Hai un problema tecnico di produzione nel settore dell'arte bianca (pane, pizza, grandi lievitati, prodotti da forno in generale)? Il tuo prodotto ha un difetto? Hai bisogno di consigli? Esponi il tuo problema e Simona Lauri ti risponderà nel più breve tempo possibile.
Preparazione della biga
Buongiorno dott.ssa e grazie per la sua risposta al mio precedente quesito sul mantenimento della biga. Volevo chiedere se nel preparare la biga è importante rispettare i tempi di impasto di 4 -5 minuti alla velocita' 1 anche se rispettando la percentuale del 45% di acqua la farina non è stata completamente assorbita. Grazie ancora.
Buongiorno a lei. I minuti di impastamento sono fondamentali ed è per questo che, se presente, si utilizza di preferenza la retromarcia proprio per accellerare l'assorbimento della farina. I minuti sono molto indicativi e soprattutto dipendono da molti fattori, ma uno dei parametri tecnici che indica la fine dell'impastamento è proprio l'assenza di farina sul fondo della vasca. Deve calcolare i minuti indicativamente fino a quando non vede più farina sul fondo della vasca. Per email purtroppo non posso essere più precisa. Un saluto cordiale.
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Idratazione impasto per classica
Salve dott.ssa volevo complimentarmi per l ottimo lavoro che svolge e il tempo e lei dedicato nel rispondere a tutte le nostre domande, le chiedo riguardante l'idratazione per impasto Pizza tonda classica conviene farla al 60% o 50% . Su cosa influisce tutta questa quantità di acqua? Con lievito di birra fresco comporta cambiamenti? E come devo gestirlo? Grazie mille.
Buongiorno a lei. L'idratazione finale di un impasto da classica è abbasatnza soggettivo. Molti pizzaioli preferisco 55% altri invece 65% purtroppo non posso aiutarla su questo perchè dipende non solo dall'assorbimento di acqua da parte della farina, dal tempo della maturazione (maggior idratazione, in linea di massima, equivale a maturazioni più corte!) dall'utilizzo delle macchine, dalla forza della massa, ma anche dalla manualità in termini. Dal mio punto di vista non importa tanto l'idratazione, quanto il tempo della maturazione: più è lungo meglio è! Dalla sua email deduco che lei lavora o con il lievito secco o con la madre, ma sicuramente non con il fresco. Se lavora con il secco, la quantità di lievito fresco da aggiungere rispetto al secco è circa il triplo. L'impasto ottenuto dal lievito fresco è un impasto che necessita di puntata corta, staglio, frigorifero e tempi di fermentazione minori rispetto appunto a quello realizzato con il secco. Utilizzando un termine gergale tecnico "corre" molto molto più velocemente, perchè le cellule sono attive e vive. In linea di massima la lavorazione con il lievito secco è fatta di prevalenza in ambienti molto molto caldi e/o con problemi di staccaggio del lievito fresco. Cortesemente potrebbe essere più preciso? Grazie a lei.
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gluten free
Buongiorno, Volevo chiedere,qual'è il giusto metodo per fare pane e pizza senza glutine utilizzando solo farina senza glutine,lievito acqua, senza addensanti.Oppure esistono dei addensanti naturali? è possibile fare la biga con farine senza glutine? Grazie
Buongiorno a lei. Gli impasti senza glutine possono essere lavorati anche con una metodica indiretta e con la biga. Si può realizzare sia la biga sia la madre gluten free. Per quanto riguarda la formulazione della ricetta ci sono degli ingredienti che possono essere aggiunti e che hanno la funzione di creare un network simil glutine e/o con funzione addensante. Tutti gli amidi svolgono una funzione addensante ai quali può anche aggiungere fibre o farina di carrube. Un saluto cordiale e grazie per essersi rivolto al nostro servizio.
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Mantenimento della biga nel periodo estivo
Salve dott.ssa e complimenti per questo spazio dedicato all'arte della panificazione. Nel mio panificio lavoriamo con la biga (farina manitoba 45% acqua 1%lievito di birra) per la produzione della maggior parte dei panini tra cui anche le rosette soffiate, e con il lievito madre per la produzione del pane tipo casareccio. Non essendo dotata di fermolievita volevo chiederle dei suggerimenti per la gesrione della biga e del lievito madre nel periodo estivo, per evitare di dover modificare il tipo di lavorazione. Grazie ancora per i suoi preziosi consigli
Buongiorno a lei. La biga nel periodo estivo, senza il fermalievitazione, si può gestire in differenti modi. Prima di tutto deve accorciare i tempi di maturazione (nella sua emal non sono riportati!) della stessa, rispetto allo standard 18 - 20 ore e più a +18°C che può operare nel periodo invernale. Per fare in modo che raggiunga il grado ottimale di maturazione può, in questo caso, diminuire il W della farina tale che possa raggiungere l'optimum in 8 - 10 - 12 ore rispetto magari allo standard di 18 - 24 ore. Diminuendo la forza della farina utilizzata, può ridurre i tempi di impastamento prediligendo qualche minuto in più di utilizzo della retromarcia rispetto alla prima velocità. Utilizzi acqua al limite di 0 - 1°C e possibilmente una farina che non sia termostatata con il locale dove lavora. Può ridurre anche al 44% la percentuale di acqua da utilizzare ed eventualmente porre la biga qualche ora a +4°C (frigorifero!) . Nel caso in cui tutti questi accorgimenti non fossero attuabili, per problematiche che non ha riportato o che potrebbero sorgere, solo in casi estremi, può introdurre il sale nella stessa percentuale di utilizzo della ricetta. Per quanto riguarda la madre, nella sua emal non è riportata nè la gestione nè le tempistiche tecniche per cui suppongo sia solida. In questo caso, dopo il rinfresco, la ponga qualche ora in frigorifero. Purtroppo non posso essere precisa perchè non ho i dettagli della lavorazione. Nella speranza di esserle stata di aiuto, le invio i miei più cordiali saluti e resto a disposizione.
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Doppia lievitazione del pane
Buongiorno, da svariato tempo studio le ricette del pane, alcune preferiscono due lievitazioni quella in massa e quella della forma, mentre alcune prediligono una lievitazione del 30% massimo per la massa per poi favorire la lievitazione definitiva della forma.A livello prettamente organolettico e nutrizionale il secondo può considerarsi un metodo corretto e alternativo oppure sbagliato? Inoltre è corretto parlare di "doppia lievitazione" per il pane?
Buongiorno a lei. Generalmente non si parla tra i professionisti artigiani panificatori di "doppia lievitazione" o termini similari coniati a livello casalingo, perchè i termini tecnici sono differenti. Si parla di: prima puntata, appretto, fermentazione, riposo ecc. E' chiaro che le sensazioni organolettiche sono differenti da fase a fase e da lavorazione a lavorazione in quanto ogni fase implica un metabolismo tendenzialmente respiratorio nella puntata e poi sempre più fermentativo con aromi, precursori di aromi, metaboliti secondari differenti.. Le lavorazioni dirette corte, con semilavorati o mix, elevate percentuali di lievito non apportano nessun aroma al prodotto, mentre situazioni differenti, dal punto di vista organolettico, si possono avere con lavorazioni indirette lunghe qualsiasi esse siano. Le ricette e le modalità di esecuzione sono differenti perchè sono differenti le tipologie di pane. Prediligere una puntata lunga, un riposo corto o immediatamente una lavorazione dipende dal tipo di pane (tipologia di impasto, idratazione, lavorazione meccanica, forza della massa, ecc.) e non si può e non si deve assolutamente standardizzare nè dire che una è più corretta di un altra. All'interno della stessa ricetta si può optare, in base alle esigenze e/o problematiche tecniche, di far variare all'improvviso una tempistica e/o una fase, ma questo lo fa solo l'esperienza di un panificatore professionista valutando anche solo visivamente l'impasto. Da un punto di vista nutrizionale si sa già in partenza che il frumento è carente di certi aminoacidi essenziali e pertanto il pane non rientra tra gli alimenti definiti "completi", indipendentemente dal tipo di lavorazione condotta. Un saluto cordiale e grazie a lei.
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Senatore Cappelli, IG e gelatinizzaziome delle farine
Salve, Ho iniziato ad usare il frumento Senatore Cappelli in quanto ho saputo che ha un i.g. basso,il pane però con questa farina viene piuttosto pesante e poco alveolato e qualcuno mi ha consigliato la gelatinizzazione che dovrebbe portare leggerezza;leggendo in rete però, mi pare di aver capito che la gelatinizzazione degli amidi porta ad un aumento dell'indice glicemico,solo che l'articolo era abbastanza tecnico e non son sicuro di aver capito tutto..può darmi maggiori dettagli?
Buongiorno a lei. Mi scusi ma detto cosi, in termini molto generici, cioè che il frumento Senatore Cappelli abbia un IG basso non è propriamente corretto, anzi. Non è questo il caso, ma è ormai luogo comune sentire parlare tutti, ma proprio tutti di IG, soprattutto quando si deve avviare una campagna di marketing nel settore degli sfarinati. La frase "...ha un IG basso!" è ormai quasi uno status symbol nelle parole di moltissimi rappresentanti di aziende molitorie. Per carità, tutto è possibile soprattutto perchè il progresso non si ferma e le innovazioni in ambito tecnologico - nutrizionale non hanno confini. Mi sento però di chiarire alcuni punti fondamentali sui quali si è fatto molta disinformazione, prima fra tutte la standardizzazione dell'equazione pane bianco = glucosio = IG 100. Questo dato pubblicato su moltissimi testi scientifici risale a circa 10 anni fa, e costantemente è citato quando si vuole "denigrare" la farina Tipo OO e definirla "veleno" a prescindere da tutto. Quando si nomina, non si fa però mai alcun riferimento alla metodica utilizzata nè tanto meno alla tempistica tecnica di produzione del famoso "pane bianco" valutato con IG 100. E' pertanto, a mio parere, un dato da prendere con moltissima cautela, abbastanza falsato e attualmente superato, in quanto non tiene conto che a livello artigianale la lavorazione non è mai condotta come in laboratorio universitario di nutrizione. Va ricordato inoltre che nella valutazione dell'IG occorre tener presente non solo la tipologia di cereale, grado di abburattamento, tipologia di macinazione, rapporto amilosio/amilopectina, ma soprattutto la metodica di lavorazione (indiretto con biga, diretto lungo, indiretto con madre, autolisi ecc.) tempistica di maturazione, presenza di sfarinati differenti, dimensioni dei granuli di amido ecc. fattori e tecniche che sono quotidianamente valutate dagli artigiani e che possono portare a IG molto differenti sullo stesso prodotto - pane. Il frumento duro Senatore Capelli ha dei vantaggi nutrizionali soprattutto in ambito di apporto proteico (mediamente 15% s.s). e di tolleranza dei suoi componenti. Il fatto che il prodotto realizzato con 100% grano duro Senatore Capelli risulti pesante è dovuto principalmente a un W molto basso e pertanto richiede lavorazioni specifiche molto lente. Per quanto riguarda invece l'affermazione relativa all'aumento del IG dovuto alla gelatinizzazione dell'amido è vero, in quanto il trattamento termico è uno dei fattori che innalza IG di un alimento, ma va anche detto che se si adotta la tecnica dell'autolisi a caldo e successivamente una lavorazione indiretta lunga con infornamento del prodotto dopo 24 ore dall'impastamento, personalmente ritengo che tale affermazione sia molto discutibile sempre per il solito discorso relativo alla tipologia di lavorazione. Un saluto cordiale
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Poolish e biga
Buongiorno dottoressa. Potrebbe spiegare perché il poolish si usa preferibilmente (o solo) negli impasti molto idratati? Cosa si sbaglia se si prepara un poolish con 500g di farina e 500 di acqua e poi lo si utilizza in un impasto in cui si aggiungano 500g di farina e un ulteriore 5 o 10 per cento di acqua, per un pane idratato al 55o 60%? Avrei anche un'altra domanda. Perché utilizzare solo il 30% di biga se in alcune ricette si arriva addirittura al 100%? Non sarebbe meglio avere tutto o quasi tutto l'impasto con quelle 18/24 ore di maturazione, piuttosto che solo una sua parte? In quali casi è meglio utilizzare basse percentuali di biga? E come si può ottenere in questo modo una buona maturazione della parte aggiunta nell'impasto? La ringrazio, sperando di non essere l'unica lettrice a porsi queste, forse stupide, domande.
Buongiorno a lei. Quante domande!!! Procediamo per gradi tenendo comunque presente che per rispondere esaurientemente a tutte ci vorrebbero pagine e pagine di libri. Il poolish si usa di preferenza negli impasti idratati perchè la sua caratteristica è quella di dare friabilità e moltissima leggerezza. Tali caratteristche non sono percepibili in impasti con idratazione minore del 60% dove per altro si lavora con biga. Si utilizzano percentuali variabili di biga in base alla forza che si desidera dare alla massa oltre alla tipologia di pane e caratteristiche tipiche del prodotto in questione. Le basse percentuali di biga si utilizzano appunto in impasti che non devono nè avere, nè prendere "forza" , per svariati motivi tecnici: strappi in cottura, problemi di passaggio alle macchine, tagli che non si parono ecc.. Quando si parla di pane, non si parla di maturazione a meno che non venga utilizzata la tecnica del freddo con cella fermalievitazione. In ogni caso tenga presente che la produzione giornaliera di un piccolo panificio è di circa 3 q di farina con diversi formati e specifiche di prodotto e quello che viene realizzato a livello casalingo è improponibile in una struttura artigianale. Molti adottato la tecnica del freddo apposta, ma alcuni pani non possono essere realizzati con tali metodica per caratteristiche intrinseche. Ciò nonostante non vuol dire che siano dei pessimi prodotti anzi esattamente il contrario. Grazie e un saluto cordiale
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Stabilità farina e limite di impastamento
Buongiorno Dott.ssa Lauri, e complimenti per il sito ed il servizio.
Mi chiedo quale sia in termini pratici il rapporto tra la stabilità della farina ed il reale limite di impastamento in macchina (spirale)... mi spiego meglio. Osservando alcune schede tecniche di varie farine ho notato che viene riportato il tempo di stabilità, riscontrando a seconda della farina casi che vanno dai 10 minuti fino ad un limite inferiore di 2 minuti!!
Impastare per soli 2 minuti (ma anche per 8 minuti) sappiamo che non è possibile per arrivare ad una corretta formazione del glutine ed il corretto punto pasta... infatti parlando di pizza impastata a spirale solitamente la lavorazione tra prima e seconda velocità dura circa 15 minuti. Dunque chiedo... come devo considerare in termini pratici i minuti di stabilità della farina riportata? E poi la stabilità è strettamente collegata alla temperatura dell'impasto? e alla forza/velocità di impastamento? Il mio problema è che quando lavoro con la spirale devo ancora ben comprendere quando è il giusto momento di fermarsi, dunque a volte mi pare di andare oltre e ritrovarmi alla fine l'impasto che cede umidità anche se magari l'impastamento è durato i canonici 15 minuti o meno ed è stato chiuso sotto i 25 °C... può essere legato alla stabilità della farina?
A me hanno insegnato di fermare l'impasto quando estendendolo con le dita crea il cosidetto velo, è corretto o ci sono altri fattori? (oltre la corretta temperatura finale).
So di aver scritto un messaggio abbastanza confusionario, e chiedo venia... sperando si sia capito il senso, ancora ringrazio e cordialmente saluto.
Buongiorno a lei. Personalmente penso ci sia un errore di fondo abbastanza importante o meglio un punto che vorrei chiarire. I minuti di Stabilità di una farina non rappresentano i minuti di impastamento, ma sono un indice strumentale di una proprietà reologica importante. Avendo a disposizione un farinogramma, la Stabilità (espressa in minuti) rappresenta l'intervallo di tempo durante il quale l'impasto rimane alla massima consistenza. Si legge sull'asse delle ascisse ed è calcolata come differenza, in termini di tempo, tra il primo punto in cui il grafico tocca la linea delle 500 UB e il punto in cui lo stesso grafico tocca in discesa la stessa linea. Maggiore è questo valore, in minuti, migliore sarà la qualità reologica della farina, perchè un valore elevato di stabilità indica che può sopportare sia lunghe fermentazioni sia prolungate sollecitazioni meccaniche dovute all'impastamento. I minuti di Stabilità NON rappresentano i minuti di impastamento, ma solo un intervallo di tempo strumentale ben preciso e soggetto appunto a molte variabili tra le quali proprio la temperatura. L'Analisi è condotta su un impasto di farina e acqua posto all'interno di piccola impastatrice dello strumento. Insieme alla caduta o grado di rammollinento, allo sviluppo della pasta e all'assorbimento di acqua indicano l'attitudine (ottima, buona,discreta, mediocre, scadente) di una farina alla panificazione. In linea di massima la stabilità deve essere maggiore di 8 minuti. Per valutare invece i minuti reali di impastamento del suo impasto, purtroppo per email non la posso aiutare molto. Le posso solo dire che si può regolare praticamente prendendo in considerazione il raggiungimento di alcune caratteristiche fisiche della massa in base ad alcuni parametri sensoriali: assenza di rugosità e appiccicosità superficiali, presenza di una superficie liscia ed omogenea e "rumore" dell'impasto nella vasca molto indicativo. Spero di esserle stata di aiuto. Un saluto cordiale
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Madre e lievito di birra insieme
Buonasera Dott.ssa Lauri, ho avuto il piacere di conoscere il vostro sito grazie al quale ho potuto mettere in discussione molti approcci sbagliati nella panificazione migliorando sensibilmente i miei risultati. Avrei una domanda da porle: Si parla spesso di lievitazioni "combinate" ovvero quelle che si ottengono usando lievito di birra e pasta madre. Alcuni tuttavia sostengono che il lbd agendo più rapidamente della pasta madre tolga nutrienti al lievito naturale rendendo inutile o quasi l'uso combinato di questi ingredienti. Lei che ne pensa? Grazie Cordiali Saluti
Buongiorno a lei. Qualsiasi e dico qualsiasi microrganismo presente in un impasto artigianale o casalingo è in competizione nutrizionale. La selezione, se cosi si può chiamare, la maggior parte delle volte, è data dai metaboliti che vengono prodotti e dalle condizioni di crescita (temperatura, pH, ossigeno ecc.) e non è una questione di velocità o di chi arriva primo, ma solo di condizioni che si possono instaurare tali da influenzare sia la crescita sia il metabolismo. In ogni caso, la contaminazione endogena di partenza porta ad avere una microflora eterogenea che conviverà e sarà responsabile di differenti aromi, precursori di aromi, gas, acidi ecc., tipici di una coltura "selvaggia" non selezionata microbiologicamente.
A livello artigianale i professionisti li utilizzano spesso insieme - madre e lievito di birra - oppure prediligono una rispetto all'altra, perché i risultati sono differenti in termini soprattutto di struttura e alveolatura, sofficità e friabilità, volume e leggerezza. Come in ogni situazione, ci sono sempre i pro e contro; nel caso della lavorazione con la madre, a livello casalingo (d'altra parte, rispetto alla condizioni operative professionali, le situazioni sono completamente differenti!) i contro non li considera mai nessuno. Mi dispiace per i sostenitori accaniti della madre a livello casalingo, ma i professionisti artigiani (panificatori, pizzaioli, pasticceri) sanno molto bene che, certi prodotti tipici, solo con la madre non si possono fare. Un saluto cordiale e a disposizione.
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Miglior impasto o...
Buongiorno dottoressa Lauri. Vorrei chiederle secondo lei, quale mix di ingredienti, con o senza accorgimenti, consiglierebbe per un impasto ottimale? Le chiedo questo giacche', con l'avvento oggi di farine alternative, e pseudo impasti segreti tramandati in sogno da qualche avo che non riposa bene nell'aldila', mi trovo spesso a lavorare in locali dove vengo fatto oggetto di pretese assurde, a dir poco. Io son per un utilizzo di una farina w 240/300, ed ovviamente lievito, sale ed acqua, e se proprio si vuole dare croccantezza, un mix di semi ed oliva. La ringrazio per l'attenzione, attendo una sua gradita risposta.
Buongiorno a lei, ha pienamente ragione o qualche avo non riposa bene oppure la disinformazione e la non conoscenza delle tematiche tecniche specifiche scientifiche del settore hanno raggiunto livelli che vanno oltre l'umana sopportazione. Continui sulla sua strada, lavorando con le stesse farine, ma dando risposte e spiegazioni tecniche sui "perchè" di ogni cosa. La poca conoscenza, la disinformazione tecnica o la conoscenza molto approssimativa si combattono con le nozioni scientifiche, poi se il consumatore vuole la luna perchè gliel' ha detto il professionista (non del settore) tale... beh...mi dispiace lei vende pizza non luna a pezzetti! Personalmente ritengo che non ci sia un impasto "magico ottimale", ma solo metodiche di lavoro che possono portare a migliorare la digeribilità e la leggerezza dell'impasto. Faccia sempre lavorazioni indirette lunghe con bighe anche di 48 ore, maturazioni lunghe di 48 ore e più, magari usando farine poco abburattate (l'abburattamento non c'entra con la tipologia di macinazione!). Oltre ai semi che già aggiunge (sesamo, chia, lino ecc.) se ha piacere può aggiungere, in misura del 5 -10% massimo sulla farina, altri sfarinati come: quinoa, teff, miglio, moringa,ecc. In questo caso però si aspetti una maggior pesantezza. Se lavora con frumenti "antichi" faccia maturazioni più corte. Spero di esserle stata di aiuto. In ogni caso, se gli avi non riposano bene perchè hanno problemi di digestione o qualche professionista ha mangiato pesante... vendono degli ottimi digestivi! Grazie e a disposizione.
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Pizza senza lievito
Salve dottoressa, voglio farvi i complimenti per la sua professionalità e disponibilità. Desidererei avere delle delucidazioni su impasti per la pizza senza lievito, che farina adoperare è come impastare. Grazie anticipatamente
Buongiorno a lei. Tecnicamente, anche se non pesa materialmente il lievito di birra S. cerevisiae, per il fatto di essere un ascomicete sporigeno ubiquitario, contamina il suo impasto. Le spore presenti nell'aria contaminano l' impasto, danno origine alla forma vegetativa e la cellula cresce, si nutre, compie il metabolismo, si moltiplica ecc. per cui, se il suo impasto venisse sottoposto ad una analisi microbiologica, troverebbero S. cerevisiae all'interno della microflora. Inoltre, se le condizioni microbiologiche e i fattori di crescita sono tali,può anche risultare come coltura dominante. Non c'è una farina adatta o che si presta ad un miglior utilizzo in questi casi, nè una tecnica particolare di impastamento. A tale proposito, le ricordo che può solo evitare di scrivere la parola lievito nell'elenco degli ingredienti, ma non può usare la denominazione o claim pubblicitario "pizza senza lievito" in quanto, a mio parere, rappresenta una violazione dell'art. 7 Reg. UE 1169/2011. Un saluto cordiale
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Pizza, quali tecniche di lavorazione?
buongiorno Dott.sa Lauri , al momento, in pizzeria, ho a disposizione una farina con W=190 P/L=0.6, oltre all'impasto diretto, sono consigliabili altre tecniche di lavorazione, semidirette o indirette? grazie infinite della sua disponibilità. cordialmente
Buongiorno a lei contrariamente a quello che molti pensano e affermano, con una farina W190 0.40<P/L<0.60, con falling number non inferiore a 240 min, può fare una biga e rinfrescare poi con la stessa farina. Chiaramente non può fare bighe lunghissime ma 18 ore a 16 - 18°C in linea di massima posso essere ottimali. La stessa cosa nel rinfresco successivo, se non adotta insieme altre tecniche come autolisi o simili, ma solo aggiungendo il 35 - 40% di biga sulla farina del rinfresco, 0.1% di lievito ecc., può benissimo fare, dopo la puntata in massa, una maturazione di 24 ore a +4°C. Questa tecnica può essere adottata sia per la classica sia per la pala. A suo piacere può adottare anche la lavorazione semidiretta.
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Rosetta
Salve, dott.ssa Lauri ho difficoltà ad avere una rosetta vuota dentro.Solitamente utilizzo questi ingredienti: 2 kg di biga(16 ore) 800gr di farina 00 w330,30gr di malto,5gr di lievito,25gr di sale,800gr d 'acqua,non dó nessuna puntatura, cilindro a macchina, faccio lievitare i pastoni un ora formo la rosetta e faccio lievitare 30/40 minuti e inforno a 220 gradi con abbondante vapore.Ho uno buon sviluppo, ma sono piene di mollica all interno.
Buongiorno a lei. Dalla ricetta ci sono due errori principali: c'è troppa farina aggiunta (deve aggiungere solo 100 - 140 g e non 800 g) e l'aggiunta di lievito. I pastoni mediamente sono da 2800 g e per quanto riguarda la loro puntata purtroppo non posso essere molto precisa, perchè dipende dalla temperatura dell'impasto/ambiente, caratteristiche della farina, tempi di cilindratura e da come "spanciano" lateralmente. Dopo la spezzatura, la rosetta non si forma, ma va solo stampata. Dopo mediamente una fermentazione di 1 ora a 28 - 30°C con 72 - 75%UR, si inforna a platea a 240 - 250°C, in base alla spinta del forno, con vapore prima e dopo l'infornamento. Tempi medi di cottura 18 minuti. Un saluto cordiale e grazie.
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Impasto di farro a casa 100% o mix con altre?
Salve dottoressa. complimenti! La seguo un pò ovunque e presto tramite il gruppo PGM la incontrerò di persona in crociera! :) non vedo l 'ora. A parte tutto ciò, volevo fare un pizza al farro da fare in casa. meglio 100% o la taglio? idro, appretto e puntata? pensavo ad un 75% tutta puntata in massa poi frigo a +4°C. dopo 24 ore, staglio ed appretto fino a cottura. forno di casa. teglia piccola. pallina da 600 g. cosa mi consiglia lei? grazie in anticipo. e complimenti anche per i suoi libri :)
Buongiorno a lei e grazie per essere un nostro affezionato lettore, ma soprattuttop per la stima che ripone in me. Rispondendo al suo quesito posso dirle che, Sì, può lavorare benissimo con farina di farro 100% anche se le consiglierei un lavorazione indiretta con biga. Prepari una biga il giorno prima con una farina di frumento tenero 300<W<330 e 0.40<P/L<0.60 riposo max 24 ore a 16°C in questa stagione. Il giorno dopo prepari l'impasto con tutta farina di farro, 45% di biga, 0.1% di lievito di birra fresco, acqua 65 - 75% ( a piacere), olio a piacere, sale 2,0% sul totale della farina (farina aggiunta + farina della biga) e malto 0.5 - 1.0% sul totale della farina. Dopo l'impastamento, faccia una puntata di circa 1 ora, staglio, frigorifero a +4°C per 24 ore, stesura nelle teglie, fermentazione 3 ore circa a temperatura ambiente, farcitura, cottura a 250°C o quello che può con il forno. Grazie ancora e a presto in crociera. Un saluto cordiale
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Tecnica del freddo in Pizzeria
Salve Dottoressa e grazie mille per la sua generosissima disponibilità. Attualmente lavoro con un impasto gestito tutto a temperatura ambiente (circa 22°C) da un minimo di 20 ad un massimo di 40 ore. E' una farina belga intorno ai 220W, proteine 11,5 %, con un idro 60% circa, sale al 2,5%, senza olio, e 4 gr di lievito di birra fresco in 16 kg di farina, con una puntata in massa di circa 10 ore... Volevo chiederle quali sono, se ci sono, gli accorgimenti da prendere nel caso decidessi di gestire l' impasto con l' utilizzo del freddo.. Spero di essere stato chiaro.. Grazie e buona giornata!
Buongiorno a lei. Prepari una biga corta (max 8 ore a 18 - 20°C) e la usi poi in virtu del 35 - 40% sui 16 Kg di farina che impasta (6.4 Kg di biga) Aggiunga 15 g di lievito fresco (sui 16 Kg di farina) e gli altri ingredienti a piacere. Riposo in massa 30 minuti, maturazione massimo 24 ore a +4°C e fermentazione finale 2 - 3 ore in base alla temperatura ambiente. Per email è abbastanza difficoltoso dare suggerimenti di questo tipo, perchè non conosco nè la stabilità della farina nè l'assorbimento di acqua. Il valore 11.5% di proteine non mi dice nulla, perchè è il valore delle proteine totali presenti in uno sfarinato e non corrisponde assolutamente alle proteine insolubili ne tanto meno è un indice delle proprietà reologiche. Se le sembra che i panetti non siano in grado di sopportare una tempista lunga per una farina con W220,riduca la biga a 30% sempre sulla farina aggiunta, e faccia una maturazione di 18 ore a +4°C. Se invece la farina con la quale lavora, ha un teorico W220, mentre in pratica le sembra che possa sopportare tempistiche più lunghe, può arrivare anche a 48 ore di maturazione. Grazie a lei e mi faccia sapere. Un saluto cordiale
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Quantita' di Madre
Salve, per il pane alcune ricette contengono una dose di lievito madre da mettere direttamente nell'impasto (es.30%), altre viene messo una piccola dose di lievito madre per un poolish iniziale (es.5%) e poi utilizzato dopo 6/12 ore. Differenze? Quando optare per una o per l'altra?
Buongiorno a lei. Mi scusi ma si riferisce alla madre essiccato/liofilizzata o a quello che generalmente viene mantenuto nella forma legata, liquida o in acqua? Mi scusi se le chiedo questo, ma mi sembra di capire dalla dose (5%) che sia in polvere. In questo caso non consiglio mai di usare quello in polvere, perchè ci vuole molto tempo dato la poca o scarsa attività delle cellule microbiche in quella forma. La dose di madre in un impasto varia in base agli aromi che si desiderano ottenere, al tempo di lavorazione e all' abilità. Non c'è una dose standard, ma ogniuno opera come ritiene più opportuno in base appunto al tipologia di prodotto che desidera ottenere, al tipo di farina, alle caratteristiche sensoriali, conservazione ecc.In linea di massima (anche questo è però molto soggettivo!) la tecnica del poolish si odotta per impasti molto idratati, mentre per quelli derivanti da impasti duri o bastardi si utilizza la madre solida. Un saluto cordiale.
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Pane senza sale
Buongiorno,vorrei provare a fare un pane senza sale, tipo toscano. In realtà ho già fatto una prova modificando una ricetta che già usavo per del pane che modellavo come "toscano". Questa la ricetta:
biga 20h con 0,7% lievito naturale (macinata a pietra integrale)
rinfresco con 20% farina su farina biga W200
5% germe grano su tot farina
1% malto su tot farina
h20 70%
1,5% sale su tot farina
3% evo su tot farina
idrolisi 20 minuti
3h lievitazione in massa, spezzatura, modellamento, 2h lievitazione finale, cottura
scioccamente ho provato questa stessa ricetta eliminando solo sale e olio e diminuendo al 66% h20.
quasi subito mi sono accorto che qualcosa non andava, durante l'impastamento la pasta stentava a staccarsi dalle pareti e non si aggrappava al gancio. quando poi ho tentato di togliere la pasta dalla vasca il livello di blasfemia nell'aria è diventato altissimo...la pasta si allungava all'infinito (senza spezzarsi) ma non si staccava dalle pareti...non è stato possibile dare pieghe poichè mancava totalmente di elasticità. ho buttato via tutto... Arrivo alla domanda: quali sono le accortezze e la corretta procedura per ottenere pane senza sale con pasta madre? specifico con pasta madre perchè mi pare di aver fatto tempo fa un esperimento del genere ma con lievito di birra, e (se la memoria non mi inganna) non ho avuto di questi problemi. Grazie infinite per eventuali spiegazioni.
Buongiorno a lei. Mi scusi ma non so nulla delle proprietà reologiche della farina (non mi basta sapere che è macinata a pietra, anzi!) ne tanto meno delle condizioni di processo (temperatura ambiente ecc.) Se chiama "biga" allora per definizione è fatta con il lievito fresco, in caso contrario è un semplice rinfresco della madre. Il suo primo problema/errore grave è stato quello di utilizzare il 5% di germe insieme all'olio EVO, il secondo nell'aver fatto anche una ulteriore autolisi di 20 minuti sull'impasto finito e il terzo nell'aver aggiunto solamente lo 0.7% (in peso? Come?) di madre (??) nella biga. Il comportamento dell'impasto era prevedibile proprio per la concomitanza di questi tre errori molto gravi. In primis quando si utilizza il germe non si va mai oltre 1.5% sul totale della farina proprio perchè è ricco non solo di lipidi (non necessitava l'aggiunta di ulteriore olio EVO), ma soprattutto di idrolasi che degradano immediatamente tutti i legami specifici delle strutture presenti nella massa, determinando una immediata appiccicosità e perdita di acqua dalla struttura. L'olio EVO, più di ogni altra sostanza grassa, da l'effetto shortening per cui il 3,0% sul totale della farina, è già la percentuale massima consentita in un impasto da pane, chiaramente senza il germe. Cambi tutta la ricetta, ma soprattutto l'autolisi non si fa mai dopo l'aggiunta di tutti gli ingredienti ma, all'occorrenza, prima e solo con acqua e farina. Parta da una biga fatta con lievito di birra e farina 330<W<350 0.40<P/L<0.60, acqua 45 % (55% - solo se macinato intero) sulla farina a temperatura opportuna, senza aggiunte di madre o quant'altro, aggiunga la stessa quantità di farina nel rinfresco, lievito di birra 0.5%, malto 0.5 - 1.0% sul totale della farina ecc. Se macinato intero aggiunga acqua, faccia 5 - 7 minuti di autolis, poi aggiunga biga e tutti gli altri ingredienti. Senza il sale tutto il processo tecnologico/microbiologico è molto accellerato per cui deve calibrare esattamente sia i tempi di riposo in massa sia di fermentazione. Un saluto cordiale
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Acidità dei prefermenti con farine semi integrali
Buongiorno Dottoressa, ho notato che i prefermenti a base di farine integrali tendono a sviluppare più facilmente acidità, da cosa è dovuto e come si può procedere per controllarne la corretta esecuzione?
Buongiorno a lei. E' normale, in quanto sia la contaminazione microbica endogena delle farine è maggiore (maggior contaminazione esterna presente sulle parti cruscali) sia la tipologia di carboidrati è differente. Le parti cruscali contengono di prevalenza cellulosa e pentosani che dopo l'attacco di enzimi specifici, possono liberare zuccheri non più solo esosi, ma pentosi. I microrganismi, batteri lattici compresi, in presenza di pentosi, avviano metabolismi differenti che portano a metaboliti (acidi e non solo!) differenti. Tali acidi, chimicamente e in base alle condizioni di dissociazione, influenzano i valori di pH. Questo può essere un pregio/difetto in base alla tipologia di prodotto (aroma o profumi) che si desidera ottenere o alla tipologia di sfarinato di partenza e/o sua attività enzimatica iniziale. A livello artigianale o casalingo, se ritiene che sia un difetto, le consiglio di lavorare al massimo con una TIPO 2, di ridurre il quantitivo di farine di tipo integrale utilizzato oppure di non aggiungere crusche in nessuna forma. Spero di esserle stata di aiuto. Un saluto cordiale e sempre a disposizione.
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Lievitazione con pasta madre o con lievito
Salve,mi chiedevo quali fossero le differenze sul risultato finale nel caso alla lievitazione con pasta madre abbinassi la lievitazione con lievito di birra. mi spiego meglio: al momento per ottenere un buon pane a lievitazione con sola pasta madre faccio una biga a 48h (24h a +4°C + 24h a 18°C). al momento del rinfresco aggiungo 20% di farina su farina biga e acqua per arrivare a 70% h20. finito l'impastamento metto a lievitare in massa per 3h a t.ambiente; a circa meta di questa lievitazione (quindi dopo 1h30) effettuo 2 pieghe. finito il riposo in massa spezzo e preformo, attendo 30 minuti formo e metto a lievitare circa 2h sempre a t.ambiente. una volta cotto il risultato è piuttosto buono: bello sviluppo, crosta leggermente spessa (uso per 75% farina integrale) ma molto friabile e profumatissima, sapore dolce e leggermente acido. appena ho un po di tempo farò una prova aggiungendo durante il rinfresco della biga l'1% di l.b. sulla sola farina aggiunta...mi chiedevo che differenze dovrei aspettarmi e soprattutto che cosa succede alla massa in questo caso...so che il l.b. ha un metabolismo molto più veloce della pasta madre, ma nel mio caso è anche vero che la biga è ben colonizzata dalle colture presenti nella madre...prevarrà su tutto uno dei due lieviti oppure ci sarà una mutuata collaborazione?
grazie mille.
PS: Grazie per la preziosa risposta alla mia precedente domanda. Sto ottenendo buoni risultati con un mix di avena,miglio,quinoa...25% su tot farina...
Buongiorno a lei. Mi scusi ma penso ci sia molto confusione: la biga non è fatta con la madre! La biga, per definizione tecnico scientifca è una miscela di farina, acqua e lievito di birra, NON madre. Se lei utilizza la madre non farà mai una biga ma starà operando semplicemnte un rinfresco della madre o pasta acida che di si voglia. Per quanto rigurada invece il quesito sulla differenze, le rispondo che avrà tendenzialmente nella biga metaboliti provenienti da un metabolismo alcoolico fermentativo oltre che acidi provenienti da batteri presenti come contaminanti nelle materie prime utilizzante, mentre nel caso di un rinfresco della madre avrà in prevalenza un metabolismo fermentativo omo o etero lattico con sviluppo di acidi differenti in base al genere, specie e ceppi di contaminanti presenti. Ora, quale rapporto si instauri tra i microrganismi è praticamente impossibile da prevedere a livello artigianale o casalingo ne tanto meno si può affermare che ci sia una coltura dominante o quant'altro senza un riscontro scientifico di identificazione microbiologica. Posso solo dire che sicuramente si creerà una sorta di competizione nutrizionale tra tutte le forme microbiche presenti e la loro crescita, nonchè sviluppo, dipenderà anche da questo. Un saluto cordiale e a disposizione
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Momento esatto per infornare
Buongiorno,vorrei chiedere un consiglio pratico. Come faccio a capire quando è il momento giusto per inforare il pane in lievitazione? C'è qualche trucchetto o modo per non infornare nè troppo prima, nè troppo dopo con il collasso dell'impasto. Grazie
Buongiorno a lei. La valutazione del momento esatto per l'infornamento è una delle fasi più difficili in assoluto anche per i professionisti. C'è un piccolo trucco, ma solo l'esperienza quotidiana può permettere la valutazione esatta. In linea di massima si tocca la pagnotta tra il pollice e l'indice e si imprime una leggera pressione sulla superficie della massa in lievitazione. In base alla "risposta" dell'impasto, si può decidere per l'infornamento o meno. Si opterà per l'infornamento nel caso in cui l'impronta, lasciata sulla pasta dalle dita, scompare all'istante, mentre se permane si potranno valutare altri minuti di fermnetazione. Nel caso in cui abbia paura di rischiare il collasso (si capisce però sempre e non si manifesta all'improvviso!) valuti di operare dei tagli sottopelle con lama quasi parallela al piano di appoggio. Anche questi , intesi come profondità e lunghezza, non sono facili da fare e si imparano solo con l'esperienza manuale. Un saluto cordiale
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Conservazione biga
Buongiorno Dott Lauri Come posso conservare la biga, chiusa ermeticamente, o va fatta "respirare"? Grazie
Buongiorno a lei. Dipende dalle dimensioni del contenitore. Può chiuderla ermeticamente se la capacità del contenitore è minimo tre/quattro volte il quantitativo della massa (biga) introdotta. In caso contrario può coprire con un telo in cotone e una plastica per evitare incrostazioni. In ogni caso mai i teli o i coperchi a contatto diretto con la massa per una questione di metabolismi fermentativi o respiratori. Un saluto cordiale
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Pane soffiato
Gentile Dott. ssa, è corretto ritenere che se si utilizzano due farine con W e P/L differenti, il valore risultante di questi parametri sia la media dei valori delle due farine? Se così fosse, basterebbe infatti avere in dispensa una farina molto forte e una debole, e miscelarle in proporzioni tali da ottenere il valore richiesto dalla ricetta, a vantaggio della praticità. Le chiedo inoltre se una rosetta soffiata vada necessariamente eseguita con una farina W 380-400 e se questa farina si debba necessariamente mettere in una biga in percentuale pari al 80-90 per cento sul totale. In sintesi, potrebbe spiegarmi da cosa dipende e come si può favorire la formazione del vuoto nella rosetta? La ringrazio molto per le risposte e i suggerimenti, un grande aiuto anche per panificatori inesperti, come me.
Buongiorno a lei. Mi scusi, ma parto dalla seconda domanda, quella riguardante il pane soffiato o michetta o rosetta che dir si voglia in base alle località italiane: michetta a Milano, rosetta a Roma, ecc. Per realizzare questa tipologia di pane non è necessaria una farina di W 380 - 400, ma è sufficiente una farina con W330 0.40<P/L<0.60 circa, ossia una farina con proprietà reologiche atte a realizzare un biga minimo di 18 - 20 ore a +18°C e la farina va tutta in biga e non nel rinfresco. Sembra una lavorazione molto facile in termini di sequenza operativa, ma non è assolutamente cosi, poichè dipende da tantissimi fattori: idratazione della massa, proprietà reologiche della farina, temperatura dell'impasto a fine impastamento, riposi dei pastoni, cilindratura (tempi e passaggi), spezzatrice esagonale meccanica, stampatrice meccanica (secondi e pressione dello stampo a contatto con i panetti) oppure manuale, temperatura di cottura, spinta del forno a platea, notevole presenza di vapore, ecc. Se la stampatura avviene manualmente, non è sufficiente usare lo stampino in metallo, ma essere in grado di valutare il tempo e la pressione da imprimere in base alla risposta della massa sottostante. Non solo, ma avranno uno sviluppo diverso in cottura i panetti presi al centro della spezzatrice rispetto a quelli presi lateralmente. E' la tipologia di pane che viene fatto, in quasi tutti i molini, per valutare le caratteristiche tecniche delle farine. Per quanto riguarda invece il suo primo quesito, questo sarà argomento di approfondimento nei prossimi numeri della testata: Il calcolo sulla valutazione della forza (W) della farina da ottenere, partendo da due valori noti di W, deriva da un calcolo matematico semplice, ma abbastanza complesso nella spiegazione. Spero di esserle stata di aiuto. Un saluto cordiale
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La quantità di olio è calcolata nell'idratazione totale?
Buongiorno Dottoressa,gentilmente volevo chiedere se l'olio nell'impasto viene calcolato nell' idratazione. Distinti saluti
Buongiorno a lei. In un impasto da pane, pizza, ecc., la percentuale di olio, soprattutto se EVO e considerato come ingrediente interno dell'impasto, non deve mai superare il 2.5 - 3.0% calcolato sulla farina. La sua massa (g) è relativamente bassa per cui non è mai considerata nel conteggio soprattutto perchè, se si supera, si ha l'effetto "shortening" sull'impasto. Questo è il principale motivo, ci aggiunga anche il fatto che l'olio, a differenza del burro che contiene mediamente il 20% di acqua, è costituito per il 99% di sostanza grassa apolare e non influenza l'idratazione intesa come assorbimento di acqua da parte delle molecole polari presenti nella massa. Un saluto cordiale
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Ad impastare ...si parte dall'acqua o dalla farina?
Gentile dottoressa, sia nei forum, ma anche tra le domande di qualcuno qui, leggo spesso che il dosaggio del lievito per impasti di pizza viene calcolato su lt. di acqua. Io l'ho sempre calcolato sulla quantità totale di farina. Sbaglio? Inoltre, cosa cambia tra le due ipotesi? Grazie infinite!
Buongiorno a lei. Ci sono due scuole di pensiero: una prettamente dei pizzaioli che partono dall'acqua ad impastare e come calcolo degli ingredienti e l'altra, prettamente tecnica dei panificatori italiani che partono dalla farina. All'interno di questa seconda categoria qualcuno (molto raro) segue la scuola svizzera e parte dall'acqua. Da un punto di vista prettamente scientifico è sbagliato partire dall'acqua sia come fase di impastamento sia come dosaggio degli ingredienti per moltissimi motivi tecnici. Il primo in assoluto, dimostrato da anni da differenti studi scientifici universitari, è legato al cambiamento della conformazione spaziale delle strutture proteiche. Queste passano da uno stato casuale, disordinato e ripiegato su se stesse (struttura caratteristica nativa delle proteine insolubili) a un allineamento e successiva distension,e in direzione dello sforzo meccanico. Lunghe catene che si allineano sempre di più, aumentando i legami inter e intra molecolari fino al raggiungimento di una struttura liscia ed omogenea. Questo allineamento, che visivamento porta ad una riduzione della appiccicosità, è determinato in primis dall'azione meccanica e in secundis dalla presenza delle molecole di acqua (formazione del glutine). A quest'azione puramente di chimico -fisica, si abbini il fatto che tutti i componenti dell'impasto sono inglobati in esso e interagisco tra di loro in base ai legami che si instaurano oltre chiaramente all'azione prettamente biochimica o di chimica organica legata all'assorbimento di acqua (molecole igroscopiche presenti) di tutti i componenti della farina e non. In chimica, biochimica, chimica fisica non è l'acqua che assorbe le macromolecole, ma particolari gruppi idrofili (polari) presenti nelle macromolecole che complessano le molecole di acqua e si orientano tale da contrapporre ad un solvente polare (in questo caso l'acqua) la parte polare della molecola. In termini pratici: è il "secco organico" che assorbe acqua, non l'acqua che assorbe il "secco". Non si partirà quindi dall'acqua ad impastare, ma dalla farina. Inoltre l'assorbimento di acqua da parte del "secco" dipende sia dalla sua composizione organica sia dalla temperatura dell'acqua che viene utilizzata. Tutti gli ingredienti quindi sono in percentuale sul secco (farina) e non sull'acqua che oltrettuto, mediamente 20%, evapora sia in cottura sia durante il trasumento. Partendo dalla farina, si ridurranno i tempi tecnici di impastamento cosa che purtroppo, pochi considerano e quindi trascurano. La farina nell'acqua fa i "grumi", proprio per l'orientamento della parte polare; l'acqua sulla farina viene assorbita. Un discorso a parte invece è quello che valuta il dosaggio degli ingredienti sulla massa totale. Anche in questo caso, la percentuale (intesa come semplicissimo calcolo numerico) non è tecnologicamente corretta e precisa perchè comprende una parte di acqua, calcolata appunto sulla massa totale, che non resta all'interno, ma fuoriesce durante il processo produttivo, attraverso il passaggio di stato. Il calcolo in tecnoloogia, nutrizione, tabelle nutrizionali ecc. si fa, da sempre, solo sul secco. Per carità, poi ci sarà sempre chi insisterà e avvierà la fase dell'impastamento introducendo nella vasca come primo ingrediente tutta l'acqua, ma tecnicamente e scientificamente non è corretto. Un saluto cordiale
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Pasta madre (2)
Ottimo tutto ciò che mi ha scritto. Mi e' stato molto utiliìe. Rispondendo al suo quesito, la pasta madre è solida e la conservo in frigorifero .Volevo sapere inoltre a che temperatura e per quanto tempo va cotto il pane.Grazie buona gionata
Buongiorno a lei. Il tempo e la temperatura di cottura del pane sono molto variabili perchè dipendono da tantissimi fattori tra i quali: pezzatura e forma del prodotto, tipologia di forno, tipo di impasto (idratazione), presenza di ingredienti particolari (zucchero ecc.) metodica di lavoro, ecc. Mi scusi ma non riesco a risponderle in termini cosi vaghi. Grazie a lei
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Ordine inserimento ingredienti impasto pizza
Buongiorno dottoressa, innanzitutto La ringrazio per la pazienza e la professionalità che offre sempre nel rispondere ai nostri mille quesiti. Volevo chiederle qual è il giusto ordine di inserimento ingredienti in un impasto per pizza. Il mio dubbio rimane soprattutto sulla sostanza grassa (olio di oliva). Non so se considerarla come liquido (e quindi inserirla all'inizio dell'impasto come l'acqua) o come grasso e quindi inserirla a metà impasto come il burro. Grazie
Buongiorno a lei. Grazie per il suo interessante quesito. Prima di tutto si parte dalla farina per cui la prima ad essere inserita nell'impastatrice è proprio questa e non l'acqua. Alla farina fanno seguito: il lievito, l'olio, tutti gli ingredienti e metà dell'acqua richiesta dalla ricetta. Dopo qualche minuto dall'avvio della fase di impastamento, se l'impasto lo richiede, si aggiunge ancora una parte dell'acqua. All'inizio della seconda velocità (se presente nella macchina) o in caso contrario dopo 6 - 7 minuti dall'avvio della stessa, si introduce il sale e l'acqua residua a filo. Nel caso in cui l'impasto richiedesse ancora acqua, si procede con l'aggiunta a "filo", soprattutto per gli impasti oltre il 70% di idratazione. Il motivo per cui non si aggiunge olio a meta/fine impastamento consiste nella struttura della materia grassa che non è solida a temperatura ambiente (burro), ma liquida proprio perchè si distingue dal burro, strutto per la differente composizione di acidi grassi. La sua aggiunta, a impasto completato (o quasi), fa si che lo stesso si disfi in tanti blocchi e poi si riformi con il proseguo dell'impastamento. Ciò determina un conseguente allungamentro dei tempi di impastamento. Aggiungendo l'olio all'avvio della macchina (inizio della fase di impastamento) la sostanza grassa si incorpora immediatamente tra le fibre proteiche, amido, ecc., tale da non rompere una struttura già formata, ma esercitando solo un fase di rallentamentro della stessa (allineamento delle fibre proteiche secondo il verso di rotazione della vasca, legami chimici intra e intermolecolare, iterazioni tra i differenti costituenti la massa, ecc.). Aggiungendolo all'inizio non solo non allungo i tempi di impastamentro, ma non creo rotture alla struttura già formata. Non sempre è vantaggioso allungare i tempi di impastamento perchè si può arrivare alla fase denominata overmixing o punto di non ritorno, in cui l'impasto si sfalda e non è più possibile ristrutturare la maglia glutinica. Partendo dalla farina, come primo ingrediente nella vasca, ho un'assorbimento maggiore (le polveri assorbono i liquidi non il contrario) di acqua da parte dei componenti secchi e un impastamento in un tempo inferiore. Chiaramente questi sono solamente dei consigli dettati dallo studio e dall'esperienza. Ogni professionista è libero di agire come meglio crede. Un saluto cordiale
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Impastamento con lame per biga e impasto successivo
Buongiorno Simona, impastando a mano e da neofita spesso ho difficoltà ad amalgamare perfettamente la biga con il rinfresco, che solitamente unisco in piccoli pezzi quando quest’ultimo è in fase di pastella ed insieme alla restante farina.
Nell’ultimo impasto ho provato a sciogliere la biga in acqua con l’utilizzo di un mixer ad immersione e chiaramente ne è uscita una crema uniforme. Incuriosito ho trovato informazioni di chi già utilizza questo metodo per il rinfresco del lievito madre o di chi parte frullando la biga con la farina del rinfresco. Le chiedo cortesemente se questi metodi possano essere usati (per me sarebbe co-mo-dis-si-mo!) oppure danneggino la biga e la qualità del prodotto finale.
Inoltre, volendo ottenere un ipotetico impasto finale a 28 parto da questa cifra moltiplicata per 3 (come il numero degli ingredienti), quindi 84, da cui sottraggo la temperatura della biga e quella della farina più un grado per l’impastamento a mano per ottenere la temperatura ideale dell’acqua. In questo caso con biga e farina entrambi a 18 gradi dovrei aggiungere acqua a 47 gradi o addirittura maggiore in caso di ingredienti più freddi. Se non sto sbagliando procedura, tali temperature non danneggiano gravemente i lieviti?
La ringrazio ancora per la gentilezza e le preziose informazioni che mi sta regalando.
Dino
Buongiorno a lei. Il mixer ad immersione con lame da taglio è dannosissimo, perchè "taglia" , uccidendo le cellule microbiche e frantuma la struttura. Da evitare assolutamente! Utilizzi sempre la frusta (frullatore elettrico, eventualmente) ma MAI le lame! Presti inoltre molta attenzione alla velocità delle fruste. Sciolga la biga nell'acqua con la frusta a bassa velocità e aggiunga successivamente la farina. Prosegua, appenna possibile, con l'impastamento manuale. Presti attenzione al fatto che non sta impastando una massa montata, dove è richiesto di incorporare una grandissima quantità di aria, ma un impasto per pane per cui è fondamentale che l'impasto non si surriscaldi eccessivamente. Tenga presente che la temperatura massima che può raggiungere un impasto (impasti molto idratati), a fine impastamento, è 27 - 28°C per cui, se non controlla la temperatura, questa surriscalda la massa e rischia l'overmixing della struttura. Più una farina è debole, più è alta la temperatura (di impastamento, dell'acqua, ecc.), più rischia l'overmixing in un tempo inferiore. Se la struttura si disfa, diventa appiccicosa, trasuda acqua e non ottiene più la massa viscoelastica omogenea caratteristica dell'impasto otiimale. Un cordiale saluto
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Scarsa reazione di Maillard
Gentile Dottoressa approfitto nuovamente della sua esperienza e disponibilità per un problema legato alla produzione di un impasto per pizza classica realizzato in modo indiretto lungo con mix farina tipo 1 e integrale nella misura del 50% con 48 h di maturazione a temperatura controllata. Premetto che per ovviare alla mancanza di zuccheri data la lunga maturazione aggiungo 1% di estratto di malto . Nonostante ciò durante la cottura la colorazione risulta scarsa.La domanda è come mai questo problema lo riscontro solo in impasti con presenza di farina integrale e non negli altri, anch'essi realizzati con la stessa metodica, ma con farina di tipo1 ? La ringrazio e la saluto.
Buongiorno a lei. Il problema è abbstanza comune negli impasti integrali perchè i polisaccaridi che costuiscono le cosidette fibre (presenti proprio nelle farine integrali) sono chiamati anche polisaccaridi non amido. Sono prevalentemente pentosani che non si decompongono mediante azione enzimatica delle amilasi per cui non liberano glucosio, maltosio, ecc. In ogni caso sono arabinoxilani e arabinogalattani quindi con una composizione di molecole che non è glucosio, ma arabinosio, xilosio, galattosio ecc. Questo non si verifica nelle farine TIPO OO, TIPO O; TIPO 1 ;TIPO 2. Lei utilizza 50% Tipo 1 e 50% integrale per cui ha, a parità di massa rispetto alla sola TIPO 1 un apporto di pentosani e fibre superiore, non solo ma avrà sicuramente osservato un maggior assorbimento di acqua e una pesantezza di struttura superiore.Questo secondo fattore dipende però dal tipo di integrale e dalla quantità di crusca in essa contenuta. Lavori la farina integrale tutta in biga e aggiunga poi, nel rinfresco la TIPO 1, il sale, il malto ecc. Spero di esserle stata di aiuto. Un saluto cordiale
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Percentuale biga e ldb per rinfresco
Buon pomeriggio, innanzitutto la ringrazio per la risposta ad un mio precedente quesito e la pazienza dimostrata. In tema di biga, che realizzo con farina w350 (finito lo stock la prenderò da 300w come mi ha consigliato), 45% acqua e 1% lievito di birra per circa 20 ore a 18 gradi, non mi è chiara la quantità di farina da utilizzare per questa riferita al totale della ricetta e se nel rinfresco vada aggiunto altro ldb. Nel dettaglio solitamente preparo due diversi impasti; uno per pane tipo toscano ed uno tipo baguette. Per entrambi su 1kg di farina prevista per la ricetta ne utilizzo 300 per la biga, rinfrescando poi con i restanti 700 gr di farina più debole (w 200 toscano e w250 baguette) e circa il 55 (toscano) /60 (baguette)% complessivo di idratazione, lo 0,5(toscano)/1,5 (baguette)% di sale e 1% di malto in sciroppo senza altro ldb. Per dei prodotti ottimali come toscano e baguette non mi è chiaro se questa % di biga (quindi 438 gr su circa 1600 complessivi) possa essere corretta e se, nel caso, si debba aggiungere altro ldb, in quale percentuale ed il perchè.
Più in generale immagino che questi fattori dipendano dal prodotto finale che si desidera ottenere, ma da neofita vorrei ora dedicarmi al capire i meccanismi della biga e del successivo rinfresco per poter più avanti aver delle basi per “costruirmi” delle ricette.
Le chiedo, inoltre, la funzione della pasta di riporto per la panificazione, se la si possa utilizzare insieme alla biga e, nel caso, in quale % la consiglia.
La ringrazio e cordialmente la saluto.
Buongiorno a lei. Il calcolo, per capirci meglio, lo faccia sempre sulla farina e non sulla massa totale. Mi spiego meglio se lei utilizza 700 g di farina sta usando circa il 60% i biga sui 700 g (420 g di biga nella quale sono costenuti i suoi 300 g circa di farina). Può aggiungere a suo piacere uno 0.5% di lievito di birra sulla sola farina aggiunta per il toscano (senza sale) quindi 3.5 g oppure 7.0 g per la baguette. A suo piacere può mettere anche tutta la farina in biga e aggiungere gli altri ingredienti dopo il riposo. La pasta di riporto (pasta di avanzo di una lavorazione precedente e completa di tutti gli ingredienti) ha una "forza" inferiore alla biga ed è per questo che si lavora con percentuali maggiori rispetto alla stessa biga; in ogni caso può usarla anche insieme alla biga. Spero di esserle stata di aiuto. Un saluto cordiale
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Pasta madre (1)
Gent. dottoressa da anni anni ho ereditato la pasta madre che regolarmente rifocillo ogni 3 giorni. Vorrei sapere, per fare il pane ,pizza ,foccaccia che dosi per un kilo di farina 00 devo fare? Premetto che non sono panettiere, ma autodidatta .Grazie a lei
Buongiorno a lei. Mi scusi ma non mi ha detto né come conserva e mantiene la sua padre, né la temperatura di mantenimento: solida, liquida, in acqua? In frigorifero o a temperatura ambiente? Questi fattori possono sembrare banali, ma in realtà sono il "punto focale" di tutto il processo. Mi scuserà quindi se ipotizzo io una conduzione e mi riferisco alla solida. Penso immediatamente a questa perchè se la rinfresca ogni tre giorni, liquida a temperatura ambiente non può essere. Potrebbe essere in acqua, ma il concetto non cambia molto rispetto alla solida. Prima di tutto, la deve rinfrescare e se sono tre giorni che non lo fa, deve operare due rinfreschi successivi con le stesse modalità. Madre - farina nella stessa quantità. Aggiunga poi acqua pari al 44 - 45% sulla farina utilizzata e proceda con l'impastamento. Finita questa fase avvolga la massa a palla, faccia un taglio a croce e la ponga coperta in un luogo caldo (28 - 30°C) per circa 4 ore. Ripeta la stessa seguenza e la ponga a riposare per altre 4 ore nelle stesse condizioni. A questo punto per il pane, la pizza, la focaccia utilizzi 200 g di pasta madre per 1 Kg di farina ed inforni il giorno dopo. Spero di esserle stata di aiuto, in caso contrario sono a disposizione. Un saluto cordiale
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Avena, miglio, quinoa, amaranto...come usarle al meglio?
Un saluto e infiniti complimenti per questa rubrica che letteralmente mi rapisce (altrochè facebook). Da tempo ho perfezionato alcuni impasti con lievito madre e farine integrali o semi integrali macinate a pietra. Prediligo lunghe maturazioni che nel mio caso arrivano a circa 70h. Volevo iniziare a fare esperimenti con le farine in oggetto e quindi chiedo a lei qualche indicazione su come utilizzarle al meglio. Esistono percentuali massime di utilizzo in un impasto, quali accorgimenti utilizzare (temperature,percentuale di idratazione, tempi massimi di riposo, etc), insomma un punto di partenza per tentare di ottenere da subito dei risultati decenti senza rischiare di buttare via impasti. Che tipo di prodotto restituiscono farine del genere? ovvero, come posso capire se il risultato è buono magari riferendomi ai più comuni descrittori del pane? Grazie infinite e buon lavoro.
Buongiorno a lei e grazie per essere un nostro lettore. Prima di tutto: miglio, saraceno, quinoa ed amaranto non contengono glutine e quindi la lavorazione va impostata come i prodotti gluten free. Personalmente le suggeririrei, se non ci sono casi particolari di celiachia e/o intolleranze, ma solamente la ricerca di nuovi gusti e sapori di utilizzarle in miscela con il grano tenero o con il grano duro. Il motivo di questo consiglio riguarda il fatto che soprattutto la quinoa e l'amaranto hanno sapori molto forti e persistenti (cannella, rafano e liquerizia l'amaranto - spinacio dolce molto marcato la quinoa) per cui in purezza possono incontrare difficoltà di apprezzamento. Lo stesso vale per la farina di grano saraceno che in purezza ha un retrogusto leggermente amaro, mentre la farina di avena è molto molto dolce soprattutto se abbinata all'avena stessa (quando si lavora in purezza nei dolci non si aggiunge lo zucchero). Dal punto di vista nutrizionale questi cereali e pseudocereali sono imbattibili e rappresentano la risposta vegetale alle proteine della carne, ma presentano qualche piccolo problema tecnico di lavorazione. Per ottenere dei prodotti di buon livello da subito, lavori con una biga di grano tenero e aggiunga, queste farine circa il 20% sul totale della farina. Tenga presente che può notare fin da subito una pesantezza maggiore rispetto al solo grano tenero o duro, ma questa è la loro caratteristica. Più aumenta la percentuale più avrà persistenza di aroma e pesantezza con alveolatura sempre un pochino più chiusa. Non può comunque usare gli stessi descrittori del pane perchè sono prodotti completamente differenti. Grazie a lei e buona giornata
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Biga e fermentazione lattica
Salve Dott.ssa, volevo chiederle delucidazioni in merito ai microorganismi che si sviluppano in un impasto con biga fermentata a 24h. Avremo lo sviluppo di batteri lattici e quindi di acido lattico, acetico ed altri composti aromatici? La ringrazio e le pongo cordiali saluti
Buongiorno a lei. La biga per definizione è costituita da farina, 44 - 45% di acqua e 1,0% di lievito compresso (percentuali calcolate sulla farina), impastata pochi minuti e poi lasciata fermentare da un minimo di 10 ad un massimo di 48 e più ore, a temperatura tra 16 - 18 °C in base alla stagione. L'utilizzo del lievito compresso rappresenta un inoculo microbico per cui ci sarà decisamente, come coltura dominante, lo sviluppo del lievito S. cerevisiae e quindi il metabolismo dominante sarà prettamente respiratorio/fermentativo tipico del blastomicete. Sicuramente ci sarà lo sviluppo di altre forme microbiche, LAB compresi, cosi come di altri batteri presenti come contaminanti delle materie prime. Lo sviluppo di queste colture sarà però inibito da alcuni fattori importanti: la concentrazione UFC/g iniziale di S. cerevisiae, la competizione nutrizionale, la riduzione della concentrazione di ossigeno nella massa e la presenza di anidrice carbonica che si sviluppa durante il metabolismo fermentativo. Questo non vuol dire che non si sviluppano forme microbiche differenti dal S. cerevisiae, ma la loro crescita, riproduzione, metabolismo sono decisamente rallentati mostrando però la presenza dei loro metaboliti (acido lattico, acetico, acqua ecc.) Più la biga sarà "lunga" in termini di tempo, maggiore sarà: la presenza dei metaboliti, sviluppo microbico, temperatura interna, azione enzimatica, ecc. Spero di esserle stata di aiuto. Un saluto cordiale e a disposizione
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Risposta alla domanda lievitazioni lunghe con grano duro e estrazione del glutine
Buon giorno dott.ssa grazie per la risposta, per quanto riguarda i motivi per cui estrae il glutine non lo fa sapere, questa è la sua risposta di come esegue l'estrazione del glutine :" riporto dell amido vuol dire che dall ultimo impasto ho tenuto 1kg di pasta dove ho separato il glutine dall amido in acqua..... estratto il glutine ho tenuto per il nuovo impasto... l`amido." Per quanto riguarda invece la mia domanda, lei quando parla dei suoi impasti con 48h di maturazione a +4 gradi, si riferisce a semole rimacinate o la semola, come prodotto granulare a spigolo vivo? E nel caso quale dei due prodotti è più idoneo? Sono sardo e ho sempre lavorato la semola, sia con autolisi lunghe e corte, ma mai con maturazioni superiori alle 24 ore. Grazie ancora per la disponibilità.
Buongiorno a lei. Io ho sempre lavorato con le semole di rimacina anche tutte in biga in purezza. Lavorando con biga ho fatto al massimo 5 minuti di autolisi, senza biga anche 15 minuti. Questa tecnica dell'autolisi la adotto solo e solamente quando ho farine con P/L oltre 1.5 - 2.0 abbastanza comuni in Sardegna. In caso contrario solo metodo indiretto, riposo in massa, staglio, maturazione 24 - 48 ore a +4°C, fermentazione finale. Mi sto riferendo alla pizza. Per quanto riguarda la risposta che ha ricevuto mi scusi ma non si capisce se utilizza l'amido o il glutine. Perchè? Mi da l'impressione di essere un pochino confusionario, ma magari è solo la mia impressione. Grazie a lei e sempre a disposizione. Un saluto cordiale
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Lunghe lievitazioni su rimacinato di grano duro e estrazione del glutine
Buon giorno direttore, questi giorni ho sentito parlare di impasti di semola rimacinata, con oltre le 72h di maturazione, che nella preparazione dell'impasto utilizzava come passaggio l'estrazione del glutine dalla pasta di riporto. É possibile che un impasto di grano duro possa sopportare tutte queste ore di maturazione ottenendo poi un pane con alveolatura importante? Grazie del tempo che vorrà concedermi. Un vostro affezionato lettore.
Buongiorno a lei e grazie per essersi rivolto al nostro servizio. Personalmente non mi stupisco più di nulla data la possibilità di additivare volontariamente le farine. Anche i grani duri , cosi come i teneri, possono essere classificati in base ai paramentri W, P/L, stabilità ecc. Personalmente ho lavorato con grani duri sardi che so essere per tipologia abbastanza tenaci (P/L > 2.0) per cui hanno richiesto un' autolisi a freddo corta 15 - 20 minuti e fino a 48 ore di maturazione a +4°C, per gli impasti di pizza, ci sono arrivata. Oltre sinceramente non lo so. Può essere, ci mancherebbe!. Cosi come è la prima volta che sento dell'estrazione del glutine dalla pasta di riporto. L'utilizzo della pasta di riporto ha un suo preciso scopo soprattutto per la contaminazione microbica presente e la forza che può dare alla massa e non riesco a ben comprendere l'esigenza di estrarre il glutine proprio da li. Vorrei riuscire a capire meglio sia il come ma soprattutto il perchè. Cortesemente mi faccia sapere. Ci tengo. Grazie a lei e a presto. Un saluto cordiale
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Microflora specifica delle madri.
Buongiorno Dott.ssa Lauri, innanzitutto le vorrei fare i complementi non solo per sua professionalità, ma anche per la sua disponibilità che ogni volta concede veramente a tutti.Ho letto con piacere il suo ultimo intevento sul Li.Co.Li. o, per meglio chiamarlo, sulla Madre in coltura liquida.Vorrei sapere se è vero quello che si legge spesso, che esistono paste acide più adatte ai grandi lievitati e altre più adatte a prodotti quali pane e pizza. Se si, quali sono le differenze tra le due? Quale è la procedura per avere l'una o l'altra (starter differenti)? Si può usare p.e. saccaromiceti come innesco iniziale?, o più semplicemente forse, in che differente modo vanno gestite (se c'è una differenza)?
Buongiorno a lei. Grazie per i complimenti, ma vanno estesi a tutti i ragazzi della redazione che gestiscono il portale e mi girano le email. A livello di bibliografia, diversi AA hanno riscontrato, nelle madri artigianali, la presenza di differenti ceppi proprio in base al paese di provenienza e alla tipologia di prodotto. Tra i LAB quelli più presenti nelle madri per panettoni sono: L. sanfranciscensis e il L. plantarum mentre tra i lieviti il S.cerevisiae., C.milleri e S. exiguus. Negli impasti di segale invece L. acidophilus, L. brevis, L. fermetum, L. frumenti, L. paralimentarius, L. mindensis, L. pontis, L. panis, L.fructivorans, L. casei,L. plantarum, tra i lieviti invece S. cerevisiae, C.krusei, Pichia saitoi, Torul. holmii. Chiaramente microrganismi differenti equivalgono a metabolismi leggermenti differenti tali da identificare, all'interno del genere Lactobacillus, un eterofermentante obbligato, da un eterofermentante facoltativo o da un omofermentante. Tanto per farmi capire:
►Batteri lattici omofermentanti trasformano il glucosio quasi interamente in acido lattico (per esempio gen. Lactobacillus e gen. Streptococcus). Non sono in grado di fermentare i pentosi e non producono gas tuttavia possono produrre quantità molto piccole di acetato, anidride carbonica, e acetoina. - Lb. plantarum e Lb. casei
►Batteri lattici eterofermentanti trasformano il glucosio in una miscela di acido lattico, acido acetico, etanolo e anidride carbonica (per esempio il gen. Leuconostoc) Sono capaci di fermentare i pentosi con produzione di acido lattico e acetico.
►Batteri lattici eterofermentanti facoltativi in presenza di zuccheri a cinque atomi di carbonio (pentosi) come il ribosio, lo xilosio e l’arabinosio, si comportano da eterofermentanti, mentre in presenza di zuccheri a sei atomi di carbonio (esosi) come il glucosio, il fruttosio, il galattosio ecc., si comportano da omofermentanti.
A livello artigianale, la madre è quindi costituita da un complesso ecosistema biologico, la cui identificazione microbiologica ha portato a riconoscere circa 50 specie di LAB e circa una ventina di specie di lieviti e questo dipende proprio dalle contaminazioni iniziali e/o uso di differenti starters, condizioni di crescita ecc. A livello industrilae è possibile gestire la crescita di una specie piuttosto che un'altra, controllando rigorosamente tutti i fattori di crescita specifici (sostanze nutritive comprese!), ma a livello artigianale questo è un pochino difficle per non dire impossibile. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito. Un saluto cordiale e grazie a lei
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Mollica umida
Dottoressa seguo molto il suo sito, volevo chiderle perche alcune volte il pane casereccio presenta una mollica umida. Premetto che uso una farina 240 W e su 10 kg aggiungo 3 kg di pasta di riporto 100 gr lievito compresso,temp finale 25°. Riposo pasta 2 ore circa e poi formatura. Ringrazio anticipatamente per la sua disponibilità cordiali saluti.
Buongiorno a lei. Dalla sua email traspare che il problema si verifica saltuariamente per cui è molto difficle risalire alla causa esatta; può dipendere anche dalla concomitanza di più fattori tra i quali magari, ne cito due a caso, il poco tempo di apertura delle valvole del forno in fase di cottura, temperatura eccessiva di cottura in base alla pezzatura ecc. Le chiedo scusa, ma per un evento saltuario e casuale purtroppo per email mi è impossibile aiutarla. Scusandomi nuovamente, le invio i miei piu cordiali slauti. Non esiti a contattarmi nel caso in cui il problema si presentasse con maggior frequenza.
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Maturazione
Salve dott.sa Simona Lauri, Vorrei porle delle domande: Durante la maturazione di un impasto quali sono tutti i processi chimici, fisici e biochimici che avvengono ? Cosa si intende per maturazione dell'impasto ? Grazie mille per la sua gentilezza
Buongiorno a lei. A domande simili a questa ho risposto recentemente. Cortesemente sfogli la rubrica e se non trova tutte le risposte che cerca ai suoi quesiti specifici sono a sua disposizione. Un saluto cordiale e grazie a lei
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Li.Co.Li cos'è????
Ho cercato la modalità per preparare da zero un LiCoLi: dove posso trovarla?
Grazie
Buongiorno a lei. La terminologia LiCoLi a cosa è riferita? Chi ha coniato questo termine? Se è l'acronomo di Lievito in Coltura Liquida, il lievito in microbiologia, ma nello specifico settore in cui altre specie di lievito sono presenti in UFC/g non significative, è uno e uno solo, il S. cerevisiae e pertanto la terminologia tecnica del settore è poolish. Se invece intende la madre di pasta acida liquida, beh mi permetta di chiamarlo con il suo nome reale e non INVENTATO a caso, perchè la microbiologia è la stessa sia che si utilizzi a livello professionale sia a livello casalingo. S. cerevisiae è per TUTTI un LIEVITO EUCARIOTA ASCOMICETE BLASTOMICETE dominante in Arte Bianca e quando si parla di lievito nel settore si intende solo lui. I batteri lattici NON sono lieviti e chi insiste su questo punto dice delle castronerie impressionanti: il lievito non è un battere/batterio e un battere NON è lievito!!! Non continuiamo a divulgare scorrettezze scientifiche e tecniche ABISSALI. Fatte queste doverose precisazioni scientifiche prima ancora che tecniche, per creare da zero un lievito di pasta acida liquido, parta come se dovesse creare da zero una madre di pasta acida naturale solida. La renda liquida dopo 20 giorni. Un saluto cordiale e a disposizione
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Pane ad alta idratazione
Salve! Complimenti per la grande professionalità, seguo sempre i suoi articoli. Ho un problema con la produzione di pane ad alta idratazione (95%,100%)a lievitazione naturale. il prodotto è ottimo con una mollica ben strutturata e aperta ma non riesco a ottenere che i tagli, nonostante siano a 45, ai sollevino. In pratica si aprono in larghezza. Il volume del prodotto finito non è basso o allargato. In forno a 240 con vapore direttamente sul refrattario. Spero abbia qualche idea, grazie!
Buongiorno a lei. E' abbastanza difficile rispondere a questo quesito senza sapere nei dettagli la lavorazione (tempi, temperature, metodica di lavoro, percentuale di LM,) vedere il prodotto, non tanto il taglio quanto la forma, colore e struttura dellla pagnotta. Mi scusi ma non riesco a risolvere un problema ad occhi chiusi e senza informazioni dettagliate. In ogni caso se è possibile tagli prima (giovane) usi acqua oltre i 25°C e magari inteli sempre se non abbia già adottato tali accorgimenti. Un saluto cordiale
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Impasto "scarico" e maturazione
Salve Dottoressa. Le scrivo in quanto sono anni che mi porto dietro un problema del quale non riesco a venire a capo, quello della scarsa colorazione del cornicione della mia pizza. Faccio pizza "napoletana" e Il mio impasto tipico è un 63/65% di idratazione con farina tipo 0 w300/340 e lo 0,1% di lievito, maturato 24 ore - 12 puntata + 12 appretto -. Naturalmente sono attento alla temperatura di chiusura dell' impasto - 22/23°-, a non impastare eccessivamente - tempi di impasto 15/20 minuti - e alla temperatura ambiente che nel mio locale è sempre intorno ai 20 gradi. Il mio problema è che mi ritrovo sempre un impasto "scarico", che tende a colorare poco in cottura - cuocio a 450 gradi per circa 70/90 secondi - e non capisco quale possa essere il problema. Ho provato diverse farine con caratteristiche simili a quelle menzionate ma il problema permane. I miei colleghi concordano sul fatto che l'impasto arrivi "scarico", privo di zuccheri utili alla colorazione del cornicione ma non mi spiego il perché. Oltretutto non mi è chiaro il nesso tra il W della farina - che credo sia adeguato rispetto al tipo di impasto - e la quantità di zuccheri residui. Spero che possa aiutarmi a chiarirmi finalmente le idee. In attesa di un suo riscontro, la saluto cordialmente e la ringrazio.
Buongiorno a lei. La farina da lei descritta deve, in teoria sopportare molte più ore di maturazione che non le "semplici e sole" 24 ore. Il problema però della colorazione non è tanto legato al valore di W ma a aquello del falling number e dell'analisi fatta all'amilografo. E' detenzialmente un problema di attività enzimatica, maturazione della farina e di struttura/rottura dei granuli di amido sulle sfarinato di partenza. La farina potrebbe avere una scarsa attività enzimatica (falling number >240 sec) e quindi scarsa produzione di zuccheri. Richieda tutte le analisi enzimatiche sul lotto che le consegnano (amilogramma e falling number) oltre a quelle reologiche (farinogramma, alveogramma) e me le faccia pervenire. Per risolvere momentaneamente il problema aggiunga sulla farina 0.5% di farina maltata o 1.0% di malto in pasta. Grazie a lei
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Maturazione impasto.
Buongiorno Dott.ssa Lauri , mi potrebbe gentilmente dare la definizione precisa di maturazione di un impasto e che cosa precisamente avviene durante questa fase e perché una farina debole non è in grado di sopportare una lunga maturazione. Mi scuso se ho chiesto troppo e la ringrazio per la sua disponibilità.
Buongiorno a lei. La fase denominata "maturazione" è uno step di produzione nella quale avvengono tutte i processi biochimici, la maggior parte dei quali, condotti dalle idrolasi, che portano alla degradazione delle macromolecole presenti nello sfarinato, per attivazione degli stessi enzimi, in presenza di acqua, e a raggiungimento di opportuni valori di pH. Tali processi enzimatici simulano, in un certo senso, la degradazione enzimatica che avviene nel complesso processo della digestione in cui gli enzimi, raggiunti determinati valori di pH, inizano la degradazione delle macromolecole delle sostanze introdotte con la dieta. La farina con W basso e scarsa stabilità, se non lavorata opportunamente, non è in grado di sopportore lunghe maturazione e stress meccanichi, in quando la struttura glutinica si rompe, per effetto enzimatico, nei suoi legami (peptidici, covalenti, idrogeno, Wan der Walls, ecc.), "trasuda" l'acqua che era stata assorbita precedentemente dalle stesse proteine e l'impasto assume la forma sfaldata ed estremamente appiccicosa. Un impasto che ha subito una maturazione eccessiva, rispetto alle sue caratteristiche reologiche, si presenta sgonfio, bagnato e con rugosità superficiali. Può tentare di rigenerarlo ma non sempre è possibile. Grazie a lei
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Maturazione casalinga
Buongiorno, volevo cortesemente sapere se ai fini dell'ottenimento di un sapore maggiore e aroma superiore, prendendo una farina 330w e facendo una maturazione di 24 ore a temperatura ambiente, calibrando il lievito, e/o facendo 48 ore in frigo otteniamo lo stesso prodotto. Ha un senso per un pizzaiolo casalingo usare il frigo se posso ottenere lo stesso risultato in meno ore a temp ambiente? Grazie
Buongirono a lei, la cosa importante è che avvenga comunque e sempre la maturazione a temperatura ambiente (18 - 20°C) o a +4°C, in teoria, non ha grandissime differenze se non legate ad aromi e sapori: più è lunga la maturazione, migliore saranno gli sviluppi aromatici. In pratica invece, è chiaro che, variando la temperatura, si accellereranno o diminuiranno tutti i processi metabolici compreso lo sviluppo microbico. La temperatura bassa permette di far raggiungere alle due curve, quella relativa allo sviluppo del glutine e maturazione e quella relativa alla produzione di anidride carbonica, il punto massimo allo stesso momento. Se alza la temperatura e spinge il processo, la curva relativa alla produzione di CO2 raggiungerà il massimo prima di quella relativa alla maturazione e sviluppo della massa glutinica quindi, in poche parole, la massa "fermenta" prima della maturazione. Come dicevo può essere fatto, purchè la temperatura non sia maggiore di 18 - 20°C, ma deve calibrare molto molto bene la dose di lievito. In ogni caso una farina 330W 0.4<P/L<0.60 se ha S>9 min può sopportare anche maturazioni più lunghe di quelle da lei descritte. Non è tanto un problema di fare o meno la pizza a livello casalingo (i meccanismi biochimici e microbiologici sono gli stessi!), ma la necessità, nei periodi estivi, di usare il frigorifero per garantire una miglior standardizzazione del processo soprattutto a livello casalingo. Spero di esserle stata di aiuto. Un saluto cordiale
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A cosa servono il 90% dei granuli di amido non rotti dalla macinazione? Come incidono sulla digeribilità dell'impasto?
E' un dato acquisito ormai che solo circa il 10% dei granuli di amido presenti nella farina sono granuli rotti durante la macinazione e quindi attaccabili dalle amilasi, rendendo così digeribile l'impasto e consentendo la lievitazione ad opera dei lieviti che li metabolizzano dopo l'azione della milasi. Mi chiedo quindi il restante 90% circa dei granuli cristallizzati e non rotti che non possono assorbire acqua e non possono quindi essere attaccati dalle amilasi, che funzione hanno? Non essendo "predigeriti" dalle amilasi, sicuramente Incidono negativamente sulla digeribilità, giusto? Allora mi chiedo perchè non si utilizzi sempre l'autolisi a caldo per rendere gli impasti ancor più digeribili. Mi aiuti a chierire questi concetti per favore. Grazie sin d'ora per la sua disponiblità.
Buongiorno a lei. Rispondo al suo quesito dicendo che un danneggiamento eccessivo dei granuli di amido (rottura degli stessi oltre il 10% della totalità del polisaccaride presente) creerebbe un danno notevole alle farine e alla successiva lavorabilità con implicazioni importanti come la mollica bagnata, colorazione troppo marcata ecc. Per quanto rigurada invece il suo preciso quesito sulla digeribilità, con assoluta certezza le rispondo che NON incidono sulla digeribilità in quanto nel momento in cui si raggiunge il valore della Temperatura di transizione vetrosa (t. gelatinizzazione) durante la cottura, gli amidi interi assorbono acqua, perdono la loro struttura, formano la salda d'amido e sono attaccabili dalle amilasi anche in cottura. La temperatura di disattivazione delle alfa amilasi è oltre 85°C. In cottura, soprattutto a cuore del prodotto, cessa l'azione metabolica dei microrganismi per morte degli stessi, ma non quella enzimatica. Gli zuccheri cosi prodotti sono i responsabili di tutte le reazioni biochimiche complesse implicate man mano che si eleva la temperatura superfiiciale del prodotto che asintoticamente tende alla temperatura interna alla camera di cottura. La differenza di temperatura tra superficie e cuore crea appunto reazioni come destrinizzazione, reazioni di Maillard e caramellizzazione degli zuccheri in superfcie, mentre a cuore la formazione della salda. L'autolisi a caldo non si fa sulla totalità della farina utilizzata, ma solo su di una parte di essa e comunque la digeribilità di un prodotto non dipende unicamente dalllo stato fisico dell'amido, ma dalle reazioni metaboliche condotte durante l'intera lavorazione, ecc. L'autolisi a caldo NON deve essere condotta sempre e comunque su tutti gli sfarinati, ma con grano salis, cosi come l'autolisi a freddo. Un saluto cordiale e grazie a lei
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Rapporto tra Puntata e Appretto per la pizza
Salve. Cosa cambia in una pizza (faccio la verace napoletana) se una volta decise 24 ore a temperatura ambiente di 20 gradi, e con la giusta farina, faccio:
Puntata breve e lungo appretto (esempio 5+20)
Puntata Lunga e appretto breve (Es.18+6)
Puntata e Appretto con stagli a circa metà tempo (es. 12+12).
E infine: oltre al fatto di sapere se cambia il prodotto, volevo sapere se devo cambiare le dosi di lievito. (Esempio se decido di utilizzare mezzo grammo a litro)
Grazie e buona serata.
Buongiorno a lei. A parità di tutte le condizioni (W, temperatura e tempi di stoccaggio, dose di lievito ecc.) ritengo sia una questione soggettiva oltre al fatto di dipendere dalla struttura reologica dell'impasto; appretto lungo, maggior collasso e quindi maggior estensibilità in fase di stesura. Ripeto a parità di tutti i fattori. No non deve cambiare la dose di lievito. Un saluto cordiale
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tempi maturazione farine per pane casereccio
Buongiorno gentile Simona,
è da poco che ho scoperto questo favoloso mondo dei lievitati e devo dire che anche la passione lievita ogni giorno come purtroppo la confusione! Forum, libri, articoli vari, tele santoni…sento tutto e il contrario di tutto, ma col tempo sto imparando a selezionare le informazioni. Ho appena acquistato i segreti di un’arte e spero di chiarirmi un po’ di dubbi…nel mentre però ne approfitto (!) chiedendole se può darmi delle indicazioni per l’utilizzo al meglio delle farine che attualmente utilizzo, con le seguenti caratteristiche:
tipo 0 w 250 pl 0,5-0,6 stabilità maggiore di 10 min.;
tipo 0 w190-210 pl 0,5-0,6 stabilità maggiore di 5 min;
tipo 1 w 180-200 pl 0,4-0,55 stabilità maggiore di 10 min;
tipo 2 verna
Solitamente parto da una biga con ldb fresco a 20 ore preparata con una farina w 350-370 pl 0,5-0,6 (su 1 kg di farina totale degli ingredienti ne utilizzo 300 grammi per la biga) alla quale aggiungo una delle farine che le ho elencato (per verna e tipo 1 prima ½ ora di autolisi), acqua per una idratazione complessiva dal 57% al 60% , lo 0,5%/massimo 1% di sale e un cucchiaino di malto e impasto a mano. Cerco di terminare l’impasto a 24 gradi (utilizzo la formula della temperatura finale desiderata e moltiplicata x3 a cui si sottrae la temperatura della farina e dell’aria per arrivare a trovare la temperatura dell’acqua..è corretta? Per la biga invece utilizzo la sua formula del 55), circa un’ora di riposo a ta, quindi in frigo a +4. Dopo circa 12/16 ore tolgo dal frigo, 2 ore a ta, spezzatura, preforma, formatura e appretto di circa 3-4 ore a 26 gradi (forno con luce accesa). Le chiedo cortesemente un consiglio perché i risultati che ottengo sono ancora ben lontani dall’ottimale (spesso pani ancora un po’ umidi all’interno e crosta spessa) soprattutto sui tempi di puntata e di appretto ideali per le farine che utilizzo e con le modalità che ho provato a spiegare. Le chiedo inoltre la tecnica ideale di cottura in forno casalingo per il pane tipo toscano (temperatura, vapore si o meno..a volte leggo di infornare a 250 a volte a 180..) oltre al metodo ideale di lavorazione (io uso solo ldb) della farina verna che adoro. Da ultimo (promesso!) le chiedo se è possibile preparare una biga a 20 ore con farina integrale o tipo 1, 2 con valori di w 180-200. Glilo chiedo perché mi sembra di aver letto che consigli, qualora si volesse utilizzare farina integrale o grezza, di mettrela nella biga, ma non ho capito se in quel caso dovesse avere un w alto. La ringrazio.
Buongiorno a lei, mi scusi ma mi sono persa nelle innumerevoli domande le cui risposte richiederebbero ciascuna un post lungo tanto quanto la sua domanda iniziale. Mi scuserà pertanto se potrò rispondere solo ad alcuni quesiti. Prima di tutto non ho compreso quanto lievito mette nella biga e quanto nel rinfresco ma soprattutto non ho chiaro se su 1 Kg di farina totale ne usa 300 g nella biga e poi 700 g nel rinfresco. Perchè fa l'autolisi con il verna o con una della farine da lei citate? L'autolisi si fa con sfarinati aventi caratteristiche reologiche particolare e non mi sembra sia il suo caso e comunque perchè autolisi con la biga? A mio modesto parere la metodica è un misto (biga+ autolisi) e il tempo di lavoro è eccessivo per farine con quelle proprietà: riposo a temperatura ambiente + frigor + temperatura ambiente + pezzatura+ fermentazione a 26 gradi per 4 - 5 ore. Decida in partenza cosa fare e poi proceda: Se indiretto con biga utilizzi la biga, lb sulla farina aggiunta ecc., se ritiene di fare un 'autolisi perchè ha farine molto particolari (non il verna!) allora proceda con l'autolisi, ma non unisca lavorazioni che nascono con una scopo preciso e non casuale. Le farine integrali, cosi come la farina "verna", vanno bene per bighe di max 10 - 12 ore a 18 - 20°C . La farina con 350 - 370W è ottima per panettoni o per bighe di oltre 72 ore di stoccaggio: nel suo caso è sufficiente una 300 - 330W. Grazie a lei. Un saluto cordiale
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Gelatinizzazione degli amidi
Buongiorno dottoressa Lauri, la domanda che segue è in merito alla tecnica della gelatinizzazione degli amidi; ho notato che questo processo di, mi passi il termine, "impastamento" risulta più efficace con farine quali la segale bianca e/o integrale o con grano spezzato, a dispetto dell'utilizzo di farine tipo 00. Partendo dal presupposto di aver effettuato queste prove in ambiente non contaminato da lieviti, come funziona esattamente, chimicamente parlando, l'attivazione degli enzimi responsabili della successiva lievitazione di un impasto "senza lievito" e perché alcune farine sono più indicate di altre? La ringrazio qualora volesse rispondere.
Buongiorno a Lei. Prima di tutto la tecnica della gelatinizzazione degli amidi o "autolisi a caldo" non viene fatta con lo scopo di disattivare l'azione enzimatica delle amilasi, ma esattamente il contrario a meno che non sia fatta a temperature prossime all'ebollizione dell'acqua su farine particolari come appunto la farina di segale che necessita di una disattivazione enzimatica prima dell'utilizzo. Generalmente le temperature di un'autolisi a caldo sono decisamente più basse proprio per non disattivare le amilasi ma solamente per far si che i granuli di amido interi, presenti in tutti gli sfarinati, assorbano acqua e siano anch'essi soggetti all'azione della idrolasi (amilasi) in questo caso. Utilizzo degli zuccheri provenienti dai granuli di amido interi non sarebbe possibile alla temperatura di lavoro (20 - 30°C). Solo i granuli di amido rotti dal processo della molitura (circa 10%) possono assorbire acqua e essere soggetti all'azione amilasica. In parole più semplici l'autolisi a caldo permette ai granuli di amido interi di perdere la loro struttura cristallina intera, assorbire acqua, rigonfiarsi, incrementare la viscosità del sistema, rompersi e determinare la fuoriuscita e la parziale solubilizzazione del materiale amilaceo, favorire l'attacco enzimatico. Tale zuccheri saranno quindi metabolizzati dalla microflora presente (contaminante o aggiunta volontariamente) in competizione nutrizionale. L'autolisi a caldo, in teoria, può essere fatta su tutte le farine, cariossidi spezzate o intere, ma è la disattivazione enzimatiche che non può essere sempre fatta su tutte le farine. Solo determinate farine con un bassissimo falling number, oppure provenienti da cereali o pseudocereali particolari come segale, quinoa, ecc. necessitano anche di una azione enzimatica. Sfatiamo il mito della "moda" o di quello che vogliono farci credere o ancora peggio della tecnica che si fa sempre e comunque; non è cosi! Ha un suo preciso scopo tecnico scientifico ed è fattibile solo in determinate condizioni . Grazie e un saluto cordiale. Sempre a disposizione
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lievito si,lievito no o pane marcio ?
Salve Dr.sa Lauri,
ho letto ieri su un gruppo FB la sua risposta a chi chiedeva delucidazioni sulla moda dilagante di utilizzare bassissime percentuali di licoli (1%) negli impasti per pane,nelle innumerevoli discussioni sorte successivamente a questo Q/A è emerso anche il discorso di “pane che marcisce durante la lievitazione” ,che però nessuno ha saputo spiegare in cosa consiste esattamente e come accorgersi se ciò avviene, sa darmi qualche informazione in più?
Sempre in merito alla riduzione del lievito ,ultimamente ho letto di professionisti e non che stanno producendo impasti per pizza totalmente senza lievito utilizzando solamente farine particolari ,acqua molto calda e tempo ;
in questo caso ci sono gli stessi rischi da lei segnalati per il basso utilizzo di licoli o l’assenza totale di lievito elimina i suddetti rischi ?
Grazie
Buongiorno a lei. Mi dispiace se ho creato discussioni nel gruppo non era mia intenzione, in ogni caso sono a disposizione per rispondere ai vostri quesiti purchè inoltrati uno alla volta alla redazione. Un pane (inteso come prodotto, per definizione, dopo la cottura) tendenzialmente di grosse pezzature da 800 g in poi , può non svilupparsi in fermentazione e presentare dei cedimenti strutturali senza sviluppo di volume. Dopo cottura e tre/quattro ora dallo sfornamento, mostra un odore sgradevole e un mollica tendenzialemnte marrone chiaro non sempre un pò bavosa e filosa. A livello casalingo può dare l'impressione di un pane mal cotto, pesante e senza sviluppo. Questo succede quando prendono il sopravvento culture microbiche differenti dai lattici (1% di licoli sulla farina può presentare UFC/g molto basse e comunque con una produzione di anidride carbonica inferiore rispetto alle colture di S. cerevisiae) ma soprattutto dai blastomiceti e in forte competizione nutrizionale tra di loro. Per quanto riguarda il pane definito erroneamente "senza lievito" appunto è realizzato da professionisti in un locale altamente contaminato da spore di S. cerevisiae. L'ho definito senza lievito con le virgolette perchè, se in effetti il lievito S. cerevisiae non è stato aggiunto come ingrediente è comunque, fortemente presente in quanto contaminante sporigeno ambientale. La proliferazione dei blastomiceti all'interno della massa è accellerata dalla particolare situazione del "terreno - impasto" a loro disposizione. La tecnica da lei citata non riguarda farine particolari, ma è legata ai determinati valori di temperatura dell'acqua che vengono o meno raggiunti, quindi si avrà un sviluppo più o meno accellerato della stessa coltura microbica contaminante. Lo stoccaggio successivo a temperatura costante e la tempistica di 24 ore fa il resto. Spero di aver chiarito i vostri dubbi e resto a disposizione. Un saluto cordiale
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Maturazione e IG Impasti
Egregia Dottoressa, leggo con attenzione le Sue risposte,sempre interessanti. e desidererei un Suo parere su questo tema. E' corretto pensare che una giusta maturazione e lievitazione a temperature controllate (tra le 24 e 30 ore a 4/5°C e a 22 gradi) per farine con W intorno a 200 porti a una aumentata digeribilita' e notevole riduzione dell'indice glicemico per il lavoro dei batteri sugli amidi e degli enzimi sulle proteine e quindi dei lieviti sugli zuccheri semplici trasformati? La ringrazio Cordialmente
Buongiorno a lei, 200 W mi sembra un po' basso per una maturazione e fermentazione nelle tempistiche da lei descritta, poichè molto spesso a questi valori si abbina una bassa stabilità farinografica. Si è vero, più è lunga la maturazione della massa, maggiore sarà la digeribilità dell'impasto per la prolungata azione delle idrolasi endogene degli sfarinati. Tengo a precisare però che, l'azione enzimatica delle idrolasi in uno sfarinato avviene indipendentemente dalla presenza dei batteri e dei lieviti! Per quanto riguarda invece il suo quesito sull'IG vorrei precisare che non è cosi matematico come, può trasparire dal suo post. L'IG rappresenta la velocità con cui un alimento aumenta la glicemia in seguito all'assunzione di quello specifico alimento. Il valore dell'IG negli impasti è influenzato da molti fattori tra i quali: tipo e quantità di carboidrati, tipo di sfarinato, rapporto amilosio/amilopectina, stato fisico dell'amido, grandezza granuli di amido, metodo di lavoro adottato, presenza assenza di fibra e non ultimo l'azione degli stessi lattici. Per quanto riguarda questo ultimo punto tengo a precisare che studi recenti hanno dimostrato che l'azione dei lattici sull'IG di un impasto non è correlata al grado di idrolisi dell'amido, ma all'azione di rallentamento, esercitata degli acidi da essi prodotti, nello svuotamento gastrico. Tutto quello che lei ha descritto svolge un'azione sulla maturazione della massa quindi digeribilità della stessa, ma non sull'IG, almeno allo stato attuale degli studi scientifici dimostrati. Un saluto cordiale
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Farina Tipo OO
Buongiorno ho una domanda curiosa: in che anno nasce la farina Tipo OO? grazie per la risposta
Buongiorno a lei. La definizione legale di Farina di grano tenero Tipo OO compare per la prima volta nell'art.7 della Legge 580/67 preceduto dall'Art. 6 in cui si riportava la definizione di farina come ".. prodotto ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano tenero liberato dalle sostanze estranee e impurità". Se si riferisce invece a un concetto non legale, ma sociale e molto più ampio, senza ombra di dubbio, risale ai tempi dei greci e dei romani. In letteratura si legge che a quei tempi esistevano, sostanzialemnte tre tipi di pane: quello nero o dei poveri, quello bianco (di qualità leggermente superiore al primo) e il pane bianco di farina finissima o pane dei ricchi. Da questa prima classificazione, si deduce che conoscevano un primo rudimentale concetto di "grado di abburattamento" della farina (anche se ai poveri veniva dato più che altro lo sporco e quello che si raccoglieva) e che tale classificazione era soprattutto un modo per identificare una classe sociale da un'altra. Da qui poi si inserisce il discorso degli altri cereali utilizzati (farro, orzo, miglio ecc.), degli ingredienti differenti ecc. che però esula dal suo quesito iniziale. Un saluto cordiale e sempre a disposizione
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Alveolatura dei lievitati.
Dott.ssa Lauri buongiorno, sono un appassionato di grandi lievitati, cerco sempre di migliorarmi in quest'arte "magica". Le chiedo consiglio per migliorare l'alveolatura dei miei panettoni. La composizione dell'impasto t.q, prima di infornare è, mediamente, la seguente: farina forte 28/30%, Zucchero 11/12%, Tuorlo 9/10%, Burro anidro 9/10%, Lievito madre 30% della farina del 1° impasto (circa 60 g), Acqua 9/10%, Latte intero 6% circa e solo nel 1° impasto, Canditi 15%, uvetta 5%, Sciroppo di glucosio 1%, Sale 5% e bacca di vaniglia. L'ordine di aggiunta è: latte, acqua, tuorli, zucchero. Segue miscelazione, poi aggiungo il lievito madre e impasto per bene. A questo punto aggiungo la farina, aggiungo le restanti quantità di ingredienti e liquidi, incordo l'impasto e termino con l'aggiunta del burro anidro, segue lievitazione a 28/30 °C in cella di lievitazione artigianale. Ad impasto triplicato (circa 10 ore) proseguo con la formazione del 2° impasto aggiungendo le restanti quantità di farina, acqua, tuorlo, zucchero, sciroppo di glucosio, burro, sale. Incordo e procedo con i canditi e l'uvetta. Quindi puntatura a t.a. per non meno di un'ora e, non di rado, fin quasi due ore. Procedo con la 2a lievitazione per circa 5 ore. Dopo di che la cottura la effettuo a 200 °C per 15 minuti con accesa la sola resistenza inferiore del forno, e completo a 180 °C con entrambe le resistenze accese per circa 40 minuti. Dott.ssa mi scusi se mi sono dilungato, ma ci tengo particolarmente ai lievitati. La ringrazio anticipatamente e le auguro buona giornata.
Buongiorno a lei e grazie per il suo quesito. Generalmente non si parte dai liquidi, ma dai solidi sempre e comunque. L'ordine d'introduzione degli ingredienti nei panettoni, in linea di massima è: acqua (latte) 28- 30°C malto in pasta e zucchero. Successivamente farina, madre e molto lentamente uova (tuorli) e burro morbido. Impastare fino al raggiungimento di un impasto liscio ed incordato. Per il secondo impasto invece: tutto il primo, farina, miele e zucchero. Lentamente poi sale, tuorli, burro e gli altri ingredienti mancanti. Per quanto riguarda invece l'alveolatura dei suoi panettoni (non vedendo), mi scusi, ma per email è un pochino difficile rispondere. Spero di esserle stata di aiuto. Un saluto cordiale e sempre a disposizione
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