ore prima dell'impasto oppure lasciare fuori 4 ore e poi mentre in frigo, come riporto dal sito di una marca famosa di farina "Lasciar riposare l'impasto coperto con un canovaccio a temperatura ambiente per 14-16 ore; in estate lasciare la biga 4 ore a temperatura ambiente e per il restante riposo metterla in frigorifero".
Queste tecniche possono sopperire all'impossibilità di mantenere la temperatura costate?
Buongiorno a lei.
Il problema della biga, o per lo meno della sua gestione, è un tema sempre aperto e non nego che sia la maggior parte delle problematiche dei professionisti artigiani soprattutto nel periodo estivo. Prima di tutto occore dire che la gestione è leggermente differente in base che sia una biga di max 24 ore di riposo o una con un tempo di riposo tra le 24 e le 48 ore. Nel primo caso basta mantenere la stessa biga a una temperatura di max 18°C che a livello casalingo non è un problema soprattutto nei periodi invernali per il tempo stabilito. Se la temperatura interna del locale è maggiore si tratta di adottare una serie di accorgimenti tra i quali la riduzione del tempo di riposo che non sarà magari di 24 ore sole 18 ore per esempio. L'altro aspetto riguarda invece le bighe con tempi di stoccaggio più lunghi max alle 24 ore. Le chiedo scusa ma non sono d'accordo con l'uitlizzo del frigor dopo la fermentazione per una serie di problematiche tecniche inerenti la solubilità del gas e la struttura degli alveoli, ecc. In questo caso si adotta la tecnica dello stoccaggio in frigorifero della biga prima e non dopo purchè la stessa sia coperta con un telo in cotone e uno in cellophane per evitare incrostazioni eccessive superficiali, per circa 24 ore e le restanti 24 ore sempre a +18°C. Nel caso di bighe di 36 ore sempre 12 ore a +4°C e le restanti 24 a +18°C. Il problema del mantenimento della temperatura a livello casalingo a mio parere si presenta in estate quando ci sono per esempio +30°c o più. Anche in quel caso ci sono soluzioni ma devono essere analizzate in base alla reale problematiche e non in linea generale. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito. Un saluto cordiale e grazie
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pasticcere
Buongiorno dottoressa volevo avere alcune delucidazioni. Quando facciamo un impasto e, a fine impastamento, ho una temperatura della massa di circa 3/4 gradi più alta, cosa comporta in un impasto? Quasi sempre faccio il metodo differito,faccio l'impasto,lo faccio avviare la lievitazione della massa a temperatura ambiente e poi frigorifero. Se capita un inconveniente del genere con una temperatura finale alta lo metto subito nel frigo anzichè fare la puntata? Grazie della risposta
Buongirono a Lei. Mi scusi ma purtroppo non riesco a capire di che tipo di impasto si tratta: pane, pizza, brioche?
Potrebbe essere un pochino più preciso. Grazie per la sua gentilezza. Un saluto cordiale
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Tenuta impasto pizza
Vorrei utilizzare una farina di GT 00 di qualità, W medio debole 200-240, per un impasto pizza, metodo diretto lungo 30 ore di maturazione in panetti a 5°C circa, di cui 3/4 ore di fermentazione a TA prima della stesura. Se aggiungo il 20% di GT integrale, secondo Lei,riesco a dare a l'impasto più forza per sostenere le 30 ore di maturazione? Grazie saluti.
Buongiorno a Lei. In riferimento al Suo quesito, ritengo che, come ha giustamente affermato Lei, una 200 - 240W, non sia una farina forte e sinceramente ho qualche dubbio che riesca a tenere cosi tante ora di maturazione e fermentazione. E' chiaro che questo è un discorso un pochino teorico perchè per email è abbastanza difficoltoso valutare la "tenuta" perchè intervengono diversi fattori tra i quali: percentuale di lievito usata, temperatura della massa, riscaldamento meccanico ecc. L'aggiunta di 20% di farina integrale, a mio parare, non migliora la situazione anzi potrebbe peggiorarla. Le consiglio di usare invece una 300 - 330W e non partire con una 200 - 240W. Con una 200 - 240W, qualche volta, si ha difficoltà anche nel diretto corto. Spero di aver risposto esaurientemente; in caso contrario non esiti a contattarmi nuovamente. Un saluto e a presto
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Pizza Verace Napoletana
Gentile Dottoressa Lauri, le scrivo per chiederle se fosse possibile darmi delle delucidazioni in merito alle specifiche degli impasti per produrre una pizza verace napoletana, che al di là dei vari disciplinari, per me racchiude in se, un alta digeribilità, un disco di pasta molto fine al centro, con dei bordi pronunciati, soffici e molto alveolati. Oltre al metodo di stesura particolare, che spinge aria verso i bordi e la tecnica di cottura al forno a legna a fuoco molto più alto e molto più rapida di quella di una semplice pizza, mi chiedevo se può riassumermi le varie tecniche di impasto. ossia come arrivare a quei determinati risultati sia con un impasto diretto a lievitazione rapida, che con metodi indiretti e/o a lunga lievitazione, specie anche in relazione alla conservazione in frigo o a T.A.
La ringrazio e le porgo i miei saluti.
Buongiorno a Lei. La verace pizza napoletana non prevede interventi di maturazione in frigor ma solo il metodo diretto medio - lungo. Non ci sono tecniche di impasto particolari se non quella che adottano partendo dall'acqua e non dalla farina, riposo brevissimo della massa formata e pochissima manipolazione. Qualcuno, nella fase di impastamento, opera un riposo (variabile in termini di minuti) e poi completa l'impastamento. Mi dispiace di non poterle essere di maggior aiuto.Un saluto cordiale
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Lievito di birra negli impasti per panettoni
Buongiorno ho un quesito che mi passa per la testa da qualche giorno da quando sono stato ad un corso per la preparazione dei panettoni. Il docente ha usato sia la madre sia il lievito di birra. A detta sua l'ha usato per velocizzare il processo. La mia domanda è: Nell'impasto dei panettoni devo usare solo la madre o posso fare il "furbetto" e usare anche il lievito di birra fresco?
Buongiorno a Lei.
La pratica di usare il lievito di birra fresco durante una demo sugli impasti dei panettoni è una partica comune e molto diffusa. In linea di massima lo aggiungono volontariamente o nel secondo impasto o addirittura durante i rinfreschi della madre. La scusa è quella di ridurre i tempi di lavorazione, ma la verità nuda e cruda è che non vogliono rischiare che l'impasto non abbia il volume e l'alveolatura grande e spugnosa desiderata per cui aggiungono il lievito di birra. In una demo sui grandi lievitati se non hai la madre nelle ottimali condizioni, rischi moltissimo e molti professionisti non amano fare brutte figure. Detto questo il Decreto 22 luglio 2005 che disciplina la denominazione di vendita e la produzione dei panettoni (art. 1) da facoltà al produttore di aggiungere nell'impasto lievito di birra fresco (art. 8 DPR 502/98) fino al limite del 1,0%. E' chiaro che, come ogni prodotto alimentare, anche i panettoni, devono sottostare al Reg. UE 1169/2011 per quanto riguarda le informazioni da riportare in etichetta. Tutti gli ingredienti utilizzati, additivi volontari compresi, devono essere riportati in etichetta. Spero di aver risposto esaurientemente al Suo quesito. Un saluto cordiale
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Farina di grano duro
Buongiorno A un corso abbiamo parlato di farine mi ricordo chiaramente che ci è stato detto che la farina per legge è quella prodotta dalla macinazione del frumento o grano tenero, mentre quando si macina il grano duro si parla di semola ecc ecc. Recentemente ho avuto uno scambio di opinioni con un professore universitario al quale ho fatto notare che su una confezione di grano Saragolla che io sappia essere duro, c'era scritto farina di grano duro. Ora la mia domanda è... ma è semola o farina quella di grano duro? grazie mille per la risposta
Buongiorno a Lei.
Il DPR al quale si fa riferimento quanto si parla di sfarinati e pasta è il DPR 187/2011. In virtu dell'Art. 1 la definizione di "farina di grano tenero" risulta pertanto essere "il prodotto ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano tenero liberato dalle sostanze estranee e dalle impurita'". Nella fattispecie del suo quesito, per quanto riguarda lo specifico settore della panificazione, è lecita la denominazione e produzione "farina di grano duro" (comma 4 e 6 art. 2 del sopraccitatao DPR 187/2011) quando si parla di sfarinati provenienti dal grano duro. La differenza tra semola e farina consiste unicamente nel valore granulometrico. Un saluto cordiale e sempre a disposizione.
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Impasto indiretto con Pasta Madre indurito in frigo
Salve Dott. Ho un problema con la bassa temperatura quando utilizzo la Madre. Di solito faccio un'idratazione dell'80% e uso il 30 -35% di Pasta Madre. Dopo una puntata di 2 ore lo ripongo in frigorifero e l'impasto si indurisce fino ad avere la consistenza quasi di una "pasta frolla". Non riesco a capire il motivo. Grazie per la risposta.
Buongiorno a lei.
Mi scusi ma per rispondere al suo quesito avrei cortesemente bisogno di informazioni di più dettagliate sia per quanto riguarda il dettaglio della lavorazione sia la ricetta esatta (info riservata che non verrà pubblicata). A tale proposito ho qualche quesito:
Caratteristiche reologiche della farina (forza, Tipo ecc.) non il nome del Molino ne tanto meno il nome di fantasia con la quale la commercializzano (diamante, gialla ecc.)
La % di madre è calcolata su acqua o farina
La temperatura della madre al momento dell'utilizzo
La madre è liquida o solida e proviene da quanti rinfreschi.
La ringrazio per la cortesia e nell'attesa le invio i miei più cordiali saluti.
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Denominazione di vendita: Pane di Tipo 1
Buongiorno Dott.ssa Sono un panificatore e per realizzare qualche tipologia di pane utilizzo come ingredienti (in ordine decrescente): farina di grano tenero Tipo 1, Tipo 2 e una piccola parte di Farina di Tipo integrale. La lavorazione è indiretta con biga fatta con una Tipo 0 W330 - 350. La mia domanda è questa è corretta questa denominazione di vendita: Pane di Tipo 1 in quanto l'ingrediente caratterizzante è la farina di Tipo 1? La ringrazio per la risposta e per il servizio.
Egr. panificatore
La differenza tra i TIPI di farina da lei citati riguarda una classificazione merceologica in virtù della sola granulometria e grado di abburattamento del grano tenero (art. 1 D.P.R. 187/2001), ma il cereale di partenza è sempre lo stesso cioè GRANO TENERO. Non vi è, in questo caso, la presenza di un ingrediente caratterizzante in quanto non vi è la miscelazione di tipi di cereali differenti oltre al grano tenero. Non può pertanto avvalersi dell'art.2 del DPR 502/98. La denominazione di vendita da lei citata, non è corretta in quanto, in virtu dell'art17 della Legge 580/67, è riservata solo ed esclusivamente al pane realizzato unicamente con la farina di grano tenero Tipo 1 avente le caratteristiche riportate nell'art. 1 comma 3 D.P.R. 187/2001. Non solo ma sarebbe una violazione palese dell'art16 dello stessa Legge 580/67 in riferimento al limite max di ceneri. Il valore di ceneri del suo prodotto NON può assolutamente rispettare i valori legali di riferimento. Avendo la necessità tecnico produttiva di miscelare TIPI differenti, a mio parere, la denominazione di vendità più corretta è: Pane di grano tenero. Un saluto cordiale e a disposizione.
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Glutine nello stomaco
Buongiorno Dott.ssa volevo porle questa domanda: E' vero che il glutine nello stomaco assorbe acqua e "gonfia"? E' verità o la solita bufala? Grazie a Lei
Buongiorno. Mi scusi se sono diretta ma è una grandissima stupidaggine, ennessima che si sente e legge. Il glutine è una struttura viscoelastica che si forma quando gliadine e glutenine sono messe a contatto con acqua e solo mediante azione meccanica. In poche parole quando proteine insolubili assorbono acqua, si legano e si allineano secondo il verso di rotazione della vasca. Tale struttura biochimica, una volta formata, svolge importanti funzioni, non solo ma è soggetta all'azione enzimatica delle proteasi. Nello stomaco sarà ulteriormente soggetta ad azione enzimatica (denaturazione proteica) in conseguenza dell'azione svolta dagli enzimi digestivi e non potra assorbire altra acqua. In parole semplici si rompe la struttura NON si forma! I motivi che stanno alla base del "gonfiore" sono ben altri!!!! Mi scusi se sono stata diretta, ma mi creda navighiamo in un mare burrascoso di stupidaggini tecnico scientifiche colossali. Un saluto e grazie
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"Semola rimacinata" di grano tenero.
Buongiorno. Ho aquistato, Semola rimacinata di grano tenero, ovvero Farina tipo 1, mi confonde la dicitura semola rimacinata, esiste semola rimacinata di grano tenero e semola rimacinata di grano duro? Cosa ne pensa? Grazie, Un saluto. Ho letto il suo articolo su "autolisi e idrolisi" è vero ...lo usano in tanti.
Buongiorno a lei. Le denominazioni di vendita degli sfarinati sono riportate nel DPR 187/2001; in particolare nello specifico per la Semola di grano duro e la TIPO 1 nell'art. 2 e art.1 del sopraccitato DPR. Non ne esistono altre. Un saluto cordiale.
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"Pane senza lievito": la dicitura è corretta?
Buongiorno dottoressa, gentilmente potrebbe rispondere a una domanda che è oggetto di discussione fra colleghi panificatori. Ecco: Ultimamente ci sono clienti che chiedono il pane senza lievito e un collega ha esposto un cartello con su scritto "pane senza lievito", è corretto? Grazie.
In riferimento al quesito postomi relativo alla liceità dell’utilizzo del claim “Pane senza lievito” per il pane e alcuni prodotti di panetteria, utilizzato semplicemente perché non è stato aggiunto il lievito come ingrediente, vorrei precisare che rispondo da Tecnologo alimentare e non da Avvocato. Pertanto mi limiterò solo ed esclusivamente ad analizzare gli aspetti prettamente scientifici, tecnici, legali e produttivi relativi all’alimento in questione e non quelli strettamente giuridici.
In linea di massima la necessità da parte del consumatore di consumare alimenti senza lievito nasce da particolari condizioni patologiche (allergie, ecc.) e pertanto la sua richiesta implica l’acquisto e il consumo di alimenti che effettivamente non contengano assolutamente e in nessuna forma, tale ingrediente. Fatto salvo l’opinione comune e diffusa tra tutti i consumatori che identificano con la parola lievito il lievito da pane o di birra o industriale o compresso, ma scientificamente noto con il specifica di S. cerevisiae e che nell’ambito del settore specifico dell’Arte Bianca qualsiasi prodotto (pane, pizza, prodotto da forno lievitato, grandi lievitati) implica l’utilizzo tecnologico fondamentale, insostituibile, legale ed essenziale del blastomicete S. cerevisiae (vedesi definizione di pane art. 14 Legge 580/1967) ritengo di fare alcune doverose considerazioni. Da un punto scientifico e microbiologico il S. cerevisiae è un Eucariota Blastomicete, Ascomycota e si può riprodurre anche sessualmente mediante la formazione di ascospore che si liberano nei locali, aria, attrezzature, utensili, personale, macchinari ecc., andando a contaminare naturalmente, in concentrazione più o meno variabili (UFC /g), qualsiasi ambiente e situazione. Le spore rappresentano la forma di propagazione della cellula garantendo cosi la sopravvivenza della specie quando le condizioni non sono ideali e idonee alla vita del microrganismo tal quale. La cellula resta nella forma sporigena o stato quiescente fino a quanto le condizioni non saranno favorevoli a permettere lo sviluppo della forma vegetativa vitale del microrganismo stesso. In presenza di una massa di farina e acqua e condizioni di temperatura, sostanza nutritive e UR opportune (ottimali quelle riscontrate nei panifici) se le spore contaminano la massa daranno origine alla forma vegetativa e quindi inizierà il ciclo vitale (crescita, sviluppo, metabolismo, riproduzione) del blastomicete.
In una realtà artigianale come quella rappresentata dai panifici, pizzerie ecc., in cui quotidianamente si lavora con concentrazione UFC/g di S. cerevisiae abbastanza elevata, in riferimento alla specificità dei prodotti , la contaminazione ambientale risulta presente, non trascurabile e basilare per la produzione dei prodotti specifici del settore (1 g pesato di lievito contiene mediamente circa 10 miliardi di cellule di S. cerevisiae). Inoltre, il lievito è un ingrediente fondamentale nello specifico settore (art.14 Legge 580/67 e l’art2 comma 2 par f Reg. CE 1169/2011) e pertanto la dicitura Pane senza lievito, non risulta lecita, non solo per le citate leggi che da sole potrebbero bastare, ma in violazione anche dei seguenti articoli: premessa 16 Reg CE 1924/2006, art.3, art. 4, art.7 comma b, art. 36 comma 2 par.a Reg. UE1169/2011 oltre a non essere tecnologicamente e microbiologicamente corretta. In conclusione ritengo che la denominazione pane senza lievito nata solo dalla specifica di non introduzione volontaria di cellule di S. cerevisiae (lievito) e quindi di non introduzione dell’ingrediente lievito (art2 comma 2 par.f Reg. UE1169/2011, art.8 DPR 502/98) non sia ammessa proprio perché il lievito è presente ovunque nei locali di produzione sotto forma di spore (verificabile da un semplice prelievo e successiva analisi microbiologica) e tale da non permettere, nei panifici, pizzeria ecc., la produzione di Pane senza lievito.
Ritengo quindi che tale affermazione non risulti ne corretta ne tanto meno lecita da un punto di vista sia legale sia scientifico in quanto non veritiera, (dimostrabile appunto da un controllo microbiologico sulla pasta tal quale); rappresenta pertanto un illecito commerciale e soggetta a sanzioni amministrative.
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Gluten free impasto per pizza
Sto provando a realizzare una pizza senza glutine, ma non le nascondo di avere un bel po di difficoltà; soprattutto nell' ottenere un prodotto che oltre a rispettare i parametri del gusto, sia anche gradevole all aspetto.
I miei problemi maggiori sono nella fase di stesura e lievitazione della pizza.
Al di là di ricette, vorrei chiederle se c è un modo per risolvere questi problemi, e se in linea di massima può darmi alcune indicazioni su come procedere, su quale farina conviene usare, su che percentuali di lievito muoversi, e su tempi e modalità di lievitazione.
Buongiorno a Lei. La conduzione della lavorazione degli impasti gluten free non è differente dalla lavorazione degli impasti con glutine. Può benissimo realizzare una biga con il lievito compresso oppure con LM + lievito compresso. I tempi di maturazione della biga sono generalmente gli stessi e le % degli ingredienti nel rinfresco o impasto finale sono similari. Lavori con malto di riso o di nocciola se desidera apportare zuccheri. La miscela degli ingredienti è basilare perchè deve essere aromatica e non avere il sapore prevalente e "piatto" dell'amido di riso presente in moltissimi preparati gluten free. A sua scelta la miscelazione degli sfarinati. Aggiunga idrocolloidi naturali per simulare la struttura glutinica. La percentuale di lievito di birra è la stessa di un impasto per pizza a lunga maturazione, riposo in massa 10 minuti, staglio e conservazione a +4°C. Un saluto cordiale e grazie.
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Maturazione e rigenero a "pirlatura"
buongiorno,volevo chiederle un parere sul grado di tolleranza dell'impasto in lievitazione in frigo,se vado oltre, e il panetto della pizza si spiattella solitamente lo rigenero a "pirlatura" e vado in stesura 2-3 ore dopo. La domanda e: più l'impasto rimane in frigorifero più è digeribile? Inoltre ho notato che in cottura e' leggermente dorata non vorrei che va in carenza di zuccheri. In ultimo volevo sapere se l'impasto poteva andare in frigo dopo la puntata e fare lo staglio dopo anziché prima cosa cambia? Saluti e grazie in anticipo
Buongiorno a Lei sono tante domande in una sola e sinceramente non mi basterrebbe tutto questo spazio per rispondere adeguatamente. Mi scuso quindi se per semplificare il discorso procedo per elenchi puntati:
1. Si! Più un impasto matura più è digeribile. Il tempo di maturazione in frigorifero è però in funzione delle proprità reologiche di uno sfarinato. Mi spiego meglio: una farina con un 250<W<300 inferiore ai 300 potrà sopportare indicativamente 10 - 12 ore di maturazione 300<W<350 24 - 30 ore e via discorrendo. Se è costretto a rigenerare a "pirlatura" i panetti sta aumentando la forza. In teoria (anche in pratica) non è necessaria la "pirlatura" dopo l'uscita dal frigorifero dei panetti. Se i suoi panetti dopo poche ore a +4°C hanno questa necessità, deve utilizzare una farina con W e Stabilità maggiore. Chieda espressamente che le analisi reologiche siano fatte sul lotto che le viene consegnato. In caso contrario non hanno senso perchè gli "errori" possono essere molto importanti data l'estrema variabilità reologica degli stessi sfarinati in funzione del tempo di maturazione delle farine e delle tipologie di miscele di grani effettuate.
2. Certamente più una farina matura più ha la necessità di un incremento anche minimo dello 0.5% di malto in pasta (0.5 - 1.0% se farina maltata). A meno che non ci sia già problemi enzimatici naturali rilevati da una analaisi con falling number!!
3. Di abitudine dopo l'impastamento si opera il riposo in massa (tempo variabile in base alle abitudini, % di lievito, tipologia di lievito ecc.), lo staglio e la maturazione in frigorifero. In generale i motivi posso essere riassunti a grandi linee in: avviare l'attività metabolica dei lieviti e microrganismi, ma soprattutto permettere una penetrazione del freddo a cuore maggiore nella stessa unità di tempo proprio perchè l'impasto è già porzionato in panetti singoli, di massa ridotta, rispetto alla totalità della massa tal quale. Per una questione di abitudine, di quantità totale di massa, di disponibilità di cassette, di spazio in cella frigorifera molti pizzaioli, invece, operano prima la maturazione della massa tal quale e poi lo staglio. Tempi di fermentazione e di sviluppo dell'impasto molto differenti.
Spero di aver risposto esaurientemente ai suoi quesiti. Un saluto e grazie
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Percentuale impasto autolitico
Quando parla di utilizzare il 53-55% di impasto autolitico nella prima fase, la percentuale è riferita al peso totale dell'acqua prevista nella ricetta, oppure al peso della farina utilizzata? Grazie.
Buongiorno a Lei. La percentuale di impasto autolitico citata è calcolata sulla farina e non sull'acqua. Mi spiego meglio: se utilizza 1 Kg di farina la quantità di impasto autolitico specifico dovrà essere compresa tra 530 - 550 g (53 - 55% sulla farina). Faranno seguito poi tutti gli altri ingredienti calcolati, come di consueto, sempre sulla farina. Un saluto e a disposizione
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Percentuale di lievito fresco
Ho letto un suo testo riguardante il lievito di birra.
Ne consiglia per un impasto diretto da 3 al 5%.
La mia domanda è: per un impasto di 24 ore di maturazione di cui :
1 ora di puntata a temperatura ambiente di 25°
Staglio e Formatura dei panetti messi
20 ore a temperatura controllata di 4°
3 ore a temperatura ambiente di 25 gradi poi infornati a 450 gradi. (pizza napoletana).
In questo caso, per ottenere la giusta lievitazione, ph, e maturazione, consiglia sempre la quantità di lievito di birra tra il 3% e il 5% sulla farina? Sembra tanto... Grazie
Buongiorno. Il dati che lei riporta si riferiscono unicamente ad un caso limite estremo di impasto diretto corto relativo alla produzione del pane e a un impasto (sempre diretto corto) "grasso" cioè con uova, burro e tuorli in percentuali elevate, o comunque con ingredienti che rallentano naturalmente il fenomeno fermentativo. NON era riferito assolutamente alla pizza! Nel suo specifico caso personalmente le consiglierei di lavorare con 10 - 15% di madre oppure in alternativa 0.1 - 0.5% di lievito fresco sempre calcolato sulla farina e non sull'acqua. Le chiedo scusa se nella stesura dell'articolo non sono stata abbastanza chiara. Un saluto e sempre a disposizione.
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Impasto per pizza
Per fare l'impasto della pizza faccio la biga... su 1 litro di acqua 1.3 Kg di farina x18 ore a temperatura di 18°C. Lievito compresso 1 grammo. Poi le rimanenti farine x un totale di 1.75 Kg, sale 50 grammi e lipidi 50 gr. circa. Riposo 1 ora o 2 e poi staglio. Riposo a + 4°C x 24 - 48 ore con farina 320 W miscelata con altre. È un buon metodo? Mi dica. Grazie anticipatamente.
Grazie a Lei. Dalla sua email deduco che aggiunge solo 450 g di farina di allungo. Si certo va bene. Faccia però una fermentazione in cassetta a T.A. (18 - 20°C) non oltre le 2 ore. Per email senza vedere nulla, soprattutto lo stato dei suoi panetti dopo la maturazione, potrei sbagliarmi di piu o meno 1 ora nella fase finale. Cortesemente mi faccia sapere. A presto
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Impasto croissant
Ciao ho fatto i croissant con il poolish,solo che questa volta ho voluto impastarlo e fargli un velo,l'ho messo tutta la notte in frigo,e poi ho fatto i croissant..
beh rispetto a tante altre volte mi è venuto un impasto fantastico.
quindi..
la differenza sarà stata perchè NON ho fatto la classica procedura per il poolish oppure dici che impastandolo si hanno dei benefici?
Buongiorno a te. Non so quale sia la tua consueta preparazione con poolish ma ti posso dire che nel momento in cui arrivi all'impasto completo, liscio e omogeneo senza rotture e poi lo lasci riposare (maturare) al freddo si avviano una serie di processi che nel caso di impasti come quello che fai, apportano migliorie.
Prima di tutto l'azione del freddo sulla struttura glutinica ha un effetto indebolente per cui rende più lavorabile la massa in termini di estensibilità e elasticità, (azione diretta sul glutatione); secondo, una lenta fermentazione e una maggior azione proteolitica microbica sempre sulla struttura proteica che si traduce, in una diminuzione della tenacità (rigidità in gergo); terzo condizioni fisiche - biochimiche non idonee alla formazione di legami, covalenti e non, inter e intra catena. Il riposo al freddo è sempre consigliato in impasti come quello che fai oltre a: pasta danese, brioche ecc. Spero di esserti stata di aiuto.
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Fruttosio
Buongiorno Simona Volevo mettere a macerare la buccia di mela in acqua e poi utilizzarla nell'impasto,
Il fruttosio incide molto? Grazie a te
Buongiorno scusami ma non riesco a ben comprendere la tua domanda. La buccia di mela ti serve per fare che cosa? Se è il primo step per preparare la madre non devi usare solo la buccia ma anche la polpa. Se la metti direttamente nell'impasto della pizza, anche in questo caso devi usare anche la polpa. Non riesco a comprendere il discorso relativo al fruttosio e la finalità della buccia nell'impasto. Nella buccia la quantità di fruttosio è molto limitata. E' invece presente nella polpa della mela e in tutti i frutti ben maturi. Cortesemente mi spieghi meglio cosa vuoi fare? Grazie e a presto. Un saluto e a disposizione
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Impasti ad alte idro
SALVE BUONASERA,VOLEVO PORRE UNA DOMANDA IN MERITO AGLI IMPASTI CON ALTE IDRO. NEL MIO LABORATORIO IN QUESTI PERIODI CALDI SI PASSANO I 30 GRADI E GLI IMPASTI DIVENTANO INGESTIBILI. VOLEVO SAPERE COME EVITARE CHE SI SURRISCALDINO TROPPO?POSSO USARE ACQUA GELATA E GHIACCIO PER TAMPONARE LE TEMPERATURE? O MI FA DANNO IL GHIACCIO ALL IMPASTO? LA RINGRAZIO ANTICIPATAMENTE FACENDOVI I MIEI PIU SINCERI COMPLIMENTI PER QUESTO MAGNIFICO PORTALE SULL'ALIMENTAZIONE!
Buongiorno a Lei. Si può usare acqua a +1°C oppure ghiaccio in scaglie finissime. Presti attenzione che, a questa temperatura, l'acqua, per gli impasti ad alte idro, fa fatica ad essere incorporata o per meno può incontrare difficoltà maggiori che in condizioni standard e definite "normali". Non si preoccupi se l'impasto ne assorbe meno. E' normale. Mi tenga informata. Ci tengo. Grazie a Lei per essersi rivolto al nostro servizio di SOS online e per i complimenti che giro alla Redazione. Un saluto e a presto
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Calcolo professionale per pizzaiolo
Buonasera, avrei la necessità di preparare dei panetti da 270 g per 50 pax. Quanta farina devo impastare? Grazie per la risposta e il servizio
Buongiorno a Lei.
Prima di tutto deve procedere con il seguente calcolo: 50 pax X 270 g = 13500 g. Questo valore rappresenta il peso del suo impasto totale comprensivo di ogni ingrediente. Personalmente non conosco nè la sua ricetta nè il suo metodo di lavoro (indiretto con biga, LM ecc) per un pizza classica (dal peso dei panetti deduco che sia una classica!) per cui ipotizzo una ricetta qualsiasi con lievito di birra e con il diretto lungo.A questo punto non è tanto importante l'ingredientistica esatta ma il procedimento di calcolo.
Farina
acqua 60%
olio 3.0%
lievito di birra fresco 0.1%
sale 2.0%
malto 0.5%
Il peso totale di questi ingredienti nelle rispettive percentuali deve essere uguale o maggiore (avanzo di qualche panetto) ma non minore a 13500 g.
Matematicamente si risolve con una equazione di primo grado mettendo la X sui chili di farina. Il calcolo, in questo caso, è esatto al decimale di grammo oppure molto molto piu praticamente si avvale del calcolo iterativo (ipotizza dei chili di farina a caso e calcola le relative percentuali degli ingredienti ogni volta fino a quanto il valore finale della massa non è 13500 g). Puoi ipotizzare per esempio di utilizzare 10 Kg di farina. Da qui si deduce che il peso degli altri ingredienti risulta: acqua 6 l, olio (3%) 300 g, lievito di birra (0.1%) 10 g, sale (2.0%) 200 g, malto (0.5%) 50 g. Peso impasto totale: 10000 g farina + 6000 g acqua + 300 g olio + 10 g olio + 200 g sale + 50 g malto = 16560 g. Supera il valore 13500 g, calcolato esattamente sulle 50 pax, di 3060 g cioè in termini di panetti 3060: 270 = 11.3. Questi 11 panetti di avanzo li può impiegare come ritiene piu opportuno oppure ridurre di 1.5 chili la farina utilizzata.Indicativamente per 50 pax alle quali servire una base di impasto crudo per pizza classica del peso di 270 g occorrono circa 10 Kg di farina. Spero di esserle stata di aiuto. Un saluto cordiale
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Spia di lievitazione
Gentile Simona approfitto della Sua disponibilità per rivolgere una domanda. Premetto che io sono una panificatrice amatoriale con poca esperienza e proprio per questo ogni volta che dovevo infonare il mio pane non capivo mai quando fosse il momento giusto. Leggendo qua e là ho letto che per i grandi lievitati, qualcuno utilizza una "spia di lievitazione" e da profana, parlando con la mia amica ho pensato di provarla anche per il pane e devo dire che ottengo ottimi risultati. Praticamente se stacco una pallina da 20 g dall'impasto e la ripongo in un bicchiere privo di acqua, mi accorgo che quando ha quasi triplicato il suo volume, l'impasto è pronto da infornare. Ora, la domanda é... Come é possibile che due masse da peso e volume completamente diverse si comportino nello stesso modo? (ho ripetuto questo esperimento innumerevoli volte per pensare che sia questione di coincidenza). Mi può fornire, gentilmente, una spiegazione scientifica che mi permetta di capire? La ringrazio!
Buongiorno a Lei. La "spia di lievitazione" serve solo per dare indicazioni grossolane sull'aumento di volume di una massa in fermentazione mantenuta all astessa temperatura della massa maggiore. E' chiaro che per impasti di panettoni di diversi quintali, contenuti nei contenitori di plastica, la spia è molto indicativa perchè le due masse sono molto differenti in termini di massa in peso, non solo ma si inserisce il fattore fisico dell'aumento naturale della temperatura (reazioni esotermiche dei metabolismi microbici) e quindi di un' accellerazione della fermentazione nella massa maggiore. Inoltre, in quella maggiore, il peso può creare un collasso centrale. Ripeto è utilissima ma molto indicativa. Personalemnte utilizzo sia la spia sia il fatto di segnare comunque l'altezza della massa iniziale nei contenitori grandi e le valuto in parallelo. Per il pane è la stessa cosa. Ora questa tecnica non si adotta mai a livello artigianale, per il pane, perchè si valuta manualmente il momento esatto dell'infornamento in base a diversi paramentri tra i quali la risposta della massa sotto la pressione delle dita. E' un ottimo accorgimento a livello casalingo in quanto sia la quantità prodotta sia la spia non si discostano moltissimo in termini di massa. In concreto si va a valutare il potere fermentativo dei lieviti e la capacità di sollevare la massa nelle condizioni operative. Si puo anche valutare la tenuta della struttura se la massa "spia" viene avvolta a palla ed inserita con perfezione nel contenitore alto e stretto. la presenza e il matenimento della concavità superficiale della struttura permette anche di valutare questo. E' un metodo empirico ma molto efficace. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito. Un saluto e sempre a disposizione
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Maturazione impasto/farina
Volevo farle una domanda a proposito della maturazione della farina. Quali sono secondo lei i tempi ottimali? Si parla sempre di 12 ore o 36 per farine da 250 W ,ci sono sempre pareri discordanti, per lei qual'è la miglior cosa da fare? La ringrazio per la risposta
Buongiorno a Lei. Prima di tutto penso ci sia un pochino di confusione. Nella sua email c'è scritto maturazione della farina, ma leggendo successivamente, si capisce che Lei si sta riferendo alla maturazione dell'impasto. Se intende proprio la maturazione della farina (complesso di reazioni chimiche e biochimiche a carico dei macronutrienti ecc.), questa è indipendente dal valore di W iniziale ma è funzione di diversi parametri interni ed esterni: U.R e temperatura ambiente, presenza di ossigeno, UR e temperatura interna, tempo di stoccaggio, pH che permettono di modificare tali caratteristiche per renderle panificabili (aumento dei legami inter e intracatena, aumento dell'attività enzimatica, variazione di colore, aumento dell'acidità ecc.) la maturazione ideale indicativamente dovrebbe essere: 35 - 40 giorni a 11°C, 30 giorni a 16°C, 25 giorni a 26°C e 15 giorni a 30°C. Se invece si riferisce alla maturazione dell'impasto, dopo la fase di impastamento, concordo con lei quando afferma che è in funzione del valore di W. A mio parere e sempre in termini indicativi, potrei dirle che, in base al valore di W e della temperatura ci si può mantenere all'interno di questi parametri:
220<W<250 per 8 - 10 ore a +4°C
280 <W< 300 per 12 - 18 ore a 4°C;
330<W<350 per 24 - 30 ore a 4°C
350<W<380 oltre le 48 ore a +4°C
Spero di aver risposto esaurientemente al Suo quesito. Grazie a Lei e sempre a disposizione.
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Screpolature
Buongiorno ho un problema di screpolatura della crosta e il prodotto mi rimane più bianco in forno a platea con tubi a vapore nonostante uso acqua molto fredda ed ho aumentato la percentuale di malto. Secondo Lei è solo dovuto al caldo? Perchè il secondo impasto è diverso.
Buongiorno a Lei. Il problema delle screpolature della crosta può avere diverse cause. Mi scusi ma dalla sua email non riesco a capire quale potrebbe essere il fattore principale e pertanto non riesco ad aiutarla. Cortesemente potrebbe essere molto piu dettagliato nella descrione sia del metodo di lavoro (diretto, indiretto) ingredienti (tipologia e percentuale) e lavorazione step by step con dettagli di tempi e temperature? Le condizioni climatiche esterne non penso influiscano significativamente. Se il secondo impasto è differente è probabilmente un errore durante le fasi produttive. Attendo maggiori dettagli. Grazie per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza on line. Un saluto cordiale
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Pane e Pizza al "Kamut" (BREVETTO o MARCHIO COMMERCIALE)
Mi rivolgo a Voi perchè vorrei finalmente un chiarimento in proposito. Vedo scritto ovunque in etichetta o fuori nei negozi per invogliare la clientela a entrare la dicitura "Pane e/o Pizza al Kamut". Mi scusi ma è corretto? Grazie
Buongiorno a Lei. Questo argomento è stato al centro di un Convegno che si è tenuto nel mese di Maggio c/o la CONFCOMMERCIO di Piacenza. Il tema principale era proprio, tra l'altro, anche la corretta denominazione di vendita del Pane e prodotti da forno (pizza inclusa), Tale tema è stato affrontato da Tecnologi Alimentari del settore, Avvocati esperti in Diritto Alimentare, ASL per i controlli ecc. Tutti i Relatori sono stati concordi nell'affermare che tale denominazione di vendità NON può assolutamente essere utilizza in etichetta per identificare un particolare prodotto e pertanto viola sia Leggi Nazionali sia Reg.UE oltre al fatto che si cita il nome di un Brevetto Commerciale senza avere la dovuta autorizzazione dalla Soc. detentrice di tale Marchio. Si può incorrere in pene pecuniarie molto severe. Il consumatore deve imparare a capire e distinguere quello che è il nome di un Brevetto o Marchio Commerciale (contraddistinto dalla R) dalla specie del frumento duro utilizzato anche se ormai, nell'immaginario collettivo, per una forte azione di marketing dell'Azienda Stessa si confonde addirittura il Marchio con la specie botanica. Bisogna ripertire da zero e fare CORRETTA informazione soprattutto da parte degli operatori del settore proprio perchè, in caso contrario, si rischiano pesanti verbali. Tale nome commerciale NON può essere utilizzato, neanche a scopo pubblicitario, fuori dal locale,senza le dovute autorizzazioni. Grazie a Lei per essersi rivolto al nostro servizio.
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Gelatinizzazione del amido. Tang Zhong
Salve dottoressa Lauri, le volevo chiedere informazioni al riguardo del metodo Tang Zhong. L'ho provato e devo dire che da una sofficità unica, ma non ho capito che tipo di lievitazione è?
Si tratta di una lievitazione fisica?
La ringrazio anticipatamente.
Non è la scoperta del secolo anzi lo faceva già mio nonno solo che lui non aveva Facebbok e non ha mai pubblicato testi! Il metodo è basato solo sul concetto della gelatinizzazione dell'amido ossia al raggiungimento della temperatura di transizione vetrosa (variabile in base ai cereali) anche i granuli di amido interi assorbono acqua. Cosi facendo, sono facilmente attaccabili dalle amilasi liberando zuccheri fermentescibili e non. Operando in questo modo si aumenta la concentrazione zuccherina e di conseguenza l'azione metabolica dei microrganismi . Il tipo di fermentazione è comunque biologica perchè sono i microrganismi che producono anidride carbonica. I vantaggi sono: diminuizione dei tempi di impastamento, miglior fermentazione, sofficità e volume. Un saluto e sempre a disposizione.
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Madre liquida conservazione
Buongiorno, attualmente con le alte temperature ho un problema con la gestione della madre liquida. Posso metterla in frigorifero dopo il rinfresco?
Egr. lettore
Si, nel periodo estivo o quando la temperatura esterna lo richiede, puo' mantenere la madre liquida in frigorifero dopo il rinfresco se non possiede una cella climabiga o fermalievitazione nella quale è possibile impostare la temperatura di mantenimento a +16 oppure +18°C. La microflora della madre è costituita in prevalenza di batteri lattici e/o altri microrganismi di cui il metabolismo, crescita e riproduzione, ecc. sono influenzati proprio dalla temperatura. A questa temperatura si conserverà la coltura microbica, ma si svilupperanno aromi differenti rispetto alla stessa mantenuta a temperatura di +18°C. In linea di massima si svilupperà piu acido acetico rispetto al lattico. Un saluto cordiale e grazie
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Surgelato/congelato
Gent. Redazione Sono titolare di una pasticceria e vorrei avere alcune delucidazioni in merito ad alcune informazioni da riportare in etichetta o per lo meno se devo utilizzare la dicitura "prodotto proveniente da impasto surgelato" oppure scrivere "prodotto proveniente da impasto congelato" o non scrivere nulla. Faccio una produzione di cannoncini di pasta sfoglia e dopo averli prodotti vuoti li abbatto e li mantengo a -18°C. Quando mi servono li farcisco con la crema e li vendo. Grazie per il vostro servizio. Leggerò la risposta sul vostro sito.
Egr. lettore Grazie per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza on line.
Vorrei precisare che attualmente in Italia non vi è alcuna legge che definisca e regoli la produzione di prodotti congelati e pertanto tali prodotti devono sottostare, oltre alle attuali normative comunitarie Reg. UE 1169/2011, anche alle leggi nazionali generiche tra le quali le cito la Legge 283/62, D.Lgs 109/92. Un discorso a parte invece riguarda i prodotti surgelati che devono sottostare a quanto riportato nel D.Lgs 110/92 e Decreto 493/1995. Pertanto se lei abbatte e stocca i cannoncini vuoti a -18°C questi rientrano nei prodotti surgelati e pertanto sottoposti al D.Lgs 110/92 e Reg. UE 1169/2011 ed eventualmente al Decreto 493/1995 se provvede al trasporto. Dovrà pertanto riportare in etichetta la dicitura "prodotti proveniente da impasto surgelato". A disposizione. Cordiali saluti
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Composizione microbica della madre
Salve,ho letto il vostro interessante e soprattutto rigoroso articolo 'Il lievito di pasta acida naturale contiene il lievito industriale una domanda che va chiarita'".
Avrei una domanda da porvi:
tempo fa ho realizzato un impasto con il lievito compresso industriale che in parte ho conservato e rinfrescato e che uso tuttora a più di un mese di distanza. Devo aspettarmi che questo lievito sia stato ormai contaminato da altri microrganismi diversi dal S. Cerevisiae? Ci saranno anche i batteri lattici?
I prodotti realizzati con questo lievito saranno digeribili quanto quelli realizzati con il lievito di pasta acida naturale? Lieviti realizzati a casa a partire da lievito compresso industriale oppure yogurt oppure frutta oppure solamente acqua e farina tenderanno col tempo a presentare la stessa composizione in microrganismi?
Grazie mille
Buongiorno a Lei e grazie per essersi rivolto al nostro servizio di assistenza SOS online. Allo stato attuale, il suo impasto non avrà piu la microflora originaria, in quanto sottoposto a contaminazioni ambientali (aria, operatore, utensili, attrere ecc.) per cui all'interno si troveranno diversi microrganismi in competizione nutrizionale tra di loro. E' difficile senza un' analisi microbiologica, affermare che generi e specie di microrganismi siano presenti anche se con molta probabilità si puo ipotizzare la presenza di batteri lattici, lieviti, batteri acetici ecc. Naturalmente il suo impasto è una pasta acida naturale e con molta probabità molto simile per non dire uguale alla madre di cui mantiene sia le caratteristiche sensoriali, di digeribilità, tecniche ecc.
La composizione microbica delle madri, nel tempo e in conseguenza ai rinfreschi giornalieri, mantenimeto ecc., tenderà a cambiare. La microflora interna non sarà più per ovvi motivi quella di partenza. La madre, cosi come tutte le colture microbiologiche gestite artigianalmente, svilupperanno equilibri interni variabaili in base alle specie, fattori nutrizionali, pH, ossigeno, in poche parole, ai fattori di crescita tipici di ciascuna specie creando condizioni favorevoli allo sviluppo di una specie microbica e non di un'altra. Comunque in una buona madre, in linea di massima (valore molto indicativo), il rapporto tra batteri lattici e lieviti (S. cerevisiae) è circa 100:1. E' difficile per non dire impossibile, microbiologiamente parlando, che a livello artigianale si abbiano madri con le stesse specie nella stessa concentrazione UFC/g soprattutto se le materie prime utilizzate di partenza sono differenti in termini di colture microbiologiche specifiche.(yogurt, pomodoro, frutta ecc.) Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito.
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Pane Scongelato
Buongiorno, ho notato che spesso e volentieri il pane che faccio in casa che congelo una volta scongelato ha la crosta che tende a staccarsi dalla mollica:
secondo il suo esperto parere come mai accade?
Il pane lo produco sempre con una classica biga 1% lievito 45% acqua e maturata per almeno 20 ore a temperatura ambiente (in questo periodo più caldo però faccio fare qualche ora di sosta in frigo prima). Completo poi sempre con l'impasto finale, faccio incordare, lascio riposare una mezz'ora, pezzo in pagnotte da 100 gr. ciascuno circa, faccio lievitare al caldo in forno precedentemente pre-riscaldato a 50gradi circa e lascio fino a raddoppio (solitamente impiega su un'ora e 15/ un'ora e mezza). cuocio poi in forno statico dove ho inserito del vapore con lo spruzzino a 230 gradi per un 15 minuti circa poi apro abbasso la temperatura e lascio il forno semi-aperto per altri 10 minuti in modo da asciugare il pane. Lascio poi raffreddare su una
griglia e ciò che avanza lo metto in congelatore. Riesce a darmi un consiglio? non capisco dove sbaglio...
Grazie
Buongiorno a Lei
Per poterla aiutare ho bisogno nei dettagli la ricetta (dosi, tempi e temperature) quanta biga ecc.. Alla prima lettura della sua email, ripeto senza informazioni precise e dettagliate, il problema può apparire come un eccessiva secchezza del prodotto sia in fase di cottura (25 minuti di cottura totale per 100 g mi sembrano un pochino eccessivi) sia in fase di fermentazione.
Situazione che peggiora nel momento in cui lei congela il pane avanzato poichè, in quella fase, avviene anche il processo della sublimazione oltre al congelamento.
Attendo quindi maggiori dettagli per poterle essere di aiuto nel migliore dei modi.
Cordiali saluti e grazie per essersi rivolta al nostro servizio.
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Impasto bollente
Sono un pizzaiolo e da qualche tempo ho deciso di lavorare impasti molto molli per intenderci quelli che dicono che si impastano con moltissima acqua fino al 90 - 100%. Vedo su Facebook che tutti lo fanno e ho provato anch'io, ma non sono mai riuscito ad impastare. Quando ci riuscivo l’impasto era bollente perché girava più di 30 minuti e presentava rotture. Grazie
E' vero è possibile ottenere impasti costituiti da 90% di idratazione e forse piu ma non è detto che sempre ci si riesca. I fattori che possono influenzare tale lavorazione sono:la temperatura dell'acqua,la modalità in cui si incorpora, il tipo di impastatrice,la forza della farina e la capacità di assorbimento di acqua e il disegno meccanico degli organi in movimento (concavità della vasca, presenza di due velocità, riscaldamento meccanico ecc.) Questo per dire che non è detto che quello che un suo collega fa o non fa lo possa fare anche lei, in quanto le condizioni operative sono differenti. In ogni caso, questo parametro, non lo deve prendere come indice di bravura tecnico professionale. Dipende da troppi fattori tra i quali anche il prodotto che si desidera ottenere e la sua lavorabilità. La tecnica di lavoro e/o gestione di impasti cosi fortemente idratati è particolare e richiede anche abilità manuali leggermente differenti. Un saluto e a disposizione.
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Differenze fra farine
La mia domanda è molto semplice: "Troppo spesso sento persone che, una volta fatta la distinzione tra farina di grano duro e grano tenero, mi rispondono che una farina vale l'altra. Non penso sia proprio così; che consigli puo dare ai consumatori per una scelta consapevole?
Non è cosi assolutamente! Prima di tutto mi riferisco a FARINE e non a mix o semilavoriti già pronti all'uso. Anche all'interno della parola farina dobbiamo intenderci perchè la legge ammette l'aggiunta di additivi volontari che è possibile non dichiarare in etichetta. Premesso questo e rifendomi alla farina tal quale è importante sottolinerae il fatto che alla base vi è prima di tutto una netta distinzione botanica. La "bianca" é Triticum aestivum il duro é T. durum. Il consiglio che mi sento di dare a tutti i consumatori è che le farine non sono assolutamente uguali soprattutto per un discorso reologico all'interno della stessa specie botanica. Ci sono ql che vanno bene x la biscotteria a base di pasta frolla (W molto basso) e altre appunto definite panificabili in una scala da 200 ad oltre 380. La scelta di acquisto é in funzone del prodotto e della lavorazione che si decide di adottare. Lavorazioni "lunghe" richiedono farina con W piu alto. Non necessariamente la farina manitoba (il nome prende origine dalla omonima regione canadese) é forte!!! Grazie per essersi rivolto al nostro servizio SOS online
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Allergia al glutine
Buongiorno la mia fidanzata ha l'allergia al glutine. Posso lo stesso preparare la pasta madre?
Certamente!! La madre la puo realizzare con la farina di riso, non i mix già pronti senza glutine ma con la semplcissima farina di riso. Nel caso in cui la gestista solida le consiglierei di aggiungere della maizena, fecola e amido di riso, conservarla a 20 - 22 ed utilizzarla dopo 4 ore. Nel caso in cui la gestione fosse liquida puo aggiungere solo farina di riso tal quale e utilizzarla dopo 3 ore dal rinfresco sempre se mantenuta a 20 - 22°C. Grazie per essersi rivolto a noi. A disposizione
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Maturazione impasto
Buongiorno Sono una semplice appassionata di grandi lievitati.Sono diversi anni che mi ci dedico a fare pane, prodotti da forno e devo dire con ottimi risultati. Questo non vuol dire che non voglia migliorare il mio prodotto.Da qui la domanda sul come poter monitorare la qualita' della maturazione dell'impasto. Parte tutto dalla corretta maturazione del LM?
SI... senza ombra di dubbio! A livello casalingo e/o professionale a livello artigianale parte tutto dalla corretta conduzione della madre. Per corretta conduzione non mi riferisco al fatto che siano necessari strumenti o attrezzature molto costose. Basta un semplicissimo termomentro, una valutazione visiva di colore, forza e spugnosità interna e un buon palato. Il termometro serve per misurare la temperatura a cuore dellla madre durante i rinfreschi (mai maggiore di 28°C oltre chiaramente alla temperatura dell'ambiente di stoccaggio!) e il palato per valutare la presenza di retrogusti amari marcati o acidità acetica dominante. La valutazione visiva invece riguarda il modo in cui si aprono o staccano le orecchie dal corpo centrale, colorazioni anomale e struttura interna. Grazie e a disposizione
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