Hai un problema tecnico di produzione nel settore dell'arte bianca (pane, pizza, grandi lievitati, prodotti da forno in generale)? Il tuo prodotto ha un difetto? Hai bisogno di consigli? Esponi il tuo problema e Simona Lauri ti risponderà nel più breve tempo possibile.
Gelatinizzazione amido
Buongiorno, la ringrazio per la sua disponibilità. In casa per curiosità ho provato la gelatinizzazione dell'amido con la farina di segale, però anzi che lasciarla raffreddare 18 ore è rimasta 24. Nel momento in cui ho terminato l'impasto ho avuto difficoltà nel chiuderlo perché colloso e durante la stesura si strappava.
Considerando che ho utilizzato su 1kg di impasto 400gr di segale e la restante farina tipo1. Per la gelatinizzazione dell'amido ho utilizzato acqua a 100°C e il 55% di acqua per la gelatinizzazione dell' amido. Da cosa potrebbero derivare i problemi sopra elencati.
Buongiorno a lei. E' estremamente difficoltoso rispondere perchè ho molte domande da porre per cercere di darle un suggerimento che sia valido e non il classico "abbaglio" preso leggendo la sua email. Mi scuserà se le pongo io alcune domande: Ha gelificato tutta la segale? Mi descriva nei dettagli ogni fase della ricetta: ingredienti, tempi, temperature e minuti perchè ho troppo poche info per risponderle. La ricetta non sarà pubblicata ma servirà unicamente per capire il problema da lei posto. Grazie. Un saluto cordiale
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Pizza con 100% farina integrale
Buongiorno. La mia è semplice curiosità nata dalla lettura del blog di un nutrizionista che consiglia di preparare/consumare pizze fatte con farina integrale. Esistono farine integrali adatte alle lunghe maturazioni che Lei consiglia di fare? E' possibile ottenere dei buoni prodotti utilizzando solo farina integrale e in caso affermativo con quale tecnica? Grazie.
Buongiorno a lei. Mi scusi se mi permetto, ma ricadiamo sempre nel ciclo vizioso dei "sentito dire" , della disinformazione o del filone ormai virale sui social che la farina Tipo OO sia "un veleno". Ci fosse una e dico una sola volta che tali personaggi riportino una notazione scientifica adeguata alle loro affermazioni. A questo link https://www.youtube.com/watch?v=8qclPlfcebw trova la mia posizione da tecnico dell'Arte Bianca per quanto riguarda la diatriba Farina integrale/Farina Tipo OO. Se da una parte i medici nutrizionisti ecc. consigliano l'utilizzo per la presenza di fibre insolubili (in bibliografia ci sono molti studi che attestano l'importanza delle fibre in generale nella dieta quotidiana e non della farina integrale che, in quanto, tale deve rispettare il DPR187/01 quindi con un apporto limitato di fibre rispetto a un qualsiasi altro alimento vegetale. NON confondiamo la crusca con la fibra anche se è ormai di prassi nell'attuale mondo della disinformazione in proposito!) dall'altra, non essendo tecnici del settore, non dicono come devono essere lavorate tali farine per evitare tutta una serie di problematiche annesse al loro utilizzo e consumo. Si fermano solo ed unicamente all'apparenza delle cose, sull'onda mediatica, ormai diventata moda e business, senza informare adeguatamente proprio perché loro stessi non conoscono. Prima di tutto, l'utilizzo della sola farina integrale in purezza, in certi prodotti dell'arte Bianca, è quasi improponibile, sia a livello sensoriale sia tecnico, come per esempio nella maggior parte dei prodotti della pasticceria (pasta montata, choux, frolla ecc.) e nell'ambito della pizzeria. Inoltre l'assunzione di prodotti realizzati unicamente con 100% farina integrale lavorata con metodica diretta, può creare molte problematiche tra le quali:
- Presenza di tannini e resorcinoli (parte esterna del tegumento o crusca) che inibiscono gli enzimi digestivi.
- Presenza di acido fitico che interferisce sull’assorbimento intestinale di ioni come calcio,ferro,magnesio ecc.
- Formazione di acrilammide nella fase di cottura dei prodotti da forno per l'alta concentrazione di asparagina libera se non adeguatamente lavorata https://aaccipublications.aaccnet.org/doi/abs/10.1094/CCHEM.2004.81.5.650
- Probabile presenza di residui di pesticidi, radioattività e micotossine nella crusca.
Questo per dire che se ho la necessità di incrementare l'apporto quotidiano di fibra nella dieta, non vado certo a mangiare il pane e la pizza fatti con la farina integrale (crusca), ma trarrò i benefici della fibra implimentando il consumo di altri alimenti.
In ogni caso, se decidesse di utilizzare la farina integrale in purezza prediliga sempre lavorazione indirette molto lunghe e maturazioni altrettanto lunghe sempre se la farina in questione sia in grado, reologicamente parlando, di supportare una metodica indiretta con altrettanta maturazione dei panetti. Grazie a lei per aver posto questo interessantissimo quesito tecnico che mi ha permesso di contrastare l'onda del marketing e della disinformazione.
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Additivo colorante E153 carbone vegetale
Salve vorrei sapere se l'uso del carbone vegetale e possibile su pizze e focacce. Rientra la pizza nella categoria dei prodotti da forno fini? Dove trovo documentazione che lo dimostri? Quali sono le sanzioni? Grazie
Buongiorno a lei, di questo argomento sia io sia l'Agente scelto di Polizia Municipale Piero Nuciari sia questa testata sia altri massmedia cartacei sia trasmissioni televisive come GEO RAI3 aprile 2017 sia il Corpo Forestale dello Stato ne abbiamo ampiamente parlato per quasi due anni (primo articolo novembre 2015!). In ogni modo la classificazione di ciò che rientra nei prodotti da forno, pane, prodotto da forno fini e fatta sia a livello nazionale sia a livello europeo. La documentazione che lei cerca sono tutti i riferimenti legislativi europei e nazionali. In ogni modo, giusto per iniziare con qualche violazione legislativa del caso; l'additivazione di un additivo colorante in un prodotto NON consentito è prima di tutto una SOFISTICAZIONE ALIMENTARE alla quale si aggiunge il reato di PUBBLICITA’ INGANNEVOLE (art. 2 comma b, art.3 comma 1 sotto comma a e b DL 145/2007) PRATICHE COMMERCIALI INGANNEVOLI (art. 20 comma 2, art. 21 DL 206/2005 Codice del Consumo) ecc. In ogni caso le risposte a tutti suoi quesiti le trova tutte a questi link http://www.mixerplanet.com/RIVISTE/Qualitaly/100/#26 Quality Agosto - settembre pag. 24, http://www.pieronuciari.it/wp/ e ampio servizio su questa testata. Un saluto cordiale.
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Impasto lunga maturazione con lievito madre
Buongiorno dottoressa. La mia domanda è questa: per focaccia e pizza faccio un impasto al 70% di idratazione con lievito madre, maturazione in frigo per 24 ore, formatura e di nuovo in frigo per altre 24 ore. Le chiedo se è preferibile lasciare l'impasto a t.a. tra la prima maturazione e la formatura e successivamente anche dopo l'ultimo riposo in frigo e per quanto tempo sia consigliabile farlo.
Buongiorno a lei. E' un pochino difficoltoso dare una risposta per email perchè non ha riportato la quantità di madre che c'è nel suo impasto e se eventualmente fa un aggiunta di fresco. In ogni modo, senza sapere nulla, ma solo utilizzando le info della sua email, direi che conviene sempre lasciar riposare la massa a t.a. per minimo due/tre ore per poi riporla in frigorifero e procedere con la lavorazione da lei descritta. Per quanto riguarda il tempo, questo è molto soggettivo e non ultimo dipende dal W della farina, dalla quantità di madre, dai rapporti di allungo, dalla tipologia di rinfresco,dalla temperatura della madre e dalla modalità (legato, liquido, libero). Grazie a lei e sempre a disposizione.
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ancora sui lievitati
Salve Dottoressa, la disturbo ancora e la ringrazio in anticipo per la disponibilità. Sono d'accordo sulla necessità di capovolgerli dopo la cottura, noto anche che si asciugano facilmente intendo dire che l'interno perde umidita dopo qualche giorno. Mi può consigliare qualche accorgimento per l'imitare questo aspetto o è del tutto normale non usando emulsionanti di sintesi? Grazie a lei
Buongiorno a lei. E' normalissimo e guai se non fosse così. Il prodotto si deve asciugare proprio per non incorrere in successivi ammuffimenti. La temperatura a cuore, per indicare il momento corretto dello sfornamento, è circa 103°C anche se attualmente qualche artigiano sforna i panettoni a temperatura leggeremente più bassa (5 - 6°C in meno!). Personalmente prendo sempre 102 - 3 come valore di riferimento, indipendentemente dalla pezzatura. Un saluto cordiale e a disposizione.
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La saccarificazione e conversione totale in glucosio
Salve dottoressa, avrei gentilmente bisogno di una delucidazione in merito all'azione dei lieviti (S. cerevisiae) durante la fase di cottura. Dalle documentazioni lette mi sembra di capire che in questa fase fino al raggiungimento di circa 45℃ il lievito accelera la sua attività prima di morire, non mi è chiaro però se questo accada in modo rilevante. Se avessi un prodotto molto maturo con una buona saccarificazione, in cui ho una larga percentuale di glucosio a che ritmo il lievito potrebbe cibarsene? Potrebbe questo influenzare la "spinta" in cottura? È possibile in teoria ottenere un impasto in cui gli amidi, zuccheri e malto siano stati tutti convertiti in glucosio?
Buongiorno a lei. Mi scusi ma non riesco a comprendere la frase "molto maturo con una buona saccarificazione". Il lievito agisce solo ed unicamente su una piccolissima parte della totalità dei granuli di amido presenti (mediamente 9 - 11%) e comunque solo sulla frazione danneggiata e dopo l'azione enzimatica tipica delle idrolasi. Se non intervengono le alfa e beta amilasi sui granuli danneggiati dal processo molitorio e solo ed unicamente su quelli, il lievito NON potrebbe usufruire della parte zuccherina per compiere il processo metabolico sia della fermentazione alcoolica sia della respirazione. In ogni caso la sua attività è in funzione dei ceppi che a loro volta sono caratterizzati da una diversa attività dell'enzima maltasi. In teoria si può calcolare che 1,0 g di lievito è in grado di fermentare 0,32 g di glucosio per ora di fermentazione. Chiariamo un punto essenziale: sono i microrganismi presenti che operano sia la fermentazione (alcoolica, acida ecc.) sia la respirazione. Senza l'azione microbica non sarebbero possibile tutte le modifiche all'impasto stesso. Nelle primissime fasi di cottura, quello che lei nota come aumento di volume è la sommatoria di più fattori tra i quali: gelatinizzazione dei granuli di amido interi per raggiungimento della temperatura di transizione vetrosa, azione enzimatica, sviluppo CO2 come prodotto dei reazioni metaboliche microbiche, espansione fisica dei gas (vapore acqueo compreso) ecc., e non è unicamente imputabile al S. cerevisiae né tanto meno vale la correlazione : "più lievito, più sviluppo in cottura". Quello che in gergo tecnico è chiamata "spinta in cottura" non è assolutamente ed unicamente imputabile al S. cerevisiae anzi... lo sviluppo del pane soffiato né è un classico esempio. In Arte Bianca, in un sistema biologico e biochimico così complesso, non stabile, come la farina e l'impasto, non si può parlare di conversione totale del glucosio perché è soprattutto una azione tecnologica, enzimatica,fisica, metabolica e microbica (con tutti i fattori che la influenzano) e non un semplice calcolo stecchiometrico. Grazie a lei per il quesito interessante. A disposizione
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Problema sui lievitati
Salve Dottoressa, ho un problema coi lievitati preparati con pasta madre a tre rinfreschi e doppio impasto.In specialmodo con le veneziane al momento dello sfornamento appena le sposto tendono ad afflosciarsi. Mi chiedevo se può dipendere da una non corretta gestione della madre (magari un rapporto acido acetico-lattico non ottimale). Grazie per la disponibilità. Cordiali Saluti
Buongiorno a lei. In termini generici direi di NO, in quanto è normale che la struttura ceda (peso degli ingredienti e forza di gravità!) nell'immediatezza quando sforna i prodotti proprio perchè ancora morbida e sorretta solo dalle fasce in carta. Il motivo principale perchè si capovolgono è unicamente questo; in caso contrario le parti più pesanti si depositerebbero sul fondo della fascia e la struttura collasserebbe su se stessa. Questo in termini generici; ma per email non posso escludere a priori che ci possa anche essere un azione di proteolisi avanzata per valori bassi di pH. In questo caso però si dovrebbe notare una difficoltà di tenuta della massa in fase di fermentazione con aumento considerevole del tempo di fermentazione in fascia. In ogni caso,i grandi lievitati (panettoni, colombe, veneziane ecc.) si capolgono sempre, anche nella pezzature relativamente piccole ad esclusione di quelli di 100,0 g. Diventa ancora di più un obbligo se "taglia" le farine con sfarinati molti deboli in termini di W. Grazie a lei e buona giornata.
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Poolish
Buonasera Dott.ssa Lauri, nel suo libro "I segreti di un'arte" nel paragrafo destinato al Poolish ci invita ad aggiungere circa il 2,0% di ldb sulla farina che useremo per eseguire l'impasto finale. Questo perché il lievito nel poolish è ormai "esaurito"? Sono morte le cellule, oppure? Grazie mille
Buongiorno a lei. No, nulla di tutto questo. E' un motivo tecnico dovuto alla caratteristiche intrinseche e specifiche di certi pani. Questa tecnica ottimizza i risultati su prodotti con percentuale di acqua (calcolata sulla farina) oltre il 70%. Generalmente sono pani del tipo: ciabatta, baghette, francese ecc. ; prodotti che per loro caratteristica tecnica devono aver una mollica con alveoli numerosi, omogenei e molto grandi. In gergo si dice che la mollica non deve essere "chiusa". L'aggiunta successiva di lievito compresso fresco ha proprio questo scopo; è un microrganismo in grado di produrre quantitativi di anidride carbonica nell'unita di tempo maggiore rispetto ai LAB. Grazie e un saluto cordiale
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Lievito madre
Buongiorno Dott.ssa , sono un nuovo iscritto e mi complimento per il sito che ho scoperto da pochissimo. Avrei due domande da porle sull'utilizzo del lievito acido ovvero:
- avendo un lievito acido di farina di segale lo posso utilizzare per panificazione anche con altri tipi di farine?
- Il mio lievito che ha qualche mese di vita ed ha già raggiunto la maturazione, ha purtroppo perso la caratteristica di conferire un lieve gusto acidulo al pane, cosa che all'inizio accadeva e che ora non succede più nonostante abbia provato ad agire su tempi di fermentazione, autolisi, ecc.
Ha qualche consiglio da darmi per ritornare ad avere questo sapore in più? Ringraziandola in anticipo porgo cordiali saluti.
Buongiorno a lei. E' molto difficile dare delle linee guida da seguire quando in effetti si risponde per email su di un argomento molto complesso come la madre e non avendo l'interlocutore per avere maggiori informazioni in proposito. Mi scuserà quindi se sarò troppo generica e non riuscirò a valutare correttamenmte il suo problema. Per quanto riguarda il suo primo quesito le rispondo che può usare il lievito acido di farina di segale con altre farine, ma va a perdere dei profili aromatici caratteristici. In linea di massima, questo tipo di lavorazione o in alternativa lavorazioni molto molto lunghe, per questo sfarinato, hanno lo scopo di migliorare le caratteristiche di panificabilità di un cereale che di per se presenta alcune problematiche tra le quali: un elevato quantitivo di beta amilasi, le alfa amilasi della segale resistono a temperature superiori e ha un rapporto tra proteine solubili e insolubili invertito rispetto allo stesso frumento. L'acidificazione della massa permette di migliorare le caratteristiche di panificabilità e rendere plastica e lavorabile una farina che sarebbe, al contrario, molto appiccicosa per l'elevata azione enzimatica. Al secondo quesito invece le rispondo che se il lievito presenta un problema occorre agire sul lievito e non sulle tecniche successive di lavorazione. Mi spiego meglio: se il lievito ha il difetto da lei descritto non risolve nulla adottando la tecnica di lavoro dell'autolisi perchè comunque andrebbe ad agire su paramentri che con il valore dell'acidità totale non c'entrano nell'immediatezza e non correggono i difetti della madre. Se la sua madre non risulta acida potrebbe essere un problema di "debolezza." o di microbiota sofferente e/o danneggiato. In questo caso la madre mostra anche una colorazione chiara e una scarsa alveolatura con valori di pH che generalemnte oscillano tra 6 e 7 (verificabile con una semplicissima cartina tornasole!). Operi dei rinfreschi giornalieri aggiungendo una cucchiaino da caffè di zucchero ogni due/tre rinfreschi. Proceda con i rinfreschi giornalieri fino a quando non triplica nell'arco di quattro ore. Durante un rinfresco e il successivo sarebbe meglio conservarlo legato e a temperatura ambiente (20 - 22°C fino a +30°C) per valutare meglio la tensione delle corde. Non lo metta a +4°C se non dopo che abbia ripreso la sua normale attività. Non operi alcun lavagno o "bagno". Spero di esserle stata di aiuto. Un saluto cordiale e a disposizione
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Farina di forza
Buongiorno Dott.ssa leggo molto spesso nei diversi gruppi sui social che molti si dilettano a parlare genericamente di farina di forza. Alcuni ne parlano bene altri male. Qual'è la sua opinione in proposito? Grazie come sempre per la sua immensa e non comune professionalità.
Buongiorno a lei. Ho notato anch'io questa tendenza e qualche commento l'ho letto. Dal mio personale punto di vista, è una utopia parlare genericamente di farine di forza e decantarne i pregi e i difetti se non si riportano le esatte specifiche reologiche della farina oggetto della discussione. Non si può fare un discorso generico, perchè sarebbe come parlare del ...sesso degli angeli! Ogni farina ha una specifica reologica e pertanto, proprio in base a quelle caratteristiche tecniche, la destinerò per un uso rispetto ad un'altro o ancora meglio, in base alla lavorazione che dovrò condurre, ordinerò la farina che sarà in grado di ottimizzare i risultati. Se sbaglio la scelta della farina e di conseguenza non ottengo i risultati sperati, beh...non è colpa della farina. Grazie a lei per il quesito/curiosità. Sempre a disposizione.
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Lievito madre di 100 anni?
Buongiorno Dott.ssa. Potrei farle una domanda riguardo al lievito madre? Parlando del lievito madre con una predominanza da parte dei batteri lattici 100:1 sui saccaromiceti.Vorrei sapere che differenza c'è tra un lievito madre di 100 anni con i dovuti rinfreschi (il che rigenerato ogni qual volta) e un lievito madre di 1 anno. C'è tutta questa differenza di "miglior lievito madre"o si può sfatare il mito? La ringrazio anticipatamente per la sua risposta.
Buongiorno a lei. Grazie per il suo interessante quesito che pone il dito nella piaga delle fake news o volgarmente chiamate "bufale" . Non uso il termine disinformazione perché per l'etimologia della parola, la disinformazione è una informazione scorretta e lacunosa, mentre la "bufala" (senza offesa per le meravigliose bufale intese come animali!) è proprio una falsità impressionante. Ecco, la sua domanda nasce proprio dalla volontà di smascherare questa immensa falsità di marketing e business commerciale.Complimenti! Basta leggere: la mia madre è migliore perché ha 100 anni, 50 anni, la faceva mio nonno, mio zio, il mio trisavolo ecc. Anche se avesse per assurdo (molto per assurdo!) 100 anni la stessa coltura, per il semplicissimo fatto che la rinfresco ogni giorno, due giorni ecc., in base alla modalità di conservazione, frequenza dei rinfreschi, modifico TUTTE e ribadisco TUTTE le volte i rapporti all interno e ogni giorno apporto nuovi nutrimenti, nuovi contaminanti, nuove materie prime, ecc. La coltura è sempre in costante rinnovamento pur mantenendo la sua stabilità, le specifiche microbiologiche dei lab e lieviti, ma in mutazione continua (intesa non come mutazione genetica, ma nel senso di modifica!) e deve sottostare a equilibri microbici interni molto delicati soprattutto in una realtà artigianale come quella dei panifici e delle pizzerie. Equilibri e rapporti tra lab e lieviti che variano, si rompono e si rifornano ogni volta che si opera un rinfresco. D'altra parte, se non si operassero rinfreschi per non alterare la specificità del microbiota originale, questo morirebbe nell'arco di qualche giorno per esaurimento delle sostanze nutritive e accumulo dei metaboliti secondari. Del microbiota originale,inteso come stesse ed identiche cellule aventi più di 100 anni, NON c'è più nulla! Basta con queste BUFALE assurde di business/marketing nel rispetto di chi legge, ma soprattutto nel rispetto della verità scientifica. La specifica microbiologica della madre di 100 anni non è migliore rispetto a quella di 1 anno. Chi scrive è a conoscenza della stupidaggine che sta pubblicando? Mi sorgono molti dubbi in proposito. Grazie ancora per la sua curiosità.
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Consiglio per impasto pane
Buongiorno,innanzitutto complimenti per la sua bravura e disponibilità. Premetto che per il mio pane uso una farina macinata a pietra e lievito madre.Può consigliarmi il miglior procedimento per ottenere un pane fragrante e con alveoli disomogenei (che a me piacciono tanto)?Anticipatamente la ringrazio
Buongiorno a lei. Mi scusi, ma il tipo di macinazione non influenza la struttura della mollica. A questo proposito invece è fondamentale la temperatura, la percentuale di acqua sulla farina, la presenza di Ldb, tempi dei i riposi in massa, i tempi della fermentazione, la temperatura ambiente, la scelta di una metodica indiretta, la temperatura della massa, il tipo e la velocità di impastamento, le caratteristiche reologiche della farina, ecc. Una struttura disomogenea nell'alveolatura della mollica non è sempre per un artigiano un pregio, perchè indica dei leggeri difetti di lavorazione soprattutto se la forma degli alveoli è ellittica con asse maggiore orizzontale o verticale. In ogni caso non c'è un metodo di lavoro che in assoluto migliori questi paramentri sensoriali, ma un insieme di fattori nel processo produttivo che concorrono alla struttura della mollica cosi come alla fragranza, aroma ecc. In ogni caso l'utilizzo della madre non ha solo ed esclusivamente vantaggi. Come tutte le lavorazioni/processi ha oggettivamente dei difetti. Tra questi i più evidenti sono rappresentati da una chiusura degli alveoli e una mancanza di leggerezza del prodotto finito. Questo in termini generali, in quanto se la madre presenta una contaminazione elevata da S. cerevisiae, può presentare una struttura con alveoli a struttura disomogenea con forma e dimensione molto irregolari con la presenza di strutture piccole abbinate a quelle più grosse e ampie. Mi scusi ma purtroppo, come le dicevo, non sono in grado di consigliarle nessun metodo in quanto non esiste; sarà la concomitanza di più fattori all'interno dello stesso processo produttivo a creare la struttura. La ringrazio per essersi rivolta al nostro servizio e resto sempre a disposizione. Un saluto cordiale
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Indice glicemico
Salve dott.ssa, premetto che sono un diabetico insulino dipendente e volevo porle delle domande per cercare di comprendere un pò l' argomento indice glicemico.
Un impasto ben maturato contiene zuccheri semplici in quantità maggiori rispetto ad un impasto non maturato quindi con amido e zuccheri complessi non ancora trasformati?
Se tolgo dal frigo un impasto a fine maturazione, con la maggior parte degli zuccheri complessi trasformati in nutrimento per lieviti ovvero per la fase della lievitazione dell'impasto, e ne mangio un morso la mia glicemia aumenterà più in fretta rispetto a sé né mangio dello stesso impasto senza averlo fatto maturare o addirittura un cucchiaio di farina senza impastare?
Gli zuccheri semplici se non vengono per la maggior parte utilizzati dai lieviti con una corretta lievitazione, entreranno dall'organismo umano che, anzi li assimilerà prima rispetto agli zuccheri complessi che sono in origine nella farina.
Impasto più maturo quindi significa più carico di zuccheri semplici? La Ringraziamo in due: Io ed la mia glicemia.
Buongiorno a lei. Mi scusi ma per rispondere pienamente a tutti i suoi quesiti ci vorrebbero pagine intere. In ogni caso non entro nel discorso prettamente medico legato all'IG in quanto non ho le competenze specifiche e non sono abituata a trattare argomenti di cui non ho l'adeguata preparazione tecnica e pertanto mi scuserà se mi limiterò unicamente ad un discorso tecnologico legato al semplicissimo prodotto "pane".
Ritornando al suo quesito iniziale devo ammettere che la risposta non è così immediata, in quanto vanno considerati innumerevoli fattori. Prima di tutto la tipologia di sfarinato utilizzato,il fatto che il pane sia fresco o raffermo, la tecnica di lavorazione, il tipo di cottura, ecc. inoltre la glicemica post-prandiale non è solo funzione dei carboidrati presenti in un pasto, ma dipende da un elevato numero di fattori in grado di modulare i processi di digestione e di assorbimento dei nutrienti,legati sia all’individuo sia all’alimento stesso (FAO/WHO, 1998). Il pane integro o con fibre è da consigliare ancora di più se "acidificato" con madre o con lavorazioni molto lunghe in quanto induce sazietà e concorre a ridurre l'impatto glicemico poichè gli acidi prodotti fanno retrogradare l'amido che diventa resistente alla digestione (Scazzina e coll, Sourdough bread: Starch digestibility and post prandial glycemic respose, J. Cereal Sc. 2009,49,419 - 421); gli stessi inoltre rallentano lo svuotamento gastrico. Sempre però riferito a un consumo moderato. Oltre a ciò aggiunga anche che la natura dell’amido (origine botanica), il suo grado di gelatinizzazione, il rapporto amilosio:amilopectina, le dimensioni dei granuli, la struttura tissutale e cellulare dell’alimento, la presenza di anti-nutrienti (ad azione inibitoria sugli enzimi digestivi), l’interazione con altri nutrienti sono tutti fattori che concorrono a determinare la risposta glicemica dell’alimento stesso (FAO/WHO, 1998). Spero di non essere stata troppo generica e di aver risposto esaurientemente ai suoi interessanti quesiti. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
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Differenze tra i due processi
Salve dottoressa volevo chiedere...avendo un impasto autolitico di 12 ore, lo si può uguagliare ad un impasto con puntata di 12 ore a TA? Se nel caso non lo fosse mi saprebbe indicare le differenza tra i due? Grazie a lei e buona giornata.
Buongiorno a lei. Una tecnica autolitica così lunga implica delle problematiche reologiche non indifferenti sulla farina e non può essere adottata a caso soprattutto perchè deve essere gestita con il sale. Non ha riportato le caratterististiche merceologiche e reologiche della farina usata e pertanto deduco che presenti degli squilibri importanti per decidere di lavorarla così. Le due tecniche non possono assolutamente essere paragonate tra loro perchè nel primo caso si parla di una tecnica adottata in specifiche situazioni per correggere squilibri (anche nel caso in cui usi farine intere e integrali non sono necessarie tempistiche così lunghe) mentre nel secondo caso, l'impasto è completo e comprensivo di lievito con tutte le azioni biochimiche, microbiologiche e tecnologiche che ne derivano. Tra l'altro non mi ha detto se l'impasto che sottopone a puntata di 12 ore provenga da un metodo diretto o indiretto! Vorrei precisare inoltre che il metodo autolitico non è comunque un metodo indiretto di lavoro perchè, contrariamente a quello che si pensi, non genera situazioni microbiologiche come biga, pasta di riporto, poolish, madre ecc. Grazie a lei. Un saluto cordiale
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Posso cambiare farina quando voglio nel LM?
Dott.ssa Lauri avrei un quesito da porle,parlando in un gruppo è uscita la discussione che per fare i rinfreschi ad una pasta madre di grano tenero,vanno benissimo anche le altre farine ed il tipo in questione risponde così:
"Non è vero posso cambiare farina quando voglio, da grano tenero a duro a farina di riso al mais, al grano saraceno alla manitoba, perché i batteri si nutrono di GLUCOSIO che ottengono dall'amido della farina, tutte le farine contengono moltissimo amido dal 75% della 00 al 65% dell'integrale. Quindi tutte le farine vanno bene per i rinfreschi e posso cambiarle ogni volta che voglio". Ora questo può essere possibile? Grazie per la sua disponibilità
Buongiorno a lei. Non entro mai nelle discussioni nei gruppi sui social, perchè la modalità di comunicazione (post) dà sempre adito a diverse interpretazioni, fraintendimenti e malintesi. Quasi sempre la discussione degenera e assume toni offensivi tali da rendere impossibile il proseguo. Non voglio entrare assolutamente nella discussione in questione e mi limito a dare semplicemente una risposta al suo quesito: Posso cambiare farina quando voglio nel rinfresco della madre in quanto i batteri si nutrono solo di glucosio che ottengono dall'amido? Posso cambiare farina in qualsiasi momento pur consapevole del fatto che tutte mostrano una differente composizione quali e quantitiva di macro e micronutrienti; differenza notata anche all'interno della stessa varietà e/o specie botanica. Le farine non sono assolutamente tutte uguali e la % di amido che leggo dalle tabelle nutrizionali non esprime un valore molto significativo se riferita a un discorso microbiologico. L'azione delle diastasi dipende non solo dal Falling Number, ma dai danni arrecati ai granuli di amido interi durante la macinazione.Solo i granuli di maido rotti dal processo molitorio (9.0 - 11.0% della totalità) subiscono l'azione enzimatica. Inoltre il microbiota della madre non si nutre solamente ed unicamente di glucosio, ma di una vasta gamma di macro e micro nutrienti. Tra l'altro, la concentrazione del solo glucosio (a meno di una aggiunta volontaria) nella massa è molto bassa (0.5%) in quanto la degradazione enzimatica del polisaccarido porta a di - tri saccaridi e destrine. Il cambio di farina porta all'introduzione non solo di un differente apporto nutrizionale per i microrganismi, ma una microflora diversa che si può sviluppare naturalmente su di un cereale rispetto a un altro. Inoltre le caratteristiche chimico - fisiche, la presenza di polisaccaridi non amido, il differente assorbimento di acqua, l'attività delle proteasi e amilasi endogene, ecc., possono modificare la biodisponibilità dei nutrienti e quindi il profilo sensoriale della madre stessa. In poche parole: Sì posso cambiare farina, ma devo essere consapevole di quello che sto facendo e di quello che voglio ottenere. Non è assolutamente una questione legata unicamente alla sola percentuale di amido riportato nelle tabelle nutrizionali dello sfarinato in questione. Spero di esserle stata di aiuto. Un saluto cordiale e grazie a lei.
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Congelamento brioche
Buon pomeriggio a lei. Secondo lei, le brioche tipo siciliane è meglia abbatterla o conservarla lievitata o da cotta? Grazie. Un saluto
Buongiorno a lei. Personalmente, per una questione logistica riferita alla sola lavorazione, le consiglio di conservare le brioches congelate crude appena formate e di farle lievitare per innalzamanto graduale della temperatura passando sempre attraverso i +4°C. Non consiglio di operare la fermentazione e poi congelare/surgelare il prodotto in quanto sia la struttura glutinica sia l'azione microbica subiscono dei danni per l'azione del freddo. L'abbattimento può essere una soluzione immediatamente dopo la cottura per la conservazione del prodotto cotto o precotto. La scelta è puramente personale in base alla esigenze tecniche e di mercato; in ogni caso tali tecniche devono essere riportate in etichetta con diciture similari a queste: prodotto proveniente da impasto surgelato, precotto ecc. Grazie a lei e buona giornata.
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Lievito fresco disciolto in acqua o no?
Buongiorno Dottoressa Lauri, ho un quesito da porle. Cosa cambia se il lievito fresco, viene messo a contatto con la farina, rispetto a quando è sciolto in acqua? Scioglierlo in acqua, provoca qualche anomalia alle cellule del lievito? Grazie, buona giornata
Buongiorno a lei. Chiaramente stiamo parlando di lievito fresco e pertanto scioglierlo in acqua non è quasi mai necessario a meno che la temperatura esterna (ambiente, impasto, ecc.) non sia esageratamente fredda e la quantità di leivito da utilizzare non sia particolarmente ridotta. Sciogliere il lievito in acqua a temperatura di circa 20°C ha lo scopo di rivitalizzare le cellule e quindi velocizzare i processi metabolici della respirazione/fermentazione per una migliore e più omogenea distribuzione delle cellule all'interno della massa soprattutto nel caso di impasti molto piccoli che richiedono quantità in peso di lievito ridottissime. Occorre valutare se le condizioni operative esterne richiedono tale tecnica; comunque non è un gesto routinario tra i professionisti. Se le condizioni operative invece impongono un rallentamento, tale metodica non è consigliata soprattutto se stiamo parlando di bighe nel periodo estivo. Un saluto cordiale e sempre a disposizione
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Calcoli sulla biga.
Gentilissima Dottoressa. Ho un dilemma per quanto riguarda l impastamento indiretto..come prefermento ipotizzando di usare la biga..è una regola dover dettrarre l acqua e la farina di biga..nel rinfresco..o lo si può aggiungere ad un normale impasto...le proprietà della biga comunque ci sarebbero...quindi mi chiedevo è una regola dettrarre acqua e farina di biga all impasto finale a seconda della sua %?
Buongiorno a lei. Mi scusi, ho riletto più volte la sua domanda, ma non sono riuscita a comprendere bene il suo quesito. Posso solo, a questo punto, dedurre la sua domanda dalle ultime righe del suo post. Se la mia deduzione non è corretta, non esisti a contattarmi nuovamente.
Sì, indipendentemente dalla percentuale di biga utilizzata, i calcoli si fanno sempre sottraendo dal totale dell'acqua prevista dalla ricetta, la quantità di acqua già presente nella biga. Non si fa solo per la biga, ma anche per poolish, madre, riporto ecc. Per quanto riguarda invece la farina, la quantità presente nelle biga, è sommata alla farina aggiunta nel rinfresco quando si fanno i conti su tutti gli altri ingredienti da aggiungere, acqua esclusa in quanto, gli ingredienti, nella maggior parte dei casi, sono in percentuale sulla farina. Faccio un semplicissimo esempio pratico: farina nel rinfresco 1000,0 g, biga 1200,0 g (farina circa 820,0 g, acqua 369,0 g, lievito fresco 8,2 g) acqua 50%, sale 2%, olio 2% ecc. Per quanto riguarda l'acqua il 50% (previsto in questo caso dalla ricettazione) è calcolato in totale e sul totale della farina per cui 50% su 1820,0 g da cui si ricava 910,0 g. A questa quantità va sottrata l'acqua già presente nella biga (369,0 g) quindi dovrà aggiungere all'impasto la rimanenza. Per gli altri ingredienti come appunto il sale, olio ecc., la loro percentuale è calcolata sul totale della farina cioè su quella della biga sommata a quella aggiunta nel rinfresco (1000,0 g+ 820,0 g). Tengo a precisare che questo è solo un semplicissimo esempio numerico per effettuare il calcolo e non è la ricetta di nessun impasto in particolare. Grazie a lei e cortesemente mi faccia sapere se ho risposto esaurientemente al suo quesito, ma soprattutto se ho capito bene. Un saluto cordiale
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Unità Braibender
Gentilissima dott.ssa Lauri,
non riesco a capire come si definiscono le "unità Braibender (U.B.)" utilizzate nell'omonimo farinografo, né quale sia la loro dimensione fisica. Ho un problema analogo anche con l'alveografo Chopin: in ascissa abbiamo il tempo – che risulta di fatto proporzionale al raggio della bolla formata dall'impasto (?) – e in ordinata la pressione esercitata dall'aria (in mm H2O); come fa l'integrale della curva ad avere le dimensioni di un'energia (J)?
Grazie mille per la pazienza e la disponibilità,
Buongiorno a lei. Nel farinogramma in ordinata le UE o UF (Unità farinografiche) sono in unità arbitrarie da 0 a 1000 mentre sull'asse delle ascisse vi è il tempo (min). Il farinogramma valuta l'oscillazione del pennino e la curva che ne deriva in termini di T (tempo di sviluppo), stabilità (min) e caduta (UE). L'alveogramma ha in ascisse il raggio della bolla e in ordinata la pressione interna alla bolla. S rappresenta l'area (cm2) sottesa alla curva calcolata dall'integrale della funzione. A sua volta S è moltiplicata per il coefficiente 6.54 J/cm2 (funzione di differenti parametri) da cui si ricava W=SX6.54 espresso in decimillesimi di Joule e rappresenta il lavoro - energia - che occorre spendere per portare la bolla alla rottura. Un saluto cordiale
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PH metro
Vorrei comprare un phmetro economico,badget circa 30 euro,ma cercandolo in negozi on line tipo ebay o amazon trovo solo tester che misurano il ph dell'acqua.Quali ph metri sono adatti alla misurazione sul un'impasto?
Buongiorno a lei. Mi scusi ma il prezzo di un pHmetro di 30 euro è solo un rubarle i soldi. A quel punto è molto più economica una cartina tornasole perchè con 30 euro il valore misurato non sarà certo affidabile e paragonabile al range che le può dare un indicatore. I pHmetri hanno prezzi decisamente più elevati e comunque dipende dal grado di affidabilità dello strumento e dall'uso che ne deve fare. Grazie e buona giornata.
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Importanza del sale per l'incordatura dell'impasto
Gentilissima Dott.ssa Lauri, dopo tanto tempo ho finito la mia scorta di sale ma con quello nuovo noto delle problematiche a livello di impasto, dopo la "chiusura" infatti e nelle ore successive quest'ultimo tende a sfaldarsi e a perdere corda. Ho fatto vari test ma la situazione è cambiata solo quando ho deciso di cambiare sale e prenderne uno integrale. Ho cercato in rete una prima risposta a questa problematica e ho trovato esperienze simili di persone che hanno usato sale con aggiunta di antiagglomerante E536. Secondo lei è plausibile? Quale è il sale migliore che possiamo usare nei nostri impasti? Cordiali Saluti
Buongiorno a lei. Da anni come panificatori ci stiamo battendo per una campagna definita "mezzo sale" ossia utilizzare il minor quantitativo di sale per contrastare alcune gravi problematiche come l'ipertensione ecc. E' più corretto però non tanto parlare di sale quanto di "sodio" contenuto in esso, in quanto è questo ione il responsabile della maggior parte delle patologie. Personalmente consiglio di usare da sempre "sale marino integrale". Per quanto riguarda invece la presenza/funzione degli anti agglomeranti nel sale questi sono aggiunti con lo scopo di rivestire i cristalli rendendoli idrorepellenti ed evitare che questi ultimi formino agglomerati, assorbendo il vapore acqueo presente nell'atmosfera e riducendo così il rischio della cosiddetta "presa in massa". L'anti agglomerante da lei citato E536 è il ferrocianuro di potassio, ultimamente imputato di liberare cianuro di idrogeno in ambiente acido, ma comunque lecito secondo il Reg Ue 1129/11. Chiaramente l'azione di un anti agglomerante non inizia e si esaurisce nel sale, ma prosegue negli alimenti in cui detto ingrediente è usato, soprattutto negli impasti in cui gli ioni sodio e cloruro hanno un ruolo dominante nella struttura glutinica, non escludendo le azioni da lei osservate. Grazie per il suo quesito e buona giornata.
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Kit fermentazioni spontanee
Buon giorno, per prima cosa vi ringrazio per il servizio e la disponibilità che continuate ad offrirci, condividendo con noi lettori le vostre conoscenze. Più volte (anche lo scorso mese) avete parlato delle fermentazioni spontanee, ma di recente ho visto in commercio un kit che, secondo chi lo commercializza, renderebbe sicura tale pratica. Sinceramente credo sia una bufala, ma non avendo adeguate competenze in merito, preferisco avere una vostra opinioni. Ringrazio anticipatamente e porgo cordiali saluti.
Buongiorno a lei. Per evitare pubblicità non riporto i link dell'azienda. Oltrettutto, In questo caso ci sarebbe anche l'ulteriore aggravante che nè io (deontologia professionale Ordine dei Tecnologi Alimentari e giornalistica) nè la testata (deontologia giornalistica) vogliamo in alcun modo contribuire alla divulgazione delle bufale e delle scorrettezze scientifiche. Davanti alle Legge siamo responsabili anche noi! Ribadisco che a livello casalingo, ognuno è libero di fare quello che desidera purchè sempre con estrema consapevolezza, cultura specifica e scienza, ma a livello professionale ci sono leggi e pericoli reali. Attenzione ai sedicenti "maestri casalinghi" che vogliono insegnare senza avere loro stessi le adeguate conoscenze scientifiche di microbiologia. Non fidatevi assolutamente soprattutto se i corsi sono tenuti da professionisti senza titoli adeguati in proposito! Il consiglio di prestare attenzione vale per tutti: panificatori, pizzaioli artigiani, ecc., che li seguono, ma soprattutto per i food blogger e gli appassionati non professionisti che si affidano ai "maestri - maghetti" di turno. A livello casalingo vi è una pericolosità maggiore proprio perchè non si conosce e/o si sottovaluta il pericolo stesso; questo è un caso lampante, oltre ad essere una solenne bufala pericolosa. La mia posizione, in onor di scienza e leggi, l'ho ribadita più volte sia su questa testata e sia sul blog di Piero Nuciari professionista dei controlli annonari e igienico sanitari. "Chi sa fa, chi NON sa insegna!" Lao Tsu contemporaneo di Confucio. Un saluto cordiale
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SOS Impasto
Buongiorno dott.sssa Lauri, Le volevo chiedere aiuto per quanto concerne, la male augurata possibilità di restare senza impasto per pizza, dovuta ad un blackout tecnico (frigo ). Avendo l' impossibilità di avere un farina con un W basso ( cioe' dovendo impastare con W 300 ), come posso avere l' impasto pronto, impastando la mattina e dovendo cuocere la sera? C'è qualche accorgimento tecnico che ci permette di non bloccare la vendita? Grazie mille per la Sua disponibilità.
Buongiorno a lei. Il blackout tecnico del frigorifero non può prevederlo, capita all'improvviso, e pertanto non può preparare i panetti "solo nell'ipotesi che.. ". In ogni caso, se dovesse succedere e lo sa in anticipo riduca il W tagliando con farina che può trovare nelle GDO e lavori con un diretto medio (6 - 8 ore) lasciando l'impasto a t.a. purché non superi i 25°C. Un saluto cordiale
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Pasta madre liquida in estate
Buona sera Dottoressa Lauri,sono un'appassionata di lievitati e visto l'arrivo delle alte temperature e problemi personali non potrò impastare molto spesso e ho polverizzato la mia madre solida in attesa di tempi migliori. Leggo però, in alcuni gruppi di panificazione, che con la pasta madre liquida non c'è nessun problema; si può tenere in frigo anche mesi senza rinfrescarla,lei cosa ne pensa? La saluto cordialmente e ringrazio.
Buongiorno a lei. Con tutta franchezza quando ho letto il suo quesito sono sobbalzata sulla sedia. CHI ha detto che non ci sono problemi? NON è assolutamente vero per infiniti motivi tecnici tra i quali: la presenza di acqua che velocizza il metabolismo e diluisce le sostanze nutritive, la mancanza di apporto di sostanze nutritive dato dall'assenza dei rinfreschi, l'accumulo dei metaboliti secondari che possono bloccare la vitalità e l'attività delle specie dominanti, sviluppo di colorazioni anomale e patinosità superficiali per crescita di specie che nulla hanno a che vedere con la coltura dominate dei LAB nelle madri, ecc. Non è che perchè si mette in frigorifero la pasta madre liquida, questa possa durare mesi! Il latte aperto in frigorifero dura mesi? Perchè lo yogurt, chiuso nel barattolo in frigorifero, non dura mesi come vitalità cellulare? Qualsiasi alimento in frigor dura mesi? Perchè deve durare mesi, senza rinfresco, la pasta madre, per di più liquida? Anche se chiusa nel barattolo, la coltura si esaurisce e poi muore. Con tutto rispetto, ma una coltura cosi conservata può dare e avere seri problemi. Se non ho la possibilità di rinfrescarla per mesi, la polverizzo e la conservo nel congelatore in un sacchetto di cellophane. In questo stato, può durare anche tre/quattro mesi. Quando deciderò di utilizzarla, la estraggo dal frigorifero, la stocco circa 12 ore a +4°C e poi inizio la fase della rivitalizzazione cellulare con una serie di rinfreschi. Per carità, non voglio insegnare nulla a nessuno, ma esprimo solamente, con coscenza, deontologia e scienza, concetti di base di microbiologia. Come laboratorio artigianale chiudiamo per ferie e non possiamo assolutamente conservare la madre in quel modo soprattutto perchè, come professionisti, conosciamo i seri rischi. In quelle stato sarebbe un CCP rischioso e quindi si dovrebbe attuare un apportuno piano di autocontrollo aziendale. A livello casalingo ognuno è libero di comportarsi come meglio crede, ma deve avere sempre e comunque la consapevolezza di quello che sta facendo. Un saluto cordiale e grazie per il quesito.
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pH ottimale del LiCoLi.
Gentile Dott.ssa Lauri, molto spesso in letteratura leggo riferimenti circa il pH ottimale della Pasta Madre (4.5) mentre poco trove informazioni a riguardo per il Licoli. La domanda che le pongo è questa: secondo Lei possiamo affermare che il pH ottimale per il Licoli sia 4.5? Se si, avendo un Licoli con un pH 5.5-6.0 come possiamo renderlo più acido? Cordiali Saluti
Buongiorno a lei. Il lievito di pasta acida naturale o madre è una microflora studiata da tantissimi anni negli Istituti universitari come terreno colturale per la moltiplicazione, gestione, identificazione delle specie microbiche. Tali studi specifici hanno portato alla creazione di un data base delle specie più comuni presenti nelle madri e gestite nelle differenti realtà artigianali (ambienti contaminati con microflora già presente nell'aria, attrezzature, personale, ecc). Chiaramente, non essendoci nessun protocollo validato o disciplinare da seguire ma tutto seguito in modo empirico, ci si affida a quelli che sono i fattori di crescita dei microrganismi; fattori di crescita riconosciuti universalmente nell'ambito scientifico per cercare di avere una indicazione (di massima e non assoluta come si cerca di far passare oggi nei diversi commenti e post sui social!) che permetta di stabilire i paramentri fisici, chimico - fisici e microbiologici delle stesse madri. Ripeto non sono UNIVERSALI ne tanto meno ASSOLUTI in una realtà come quella artigianale ed estremamente empirica. LiColi invece è un acronimo, riferito sempre alla madre, ma inventato a livello amatoriale. Se, come dicevo a livello artigianale, non ci sono protocolli, figuriamoci a livello amatoriale dove tutti lo gestiscono a modo proprio e qualche volta compiendo gravissimi errori tecnici. Per la proprietà transitiva della deduzione e della logica matematica e filosofica, ma che NON vale assolutamente in microbiologia, il valore del pH dovrebbe essere similare o avere valore confrontabili. Ripeto, non vale in microbiologia poichè dipende da innumerevoli fattori come ho già riportato più volte. A livello amatoriale dobbiamo inoltre partire dal concetto che la contaminazione primaria delle madri è differente, perchè le realtà in cui si sviluppa la microflora non sono le stesse (microbiologicamente parlando) di un laboratorio artigianale. In ogni caso, per abbassare il valore del pH della madre, basta non rinfrescarla con una certa frequenza. Questo può apparire come un consiglio superficiale o un pagliativo, ma può anche essere una indicazione estremamente errata proprio perchè dipende dalle specie presenti, dai loro metabolismi, dalla dissociazione degli acidi, dalla concentrazione degli ioni H+, ecc. che ci sono nella matrice. Un saluto cordiale e grazie per essersi rivolto al nostro servizio.
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pasta di riporto alcune delucidazioni
Buongiorno Dott.ssa Lauri intanto mi complimento ancora con lei per l'estrema professionalità e chiarezza con cui affronta i temi e le domande proposte.
Da appassionato di panificazione casalinga dopo aver provato la biga e le lunghe maturazioni con buon successo, vorrei provare a fare del pane con della pasta di riporto. Ora mi chiedo se faccio un impasto e ne conservo un pezzo dopo che ha per ben maturato lo metto in frigorifero e lo conservo, per il suo utilizzo e la sua efficacia quando lo tiro fuori dal frigo devo lasciarlo a temp ambiente e farlo ripartire con la lievitazione oppure lo metto cosi come lo tiro fuori dal frigo? Leggevo poi che si puo rinfrescare e cilindrare per dare forza, nel caso poi a che temp devo conservarlo e per quanto tempo posso farlo? Spero di essere stato chiaro e comprensibile nel proporre i quesiti sopra indicati. La ringrazio cordialmente e la saluto.
Buongiorno a lei. La pasta di riporto non è altro che l'unione di pezzi di avanzo di impasto di tutte le lavorazioni che sono uniti e stoccati a temperatura delle bighe (16 - 18°C). Nel caso in cui non fosse possibile avere queste temperature a livello casalingo, subito dopo aver impastato e staccato un pezzo che diventerà appunto Pasta di Riporto o RIPORTO, si può mettere in frigorifero per circa 10 - 12 ore e poi a temperatura ambiente per altre 12 ore. La pasta di riporto non ha bisogno di subire altre lavorazioni... è riporto e la sua quantità di lievito è variabile proprio perchè è l'unione di più pezzi provenienti da più lavorazioni. Qualsiasi impasto, se avanzato, diventa riporto! Generalmente non si utilizza mai "fredda". Grazie a lei e un saluto cordiale
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Abbassamento del W di una farina tramite l'aggiunta di amidi
Gentile Dott.ssa Lauri volevo porle una domanda riguardo l'abbassamento del W di una farina tramite l'aggiunta di amidi; per ottenere il valore del W desiderato di una farina , spesso si ricorre al metodo forse più conosciuto e anche un po' empirico (ma spesso utilizzato anche da professionisti) chiamato regola della croce in cui sono miscelate attraverso diversi calcoli, due farine con W diversi. Se si dovesse quindi utilizzare un amido per fare ciò, quali sono le proporzioni e i principi in linea di massima da adottare? Grazie.
Buongiorno a lei. Il metodo della croce permette di ottenere sfarinati con valori calcolati partendo da sfarinati con valori noti della stessa grandezza. Questo calcolo vale nel caso del W, ma può benissimo essere utilizzato per qualsiasi paramentro chimico e fisico. Se parliamo di W parliamo di un paramentro reologico legato alla quantità e qualità delle proteine presenti nello sfarinato per cui dobbiamo prendere in considerazione unicamente questo parametro nelle rispettive farine che si dovranno miscelare in opportune proporzioni. Non si può quindi partire da una macromolecola differente (amido) in questo caso per ottenere una variazione del contenuto proteico in termini di W. Se voglio ottenere un valore sul parametro amido dovrò considerare il valore numerico dell'amido negli sfarinati di partenza. In ogni caso l'amido ha una funzione molto particolare che la farina tal quale non ha. Spero di essere stata chiara in caso contrario non esiti a contattarmi nuovamente. Un saluto cordiale e a disposizione
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Maturazione della biga
Gentile Dott.ssa Lauri, sul suo libro "I segreti di un'arte" nel paragrafo 5.2 si parla del concetto di maturazione della biga e, se non erro, del fatto che una biga impastata per un tempo più lungo tende a "maturare" prima di una biga "standard" per via della temperatura di impasto più alta della prima rispetto alla seconda. Le domande che le vorrei porre sono dunque le seguenti:
1) Misurando con strumenti professionali la variazione di temperatura e pH di una biga nel tempo quando possiamo affermare con relativa "certezza" che una biga è "matura"?
2) E' possibile dunque ottenere una biga matura anche in tempi più rapidi senza compromettere la sua "funzionalità"? Cordiali Saluti,
Buongiorno a lei. Mi scusi, ma i suoi sono due quesiti ai quali è abbastanza difficoltoso ripondere in pochissime righe. Cercherò di essere molto sintetica e pertanto mi scusi se la sintesi comprometterà il valore tecnico della risposta. Molte volte non è l'utilizzo di strumentazione professionale, ma le condizioni operative artigianali differenti da realtà a realtà che determinano la differenza in termini di paramentri chimico - fisici, fisici, chimici ecc. delle bighe, a loro volta funzione della vitalità ed attività dell'inoculo di S. cerevisiae. L'assoluta certezza in termini artigianali non ce l'ha e questo punto deve essere molto chiaro, in quanto la maturazione della biga è funzione di: caratteristiche reologiche della farina e sua temperatura, temperatura di stoccaggio, biotipo di S. cerevisiae utilizzato, metabolismi del S. cerevisiae, tempi di impastamento e velocità, impastatrice utilizzata, presenza di sale, presenza/ assenza di ossigeno, condizioni metaboliche e stato di stress del S. cerevisiae di partenza, iterazioni microbiche, assorbimento di acqua, ecc . Rispondo quindi ai suoi quesiti:
1) Non si può focalizzare l'attenzione unicamente su un "valore" numerico come il valore del pH perchè le realtà sono completamente differenti, non solo ma posso avere sulla stessa matrice - biga - nella stessa unità di tempo, valori differenti di pH ma anche lo stesso valore numerico. In questo secondo caso non vuol dire assolutamente che la situazione interna nella massa sia la stessa in termini di sviluppo di acidi, dissociazioni ecc. Non vuol dire nulla misurare il pH della farina (5.8 - 6.2), dell'acqua (6.8 - 7.2) per avere il controllo della situazione, perchè i biotipi di S. cerevisiae sono differenti e producono, in base alle condizioni in cui sono e si trovano, una miscela di acidi che, in base alle condizioni chimico - fisiche, si dissoceranno e varieranno la concentrazioni degli H+ in soluzione. il pHmetro misura UNICAMENTE questo parametro e niente altro! Il grado di maturazione della biga è un parametro soprattutto sensoriale in cui si valuta il comportamento della massa contro le pareti, il trasudamento ecc. La temperatura è invece un paramentro molto più corretto perchè, dal suo valore, dipende in assoluto il processo stesso. Non a caso nel testo c'è anche scritto conservazione a +16 - 18°C per massimo 24 ore mentre per tempi più lunghi, oltre le 24 ore, prima a +4°C e poi a +16 - 18°C.
2) Certamente! Basta variare tutti i parametri di processo ad esclusione del valore della temperatura di stoccaggio +16 - +18°C. E' implicito che, una maturazione in tempi più rapidi, ha già portato a una diminuzione del paramentro "tempo".
Queste brevissime risposte fanno ben comprendere a tutti come, sia un discorso difficilissimo sia in teoria sia in pratica proprio perchè, non a caso, le bighe sono sempre state e saranno la gioia e qualche dolore di tutti i panificatori artigiani con anni di esperienza alle spalle; artigiani che basano intere produzioni proprio sulle bighe stesse. Spero di essere stata chiara e mi scuso nuovamente per la brevità delle risposte. Un saluto cordiale e grazie per i quesiti. A disposizione.
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Salmonella
Buongiorno Dottoressa, volevo chiederle se preriscaldando una miscela di albume e zucchero fino alla temperatura di circa 70 gradi centigradi e successivamente montarla in planetaria per ottenere un meringha da consumare a crudo, come decorazione, esclude il rischio di salmonella. Inoltre a che temperatura e per quanto tempo si può conservare un dolce decorato con questa preparazione? Spero di non aver fatto una domanda troppo banale. La ringrazio e mi complimento con lei per il servizio che offre.
Buongiorno a lei e grazie per il suo quesito. Prima di tutto ci tengo a precisare che si può ridurre il fattore di rischio, ma non escluderlo a priori. Attualmente, tutte le aziende produttrici di uova sono sottoposte a rigorosissimi piani di autocontrollo aziendali HACCP e controlli igienico sanitari sia sull'animale sia sul prodotto stesso, di cui il primo controllo per verificare se l'animale sia esente da salmonellosi si esegue alla nascita dei pulcini e prosegue scadenzato per tutta la vita dell'animale stesso. Tali controlli si eseguono sia sull'animale sia sul prodotto stesso, proprio perchè sia le uova sia gli animali devono essere esenti dal patogeno della salmonellosi. Nel caso in cui ci sia l'utilizzo di uova non prevenienti da allevamenti controllati, uno dei rischi principali è proprio quello della presenza di Salmonella spp. La Salmonella è il patogeno più frequentemente responsabile di epidemie (salmonellosi) di origine alimentare provenienti dal consumo di alimenti crudi come carni, uova, salumi crudi, latte ecc., costituendo un problema serio di sanità pubblica. Il trattamento termino minimo a 70°C per circa 15 minuti distrugge il patogeno della salmonellosi , inoltre è sensibile ai comuni disinfettanti e non si sviluppa a pH<4,0. Il problema quindi a mio avviso si risolve con l'utilizzo di uova provenienti sempre da aziende con piani di autocontrollo aziendali e controlli sanitari abbinando comunque, dove possibile e la tecnica di processo lo permette, un trattamento termico oltre i 15 minuti e scupolosa sanificazione degli ambienti di lavoro. Per quanto riguarda la conservazione del dolce decorato è difficile risponderle perchè dipende soprattutto dalla tipologia di dolce, dalla sua naturale shelf life e non solo dalla decorazione. Un saluto cordiale
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W delle farine superiore a 300, prodotti con grani 100% italiani
Buongiorno dottoressa, grazie per la passione e la pazienza che ha nel rispondere. Ho notato che molti mulini, pubblicizzano farine macinare a pietra Tipo 1 e Tipo 2; con w di 300 a salire. Dicono sono grani 100% Italiani e farine senza additivi. È mai possibile che le farine prodotte con grani italiani abbiano un W così elevato. Ci potremmo trovare dinanzi a una truffa alimentare. Grazie
Buongiorno a lei. E' una interessantissima domanda, ma la verità non la conosco e la mano sul fuoco non la metto per nessuno. Posso solo fare alcune considerazioni prettamente personali: qualche varietà di frumento tenero italiano può raggiungere quei valori di W, ma non basta per definirle ottimali da un punto di vista tecnologico - panificabile. Alcune varietà possono raggiungere 300W e anche di più, ma risultano anche molto squilibrate di P/L (vedasi varietà Bologna) e pertanto sono usate come frumento da taglio per varietà estere. Ora, va bene battersi per tutelare e difendere le nostre produzioni, ma occorre ragionare sempre con estrema oggettività e non solo sulle ali del marking estremo, business incontrollato e politica: la nostra produzione e le nostre varietà non sono purtroppo in grado di sopperire alle richieste del mercato interno e questo è un dato oggettivo dai rapporti FAO per cui occorre importare sia il tenero sia il duro. A questo aggiunga il fatto che, per il grano tenero, non abbiano nè il clima nè i campi (la situazione geografica italiana non mente!) e pertanto siamo costretti ad importare frumento estero. Occorre dire però che alcune varietà estere presentano caratteristiche reologiche molto buone soprattutto quelle del Nord Europa e del Nord America. A questo punto si aprirebbero tantissimi discorsi, ma con tutto il rispetto esulano dal suo quesito. Personalmente diffiderei moltissimo da tutte queste "mode", "business", perchè, con estrema obbiettività, la macinazione a pietra presenta dei rischi maggiori rispetto a quella classica a cilindri, soprattutto in quelle realtà aziendali dove non lavorano con lettore/selezionatrice ottica e non hanno i piani di autocontrollo. Siamo sicuri che il marketing del momento non faccia passare per "macinato a pietra" un semplice "rifinito a pietra"? Siamo sicuri che il marketing non ... Come le dicevo le risposte non le ho, anzi avrei anch'io tantissime perplessità e moltissimi quesiti in proposito. Un saluto cordiale e a disposizione.
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Acidità e Tipo di Farina
Salve Dottoressa, le volevo chiedere se aumentando o diminuendo la forza della farina di un prefermento,a parità di ore di fermentazione e quantità di lievito c'e' un abbassamento del pH.Ho notato che con la pasta madre l'utilizzo di Tipo1 mi genera piu' forza , immagino dovuto all'abbassamento del pH. Mi chiedevo se c'e' un nesso tra W/pH/Crusca.. grazie come al solito
Buongiorno a lei il valore della W in un impasto è funzione della qualità e quantità di proteine presenti a sua volta legata alla varietà e/o alle miscele di frumenti che sono fatte in molino.
Il pH invece è un concetto molto particolare e riguarda gli equlibri chimici, il grado di dissociazione degli acidi a loro volta funzione della "forza" e la concentrazione degli ioni idrogeno in soluzione. Una cosa mi preme dire: il pH NON è il valore dell'acidità totale come sento troppe volte affermare dai Maestri sul web, corsi,blog ecc. A loro volta gli equilibri chimici sono influenzati in primis dal valore della temperatura, dalla forza degli acidi, dal grado di dissociazione e in secondis dai metabolismi microbici complessi che si sviluppano all'interno di una madre, dalla shelf life della farina stessa, dall'esposizione all'ossigeno, dalla presenza di acqua, ecc. Comunque non c'è una correlazione sempre valida, matematica, tabulata ,inversa tra la W di una farina e il valore del pH. (aumenta il W, diminuisce il pH!); il nesso c'è, ma dipende dagli equilibri chimico - fisici interni ed esterni che ogni volta si generano. Grazie a lei e buona giornata
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aerobico o anaerobico
Buon giorno, vorrei sapere come impatta sulle proprietà del lievito madre la sua conservazione in aerobico o anaerobico; la stessa curiosità mi sorge anche per le bighe e la fase di puntatura degli impasti. Grazie mille
Buongiorno a lei. Stiamo parlando di due concetti microbiologici completamente differenti. Nella biga lei opera un inoculo volontario di S. cerevisiae per cui nella 24 - 48 ore la coltura dominante sarà quella del blastomicete con i suoi metabolismi: respirazione (aerobiosi) e fermentazione alcoolica (anaerobiosi). Nel caso della madre il concetto microbiologico si complica notevolmente perchè a livello artigianale è spontaneo, casuale e non controllato. Numerose identificazioni microbiologiche dei diversi autori, riportate in bibliografia, hanno evidenziato che la microflora identificativa specifica consiste in circa 50 specie di LAB e circa 20 di blastomiceti. In generale, i LAB hanno una capacità respiratoria molto limitata e, pur essendo considerati microaerofili non possono ottenere l’energia attraverso la respirazione. Il loro nome deriva dal fatto che metabolizzano i carboidrati, con formazione di acido lattico come principale (talvolta unico) prodotto finale. Sono tutti anaerobi, aerotolleranti e possono pertanto crescere facilmente su substrati esposti all’aria anche se non sono in grado di operare il metabolismo respiratorio. Ogni specie ha un suo particolare metabolismo e la presenza/assenza di ossigeno permette non solo la selezione e la crescita delle specie, ma condiziona gli equilibri microbici della matrice stessa. La risposta esauriente al suo quesito è possibile solo dopo una identificazione microbiologica delle specie presenti, valutazione costante delle condizioni di crescita ecc. Grazie per essersi rivolto al nostro servizio.
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Yogurt / Poolish e farina integrale / Segale e orzo
Buonasera Dottoressa Lauri, avrei tre domande da rivolgerLe:
1) Esiste qualche Suo articolo a proposito dell’impiego dello yogurt nella panificazione? Da una parte mi incuriosisce parecchio il pane lievitato grazie alla reazione bicarbonato di sodio + acido (yogurt, succo di limone, cremor tartaro, ecc.), ma soprattutto mi domandavo se l’impiego di yogurt all’interno del metodo diretto con lievito di birra compresso possa in qualche modo colmare il deficit di batteri lattici rispetto ai metodi con pre-fermento, i quali, se non ho inteso male, forniscono un prodotto finale più conservabile e profumato proprio per la maggior ricchezza di microflora.
Per dirla in parole poverissime, la “furbata” di una piccola quantità di yogurt potrebbe rendere un pane fatto col metodo diretto un pochino migliore?
2) Mi sembra di caver capito che il poolish non sia adatto per realizzare pane semintegrale o integrale. Innanzitutto vorrei capire meglio che cosa significa: è solo nel poolish che è meglio impiegare farina raffinata e poi, al momento dell’aggiunta degli ingredienti, si potrà scegliere la farina che si preferisce (naturalmente tenendo presente che quelle integrali necessitano di maggiore idratazione) oppure quando si impiega il metodo del poolish ci vuole farina raffinata sia nel pre-fermento che in seguito? Poi vorrei sapere il perché e, infine, se tutto ciò vale anche per la biga.
3) Quale fra segale e orzo può essere considerato il cereale più “vicino” (sia dal punto di vista della biologia che della panificazione) al frumento?
La ringrazio per i tanti Suoi articoli, che mi hanno parecchio aiutato, e non vedo l’ora di leggere la risposta a queste curiosità.
Buongiorno a lei. Mi scusi ma le sue curiosità sono troppe per rispondere in modo esauriente e lo spazio a mia disposizione non è tanto, tenendo presente che utilizzo il Web con tutte le sue limitazioni. Mi scuserà quindi se cercherò di rispondere a tutte, ma in maniera molto molto sintetica:
1) No, per ora non c'è ancora nulla di mio in proposito. Può utilizzare lo yogurt, ma deve dare tempo ai LAB di vitalizzarsi e attivarsi nel nuovo mezzo e non è così immediato soprattutto se introdotti in una matrice in cui vi è già una coltura microbica. Lo yogurt è uno degli starter utilizzati per la creazione della madre o pasta acida naturale e per la quale comunque bisogna aspettare dei giorni prima dell'utilizzo.
2) No, perchè? Il poolish di farina integrale o intera con 12 ore di maturazione è ottimale per questi sfarinati. Volendo vedere l'unica limitazione è che questa tecnica si utilizza di prevalenza per impasti che abbiano una idratazione maggiore del 70%. Al momento del rinfresco è consigliabile utilizzare una farina non intera o integrale a meno che non si opti per una maturazione successiva di minimo 24 ore. Se il prodotto è il pane (pane e pizza sono due prodotti con tecnologie di processo differenti) questo è molto più difficoltoso e le esigenze tecnico operative raramente (attrezzature opportune ecc.) permettono da far avvenire una maturazione dopo l'impastamento. La necessità di operare lavorazioni lunghe con farine integrali nasce dal fatto che occorre attivare le fitasi, disattivare gli antinutrienti ecc. per cui sono indicate tutte le lavorazioni che prevedono una prima fase di preparazione come bighe, poolish, madre ecc., in cui più è lunga la maturazione/stoccaggio degli stessi, meglio è.
3) Hanno caratteristiche completamente differenti con profili sensoriali, tecnologici e nutrizionali diversi e non paragonabili tra di loro.
Grazie a lei per i suoi interessantissimi quesiti e mi scusi ancora per la sintesi delle risposte. Un saluto cordiale e sempre a disposizione.
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Lievitino negli impasti
Buongiorno Dottoressa. Eccomi di nuovo con un quesito che mi lascia perplessa. Spesso leggo o sento parlare di lievitino per gli impasti con S. cerevisiae. Cos'è? Che differenza c'è con il poolish? Ho letto e approfondito ogni sua parola in merito all'ultima lezione su questo argomento, da lei pubblicata recentemente e vorrei capirne dunque la differenza. Grazie infinite per la sua cordiale risposta e la ringrazio per la sua costanza nel far fronte a tutte le nostre domande. Buona giornata!
Buongiorno a lei. Con il termine "lievitino" nel gergo dei panificatori si intende una massa di:farina, acqua 50% e ldb fresco 1% (percentuali calcolate sulla quantità di farina) L'impasto, dopo l'impastamento, è avvolto a palla ed introdotto in un contenito stretto ed alto con acqua (18 - 20°C) circa 2 o 3 volte il peso della massa impastata. Quando è introdotto in acqua, l'impasto si deposita sul fondo del recipiente. Si deve attendere che galleggi; il galleggiamento della massa è dovuto alla produzione massiva di anidride carbonica che permette il sollevvamento e il successivo galleggiamento. A quel punto è pronto per essere usato nell'immediatezza. E' una tecnica semplicissima che si adotta quando non si ha tempo per realizzare bighe e/o poolish. A differenza del poolish non è un massa liquida, ma solida e ben impastata. E' usata molto nei prodotti da forno dolci (focacce dolci, pasta brioche, pani doci tradizionali ecc.), in fase di dimostrazione nei corsi, proprio per la mancanza di "tempo" a disposizione. Un saluto cordiale e grazie per essersi rivolto/a al nostro servizio di assistenza online
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Autolisi calda\fredda
Buonasera dottoressa, affronto un argomento trito e ritrito...le chiederei di spiegarmi brevemente le differenze, dal punto di vista scientifico, tra autolisi a caldo e a freddo e, dal punto di vista operazionale, quando si usa un metodo piuttosto che l'altro. La ringrazio e la saluto cordialmente.
Buongiorno a lei. MI scusi, ma è estremamente difficoltoso, data la complessità dell'argomento, affrontare questo discorso per email. In linea di massima ma proprio ... molto di massima, tralascinado tutti i fattori legati ai valori di temperatura che obbligatoriamente si devono raggiungere in base agli sfarinati presenti, nel caso dell'autolisi a caldo, le posso riassumere il tutto in due punti:
1. con l'autolisi a caldo si procede con la gelanizzazione dell'amido, azione amilasica e produzione di zuccheri fermentescibili e non.
2. autolisi a freddo idratazioni parti cruscali (polisaccaridi non amido) soprattutto se in presenza di frumenti interi o integri. Si adotta questa lavorazione quando vi è uno squilibrio molto marcato nel P/L
La moda attuale è quella di lavorare qualsiasi frumento in autolisi (caldo, freddo) senza mai considerare che ci sono farine che, per loro caratteristiche reologiche, mal sopportano questo tipo di lavorazione. Mi scusi nuovamente per la brevità della risposta. Un saluto cordiale e grazie per il suo quesito. Sempre a disposizione
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Utilizzo dell'impasto con biga non oltre le 24 ore
Salve dott.ssa Lauri, Volevo porle un post che ho letto e sapere cosa ne pensa:
Qualsiasi biga con l'1% di lievito fermentata dalle 12 alle 48 ore deve avere un ph che va dal 5.3 al 5.6 quando pronta al secondo step. Il secondo impasto dev'essere consumato entro le 24 ore successive per non incorrere in due grandi difetti:
- scarsi zuccheri (qui si può ovviare al problema)
- Sentore accentuato di acido (non si può rimediare al problema)
da premettere che non ho l'attrezzatura necessaria per misurare il pH della biga che faccio comunque solitamente a 24 ore con l'1% di lievito di birra..è vero che poi il successivo impasto dovrebbe essere utilizzato non superando le 24 ore di maturazione anche utilizzando la tecnica del freddo per non incorrere nei due difetti sopracitati dall'autore del post? la ringrazio anticipatamente.
Buongiorno a lei. Mi scusi ma non sono un obbligo ne tanto meno una verità assoluta quei valori di pH riportati. Personalmente ho valori differenti e la biga è perfetta! Non sono assolutamente d'accordo sugli obblighi da lei citati:valori di pH biga, consumo dell'impasto entro le 24 ore anzi le dico di più a qualsiasi corso che faccio consiglio maturazione dell'impasto pizza a +4°C oltre i tre giorni. Chiaramente dipende da come uno gestisce la biga! Se ne leggono veramente tante, ma soprattutto si vedono fotografie di bighe ormai passate e prossime quasi al marciume fatte passare per "perfette". La gestione di una biga non è facile assolutamente soprattutto quando parliamo di: tempi, temperature di gestione, temperatura dell'acqua, minuti di impastamento in prima velocità o retromarcia, forza di una farina, ecc. Lo sanno molto bene i panificatori artigiani che lavorano con bighe di 24 - 48 - 72 ore. Anche su questo argomento ci sono i "maestri" improvvisati che parlano di "valori assoluti di pH" (magari senza sapere il significato chimico fisico di questo paramentro!) quando sono ben altri i paramentri da tenere in considerazione. Grazie a lei per il quesito e sempre a disposizione.
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Utilizzo di farina deboli per panificazione
Buona sera dott.ssa Lauri intanto volevo ringraziarla per le precedenti risposte molto precise tecniche ed esaurienti. Vorrei usare farine deboli per panificare a livello casalingo, in dettaglio farine di farro spelta e monococco con w di 140-170 circa e semi integrali tipo 1 e 2 con w di 170 circa.Vorrei sapere quale metodica di lavorazione è piu adatta con questo tipo di farine.
Ringraziandola anticipatamente la saluto cordialmente.
Buongiorno a lei. Personalmente, le consiglio di realizzare una biga (farina, acqua 50% a temperatura di circa +4°C, ldb fresco 1%) e lasciarla riposare/maturare a +16°C per 12 - 15 ore. Se non ha la possibilità di avere questa temperatura, conservi la biga circa 4 ore a +4°C e le restanti ore a temperatura non superiore ai 22°C. Proceda con la lavorazione indiretta, prestando attenzione ad utilizzare solo la prima velocità dell'impastatrice. Non abbia fretta! Grazie a lei e buona giornata.
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Maturazioni infinite
Gentile Dottoressa da tempo sui vari social si legge di maturazioni a mio avviso esasperate mi riferisco a quelle che superano le 48 ore e a tale proposito volevo chiederle se ha senso tutto questo o anche in questo caso siamo di fronte a autocelebrazioni?
Buongiorno a lei. Non saprei rispondere se siamo difronte ad autocelebrazioni (qualche volta il dubbio viene anche a me!) o meno, comunque è importante sottolinare che la maturazione è una fase basilare che dovrebbe essere sempre presente quando si parla di impasto per la pizza. La durata in termini di tempo di questa fase, che generalmente è condotta a +4°C, è molto variabile poichè dipende soprattutto dalle proprietà reologiche della farina utilizzata, della metodica di lavoro adottata, ecc. Personalmente consiglio sempre maturazioni comprese tra le 48 ore e non oltre i 3/4 gg. E' chiaro che se si opera, la dov' è possibile, un rigereno della pasta in questo intervallo di tempo, ci si può permettere, qualche volta, di allungare di altre 24 ore. Il tempo è comunque molto soggettivo e come le dicevo dipende dalla idratazione totale della massa, dalla temperatura della massa, dalla metodica e dalle caratteristiche reologiche. In ogni caso è un controsenso puro, per non dire di peggio, lavorare con farine "assurde", tecnicamente costruite appositamente (500W, ecc.), squilibrate in tutti i parametri per aumentare le ore della maturazione, quando si possono ottenere dei risultati ottimali anche con farine di 320 - 330W o inferiori, perfettamente equilibrate, Hagberg di circa 240 sec, ecc., e tempi inferiori. Ogni testa è un piccolo mondo e l'egocentrismo è sempre in agguato. Buona giornata e grazie per il quesito.
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Controllo della pasta madre e farine da utilizzare
Gentile dottoressa, complimenti a lei a tutta la redazione per questa rivista. Panifico in casa con una pasta madre che mi è stata donata ormai da alcuni anni e non mi ero mai posta il problema, prima di leggere i suoi articoli, se fosse "buona" (scusi il termine poco scientifico ma non mi intendo di microbiologia). Mi chiedo se esiste un modo casalingo di capire appunto se la pasta madre è una coltura in cui si sono sviluppati i giusti microrganismi. Ad esempio: basta un'analisi sensoriale o una misurazione del ph? La seconda domanda riguarda le farine più adatte per il rinfresco. Io per ragioni salutistiche (forse sbagliate) ed etiche preferisco usare farine biologiche non raffinate, tipo 1 o 2 quindi molto deboli. È una scelta corretta? Grazie in anticipo per la sua risposta
Buongiorno a lei. Purtroppo da un punto di vista microbiologico non possiamo saperlo senza un' opportuna identificazione delle specie presenti. In linea di massima, a livello artigianale e casalingo, ci si limita solo a delle valutazioni sensoriali in quanto non è possibile fare altrimenti. Tali valutazioni risultano comunque valide ed estremamente importanti soprattutto se condotte con una certa frequenza e abbinate a un rigoroso rispetto delle norme igienico - sanitarie data l'estrema variabilità delle matrici alimentari presenti in una cucina o in un frigorifero casalingo. Mi scusi, ma in quale modalità conserva la sua madre? Mi spiego meglio: la conserva legata, in acqua o liquida? Per semplificare il discorso parto dalla valutazione della madre solida legata, ma il concetto può essere benissimo translato nelle altre modalità. La prima cosa da fare è pelare la madre e non utilizzare la crosta perchè potrebbe contenente microrganismi indesiderati nonostante sia conservata legata in un telo. Utilizzare solo la parte centrale, ma prima valutare attentamente il colore (avorio o della stessa tonalità dello sfarinato di partenza!) e la spugnosità della struttura. Devono essere presenti tanti alveoli e la struttura non deve risultare sfaldata. Ogni tanto si può fare la prova del "galleggiamento" delle fette di pasta madre in un contenitore di acqua. Se le fette galleggiano, la madre è in buone condizioni. Dopo le valutazioni visivo - olfattive può passarre alla fase dell'assaggio. Deve percepire note marcate di acido lattico dolce abbinate a anidride carbonica e solo verso la fine le note acetiche. Non deve mai percepire note amare soprattutto se dominanti. Se si dovesse presentare questo caso (generalemnte abbinato a colorazioni più scure) deve elimare la sua madre. Se tali note le percepisce marcate e dominanti nella madre liquida deve eliminarla immediatamente. Ricapitolando la prima cosa da fare è valutare: il colore, la struttura e l'odore. Per quanto riguarda i valori di pH può benissimo usare una cartina Tornasole, ma sono comunque valori indicativi in una realtà artigianale e casalinga. Per quanto riguarda la scelta della farine da utilizzare può benissimo usare farine "deboli" ;tutto dipende da quanti rinfreschi opera nell'arco della giornata e quante volte utilizza la sua madre. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito, le invio i mmiei più cordiali saluti.
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Chi ha l' alveolatura più grossa.
Buongiorno dottoressa, mi complimento per la sua rubrica è la sua passione in quello che fa.
Dopo le sfide su chi mette più acqua nell' impasto, ora è partita la corsa all' alveolo, secondo me utilizzato come merito di autovalutazione. A che pro queste gare? Grazie
Buongiorno a lei. Mi scusi, ma al suo quesito non so rispondere! Faccio una semplicissima osservazione: nel settore pizza, tutti sono in lotta contro tutti da sempre per interessi personali: marketing, immagine, business e quant'altro. Per ottenere certe strutture di alveolatura ci vogliono farine dalle prestazioni eccezionali e/o "costruite" oppure avere doti e conoscenze tecniche specifiche che denotano costanza e anni e anni di studio. Queste lotte intestine danneggiano solo i pizzaioli che passano ore e ore a farsi la guerra e a insultarsi sui social (mania di egocentrismo allo stato puro!) piuttosto che trovare strade imprenditoriali per migliorare i rapporti con la clientela, studiare sui libri, imparare le normative italiane e europee, ecc. Qualche volta, sarebbe opportuno che si facessero un ripasso di educazione, buone maniere, umiltà unitamente a una sana e costruttiva autocritica . L'estrema polverizzazione del settore, unita a sfruttamento imprenditoriale privato e smania di successo mediatico, hanno portato a creare dei "personaggi" falsi ed arroganti. Le luci della ribalta prima o poi si spengono e dopo? A mio avviso, l'arroganza e la poca conoscenza tecnico scientifica sono come le bugie... hanno le gambe corte! Un saluto cordiale
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TTA e QF
Buongiorno D.ssa Lauri complimenti e grazie per la disponibilità. Un pizzaiolo-panificatore è in grado di determinare Acidità di Titolazione e Quoziente Fermentativo dei suoi impasti? Saluti
Buongiorno a lei. Le rispondo con un secco ...NOOOO! Senza una struttura analitica di un laboratorio attrezzato universitario o privato di chimica analitica applicata oppure di microbiologia (non mi sembra il caso nè dei pizzaioli nè dei panificatori artigiani!), attrezzature adeguate, personale con competenze universitarie specifiche e abilità analitiche particolari... assolutamente NO. Attenzione a chi vuol giocare sulla non conoscenza delle persone per esaltare le sue "false" conoscenze! Un saluto cordiale
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Tipologia di pietra per macina naturale
Gentile dott.sa, sto cercando aziende agricole che producono vari tipi di farina nella maggior parte grani antichi italiani e molti di questi mettono in risalto l' utilizzo della pietra che usano per macinare, a tal proposito volevo chiederle gentilmente quale fosse la differenza tra macine che utilizzano pietra di tipo francese e pietra di tipo austriaca. Cosa cambia a livello prestazionale, granulometrica, perdita nutrienti dopo la macina. La ringrazio molto, distinti saluti
Buongiorno a lei. Al suo quesito risponde direttamente Fulvio Marino del Molino Marino che macina con pietre naturali francesi. Grazie per il suo interessantissimo quesito. Un saluto cordiale
"Non ho molte informazioni sulle pietre austriache ma posso dirle come lavorano le nostre pietre francesi. Le pietre francesi che utilizziamo sono pietre naturali di fine 1800 e famose, da centinaia di anni, per essere le migliori al mondo per la macinazione dei cereali. Questo è dovuto alla loro durezza che permette di mantenere a lungo la martellatura. La martellatura della pietra, nel nostro caso, è fatta a mano con delle particolari incisioni che permettono di macinare i chicchi in maniera ottimale per "sfogliare" la cariosside e mantenere quindi le caratteristiche tecniche del chicco (granulomentria, danneggiamento dell'amido e quindi giusto assorbimento dell'acqua). La macinazione per mezzo di queste pietre viene fatta a basse temperature affinchè la cariosside non subisca shock termico durante il processo. Solitamente le altre tipologie di pietre in commercio invece non vengono martellate e quindi il prodotto finale ha caratteristiche diverse.Spero di essere stato esaustivo e sono a disposizione per eventuali altri chiarimenti. Grazie e buon lavoro"
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dichiarazione per legge 1169/2011
Buongiorno Dott.ssa avrei una domanda: Devo dichiarare l'olio che uso per ungere i pastoni delle rosette?
Buongiorno a lei. Si va dichiarato in etichettatura secondo l'attuale Reg. 1169/2011. Grazie a lei
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Differenze tra mulini tecnologicamente avanzati e non – Impasti con Kefir – Autolisi – Lavorazioni in purezza
Buon giorno dottoressa,
per prima cosa mi complimento con lei e l’intera redazione di Quotidie Magazine per le interessantissime letture che ci continua a regalare. Vorrei poi approfittare delle sua conoscenze e della sua disponibilità per farle queste domande:
1. A parità di materia prima e senza l’utilizzo di particolari “trucchi”, quanto può influire la tecnologia di un mulino (es. selezionatrici ottiche, temperature controllate, pulizia, ecc.) sul risultato finale in termini di prestazioni (es. forza)?
2. Utilizzando in un impasto (semi)integrale elementi ricchi di fermenti (es. Kefir) si ottiene un azione favorevole nell’attivazione delle fitasi endogene?
3. Se si fa l’autolisi utilizzando il latte o altri liquidi, è comunque corretto chiamarla autolisi?
4. Quando parliamo di lavorazioni dei grani in purezza, anche l’eventuale pasta madre/biga/poolish dovrebbero essere fatti con lo stesso cereale? Se si, siccome alcuni sfarinati sono molto deboli, come ci si deve comportare nella loro (madre/biga/poolish) realizzazione? Quali tempistiche vanno seguite? La ringrazio anticipatamente. Cordiali saluti
Buongiorno a lei. Mi scusi, ma sono costretta a rispondere molto schematicamente alle sue innumerevoli domande. Ognuna di esse richiederebbe approfondimenti specifici e non ho purtroppo spazio oltre al fatto di essere, ciascuna, argomento di tematiche molto particolari.
1 La tecnica di processo, nella fattisfecie l'utilizzo delle selezionatrici ottiche non influenzano assolutamente le caratteristiche reologiche che sono prerogativa delle specie botanica nonchè varietà. La presenza delle selezionatrici ottiche è basilare e fondamentale per eliminare tutto ciò che ci può essere di esterno alla cariosside oltre al fatto che separano le cariossidi che non presentano omogenità di colore, forme ecc. Non si può/deve prescindere dalla loro presenza in un ottica di moderni sistemi di molitura.
2. Per attivare le fitasi endogene occorre raggiungere valori di 4.5<pH<5.5.
3. Si, se con questo termine indica il processo di lavorazione.
4. Se è in purezza, Si certo. Tutto dipende sempre dalle caratteristiche reologiche di partenza. Anche se deboli hanno comunque valori minimi di W. Le tempistiche sono sempre in funzione delle temperature,valore di W, metodica di processo, ecc. Alcuni si possono gestire bene anche in 8 ore.
Scusandomi nuovamente e ringraziandola per la sua interessante emai, le invio i miei più cordiali saluti.
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Grassi alternativi
Gentile dott.ssa Lauri, non so se questa sia la sede adatta , pertanto mi scuso se la domanda fosse inopportuna. Avendo il colesterolo alto, ma non volendo rinunciare del tutto a qualcosa di dolce, ho cominciato a preparare delle torte per la colazione del mattino, prediligendo come ingredienti mandorle, nocciole, cioccolato fondente al 70% di cacao e olio extravergine d'oliva. Volendo però regalare una di queste torte, mi piacerebbe guarnirle con una glassa al cioccolato e non sapendo come sostituire il burro previsto dalla ricetta, ho pensato di utilizzare dell'olio vergine di cocco, visto che , a differenza dell'olio d'oliva solidifica a t.a. Ma ora non ho più il coraggio neppure di tentare l'esperimento: il vasetto è fermo lì in attesa del Suo parere sugli eventuali rischi di un suo utilizzo. Finora ho cercato di sostituire il burro con l'olio extravergine d'oliva in torte o plumcake ed evitato le preparazioni in cui tale sostituzione non è indicata. In alcuni rari casi vorrei però poter utilizzare un burro sostitutivo. Esiste? Ed esiste inoltre un prodotto che possa sostituire la panna da montare? Su internet al riguardo si legge tutto e il contrario di tutto. L'olio di cocco ad esempio è miracoloso per alcuni e dannoso per altri e io sono abbastanza confusa... Grazie.
Buongiorno a lei. Al suo quesito risponde direttamente il Dott. Antonio Pacella Medico-chirurgo - Specialista in Scienza dell’Alimentazione e Nutrizione Clinica - Master Universitario di II Livello in Medicina e Chirurgia Estetica
"Buongiorno. Oggi assistiamo ad una medicalizzazione del cibo e ad una demonizzazione di ingredienti, cibi o nutrienti a seconda della moda del momento. La scienza dell’alimentazione è in continua evoluzione e l’unica cosa certa, dimostrata è che non esistono alimenti da evitare o da preferire, come non esistono cibi che fanno bene o male. Mangiare è una visione d’insieme, che non consiste nell’aderire ad una religione alimentare o all’altra, ma variare ogni giorno le proprie scelte, secondo gusti e preferenze, tenendo conto soprattutto delle quantità e della qualità. Pertanto se una preparazione richiede la presenza del burro possiamo usarlo tranquillamente anche in presenza di ipercolesterolemia.Il valore del colesterolo va studiato a seconda della situazione dopo una visita medica e non in base alle linee guida. Infatti andrebbero rimosse le cause di un eventuale aumento rispetto alla condizione di normalità, che è diversa in chi ha sempre avuto il colesterolo elevato. Abbassarlo non sempre è salutare, avendo questo numerose funzioni all’interno dell’organismo e potendo inficiare anche sulla presenza di vitamina D. Non esistono alimenti da eliminare nelle dislipidemie, anche se purtroppo molti medici forniscono liste standard ai pazienti, oltre alle ben note terapie con statine in assenza di indicazioni. Il colesterolo alimentare incide al massimo del 15-20% su quello ematico, mentre almeno l’80% viene prodotto in maniera endogena dal fegato, soprattutto in presenza di un eccesso di zuccheri nell’alimentazione (e non di grassi). Mangiamo per piacere e non per dovere. Assumere una fettina di dolce, magari a colazione e senza esagerare, a prescindere dalla presenza di burro o meno, non fa male a nessuno. Bisogna inoltre conoscere il complesso dei nutrienti contenuti nella dieta. I grassi non sono tutti uguali. Mangiare un po’ di burro anche ogni giorno non fa male a nessuno. Tra l’altro se confrontiamo 100 grammi di burro e 100 grammi di olio di cocco, vediamo che quest’ultimo contiene più grassi saturi e meno grassi mono/polinsaturi (buoni). Stessa cosa riguarda la panna da montare. Paracelso diceva “tutto è veleno. Ma è la dose che fa la differenza”. Gli alimenti miracolosi esistono solo su internet e sui libri che promuovono qualcosa. La scienza dimostra altro. Un saluto" Grazie a lei per aver posto il quesito
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Farine biologiche e tipologia di forza
Buongiorno Dott.ssa Lauri e ancora grazie per le risposte precedenti sono davvero illuminanti!
Volevo chiederle, ho acquistato delle farine biologiche una 0 di 300W, una 0 con 230W e una integrale con macinatura del chicco a tutto corpo. Con la 0 300W sto facendo una biga classica a 20 ore però non sempre matura correttamente, nel caso per questo tipo di farina quante ore mi consiglia di fare? Inoltre noto che usando nell' impasto la biga e la 0 con 230W la maglia glutinica tende a strapparsi e non essere molto elastica, uso un idratazione del 62-65% il pane si gonfia poco e all'interno non alveola bene la mollica rimane molto fitta. Sto notando che queste farine biologiche hanno un forza e un glutine piu debole mi sembra rispetto alle tradizionali, come mi consiglia di utilizzarle al meglio? E' meglio idratare meno e nel caso fare puntata e appretto piu corti per non indebolirle ancora? In attesa di una sua risposta la saluto cordialmente
Buongiorno a lei. Mi scusi, ma cortesemente cosa vuol dire farina integrale con "macinatura del chicco a tutto corpo?" Se è Farina di Tipo Integrale deve rispettare obbligatoriamente il DPR 187/01 indipendenetemente dal tipo di macinazione cilindri, pietra ecc. Presti attenzione ai falsi marketing aziendali e alle bufale. Per rispondere correttamente al suo quesito sulla maturazione della biga, dovrei conoscere la temperatura esatta alla quale fa riposare la biga nelle 20 ore; uno dei fattori determinanti la buona riuscita della maturazione è proprio la temperatura di stoccaggio. Lavorando con farine integrali oppure con le integre, in linea di massima, l'idratazione totale dell'impasto è superiore proprio per la presenza delle parti cruscali e dei loro componenti. Leggendo il suo quesito non riesco a capire quale metodica di lavoro adotta ne tanto meno la percentuale di lievito, sale, ecc. Generalmente, le farine biologiche hanno valori di W leggermente inferiori proprio perchè i componenti dei concimi influenzano la tipologia di legami tra le catene proteiche, anche se, il confronto dovrebbe essere fatto sulla stessa varietà di frumento, stesse condizioni operative, stesse condizioni climatiche e solo con condizioni di coltivazione (biologica o tradizionale) differenti e non paragonare varietà differenti proprio perchè possono intervenire fattori legati alla struttura aminoacidica tipica di quella varietà botanica specifica che influenzano il parametro. In linea di massima, una farina con 300W 0.40<P/L<0.60 sopporta 24 ore di maturazione a 16 - 18°C. Nel caso di farine più deboli può: accorciare i tempi di stoccaggio della biga, aumentare i tempi di impastamento della stessa, incrementare le piegature dell'impasto finale, diminuire la quantità di ldb rispetto allo standard, diminuire i tempi di impastamento, diminuire la percentuale di biga nell'impasto finale, abbassare la temperatura della massa a fine impastamento, ecc. Purtroppo per email è abbastanza difficoltoso dare risposte precise soprattutto quando i fattori sono innumerevoli e il quesito è un pochino generico. Grazie e sempre a disposizione.
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PH e biga
Buona sera dott.ssa, Quale dovrebbe essere il pH della biga ideale per capire la giusta maturazione? Quale il pH finale consigliato nell'impasto dopo l' appretto. Grazie
Buongiorno a lei. Personalmente non ritengo assolutamente il valore del pH della biga un parametro che identifichi in esclusiva il valore della giusta maturazione della stessa, cosi come non lo ritengo parametro fondamentale e unico nella valutazione delle condizioni dello stato di una madre. Questo paramentro chimico non è indicativo, in quanto NON identifica assolutamente nè la tipologia di acidi presenti nè l'acidità totale, nè gli equilibri chimico - fisici, ma solo il grado di dissociazione degli acidi presenti e quindi la concentrazione di ioni H+ in soluzione. Non essendo un paramentro esclusivo e rigoroso, il suo valore, da un punto di vista analitico, è molto indicativo e pertanto non è necessaria una valutazione accurata e precisa mediante l'utilizzo di un pHmetro analitico. Basta un semplice viraggio identificato all'interno di range di valori di una, molto economica, cartina tornasole. La maturazione di una biga non si comprende assolutamente dal valore del pH, ma molti altri fattori come la valutazione sensoriale della stessa. In ogni modo per qualsiasi approfondimento sulla conduzione delle bighe può trovare tutto a questo link http://www.quotidiemagazine.it/archivio/2017/febbraio-2017/un-assioma-e-simona-lauri-ota-milano oppure leggere direttamente l'articolo sul nostro sfogliabile che trova a questo link http://www.quotidiemagazine.it/archivio/2017/febbraio-2017. Grazie per essersi rivolto al nostro servizio online. Un saluto cordiale e a disposizione
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Impasti surgelati
Salve dottoressa, avrei alcuni quesiti da porle...sto per iniziare alcuni test per produrre palline palline di pizza surgelate, fino ad adesso ho fatto un paio di prove a casa con congelatore casalingo e il risultato migliore l'ho ottenuto lasciando i panetti per un'ora post appretto a temperatura ambiente per dare uno start alla lievitazione. I test saranno condotti con abbattitore di tipo professionale. La procedura per l'impasto rimane la stessa o bisogna adottare qualche accorgimento? Nel caso della surgelazione ci sono differenze tra lievito fresco e secco ed è forse consigliabile aumentarne un po' la quantità prevedendo che una parte delle cellule possano danneggiarsi? La biga potrebbe portare qualche vantaggio? Possiamo mantenere alte idratazioni o è meglio diminuire la quantità di acqua per evitare la formazione di troppi microcristalli? Alcuni siti consigliano l'uso di malto, miglioratori e soprattutto lecitina per l'azione emulsionante, lei pensa che ci sia qualche riscontro positivo con questi prodotti?
Grazie infinite per l'attenzione
Buongiorno a lei. Mi scusi ma le domande sono troppe, l'argomento è molto molto vasto e non mi è possibile rispondere. Sono mortificata ma per rispondere con coscienza a tutte cinque le sue domande (già di per se molto complesse!) dovrei scrivere un testo solo sulle risponde ai suoi quesiti. Mi scuso nuovamente ma il servizio ha purtroppo i suoi limiti di spazio. Grazie ancora e buona giornata.
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Tecniche di lavorazione per impasti a lunga maturazione
Salve dottoressa, vorrei chiedere quali siano generalmente le più comuni procedure operative quando si parla di impasti a lunga maturazione. E' preferibile scegliere una lunga idrolisi con mantenimento in cella 24/48h per poi finire l'impasto lievitare e cuocere? Oppure è preferibile terminare l'impasto abbattere, conservare in cella 24/48h, acclimatare a t. ambiente, stagliare, formare, lievitare e cuocere? Oppure una via di mezzo delle due? Può suggerirmi lei delle linee guida da seguire per questo genere di lavorazione?
grazie mille.
Buongiorno a lei. Personalmente mi sento di escludere in partenza la lunga autolisi (non idrolisi!) se non in presenza di farine che abbiano valori estremi di W ed estremamente rigide con P/L oltre 2.5. Non consiglio mai questa tecnica in questi termini estremi in quando, oltre l'aggiunta del sale, si andrebbe ad utilizzare solo 20% di questa miscela autolitica nell'impasto finale. La metodica dell'autolisi (anche in questo caso uso non proprio corretto del termine!) è da preferire in presenza di farine macinate a pietra intere e/o farine di tipo integrali e per un tempo relativamente limitato in base alle proprietà reologiche dello sfarinato utilizzato. E' chiaro che non è una tecnica da adottare sempre, in qualsiasi situazione e con qualsiasi farina, ma solo all'occorrenza. Non esiste una tecnica da adottare in assoluto o delle linee guida da seguire sempre, ma la variabilità della metodica è legata alle aditudini di lavoro, disponibilità di spazio per stoccare cassette di palline, logistica di lavorazione ecc. E' veramente troppo soggettivo. In ogni caso, la cosa fondamentale è che sia comunque sempre presente la maturazione di 24 - 48 - 72 ore a +4°C in massa o in staglio basta che ci sia!. Una cosa che mi sento di consigliare è quella di non utilizzare farine con W estremi e poi fare una autolisi lunga quando basterebbe magari una farina 330< W< 350 per ottenere degli ottimi risultati in termini di maturazione, friabilità ecc., ed in tempi più corti. Un saluto cordiale e grazie per il quesito.
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Impasti per pane a base di farina integrale
Buongiorno dott.ssa Lauri, ultimamente sto facendo alcune prove di impasto diretto lungo con della farina 0 con W300 aggiungendo 10-20% di farina integrale bio macinata a pietra e faccio maturare per circa 12-14 ore con lo 0,2% di lievito di birra fresco e idratazione del 60-62% circa. Il mio concetto è, ho una farina di buona forza aggiungo una parte di integrale e faccio maturare per tot ore, il pane mi viene quasi sempre un po pieno con mollica un poco umida e compatta è il modo corretto di operare con le farine integrali oppure per lavorarle al meglio quale modo e metodo mi consiglia? premetto che la farina integrale che uso ha davvero molta crusca grossolona al suo interno. In attesa di una sua gentile risposta, la ringrazio e la saluto.
Buongiorno a lei. Se la sua farina integrale ha molta crusca la lavori per prima e la lasci riposare (in ogni caso, indipendentemente dalla quantità di crusca, questa tecnica sarebbe da adottare sempre!). Mi spiego meglio: alla quantità di farina integrale da lei utilizzata aggiunga circa il 60% di acqua e lasci riposare per circa 30 - 40 minuti. A quel punto aggiunga la farina tipo O, gli altri ingredienti, la restante acqua a 20°C, sale, malto e il lievito fresco. Aumenti però la quantità di lievito da 0.2% sulla farina a 0.8% sempre sulla quantità di farina utilizzata. Lasci riposare a circa +16/18°C per circa 18 - 20 ore coperto, staglio, formatura e successiva fermentazione per le ore che restano. Nel caso in cui la temperatura ambiente fosse maggiore di 16 - 18°C, utilizzi acqua con una temperatura inferiore. Cottura a 210°C e apertura tiraggio per gli ultimi 15 minuti. Grazie e buona giornata.
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