Hai un problema tecnico di produzione nel settore dell'arte bianca (pane, pizza, grandi lievitati, prodotti da forno in generale)? Il tuo prodotto ha un difetto? Hai bisogno di consigli? Esponi il tuo problema e Simona Lauri ti risponderà nel più breve tempo possibile.
Lievito madre
Buongiorno, volevo chiedere sul lievito. Ho sempre saputo e ne sono stato convinto che tutti i lieviti (solidi) possono essere buoni, ogni pezzo di madre prende la strada di chi lo mantiene e in quel laboratorio o casa prenderà la sua connotazione. A volte mi vengono dei dubbi, per come nasce e come viene colonizzato un lievito può poi portarsi dietro una sua qualità intrinseca, relativa a ceppi specifici di batteri ecc.?
Buongiorno a lei. Sì, ogni madre, intesa come coltura microbiologica autoctona, ha una sua precisa "connotazione" microbica data soprattutto dai contaminanti presenti nelle materie prime utilizzate, dall'ambiente, dalle relazioni che si instaurano tra le specie di lieviti e batteri, ecc. Il tempo per creare la cosiddetta "coltura dominante" non è fisso ma estremamente variabile e dipende soprattutto dalla carica microbica iniziale (non è detto che la specie che si sviluppa per prima sia quella desiderata!), dai fattori che limitano non solo la lag fase microbica iniziale ma tutto lo sviluppo; dalle iterazioni, dai metaboliti prodotti, ecc. Mediamente si calcolano circa 20 giorni dal giorno della prima miscelazione per la creazione di un lievito di pasta acida naturale idoneo e sicuro. La coltura, che in questo lasso di tempo si seleziona naturalmente, caratterizza la madre ed è funzione di molti fattori tra i quali: l'idratazione della massa, la temperatura, la tipologia di gestione, ecc. Ci sono diversi studi, condotti proprio sulle madri artigianali, in letteratura che attestano come la microflora sia simile ma mai uguale proprio perché è identificativa e specifica anche dei contaminati ambientali del luogo. Il fattore comune tra tutte è comunque dato dal fatto che, il genere dominante tra i lieviti è Saccharomyces, mentre tra i LAB vi è una maggior eterogenicità. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza gratuita online le auguro una serena giornata.
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Lievito compresso in grande lievitato
Buongiorno Dottoressa Lauri, volevo chiedere se sia corretto aggiungere del lievito compresso fresco, in uno dose quasi irrisoria (0.01 su farina, 1 gr su 10 kg di farina) nel primo impasto di grandi lievitati da ricorrenza. Ho avuto pareri di panificatori sul beneficio dello stesso ma sul dubbio sulla percentuale. D'altra parte il lievito naturale contiene saccaromiceti. La ringrazio per la disponibilità
Buongiorno a lei. Il comma c Allegato 1 del Decreto 22 luglio 2005 consente l'aggiunta di lievito compresso nell'impasto del panettone nelle dose massima di 1% e cosi recita ." il lievito, qualora impiegato, deve corrispondere al massimo all'un per cento dell'impasto tal quale, pronto da spezzare, inclusi gli ingredienti inerti." per cui la quantità da lei utilizzata non solo è corretta ma è veramente minima. Grazie a lei per la stima e per essersi rivolto al nostro servizio SOS online. A disposizione e buona giornata
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Farine e Autolisi
Buongiorno Dott.ssa avrei cortesemente un quesito da porle: in quali farine e’ sconsigliata l’autolisi? Grazie per il tempo che mi dedica e il servizio offerto dalla testata.
Buongiorno a lei. Se non le dispiace faccio prima a "girare" la domanda e togliere la negazione: In quali farine è consigliata l'autolisi? La tecnica dell'autolisi è consigliata solo ed unicamente per farine squilibrate da un punto di vista reologico ossia per farine che presentano P/L molto elevati, generalmente maggiori di 1,5, indipendentemente dal W. Grazie a lei e buona giornata.
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Lievito di birra e dietologi?
Buongiorno dott.ssa ultimamente entrano clienti dicendo che hanno problemi con il lievito fresco perchè nutrizionisti dicono di evitarlo. Ma cosa lascia nell'impasto che non và bene, o è solamente una precauzione (a cosa?) Se alla fine muore cosa centra con diete e tutto il resto?
Grazie mille
Buongiorno a lei purtroppo come artigiani si paga lo scotto delle immense "bufale", immensa disinformazione e fake che circolano sui social, TV ore di punta, web, radio in cui sono invitati professionisti dietologi (senza offesa per nessuno ci mancherebbe, ma la realtà dei fatti è purtroppo questa!) che non sanno assolutamente nulla di Arte Bianca. Questi professionisti confondono i gas prodotti a livello intestinale dai batteri con la fermentazione alcoolica operata da cellule del lievito S. cerevisiae, non considerando che: 1. il lievito muore a 45°- 50°C e 2. non passerebbe la barriera gastrica pH 1.2 - 1.5. Essendo morto all'interno del pane, prodotti da forno, ecc., non può compiere nessun tipo di metabolismo ne tanto meno produrre gas. Premesso questo, i responsabili di questa sintomatologia vanno ricercati in altre situazioni dovute a un "problema" di assorbimento, metabolizzazione dei carboidrati a livello intestinale e/o cellule di rivestimento dell'epitelio. Se i carboidrati non sono assorbiti, metabolizzati per patologie specifiche e di competenza prettamente di clinica medica (non autodiagnosi e/o di dietologi magari sui gruppi/pagine di qualche social), restano nel lume dove sono metabolizzati dai microrganismi, i cui prodotti del metabolismo sono gas che creano dolori, gonfiori ecc. L'errore è proprio pensare, a prescindere, che sia solo il lievito a produrre gas. Il discorso delle allergie invece è ben diverso ed è legato a una reazione del SI contro una molecola che riconosce come "pericolosa". Nella fattispecie, le rare allergie al S. cerevisiae sono imputabili ad alcune proteine presenti sulla membrana che scatenano la risposta immunitaria. Questa situazione si presenta anche se le cellule sono "morte". Il gravissimo errore che continuano a fare i professionisti panificatori/pizzaioli è quello di adottare una tecnica tanto di moda in questo periodo e poi, proprio perché non è stato materialmente pesato il lievito, usare l vietatissimi claims "pane senza lievito" "pane senza lievito aggiunto" , mandando letteralmente all'ospedale chi effettivamente presenta allergie proprio perché tutte le matrici usate contengono, a prescindere, gli ubiquitari (presenti ovunque appunto!) lieviti. Così per gli allergici non si può usare neanche la pasta acida o lievito di pasta acida naturale o madre perché è noto, da letteratura scientifica riconosciuta nel mondo, che il microbiota della madre è costituito anche da cellule contaminanti di S. cerevisiae. Le persone che soffrono di allergia e sottolineo ALLERGIA non INTOLLERANZA, non possono consumare nessun prodotto realizzato all'interno di un laboratorio artigianale in cui i prodotti sono realizzati con il lievito (panetterie, pizzerie, pasticcerie, ecc.) proprio per le cosiddette contaminazioni incrociate compresa l'aria che contiene proprio le spore del S. cerevisiae. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito. Grazie e Buona giornata
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W di una farina e stabilità
Gentile dottoressa Lauri. Le rinnovo i complimenti per l'ottimo lavoro di divulgazione e formazione che svolge anche tramite questo servizio SOS online. Ho le seguenti domande da porle.
1) poichè le informazioni riportate sulla confezione di una farina non necessariamente sono attendibili, esiste un metodo empirico per determinare il W di una farina a partire dal grado di assorbimento? Es. parto da un tot grammi di farina e aggiungo un pò d'acqua alla volta?
2) Se il tempo di stabilità riportato sulla confezione di una farina è di 13 minuti, cosa succederebbe se si decidesse di interrompere l'impastamento prima dei 13 minuti, poi far seguire un riposo per poi riprendere di nuovo l'impastamento e applicando questo procedimento anche per più volte? Grazie della disponibilità. Cordiali saluti.
Buongiorno a lei Prima di tutto grazie per il complimenti che estendo a tutta la redazione. La risposta ai suoi quesiti è un pochino lunga per cui mi scuserà se dovrò riassumere e schematizzare i contenuti. 1) La valutazione delle proprietà reologiche (quindi i valori di W, P/L ecc.), non rientra negli standard delle analisi ufficiali obbligatorie e pertanto sono informazioni facoltative. Non c'è relazione diretta strumentale che leghi il grado di assorbimento di acqua con un algoritmo al valore di W. C'è una correlazione indiretta, nel senso che farine che mostrano un'assorbimento di acqua maggiore, in linea di massima, presentano valori di W superiori a quelle che mostrano assorbimenti minori. La variabilità dell'assorbimento di acqua dipende da diversi fattori tra i quali: il contenuto totale proteico, la granulometria, i granuli di amido rotti dal processo molitorio, la presenza di parti cruscali, ecc. Uno dei limiti, che quindi porta a non ottenere valori "attendibili", cioè con un basso errore assoluto, è proprio questo; varia l'assorbimento di acqua delle farine, ma la quantità di acqua da aggiungere per le determinazioni è sempre la stessa per cui gli impasti variano di consistenza e quindi di P, L, R, E, ecc.,rilevata dallo strumento. Il valore di W è dato da un algoritmo che calcola l'area sottesa dalla curva alveografica moltiplicata per 6,54. Qui trova un ulteriore approfondimento sull'argomento http://www.quotidiemagazine.it/archivio/2015/numero-9/chopin-e-brabender-cosa-c2019entrano-con-le-farine-simona-lauri-ota-milano. Questo è il motivo per cui W non sarà esattamente quello riportato, ma sarà all'interno di un range in cui il valore indicato è il valore medio. 2) Il tempo di stabilità S in minuti è letto sul grafico farinografico e rappresenta l’intervallo di tempo durante il quale l’impasto rimane alla massima consistenza. E’ la differenza letta sull’asse delle ascisse in corrispondenza di due precisi punti di riferimento. Maggiore è questo valore, migliore è la "qualità tecnica" della farina; un valore di S elevato indica che la farina può sopportare sia lunghe fermentazioni sia prolungate sollecitazioni meccaniche. Non rappresenta i minuti di impastamento né in prima né in seconda velocità anche se correlata allo sfibramento meccanico. Anche in questo caso a questo link può trovare un approfondimento in proposito http://www.quotidiemagazine.it/archivio/2015/numero-8/dal-1920-ad-oggi-cosa-centra-la-reologia-con-il-pane-e-le-pizze-simona-lauri-ota-milano. Può decidere di interrompere la fase di impastamento (doppio impasto , autolisi freddo sono basate proprio sull'interruzione della fase) ma generalmente l'interruzione si adotta solo nel caso di farine contenenti parti cruscali, eccessivamente tenaci, ecc. Spero di non essere stata troppo schematica nelle risposte. Resto comunque sempre a sua disposizione per ulteriori approfondimenti e delucidazioni. Grazie a lei per la stima e per essersi rivolto al nostro servizio. Buona giornata
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Pasta madre secca: benefici reali?
Buongiorno dott. ssa, in vendita sui banchi della grande distribuzione o online sono comparsi dei prodotti consistenti in un mix di "pasta madre in polvere" (scritto in grande sulla confezione) e "lievito secco di birra" (scritto in piccolo). Mentre non ho alcun dubbio sul fatto che l'azione lievitante sia svolta solo da quest'ultimo, avrei invece bisogno del Suo autorevole parere sui seguenti pregi, indicati nelle confezioni di questi prodotti e attribuiti alla frazione di pasta madre secca presente: "migliora la lievitazione", "restituisce il sapore di una volta", "mantiene la freschezza più a lungo", "conferisce acidità all'impasto" ecc ecc... Grazie!
Buongiorno a lei. Come giustamente ha notato lei, molte aziende giocano con il fraintendimento che si è generato con la parola lievito naturale; il consumatore per anni ha inteso la madre come lievito naturale, ma in realtà anche il S. cerevisiae è un lievito naturale anzi, microbiologicamente parlando è IL VERO lievito naturale, mentre la madre è una coltura di più specie microbiche di cui i lieviti sono una minoranza. Si gioca moltissimo sul marketing perché è vero che la madre o la pasta madre acida naturale apporta quei benefici riportati, ma non nella immediatezza della forma essiccata. Durante il processo di essiccamento le cellule passano da circa 70 - 75% di acqua a circa 8% subendo importanti danni alla membrana cellulare. Nel momento in cui un microrganismo subisce danni alla membrana muore per cui, buona parte di quelle cellule microbiche, non sono attive proprio perché... morte. Usare pasta madre essiccata direttamente nell'impasto serve a poco per non dire a nulla, ma soprattutto non apporta nell'immediatezza sul prodotto quei benefici tanto declamati dal marketing/business aziendale. I benefici descritti si otterranno solo dopo "riattivazione" delle cellule sopravvissute, ma ciò richiede molto tempo e rinfreschi. Spero di esserle stata di aiuto. Un saluto cordiale e sempre a disposizione. Buona giornata
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Aggiornamento pane segale integrale
Buongiorno dottoressa, scrivo per riferirLe del mio nuovo tentativo con una differente farina di segale integrale, contenente questa volta il 12% di fibre, eseguito secondo le Sue indicazioni. Questa volta il pane ha il suo buon gusto tipico, affatto amaro, anche se temo di aver commesso (almeno) un errore. Ho infatti inserito nella biga di segale, idratata al 55% come da Lei consigliato, anche un ulteriore 20% di farina (a causa di un errore di calcolo) e questo ha determinato un'idratazione dell'impasto finale forse eccessiva, che ho cercato di limitare aggiungendo il 10% di farina nel rinfresco. Potrebbe essere per questo motivo che, tra puntata e successiva lievitazione del filone, in tre ore il pane era pronto per il forno, mentre Lei mi consigliava tempi molto più lunghi per la sola puntata? O forse avrei dovuto aggiungere nell'impasto finale lo 0,5 % di lievito solo sulla farina aggiunta invece che su tutta la farina? Ad ogni modo, ho potuto rendermi conto dell'enorme differenza tra questa farina e la farina precedente, contenente il 20% di fibre. Credo proprio infatti che la biga precedente non fosse affatto pronta quando l'ho utilizzata. Avrei un ultimo (spero) dubbio... Supponendo di utilizzare il 50% di farina di segale integrale sul totale, è corretto realizzare la biga idratata al 55% con la sola segale e 24 ore di maturazione e una seconda biga idratata al 45% e 12 ore di maturazione con le restanti farine? O sarebbe invece possibile semplificare la procedura, realizzando una sola biga, di 24 ore, con idratazione pari alla media delle precedenti, ovvero del 50%? Mi scuso per la lunghezza, e la ringrazio per il Suo interesse al mio problema.
Buongiorno a lei. Se ha fatto una biga con la farina di segale il tempo trascorso è stato già di 15 - 18 e più ore. Sicuramente la percentuale dello 0,5% di lievito fresco andava calcolata non sul totale della farina, ma solo sulla parte di farina aggiunta nel rinfresco. Per quanto riguarda l'ultimo suo dubbio può senza problema unire le due bighe di 24 , 18 oppure 20 ore entrambi oppure aggiungere le restanti farine tutte nell'impasto finale, 0.5 % di lievito di birra fresco ecc., riposo in massa per circa 60 minuti e successiva fermentazione oppure fare tutta farina in biga e poi rinfresco con solo gli altri ingredienti (sale, lievito, ecc.). In questo secondo caso deve prestare molta attenzione al corretto andamento della biga. Se non ha molta esperienza con le bighe, personalmente non glielo consiglio. Grazie a lei per la stima e sempre a disposizione.
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Pizza "fresca" ma "surgelata"
Buon giorno,
questo mese avete parlato di pane "fresco", ma per il mondo della pizza valgono le stesse regole? Parlo in particolare per chi fa pizza in teglia o alla pala creandosi basi bianche e rosse da farcire in un secondo momento. Se queste basi vengono congelate\surgelate (per i fortunati possessori di abbattitore) per essere usate dallo stesso professionista in un secondo momento o nelle giornate di punta, si deve avvisare il consumatore? In che modo? La ringrazio anticipatamente e buon lavoro.
Buongiorno a lei. E' un OBBLIGO avvisare il consumatore! Mi scusi, ma il mondo della "pizza" è soggetto a tutte le normative comunitarie alle quali devono sottostare tutti i prodotti alimentari nessuno escluso. Questo per dire che il Decreto 131/18 non è altro che un decreto attuativo del DL223/06, ma allo stato attuale, per quanto riguarda l'obbligatorietà della dicitura "... surgelato" non dice nulla di nuovo proprio perchè tale OBBLIGO era già evidente per TUTTI gli alimenti (pizza compresa!) che subivano una modifica dello stato fisico riportato sia nel DL n. 110/1992 sia e soprattutto nell'allegato VI del Reg UE 1169/11. La violazione o la NON citazione dello stato fisico (surgelato, precotto, ecc.) comporta un regime sanzionatorio (art.19 DL231/17) nel caso in cui il prodotto surgelato, ripeto PIZZA compresa, sia venduto senza chiara indicazione in etichetta oltre che l'applicazione dell'art. 515 del C.P. se invece sia venduto per fresco. Grazie per essersi rivolto al nostro servizio. Buona giornata.
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Difetti di gestione
Buonasera dottoressa, vorrei chiederle se mi aiuta a risolvere un problema al quale non riesco a venirne a capo. Lavoro con un impasto idratato al 70%. 0.2% di lievito compresso, 2.5% sale. Farina tipo 0 w 320. Lascio l'impasto in massa a 4 gradi per 12/16 ore. Quando lo tiro fuori aspetto un ora prima dello staglio. Ma nonostante questo noto delle parti molto più fredde e altre più calde; panetti di volume differente ma con lo stesso peso. Quindi ...differente pizza. Dove sbaglio? L'obbiettivo e una pizza stile napoletana con il cornicione pronunciato. Grazie a lei per la sua gentilezza e per il servizio offerto.
Buongiorno a lei. Se posso permettermi, prima di cercare di comprendere dove potrebbe essere il problema (per email, senza vedere nulla, non è facilissimo!), le consiglio di lasciar riposare l'impasto, nella prima puntata in massa, circa 2/3 ore a temperatura ambiente prima di portare a +4°C. Staglio e fermentazione dei panetti per altre 2/3 a t.a. (il tempo è in funzione della t.a. di cui non conosco il valore!) Se la t.a. non supera i 20°C può anche lasciare la massa a t.a. senza frigor per 12/16 ore. Oppure può, dopo il riposo in massa, fare lo staglio e conservare a +4°C per 24 ore. Il suo problema, a mio personalissimo giudizio, è un difetto di penetrazione non omogeneo del freddo all'interno della massa che crea zone con differente temperatura. Le zone di pasta "più calde" fermentano prima. Questo potrebbe essere dovuto a: una massa troppo grande per le frigorie, difetto del frigorifero, mastello contro la ventola ecc. da cui la necessità o di stagliare prima o di lasciare a t.a. Mi scusi, ma come può comprendere non è facilissimo per email. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio le auguro una serena giornata. A disposizione.
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Batteri e temperature
Salve Dottoressa, rinnovo i complimenti a lei e a tutto lo staff per il servizio e la preparazione specifica. Le porgo una domanda, ma è più una preoccupazione che altro: in giro per il web si vedono filmati di casalinghe, food blogger, ma anche pseudo chef che dicono castronerie su batteri e temperature oltre a chi spiega come fare i sott'olio senza pastorizzarli, o chi dice che la salmonella muore a 60 gradi, chi a 70, chi a 80, o che bollendo i barattoli di conserva muoiono le spore di botulino, ecc. Le volevo chiedere se fosse possibile fare luce su questo marasma molto pericoloso visto il seguito che hanno tali personaggi, la mia domanda finale è: Temperature di sicurezza per botulino, pastorizzazione alimenti e salmonella. Grazie ancora per tutto.
Buongiorno a lei. La sua preoccupazione è del tutto lecita ed è anche la mia da tecnologo alimentare con anni di studio ed esperienza pratica nel settore. Il problema (o malcostume!) consiste nel fatto che tutti vogliono l'informazione a portata di click senza mai curarsi della qualità della stessa; domina il dott google e l'autodiagnosi. Gli autodidatti prendono certi video di marketing aziendale e/o semplici blog di cucina come testi di scienza pura non curandosi di verificare la veridicità delle informazioni contenute (molte volte solo copia/incolla delle stesse info che si trovano in altri siti di altrettanta scarsa veridicità scientifica) La situazione è estremamente preoccupante e pericolosa perché ci si laurea su FB e non più alle università. Purtroppo anche certe trasmissioni televisive di reti nazionali, nelle ore di punta, non contribuiscono assolutamente e i docenti di igiene degli alimenti parlano di processi, tecnologie, allergie... di tutto meno che della loro specifica materia; un cardiochirurgo che fa l'opinionista di botanica, un avvocato che parla di igiene degli alimenti e un perito elettronico che parla di entomologia (senza offesa per nessuna professione. E' solo un esempio per dire che tutti se ne intendono di tutto!) Fin dal 2015, anno della fondazione della testata, abbiamo cercato di contrastare questa pericolosità dell'anti scienza; cerchiamo di fare tutto il possibile per combattere le falsità di questi neo pseudo scienziati del nulla, pubblicando dei modesti contributi di autori che si occupano da anni di problematiche del settore oppure che la microbiologia generale, microbiologia industriale applicata, tecniche di conservazione degli alimenti, igiene degli alimenti e HACCP li hanno studiati come percorso di studi universitario. Qui ne trova qualcuno:
http://www.quotidiemagazine.it/archivio/2016/numero-3-marzo-2016/le-operazioni-che-rendono-sicure-le-conserve-vegetali-antonio-paolillo-ota-reggio-calabria
http://www.quotidiemagazine.it/archivio/2016/numero-7-luglio-2016/limportanza-dei-controlli-igienici-negli-esercizi-commerciali-piero-nuciari
http://www.quotidiemagazine.it/archivio/2017/numero-10-ottobre-2017/infezioni-intossicazioni-e-tossinfezioni-alimentari-simona-lauri-ota-lombardia-e-liguria
http://www.quotidiemagazine.it/archivio/2017/numero-5-maggio-2017/prodotto-finale-alterazioni-e-bombaggi-tutto-dipende-dai-microrganismi-simona-lauri-ota-milano
http://www.quotidiemagazine.it/archivio/2016/numero-7-luglio-2016/pericoli-mortali-invisibili-simona-lauri-ota-milano
http://www.quotidiemagazine.it/archivio/2016/numero-6-giugno-2016/pensavate-fosse-sterile-simona-lauri-ota-milano
http://www.quotidiemagazine.it/archivio/2016/numero-12-dicembre-2016/pericolo-invisibile-moda-o-innovazione-simona-lauri-ota-milano
Ci sono inoltre dei meravigliosi e approfonditi testi di microbiologia degli alimenti, a livello universitario, che rappresentano le sacre scritture per noi e quasi quotidianamente consultiamo oltre ad aggiornamenti o report scaricabili dai siti universitari. Ci stiamo impegnando, ma combattere la presunzione di sapere non è cosa facile. Grazie a lei per la stima e la fiducia. Un saluto cordiale e sempre a disposizione.
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lieviti secchi
Dott. Simona buon giorno, un informazione il lievito secco fermipan red, che tipo di lievito è? attivato,disattivato, istantaneo, come si utilizza? grazie sempre per disponibilità e professionalità saluti salvo
Buongiorno a lei. Sono mortificata ma non conosco quella marca. Per avere informazioni dettagliate sul prodotto ci dovrebbe essere un numero di assistenza clienti sulla confezione oppure un link oppure ancora chieda direttamente i dettagli tecnico scientifici a chi gliel'ha venduto e/o dato da provare. In ogni caso, non acquisti mai a "scatola chiusa" solo perché un rappresentante aziendale lo ha lasciato da provare. Questo vale per qualsiasi prodotto. Grazie a lei e un saluto cordiale.
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Messaggi errati
Dottoressa avrei voluto cancellare i miei messaggi di ieri, dato che ho sbagliato a riferire il risultato del mio secondo tentativo, ma non è possibile. Se lo ritiene opportuno, prima di riesaminare nuovamente il problema, farei un tentativo ulteriore, ma con una farina di segale integrale differente. Grazie.
Buongiorno a lei. Certamente aspetto i nuovi risultati. Buona giornata
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Comportamento delle madri e pH
Buongiorno Dottoressa Simona, vorrei chiederle delucidazioni riguardo alla diversa acidità del lievito gestito in acqua e legato. Da un pò di tempo mi avvalgo dell'uso del pHmetro. Riferendomi a lieviti comunque in salute che fanno bene il loro lavoro, noto che il lievito in sacco dopo il riposo notturno ha un acidità intorno a pH 4, quello in acqua tendenzialmente più bassa, intorno a pH 3,8. Non so se uno dei due è gestito in maniera sbagliata, ma gli impasti che ne derivano si comportano in maniera simile in tempi ecc. (con lievito in acqua c'è maggior sviluppo del prodotto) Questa cosa me la riporta anche un amico che ugualmente ha fatto prove di lieviti e valutazione del pH. Generalmente quello in acqua viene definito lievito "dolce" forse con meno prevalenza acetica, eppure vedo che di fatto al mattino è a tutti gli effetti un lievito libero che inacidisce liberamente con lo scarico però dell'acqua. Mi piacerebbe capirci un pò di più. Grazie a lei per il servizio di consulenza gratuita.
Buongiorno a lei. Uno degli errori più comuni che si compie nella trattazione delle madri è quello di confondere la TTA (Acidità Totale Titolabile) con il valore del pH. Il valore del pH della madre, a livello artigianale, dice poco/nulla sia sul suo stato di salute sia sulla tipologia di acidi presenti sia sul microbiota e pertanto non vale assolutamente le pena spendere soldi per un pHmetro professionale da laboratorio di chimica analitica (costi eccessivi non giustificati per un panificio artigianale). Se proprio vuole avere un range di valori, acquisti una semplice cartina con un indicatore di viraggio tra 3.5 - 4.5 e, in base a come cambia di colore rispetto alla scala cromatica riportata sulla confezione, avrà il valore del range nel quale si attesta il pH della sua madre. La differenza comportamentale delle madri non è assolutamente dovuta alle 0,2 udpH, ma va ben oltre e riguarda la popolazione microbica che naturalmente si seleziona; dal pH non si capisce. Dalla popolazione ed iterazioni che si instaurano, si svilupperanno metaboliti e sarà la tipologia di acidi presenti, non la concentrazione degli ioni idrogeno in soluzione derivanti dalla loro dissociazione, a interagire con le proprietà reologiche dell'impasto finale. In assenza di una screening microbiologico, ma soprattutto in assenza di una gascromatografia specifica (o analisi strumentali similari) delle due madri, restiamo solo nel mondo delle supposizioni di cui non conosco le risposte specifiche per quelle differenti situazioni microbiche. Il comportamento delle due madri dipende unicamente dalla specificità, sviluppo, metabolismo, zona geografica, ecc., del microbiota autoctono oltre che dal tipo di gestione. La concentrazione di acidi come acetico, lattico, succinico, propionico, ecc. influenzano il comportamento reologico e insieme ai composti azotati, reazioni biochimiche, temperatura migliorano la percezione sensoriale. Da ciò si può dedurre come la loro concentrazione sia funzione di innumerevoli variabili di cui: presenza di ossigeno, DY, TTA, QF, gestione, sostanze nutritive, ecc. arrivando a determinare comportamenti differenti delle madri. Il campo della microbiologia specifica delle madri è un settore soggetto a continui studi e può trovare degli ottimi testi (scritti in lingua inglese) specifici in rete unitamente a aggiornamenti universitari. Nella speranza di esserle stata di aiuto, le invio i miei più cordiali saluti.
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Autolisi
Buongiorno dottoressa, ed innanzitutto grazie per l'incredibile lavoro che fa, preziosissimo per chi desidera avere maggior conoscenza scientifica di tutti i meravigliosi mestieri che hanno a che fare coi lievitati. Come da titolo, la mia domanda riguarda l'autolisi; leggendo libri sentendo "esperti" parlare, sembra esserci discordanza sul ruolo che questa tecnica avrebbe riguardo l'assorbimento di acqua nell'impasto (si parla di impasti con farine di grano tenero). Chi dice che lo migliora, chi che lo peggiora, chi addirittura afferma che inizialmente lo peggiora per poi migliorarlo. Per cui la domanda, semplice ma che so non avrà una risposta semplice, è: in che misura l'autolisi influisce sull'assorbimento di acqua in un impasto? Grazie dell'attenzione, le auguro buona giornata e buon lavoro!
Buongiorno a lei. Grazie per l'apprezzamento riguardo al nostro servizio di consulenza online e alla stima nei miei confronti. Come ho sempre sostenuto la tecnica dell'autolisi a freddo (penso si riferisca a quella e non a quella a caldo!) è una metodica che raramente andrebbe adottata se non nei casi estremi di squilibri importanti di P/L (>1.5) da non confondere con il valore W. Dal mio personale punto di vista, è una moda che si è diffusa tra alcuni pizzaioli che la adottano a prescindere ed indistintamente con tutte le farine, arrivando anche a riposi della massa oltre le 12 ore. Come le dicevo è da adottare o nei casi di squilibri importanti oppure quando nell'impasto vi sono parti cruscali che hanno la necessità di essere "idratate" per migliorare la lavorabilità successiva, migliorare l'assorbimento di acqua e comunque con un riposo di massimo 15 -20 minuti a temperatura ambiente. Se le farine sono farine e non "cemento" (scusi l'infausto paragone ma è solo per spiegare un concetto!) e presentano valori 220<W<380 ; 0.4<P/L<0.60 e non sfarinati con W>500 e P/L>2.5, non ha alcun senso effettuare tale metodica di lavoro. In ogni caso, non consiglio quasi mai di procedere con un'autolisi lunga (maggiore delle 8 ore) proprio perché si potrebbe incorrere in sfibramenti irreparabili della struttura glutinica per effetto delle proteasi che agiscono sui legami peptidici. La tecnica, di per sé, prevede anche un riposo a t.a. maggiore di 10 ore, ma non è detto che si debba per forza adottare e consigliare a prescindere sui forum. Inoltre, in questo caso specifico, implica l'aggiunta di sale e l'utilizzo solo di una minima percentuale della massa autolitica e non tutta. Non ha senso ordinare una farina "estrema", additivata di glutine secco, squilibrata, se poi per lavorarla devo adottare tecniche altrettanto estreme e di difficile gestione. Nel ringraziarla nuovamente per la preferenza accordatami, le invio i miei più cordiali saluti. A disposizione
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Acqua fermentate
Buon giorno dottoressa,
vedo che la tecnica delle acque fermentate (yeast water) è oramai sempre più diffusa e insegnata.
In passato mi era parso di capire che, comunque, questa tecnica non era ammessa dalla normativa vigente e che poteva comportare notevoli rischi. E' ancora così o l'affinamento della tecnica ha reso la stessa una pratica sicura, replicabile ed efficace? Come sempre grazie e ne approfitto per augurare a lei e a tutto il suo staff un buon anno nuovo.
Buongiorno a lei. Le leggi ci sono e non sono assolutamente invariate anzi sono state ribadite nel Convegno: Arte Bianca: fake, disinformazione e reati dai rappresentanti degli Enti preposti ai controlli. Ha presente il colloquio tra Padre Cristoforo e Don Rodrigo? Grazie e buona giornata a lei
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Ringraziamenti.
Buongiorno dottoressa! Le sono infinitamente grata per il suo aiuto! Non può immaginare quanto la sua risposta mi abbia reso felice! Ne approfitto per dirle che anche il panettone che ho realizzato seguendo le sue indicazioni è risultato soddisfacente fin dalla prima volta! Ricordavo che lei aveva consigliato ad un altro utente di idratare la biga al 55%, ma quella ricetta prevedeva l'utilizzo di lievito madre e nel dubbio non l'ho fatto, anche se la biga era "strana". Leggo tutto quello che lei scrive qui sul magazine, ma non sempre capisco! La scelta di aggiungere miele all'impasto caldo è invece scaturita da quanto letto in un mio testo. Il testo suggeriva in realtà di usare del malto non diastasico, ma non avendolo l'ho sostituito con un altro zucchero. Riproverò sicuramente e le farò sapere!
Buongiorno. Grazie a lei per essersi rivolta al nostro servizio e per aver avuto fiducia nelle mie consigli, inoltre siamo tutti noi della testata giornalistica che la dobbiamo ringraziare per essere una nostra affezionata lettrice. La "biga" con il 55% si fa solo in casi estremi come appunto quando si deve impastare 100% segale, segale integrale, ecc., perché invece nel caso standard si deve lavorare con il 45% di acqua sulla farina. Quel testo lo conosco molto bene e il motivo per cui consiglia di usare malto non diastasico è dettato dal fatto che la tecnica "a caldo" è adottata di preferenza nella segale per disattivare tutte le amilasi e il malto aggiunto successivamente non le deve contenere. Comunque non lo aggiunga mai subito all'inizio quando l'acqua è a 100°C. Nel ringraziarla nuovamente per la stima e la fiducia, le invio i miei più cordiali saluti. A disposizione e mi tenga informata
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Dose lievito
Buongiorno dottoressa. C'è un calcolo per ottenere la dose di lievito compresso corretta in base alle tempistiche di gestione, temperatura, w della farina, riposo in massa o appretto? Grazie mille per la sua cortesia e gentilezza
Buongiorno a lei. Non è un "calcolo" perché siamo nel campo della microbiologia e non della matematica, ma delle importantissime linee guida (chiamiamole così!) ci sono e sono i caposaldi della scienza dell'arte bianca; scienza, oggetto di corsi di laurea e riportata in moltissimi libri universitari e non sull'argomento. Anche su questa testata, nella sezione Tecnologia Lezione di arte bianca può trovare interessanti articoli che rispondono esaurientemente al suo quesito. Grazie a lei per essersi rivolto al nostro servizio e buona giornata.
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Pane amaro (50% segale integrale).
Buongiorno dott. ssa. Oggi ho realizzato per la prima volta un pane con farina di segale integrale. Consapevole delle difficoltà, ho utilizzato solo il 50% di farina di segale, e ho quindi addizionato il 30% di farina Manitoba e il 20% di farina tipo 2. Sono riuscita facilmente a gestire l'impasto e, dopo una puntata di circa 30 minuti, ho formato a filone. Il filone ha lievitato per poco più di un'ora e si è sviluppato bene in cottura, con l'apertura dei tagli da me praticati. La crosta è risultata croccante e senza altre spaccature, ma la mollica è rimasta un po' umida, nonostante abbia cotto fino ad una temperatura interna di 100 gradi. Il gusto sarebbe buono, se non fosse per un forte retro gusto amaro di cui spero possa aiutarmi a comprendere la causa, anche se dovrò purtroppo descrivere nei dettagli il procedimento seguito. Non avendo lievito madre, né di segale né di frumento, ho preparato una biga con l'80% della farina di segale e con tutta la farina Manitoba, e l'ho immediatamente posta a maturare a 4 gradi. Dopo 26 ore l'ho portata a t. a. (18 gradi) e ho preparato contemporaneamente una seconda Biga con la farina 2. Dopo 12 ore a t. a. , quest'ultima Biga era già matura, forse anche troppo, ma quella di segale no, così ho messo la Biga di farina tipo 2 in frigo a 4 gradi. Allo stesso tempo ho preparato un impasto caldo col restante 20% di farina di segale (ho aggiunto il doppio del peso di acqua a 100 gradi e il 2% di miele). Dopo 5 ore, la Biga di segale mi è sembrata pronta e ho impastato tutti gli impasti, aggiungendo l'1 per cento di lievito e il 2 per cento di sale, senza aumentare l'idratazione, pari al 60%. È corretto o necessario seguire questo procedimento, ovvero una Biga di quasi 40 ore e un impasto caldo nelle proporzioni e con i tempi indicati? Grazie per l'attenzione. Metterò il pane in freezer in attesa del suo responso!
Buongiorno a lei. L'umidità della mollica è normale avendo il 50% di farina di segale anzi direi che è la sua caratteristica ; quello che non è normale è l'amaro. La segale di suo ha note molto particolari che richiamano la paglia bagnata e una leggera ma poco persistente nota amara. Da quello che posso capire il problema, a mio parare, potrebbe essere una biga di segale troppo lunga (26 +12+5) e forse, dico forse, l'aggiunta di miele in un impasto caldo in cui non avrebbe dovuto esserci. Nessun problema per la tecnica dell'autolisi a caldo e della biga lunga o dell'impasto lungo per la segale (cosi si dovrebbe lavorare la segale) ma, da quello che posso leggere e/o comprendere, mi sembra un pochino troppo lungo tutto il suo procedimento. Faccia una biga di segale con il 55% di acqua e 1% di lievito fresco per max 24 ore a 18°C, proceda pure con un impasto caldo senza miele e poi unisca insieme aggiungendo ancora il 1,0 - 1,5% di lievito fresco sulla farina, sale e altri ingredienti previsti dalla ricetta. Riposo in massa circa 8 - 10 ore, staglio, formatura e fermentazione finale. Cottura con vapore abbondante. Grazie a lei e mi faccia sapere. Buona giornata
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Malto Diastatico quando e perchè?
Buongiorno Dott.ssa Lauri e Buon 2019 a Lei e tutta la Direzione. Su alcune ricette di grandi lievitati, tra gli ingredienti ho letto l'utilizzo di Malto Diastatico. In rete si trovano Malti con U.P. (Unità Pollack) diverse. Quali miglioramenti porta l'utilizzo del Malto Diastatico in un grande lievitato o in un impasto Pane/Pizza ? Le U.P. cosa identificano in un Malto Diastatico? Grazie infinite per la Sua disponibilità e professionalità.
Buongiorno a lei. In commercio ci sono malti la cui differenza si base sia sulle UP sia sulla formulazione. Per quanto riguarda le farine di cereali maltati e gli estratti di malto l'impiego è consentito da DPR 502/98 e le caratteristiche sono quelle riportate nel Decreto 172/98. In linea di massima quando si parla di malto si intende il malto d'orzo ma può anche provenire da qualsiasi altro cereale: riso, frumento ecc. e chiaramente varia il potere diastasico.
L'unità di misura del potere diastasico di un malto sono le Unità Pollack, che indicano il potere saccarificante cioè la quantità in grammi di maltosio prodotta da 1000 g di farina o estratto di malto in trenta minuti e a 40°C. Per esempio uno sciroppo concentrato di malto (malto in pasta) con 24000 UP vuol dire che 10 mg di quel malto ha un elevatissimo potere diastasico e producono 24000 mg di maltosio, maltotriosi, ecc. Indirettamente ciò indica il potere di trasformazione degli amidi in zuccheri da parte di alfa e beta amilasi, appunto il potere diastasico. Più sono basse le UP minore sarà la quantità di sostanze zuccherine prodotte dalle diastasi (amilasi). Da questo si può desumere la quantità da usare negli impasti; mediamente compresa tra 0.5 - 1.0% sulla farina.
La scelta di usare un malto piuttosto che un altro è funzione quindi sia dell'Indice di Hagberg naturale della farina usata, sia degli ingredienti presenti (zucchero ecc.) sia della tipologia di prodotto che si desidera ottenere. Il malto non diastasico è generalmente usato quando si lavora la farina di segale proprio perchè, di sua natura, la farina di segale ha una elevata azione diastasica. Gli effetti dell'utilizzo del malto in arte bianca si riassumono in: incremento colorazione della crosta, diminuzione tempi di cottura, incremento attività metabolica dei microrganismi presenti, diminuzione della secchezza del prodotto, incremento profumo e sapore, sviluppo migliore della struttura della mollica, incremento attività enzimatica e apporto di zuccheri. Chiaramente è quasi sempre consigliato per lavorazioni indirette molto lunghe e gli effetti sul prodotto dipendono appunto dal valore delle UP. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito e ringraziandola per la cortesia, le invio i miei più cordiali saluti.
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Alternanza di lieviti madre
Buongiorno Dottoressa Simona. Ho ancora un'esperienza ridotta in lievito naturale che uso in un piccolo laboratorio per i lievitati di ricorrenza. Con il tempo ho cercato di affinare l'uso e chiarirmi i concetti. Un dubbio che al momento mi rimane riguarda la produzione di grandi lievitati intensiva nei periodi di festa e l'utilizzo, che spesso leggo, di lievito madre che andrebbe sdoppiato per averne uno a riposo (in frigo??) e uno al lavoro, alternando i due settimanalmente. Cioè non mi è chiaro il motivo per cui farlo e anche il motivo per cui se ho un lievito che usato e rinfrescato più volte al giorno prende forza perchè fermarlo e usarne un'altro?
Buongiorno a lei. Non so in quale contesto è stato detto/scritto il fatto di sdoppiare la madre in fase di produzione e di usarla in modo alternato; non entro in merito. Personalmente in tutti i miei corsi dico che dopo aver rinfrescato la madre, una parte la conservo per avere la coltura il giorno dopo o quando mi serve e una parte la utilizzo cioè, con quella parte che ho deciso di usare, avvio i rinfreschi (2 o 3) prima dell'utilizzo nei lievitati/pane. La parte che utilizzo la uso tutta e non faccio avanzo. Questo è il motivo per cui devo averne una parte in mantenimento, ma comunque mai "dormiente" e sempre pronta. E' chiaro che la temperatura di conservazione della madre è funzione della stagione, del fatto che sia solida, liquida o in acqua. Può capitare che nella stessa mattina si operi: il rinfresco di mantenimento della madre, uno dei rinfreschi della parte che va in produzione di cui magari una per i lievitati, una per il pane ecc.. Non so se ho ben compreso il problema e/o se sono riuscita a spiegarmi bene; in questo caso mi scuso e le chiedo cortesemente di esporre nuovamente i suoi dubbi. Grazie a lei e buona giornata
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Normativa pane fresco
Buona sera Dott. Lauri. Per la normativa del pane fresco siamo d'accordissimo.
Ma vorrei porle un quesito in merito a cosa dicono le normative in vigore, per quello che riguarda l'abbattimento di briosche (magari prodotte ogni 7-10 giorni) e stessa cosa per i dolci da forno abbattuti e poi cotti all'occorrenza. Possono essere venduti come "freschi" o bensì dovranno specificare che il prodotto arriva da una produzione "congelata" /"surgelata? A cosa si và incontro? Grazie a lei!
Buongiorno a lei. Fermo restando il DM131/18 valevole per il pane, per tutti gli altri prodotti valgono tutte le norme attualmente in vigore sia nazionali sia europee. Valevano anche per il pane ancora prima del DM131/18. In ogni caso se lei "abbatte" vuol dire che "surgela" e la disciplina di riferimento nazionale per i prodotti surgelati è il DL n. 110/1992, attuazione della Direttiva 89/108/CEE e la produzione previa autorizzazione dell'autorità competente ai sensi art.2 Legge 283/62 (art.6). Inoltre. l'allegato VI del Reg UE 1169/11, con riferimento alla denominazione dell’alimento e indicazioni specifiche OBBLIGATORIE che lo accompagnano, ricorda che “comporta un’indicazione relativa allo stato fisico in cui si trova il prodotto alimentare o al trattamento specifico da esso subìto (ad esempio: in polvere, concentrato, liofilizzato, surgelato, affumicato) se l’omissione di tale indicazione può creare confusione nell’acquirente” (All. VI, parte A del Reg. UE 1169/2011). La violazione o la NON citazione dello stato fisico (surgelato, precotto, congelato) comporta un sia un regime sanzionatorio (art.19 DL231/17) nel caso in cui il prodotto surgelato sia venduto senza chiara indicazione in etichetta sia l'APPLICAZIONE immediata dell'art. 515 del C.P. se, oltre alla mancata indicazione in etichetta, questo SIA SPACCIATO e VENDUTO per FRESCO. Un saluto cordiale e grazie per essersi rivolto al nostro servizio.
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Ordine inserimento ingredienti per ricetta panettone
Buon giorno Dott.ssa Lauri vorrei porle un nuovo quesito in merito alla realizzazione del panettone in casa. Se per assurdo mantenessimo tutto costante, ricetta inclusa e cambiassimo solo l'ordine di inserimento nell'impasto del panettone otterremo "strutture" diverse? Intendo alveolatura e consistenza della mollica. Penso che l'elemento chiave, a parte la madre, sia l'impastatrice e come viene condotto l'impasto. Sono in errore? La ringrazio per le sue preziosissime risposte.
Buongiorno a lei. E' importante l'ordine degli ingredienti soprattutto come sequenza tuorli prima e burro poi, ma soprattutto frutta secca e/o candita, gocce di cioccolato ecc., sempre alla fine. Se nel primo impasto per comodità e/o tipologia di impastatrice si trova meglio a mettere prima la farina, poi la madre, il malto, l'acqua con lo zucchero, i tuorli e poi il burro non succede nulla di grave. In ogni caso la struttura finale del prodotto finito è influenzata dal tipo di impastatrice, dalla quantità di ossigeno incorporato, dal danno (trazione o compressione verso il basso) che esercitano gli organi in movimento, dall'attrito e dal riscaldamento meccanico oltre che dalla "spinta" del forno. A parità di ricettazione, di farina, di introduzione di ingredienti, la struttura interna può subire notevoli cambiamenti se utilizza una spirale piuttosto che una bracci tuffanti. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
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Poolish e amilolisi con W diversi
Gentile dott.ssa Lauri desidero fare i miei complimenti a lei e alla redazione per l'ottimo servizio di divulgazione nel settore dell'arte bianca.
Ho due quesiti da porle.
Il primo riguarda quando usare il/la poolish. Perchè lo/la si utilizza proprio nel momento in cui si riscontra un collasso strutturale? Qual è il livello di reattività dei lieviti visto che, presumo, hanno esaurito tutte le fonti di nutrimento?
L'altro riguarda il concetto di maturazione riferito a due farine con diverso W. Oltre che alla quantità/qualità delle proteine, cambia anche la percentuale dei granuli di amido rotti? Le pongo questo quesito per capire l'effetto dell'amilolisi in due impasti, con W diverso, al crescere dei tempi di maturazione. Grazie. Un cordiale saluto.
Buongiorno a lei. Grazie per essere un nostro affezionato lettore e per i complimenti l'apprezzamento che estendo a tutta la redazione per un grande lavoro di squadra che accomuna molti professionisti collaboratori. Tornando ai suoi quesiti, mi scuso se le risponderò per elenco puntato ma gli argomenti sono molti ampi e la risposta non è cosi immediata.
1. Il metodo Poolish si utilizza per impasti che presentano una percentuale di acqua sulla farina >65 - 70% in quanto impartisce friabilità di crosta e leggerezza a questa tipologia di prodotti. Chiaramente l'impasto necessita sia di aggiunta di lievito fresco (% variabile in base al fatto che l'impasto diventi pane o pizza in pala/teglia) sia di riposi in massa molto più lunghi rispetto alla biga. Si usa all'inizio del collasso centrale in quanto dopo sarebbe inutilizzabile per la struttura completamente denaturata dall'azione delle proteasi. E' prima di tutto un problema di integrità di struttura glutinica e poi di microbiologia e comunque il lievito non esaurisce assolutamente le fonti di nutrimento nel periodo di stoccaggio/maturazione corretto dell'impasto poolish nè tanto meno diminuisce la sua reattività. Da un punto di vista microbiologico il S. cerevisiae necessita di circa 2 ore per adattarsi alla nuova condizione e prima di ottimizzare il metabolismo in un semplice impasto di farina e acqua. Le sostanze nutritive le potrebbe esaurire solo se l'impasto fosse dimenticato per giorni ma a questo punto interverrebbero altre cause tale da portare alla morte la coltura (temperatura, accumulo metaboliti secondari, accumulo sostanze di rifiuto, sviluppo di una microflora estranea, ecc.).
2. La percentuale di amido rotto dal processo della macinazione a cilindri è 9 - 11% (dipende dalla cultivar, dalla distanza dei cilindri in fase di macinazione, ecc) sulla totalità dell'amido presente nella cariosside e non ha nulla a che vedere con la quantità e qualità di proteine presenti. Con la macinazione a pietra si aumenta la percentuale dei granuli rotti. Deve tener conto anche di un altro fattore basilare che riguarda la presenza e l'azione delle amilasi nella farina di partenza. L'azione di detti enzimi è funzione di tantissime variabili: condizioni climatiche, periodo di raccolta del frumento, temperatura e UR in fase di stoccaggio della cariosside, Temperatura, tempo e UR in fase di stoccaggio della farina ecc. e si determina con l'Indice di Hagberg. In ogni caso durante la fase denominata "maturazione" della massa non agiscono solo le amilasi sui granuli di amido rotti (amilolisi), ma tutti gli enzimi presenti nella farina e ingredienti usati. Spero di aver risposto esaurientemente ai suoi quesiti e le auguro una serena giornata. A disposizione
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Farine tecniche per panettone
Buon giorno Dott.sa Lauri vorrei porle un quesito che ultimamente mi sta facendo pensare molto. Esistone le farine tecniche per panettone oppure si tratta di puro marketing? Io credo non esistano...Quali caratteristiche deve aver una farina per grandi lievitati, inteso come W e P/L? Il tempo di stabilità della farina può essere un parametro determinante per la riuscita dell'impasto nel caso dei grandi lievitati? Eistono farine con glutine sviluppato appositamente per queste lavorazioni? Grazie per il servizio che svolge.
Buongiorno a lei. Stiamo parlando di farina di frumento tenero. Le "farine tecniche" per panettone, pane, pizza, cosi come le "farine solo per pane" o solo per "la linea pizzeria" NON esistono; è solo ed esclusivamente un marketing aziendale per vendere a prezzo maggiore facendo credere che pane, pizza, panettone, ciabatta, ecc., abbiamo bisogno di farine "speciali" che solo loro hanno. Mi spiego meglio; gli sfarinati non sono tutti uguali in termini di parametri reologici W,. R/E, P/L, Indice di Hagberg, Stabilità ecc. ed è solo questo che permette la loro classificazione quindi la decisione di destinarle a lavorazioni più o meno lunghe, indipendentemente che queste lavorazioni portino alla produzione di panettoni, pane, pizza. Si arriva al paradosso markettiano di puro business commerciale che per realizzare una pizza a 72 ore di maturazione in frigor si "consiglia" una farina con proprietà reologiche superiori a quella che si utilizza per un gran lievitato, parlando di assurdità tecniche improponibili come 500W o similari. La domanda che ci si deve porre sempre, per ottimizzare la scelta farina/prodotto, è una sola: Quale prodotto devo realizzare, in termini di tempo di stoccaggio, maturazione, ecc.? Quante ore ho a disposizione? Una farina che indicativamente presenta W>330 (oltre a tutti gli altri parametri appena elencati!) non sarà indicata per lavorazioni corte o per lo meno si può utilizzare anche per quelle ma occorre adottare tecniche di lavoro adeguate per far perdere "forza" (nel limite del possibile) per ottimizzare il suo utilizzo; a questo punto la scelta dovrà indiscutibilmente cadere su farine più deboli e più equlibrate. Contrariamente, una farina 200>W>220 e S<4 min non è indicata per lavorazioni lunghe. Si tenga presente che dette analisi devono essere fatte sul lotto in consegna e non un anno prima su campioni diversi inoltre, sono soggette a errori sia sistematici sia accidentali anche importanti. A livello di azienda molitoria è possibile miscelare cultivar differenti per correggere o per ottenere una certa standardizzazione (nei limiti del possibile!) di risultato e difficilmente, soprattutto su farine definite "di forza ed equlibrate", la farina proviene da una e una sola cultivar. E' innegabile e legale, l'aggiunta, all'occorrenza, anche di glutine secco soprattutto per la richiesta da parte di qualche OSA di farine con valori assurdi (maggiori di 400) di W. Il tempo di stabilità S di uno sfarinato si legge su un farinogramma e indica, il tempo in minuti in cui il grafico resta sopra la linea delle 500UB prima dell'inizio dello "sfibramento"che, in termini molto generici, rappresenta la "capacità" di una farina a resistere a stress meccanici maggiori. Il glutine, come sequenza aminoacidica insita nelle strutture proteiche gliadine e glutenine, non si può creare/sviluppare appositamente, come la casetta di mattoncini Lego, ma dipende dalla cultivar, dal tipo di concimazione, fitofarmaci usati, ecc. Le leggi europee consentono l'additivazione delle farine (tali additivi devono essere però dichiarati in etichetta) cosi come consentono l'aggiunta di enzimi che possono non essere dichiarati in etichetta. Grazie a lei e buona giornata
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Panettoni con il buco
Auguri dottoressa, alcuni clienti mi hanno detto che il panettone acquistato aveva un buco al centro. Per la verità è la prima volta che accade ed in effetti ne ho aperti alcuni e presentano una cavità al centro. Da cosa dipende? Grazie e le auguro un buon Natale.
Buongiorno a lei. Mi scusi ma rispondere a questo quesito è un pochino difficile perché dovrei vedere la forma degli alveoli vicini alla cavità. Generalmente questo può succedere quando c'è una forte contaminazione da S. cerevisiae e una fermentazione spinta in fascia (temperatura troppo alta!). Queste però potrebbero non essere le uniche cause. Mi faccia cortesemente sapere. Grazie a lei e buona giornata
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Zuccheri per il bagno della madre
Buongiorno Dott.ssa, nell'acqua del bagno per lievito madre, alcuni professionisti aggiungono dello zucchero, altri del fruttosio. Mi può dire per cortesia quale preferire e perché? Grazie.
Buongiorno a lei. La madre, per buona pace di chi è convinto del contrario, è una coltura autoctona nella quale si trovano microrganismi differenti non solo per classificazione microbica (procarioti batteri, eucarioti lieviti) ma per genere e specie . Non avendo uno screening microbiologico specifico per la madre alla quale lei fa riferimento, le posso dire che tutte le specie sono in competizione nutrizionale e la competizione di prevalenza è per le matrici zuccherine. Questo vale sia per i LAB omo, eterofermentanti obbligati, eterofermentanti facoltativi sia per i lieviti. Nella fattispecie, il S. cerevisiae presente utilizza indistintamente quattro carboidrati: saccarosio (glucosio+fruttosio) glucosio, fruttosio e maltosio (glucosio+glucosio) il gen. Candida predilige il fruttosio e cosi discorrendo. Il S. cerevisiae possiede molti enzimi posti sulla membrana esterna il cui compito è quello di scindere i disaccaridi (saccarosio, maltosio ecc.) nelle due unità monosaccaride e di facilitare il passaggio dei soli monosaccaridi attraverso dei carrier specifici di membrana. Diciamo che se si dovesse fare una classificazione esemplificativa, ma molto teorica, si potrebbe dire che di preferenza il S. cerevisiae (non c'è solo lui!) utilizza nell'immediatezza il glucosio al quale fa seguito il maltosio, il saccarosio ecc. Come le dicevo è solo teoria pura, perché il complesso e l'attività enzimatica dei microrganismi presenti permettono di metabolizzare indistintamente e con estrema velocità tutti gli zuccheri che le ho citato sia da parte dei Lab sia dei lieviti. Per deduzione, le posso dire che il fruttosio, essendo un monosaccaride, ha una velocità di transito all'interno della cellula maggiore rispetto ai saccarosio che deve prima essere scisso dall'invertasi. Questa è solo teoria perché poi la pratica può portare a leggere differenze in base alle iterazioni microbiche e alla velocità dell'attività enzimatica specifica . Dal mio personalissimo punto di vista sono indifferenti. Il saccarosio è più commerciale. Grazie a lei. Un saluto cordiale.
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Starter lievito madre
Sfrutto ancora una volta questo utilissimo servizio che ci mette a disposizione per un nuovo consiglio. Io durante l'anno non uso il lievito madre, ma lo creo ex novo all'occorrenza per la produzione di panettoni e colombe. Ho notato che non ha senso mantenere in vita un lievito 12 mesi per usarlo 20 giorni all'anno e ho notato che metterlo in stazionamento (congelamento polverizzazione o rinfreschi lunghi) alla fine mi richiede lo stesso tempo per riportarlo in forma che a farne uno nuovo. Prima di passare alla domanda vorrei se possibile il suo punto di vista su quanto appena espresso. Ma veniamo alla domanda, esiste uno starter da preferire ad altri per la nascita di un lievito da usare per i grandi lievitati? Grazie della disponibilità.
Buongiorno a lei. E' una questione di utilizzo e di produzione. Capisco e ben comprendo il fatto che a livello non professionale sia un pochino complesso e crei non poche difficoltà. Il vantaggio di mantenerlo in vita oppure di congelarlo polverizzato fa si che la cultura creata, mi riferisco ai rapporti molto stretti tra S. cerevisiae e L.sanfraciscensis, S. exiguus e L.plantarum si mantengano e con essi tutte le iterazioni del microbiota e non si debba ricreare una coltura ex novo tutte le volte con le difficoltà e l'incertezza non solo riferita alla "forza" della coltura. Ci vuole circa una settimana per rivitalizzare una madre liofilizzata e conservata nel congelatore ma, dal mio personalissimo punto di vista, ne vale sempre la pena. Non esiste uno starter da preferire, l'unica accortezza (sempre valida ma soprattutto all'inizio!) nel mese necessario per il raggiungimento della "forza" adeguata, è quella di non usare teli candeggiati, non fare il bagno e non usare acqua di rete con cloro. Si può aggiungere, a piacere e una sola volta, anche un tuorlo. Grazie a lei per la stima e per essersi rivolto al nostro servizio. Buona giornata
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Grandi lievitati con biga (un chiarimento)
Grazie dott. ssa per la sua risposta che non mi aspettavo di ricevere così velocemente! Purtroppo, a causa della mia totale inesperienza, avrei bisogno di un ulteriore chiarimento. Lei suggerisce di preparare la biga utilizzando lo 0,5% di lievito, invece del consueto 1%, o invece di aggiungere alla biga, preparata con l'1% di lievito, un ulteriore 0,5% di lievito al momento del primo impasto? Inoltre suggerendo di procedere "come al solito", intende dire che il primo impasto andrà preparato aggiungendo a questa biga, una volta matura, gli ingredienti previsti dal "primo impasto" della ricetta (sottraendo ovviamente da questi l'acqua e la farina utilizzati nella biga)? Ancora grazie.
Buongiorno a lei. NO la biga sempre con 1,0% di ldb fresco sulla farina e acqua 45% sempre sulla farina. Esattamente ..."come al solito" intendo che agli ingredienti previsti dalla ricetta del primo impasto devo sottrarre la farina e l'acqua già usati nella biga. Non c'è una regola fissa per l'aggiunta di ldb fresco; può aggiungere 0,5% nel primo impasto e ancora 0.5% nel secondo oppure tutto 1% nel secondo impasto, a sua scelta e discrezione. Cosi come, a sua scelta e discrezione, può aumentare/diminuire sia la quantità di biga sia di ldb fresco. Chiaramente stiamo parlando di lavorazioni casalinghe e NON professionali, perché questo tipo di lavorazione, se la denominazione di vendita è "Panettone" non è ammessa a livello professionale in quanto tale denominazione legale è normata dal Decreto 2005 e successivo aggiornamento! Grazie a lei e buona giornata.
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Grandi lievitati senza lievito madre: perché no?
Buongiorno dott. ssa, scrivo per ringraziarla per questo servizio e per chiedere il suo autorevole parere su una questione che spero possa essere interessante anche per altri utenti, non professionisti come me. Come di certo saprà, in rete si trovano molte ricette di "pasta dolce lievitata", sia con pasta madre che con lievito di birra, che vengono cotte in stampi da pandoro o panettone e definite tali, ma cos'è che caratterizza in realtà questi dolci, a parte l'altezza? Cosa aspettarsi se si realizza, ovviamente per un uso strettamente familiare, un pandoro o un panettone con solo lievito compresso? In quest'ultimo caso si potrebbe sostituire il lievito madre con lo stesso quantitativo di biga, e aggiungere nell'ultimo impasto circa l'1 % di lievito compresso sul totale della farina? Spero che il mio quesito non l'abbia fatta sobbalzare sulla sedia, ma ho abbandonato da tempo il mio lievito madre, non riuscendo a seguirlo secondo i suoi insegnamenti, e non vorrei cimentarmi in una ricetta con lievito di birra prima di averla consultata. Avrei anche un ulteriore quesito relativo ai lievitati dolci in generale: in alcune ricette infatti si utilizzano tuorli e acqua, in altri uova intere e in altre ancora tuorli e latte, e mi piacerebbe sapere quali differenze si ottengono nell'impasto utilizzando liquidi diversi come acqua, albumi o latte. Grazie per l'attenzione e con la speranza possa rispondermi, visto il periodo in cui la immagino indaffaratissima col suo lavoro, le auguro buone feste!
Buongiorno a lei. Eccomi, nessun problema; magari in ritardo ma ci sono! A livello casalingo può realizzare e fare tutto ciò che desidera anzi lavorare con la biga e il ldb fresco è consigliabile nel caso in cui non si abbia manualità, tempo, voglia per gestire una madre. Personalmente ritengo che siano degli ottimi sistemi che diano risultati anche molto soddisfacenti soprattutto per le limitatissime produzioni casalinghe e per la shelf life molto ridotta del prodotto. La bellezza, la soddisfazione e il piacere non sono solo quelli di realizzare il dolce, ma di mangiarlo immediatamente con gli amici, parenti e familiari per cui, il prodotto è come si dice "cotto e mangiato". A livello di professionisti artigiani questo non è possibile proprio perché le esigenze di mercato implicano che il prodotto abbia una shelf life minimo di 1 mese e il ldb o una biga non garantirebbe, in assenza di additivi volontari compreso l' alcool etilico sprayzzato nel sacchetto come solvente di aroma, ecc., una shelf life cosi lunga. Tenga presente che, a livello industriale, i panettoni hanno anche una shelf life di 4 mesi e più. Tornando al suo quesito, SI', può sostituire il lievito madre con la biga (min 60% - 70% sulla farina) e 0,5% di ldb fresco e procedere con la lavorazione come di consueto (a parità di temperatura i tempi tra 1 e 2 impasto potrebbero essere inferiori!). Può decidere a suo piacere di usare tuorli+acqua oppure uova intere (albume+tuorli) con un maggior potere legante oppure latte (incrementa il colore e da più "morbidezza" alla struttura. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolta al nostro servizio, le auguro una serena giornata.
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Produzione farina integrale a pietra
Buongiorno Dott.ssa, volevo chiedere un approfondimento di una frase del suo libro in merito alle farine integrali. A pg 54 del libro "Pane e pizza due mondi un'unica passione" lei dice che la normativa non permete la macinazione diretta del chicco intero, ma si può solo riaggiungere crusca alla farina bianca. Io ho potuto visitare diversi molini a pietra che macinano il chicco intero e solo dopo un passaggio di vagliatura veniva insaccettata farina integrale. Può approfondire la questione? Grazie e complimenti.
Buongiorno a lei. La denominazione corretta e legale di vendita "Farina integrale di grano tenero" è normata dalla DPR 187/01 e pertanto che, sia macinata a pietra o a cilindri, non cambia assolutamente nulla; deve rispettare tale normativa. C'è poco da spiegare! Grazie a lei e buona giornata
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Prolungare la shelf-life
Buongiorno Dott.sa Lauri, sono un appassionato di grandi lievitati e ho un quesito da porgere. Panifico utilizzando il lievito madre alternando tra mantenimento in acqua e legature all'interno di un panno e, specialmente in questo periodo, mi sto dedicando alla produzione dei panettoni. Con grande soddisfazione il numero delle richieste aumenta di anno in anno anche se ciò fa emergere una problematica: per soddisfare tutte le richieste ho la necessità di preparare i lievitati alcune settimane prima delle serate natalizie mettendo a rischio la "freschezza" e "l'umidità" dei lievitati. Infatti, se il prodotto viene normalmente consumato entro le due settimane dalla produzione, il prodotto appare ancora umido e molto profumato, ma se supero questo limite, mi ritrovo un prodotto secco e non presentabile. Come posso fare per prolungare questa shelf-life e portarla ad almeno 4 settimane (se naturalmente possibile). Grazie e buon lavoro.
Buongiorno a lei. E' molto difficile risponde per email al suo quesito perché non so nulla ne della ricettazione ne della metodica da lei utilizzata, intesa come tempi/temperatura di lavoro. La secchezza del prodotto può dipendere da tantissimi fattori in primis la ricettazione e in secundis la modalità di lavorazione/cottura (impastatrice usata, forno, tiraggi, temperatura a cuore, ecc.),la forza della madre, ecc. Mi scuso quindi se non riesco a esserle di maggior aiuto, ma mi creda è impossibile. La ringrazio per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online e resto a disposizione. Buona giornata
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Licoli di segale II
Buona sera Dott.ssa. Grazie per la risposta in riferimento al quesito "Licoli di segale". Si esatto, vorrei sapere in che percentuale utilizzarlo. Avevo intenzione di utilizzare la madre sia per la produzione di pizza e pane con altre farine (tipo 2, farro, grani antichi misti), sia per la produzione di un pane di segale integrale. In entrambi casi volevo comunque impastare, fare una maturazione in frigo, con successiva lievitazione a TA e cottura. Il processo è corretto? Grazie per mettere a disposizione la sua competenza e professionalità.
Buongiorno a lei. Personalmente non aggiungerei una madre di segale ad impasti realizzati con farine di altri cereali soprattutto se queste provengono da varietà definite "antiche". Quelle farine le lavori con bighe ma non con licoli (soprattutto se di segale) perchè l'attività proteasica dei lattici abbinata a quella delle amilasi naturalmente presente nella segale farebbero collassare in poco tempo la struttura già di per se "debole". Utilizzi il licoli di segale per la sola produzione di pane di segale, segale integrale. Si è corretto. Dipende dalla t.a. ma in questo periodo può anche non introdurlo in frigor; più si abbassa il valore di pH meglio è. Si ricordi di non usare malto diastasico ma quello NON diastasico per la segale. Grazie a lei e buona giornata.
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Farina Forte W320
Gentile Dott.ssa, volevo chiedere se una farina forte W320 può essere usata per un impasto di pane diretto . Se no, quanto tempo deve riposare prima di essere lavorato? Grazie per il servizio di assistenza.
Buongiorno a lei. Tutto si può fare! Una farina con questo valore di W (non basta solo questo per identificare una farina!), nel breve tempo del diretto corto (penso si riferisca a questo!) può non avere il tempo di garantire l'optimum o "svilupparsi" al meglio, se non si adottano accorgimenti in fase di lavorazione. E' ottimale per bighe di 24 - 48 ore per cui, minimo, richiede una lavorazione indiretta di 24 ore già in biga. A questo punto il rinfresco, o seconda fase della lavorazione, può essere fatto con una farina con W inferiori se va in cottura dopo circa 3 o 4 ore. Se invece opera per un ulteriore stoccaggio in fermalievita può rinfrescare con la stessa farina con la quale ha fatto la biga. Grazie a lei e buona giornata.
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Licoli di segale
Buongiorno Dott.ssa, sono una appassionata di lievitati e sto piano piano muovendo i primi passi in questo meraviglioso mondo. Ho creato una pasta madre di segale liquida da circa un mese. L’ho conservata in un barattolo di vetro con garza a TA (circa 20 gradi) e l'ho rinfrescato praticamente giornalmente, rimuovendo la parte superficiale e aggiungendo 50 gr di farina (sempre segale integrale) e 50 di acqua. La massa in un paio d’ore duplica il volume, poi il giorno dopo collassa leggermente. Ho letto che questa tipologia di lievito tuttavia necessità di temperature più elevate pertanto ho modificato l’ambiente mediante un propagatore di calore che la tiene a 26 gradi. Così anche la temperatura dell’acqua del rinfresco. Il mio dubbio riguarda l’acidità, il pH, prima del rinfresco è circa 3,8 (da phmetro) è corretto? All’olfatto è fruttata e pungente ma affatto sgradevole. Come mi regolo? Grazie anticipatamente.
Buongiorno a lei. E' un pHmetro o una cartina con indicatore? Potrebbe essere comunque corretto il valore di pH. Mi scusi non capisco cosa intende per ...Come mi regolo? Vuol sapere quanto usarne? Tenga presente che se lavora con tutta farina di segale non può andare in produzione e cottura lo stesso giorno ma deve acidificare tutta la massa che utilizza, non solo la madre, lasciarla riposare per alcune ore proprio perché deve cercare di ridurre al minimo e/o disattivare le alfa e beta amilasi in quanto la struttura contiene secaline e non gliadine. Grazie a lei e buona giornata
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Temperature Finali della massa a fine impastamento
Buongiorno Dottoressa Lauri. Per il pane con idratazioni oltre il 70% è consigliata una temperatura finale di 27-28 gradi e fin qui ci siamo. Per la pizza a piatto/napoletana ad alta idratazione (70-75% d'idratazione)? Vale questa regola o consiglia temperature di chiusura differenti a seconda se sia un diretto breve a temperatura ambiente, diretto lungo con maturazione in frigo, indiretto a temperatura ambiente, indiretto con lunga maturazione in frigo? Per la pizza in teglia/pala ad alta idratazione? Insomma, le regole sulla temperatura finale dell'impasto a fine impastamento per il pane sono chiarissime, ma per la pizza, ancora no. Grazie per il servizio gratuito che offrite come testata giornalistica e per il tempo che ci dedica.
Buongiorno a lei. Cortesemente non confondiamo le due tecniche e i due processi; sono cugini ma viaggiano su binari paralleli e pertanto, dopo l'impastamento, sono destinati a seguire vie diverse proprio perché differenti per: % di lievito fresco, temperature, forme, alveolatura, mollica, umidità, strutture, ecc. Mi preme però anche sottolineare che l'impasto napoletano STG NON prevede l'utilizzo di biga, maturazioni lunghe in frigor o qual si voglia modifica al disciplinare. Prima di tutto la considerazione da fare è sapere quale metodica utilizzare: diretta corta, diretta lunga e indiretta e pertanto scegliere una farina adeguata in termini di W,P/L, falling number, stabilità, ecc Non si può pensare di utilizzare una farina uguale per tutte le lavorazioni; 220<W<250 per diretto corto; 250<W<280 diretto lungo 320<W<350 per tutte le altre lavorazioni. E' sottinteso che alla metodica di produzione scelta non si devono aggiungere modifiche ulteriori in fase di lavoro come metodica di autolisi medio/lunga ecc. Mi spiego meglio se è indiretto con biga è indiretto con biga e non biga+autolisi+doppio impasto+madre,+,+. Dopo la scelta opportuna della farina, l'altro fattore è la temperatura dell'acqua, la percentuale di ldb fresco, la temperatura finale della massa. La temperatura a fine impastamento dell'impasto per pizza classica è mediamente 23 - 24°C, per quella in pala circa 25°C, per la pala con la madre circa 26 - 27°C (dalla quale poi partire per calcolare la temperatura dell'acqua da utilizzare) indistintamente dal metodo utilizzato perché il calcolo già include tutti questi fattori. Dopo impastamento, si procede con riposo in massa, staglio e stoccaggio. La scelta di optare per un maturazione a +4°C per 24 - 48 - 72 è ancora legata alla W, P/L, Falling number della farina, ecc. In conclusione, a mio modestissimo parere, le temperature a fine impasto degli impasti per pizza non variano in base alla metodica. Quelle che devono variare obbligatoriamente sono le proprietà reologiche della farina, mantenendo costanti tutti gli altri parametri come: percentuale di lievito, malto, sale e temperature di stoccaggio, temperatura di maturazione, riposo in massa, ecc. E' sottinteso che mi riferisco a situazioni di temperature di lavoro rigorosamente sotto controllo e non fluttuanti, ambientali, estive, variabili di ora in ora perché in questo caso, non potendo controllare la temperatura ambientale, devo abbassare il più possibile la temperatura della massa per non incorrere in sovramaturazione prima del tempo e/o in ritardi eccessivi. Spero di aver ben compreso il suo quesito e grazie per essersi rivolto al nostro servizio di assistenza online. Cordialità
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Problemi di lievitazione
Per i miei impasti uso di solito una farina tipo 1 bio (35 %) + una tipo 0 con un W 320 bio (65 %). Uso anche la biga al 30 % e aggiungo 150 g di lievito (su 40 kg di impasto). Da poco ho cambiato Molino e con la nuova farina sto avendo dei problemi : faccio girare l'impasto 16 minuti , lo faccio a mezzogiorno per usarlo poi la sera verso le 19. Quando vado a lavorare il pane per fare le forme nella seconda lievitazione, l'impasto non reagisce come dovrebbe . Oltre a questo si formano delle piccole bolle d'aria durante la cottura che rimangono sulla superficie del pane e che prima non si formavano. Per finire il pane, dopo la cottura, rimane basso. La farina non è vecchia , la scadenza è datata ottobre 2019. Spero di aver fornito tutte le info necessarie e ringrazio anticipatamente per ogni suggerimento utile. Grazie per il servizio di consulenza che offre.
Buongiorno a lei. Leggendo e rileggendo la sua email mi pare di comprendere che il suo impasto sia molto debole o per temperatura troppo bassa o per utilizzo di farina appena macinata o per percentuale troppo bassa di lievito (molto molto probabile nel suo caso. Se non ho sbagliato a fare i conti lavora con neanche 0,4% di lievito sulla farina e solo 30% di biga) Porti il lievito a 1%, la biga al 50% e lasci riposare in massa 15 - 20 minuti a 30°C subito dopo l'impastamento,, prima dello staglio e della prima formatura. Nella speranza di esserla stata di aiuto, le auguro una buona giornata.
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Quesiti vari sul Panettone
Buongiorno Dottoressa Lauri, la seguo da sempre e le scrivo per capire meglio alcuni passaggi durante alcune fasi nella produzione artigianale del Panettone.
A pagina 315 del suo libro “Pane e pizza: due mondi un’unica passione” nello schema di produzione del Panettone, finito il secondo impasto lo si fa riposare per un ora a 28/30 gradi.
1. Volevo capire cosa accade all’impasto in questa oretta di riposo e perchè 28/30 gradi?
2.Poi si procede alla porzionatura, arrotondatura ed un ulteriore oretta di riposo a temperature ambiente.
Cosa accade invece durante questo ulteriore riposo? Quando avevo frequentato il corso per imparare la gestione del lievito madre e la produzione di grandi lievitati ci è stato insegnato a porzionare, arrotondare ed pirlare in “rapida” successione senza riposi…
Sfogliando il suo libro, ho trovato questo schema e l’ho seguito avendo un miglior risultato nello sviluppo del prodotto finito.
3. Volevo inoltre porle un’altra domanda: come faccio a calcolare la giusta quantitá di lievito madre in rapporto a zucchero, tuorli e burro in modo che il primo impasto triplichi in quelle 12/15 ore?
4.Nella tabella a pagina 369 del suo libro, “Pane e Pizza: due mondi un’unica passione”, sono scritte un compendio delle differenze tra una madre tenuta in acqua ed una legata. La madre tenuta in acqua è indicata per pane e pizza mentre quella legata per grandi lievitati. Il motivo di questa scelta è dato dal fatto che una madre legata da un sapore più intenso ed aromatico?
5.Ho un’altra curiosità: da sempre mi occupo personalmente della canditura delle arance e limoni da inserire nei panettoni.
Non ho chiaro peró il concetto di “semi-canditura” che solitamente viene riferita ai frutti di bosco.
Significa semplicemente che termino il processo a metà via?
6.Avevo notato leggendo il suo blog, alcune settimane fa, che aveva dedicato un corso per la gestione/caratteristiche del lievito madre.Mi chiedo se sia possibile acquistarne le dispense.
7.Purtroppo mi è difficile partecipare a questi corsi ed il materiale tecnico dedicato al lievito madre è ben poco. Ci sono molti libri in circolazione, ma trattano l’argomento in maniera superficiale. Sono più ricettari che libri tecnici.
Dottoressa la ringrazio e le auguro una buona giornata.
Buongiorno a lei. La sua email è molto lunga oltre il fatto di essere suddivisa in più quesiti le cui risposte da sole riempirebbero post lunghissimi. Mi scuserà quindi se divido i suoi quesiti in punti per: primo facilitare la lettura da parte di tutti, secondo assicurarmi di rispondere a tutti e terzo cercare di essere più sintetica e chiara possibile rimandando le sue perplessità ad altri quesiti da inviare alla testata. 1.L'optimum del metabolismo dei lattici, a differenza dei lieviti, è oltre i 30°C. 2. Dopo la puntata e lo staglio, la prima formatura serve a dare ulteriore forza alla massa. Il riposo deve comunque sempre essere fatto a +30°C. E' necessario impartire forza comunque se l'impasto non ha aggiunta di ldb, ma è solo di madre. Il riposo serve a permettere una miglior successiva pirlatura e un miglior sviluppo. Sia prima che dopo la pirlatura la temperatura deve essere intorno ai 28 - 30°C. Temperature più basse impartiscono debolezza, rallentano il processo e acidificano eccessivamente la massa. 3 Il rapporto mediamente madre/farina totali nei panettoni è 1250g/5000 g. Non è una questione di rapporto (per lo meno non sempre!) ma di forza della madre, numero dei rinfreschi, temperature di riposo, ecc. Se non triplica esattamente va bene anche 2,5 volte o poco più. 4.NO, non è una tecnica specifica unicamente per i grandi lievitati. A sua scelta, lei può optare per una qualsiasi delle tre gestioni. In ogni caso sia che opti per una o per l'altra, sempre dai rinfreschi solidi deve partire per fare i panettoni, pandori ecc. 5. Per questo problema non sono in grado di aiutarla. 6.Sono mortificata, ma purtroppo il materiale didattico (dispense, slides ecc.) è riservato unicamente a chi frequenta i miei corsi Quite con percorso certificato Ella Cugola 7. Questo è il motivo dei corsi specifici monotematici teorici e pratici. Nello scusarmi nuovamente per la sinteticità delle risposte, sperando comunque di essere stata chiara lo stesso, e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online, le auguro una buona giornata.
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Temperatura dell'acqua
Dott.ssa buongiorno. Mi scusi cortesemente, come calcolo la temperatura dell'acqua da utilizzare in un impasto indiretto per pizza? Grazie. Saluti
Buongiorno a lei. Il calcolo da adottare è il seguente: Ipotizzando di ottenere un impasto che a fine impastamento ha 23°C devo moltiplicare X 3 questo fattore. Al valore ottenuto sottraggo la temperatura ambiente, la temperatura di riscaldamento dell'impastatrice e la temperatura della farina. Nel caso in cui si opti per una lavorazione indiretta, il calcolo è lo stesso ma occorrerà tener presente la quantità di biga, madre, pasta di riporto utilizzata. Se la massa dei pre - impasti è pari a quella della farina si dovrà utilizzare il valor medio tra le due temperature. Nel caso in cui la biga sia presente in quantità maggiore della farina si può optare di considerare solo la temperatura della biga. Grazie a lei e buona giornata.
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Olio EVO vs olio di semi
Salve, ho bisogno di comprendere il motivo del perché su quasi tutti i testi che parlano di impasto per pizza trovo scritto che per avere un impasto "friabile" si deve usare l'EVO invece più "croccante" l'olio di semi. Vorrei essere chiarita su questo punto e il motivo di questa differenza. Cosa succede dal punto di vista chimico usando differenti oli? Grazie
Buongiorno a lei. La materia prima che impartisce la caratteristica sensoriale che il descrittore, relativo alla matrice pane, pizza, esprime con il termine di friabilità, da non confondere con croccantezza, fragranza, non è l'olio EVO, ma un grasso solido proprio per le maggiori proprietà tensioattive, lubrificanti, plasticizzanti, stabilizzanti rispetto ai liquidi. Ne consegue che la friabilità è impartita, nei prodotti dell'arte bianca, da sostanze grasse come il burro e lo strutto ma non dagli oli soprattutto se EVO. Addirittura ,l’impiego degli oli non è consigliato qualora si vogliano ottenere prodotti soffici e ad elevato volume a meno che non siano utilizzati in combinazione con emulsionanti, ma anche in questo caso dipende dalla quantità.
Tutti i grassi naturali mostrano lo stesso profilo polimorfico, ma la velocità di trasformazione tra le forme a, b’, b può essere molto diversa da grasso a grasso. Il grado di eterogeneità del profilo acidico dei grassi naturali determina la forma di cristallizzazione favorita per ciascun grasso. Da questo si comprende come i grassi, oltre che solidi, debbano essere costituiti da cristalli b' di piccole dimensioni (un’elevata superficie specifica del grasso infatti contribuisce ad incrementare la quantità di gas inglobato) e presentare buone proprietà plasticizzanti, indispensabili ai fini della miscelazione nell’impasto. Come già accennato, i grassi che meglio assolvono questa funzione tecnologica sono il burro, lo strutto . I cristalli b' sono facilmente dispersi nell'impasto trattenendo l'aria, favorendo l'aumento di volume durante il processo e agendo sulla densità (peso/volume) della massa. Da un punto di vista prettamente chimico e non nutrizionale, per lo specifico profilo acidico e la presenza di fosfolipidi l'olio EVO non migliora le caratteristiche reologiche e/o sensoriale se introdotto nella massa rispetto ad altri oli anzi gli oli di semi (mais o girasole) con profili acidici un pochino più "leggeri" svolgono una migliore azione lubrificante e sono in grado di stabilizzare meglio la schiuma (impasto) purché non si ecceda con la %. Diciamo che se dovessi fare una scala delle sostanze grasse che apportano migliorie reologiche e sensoriali metterei al primo posto il burro, strutto, olio di semi e oliva, chiaramente il rapporto si inverte se facciamo un discorso prettamente nutrizionale. Dovendo creare un prodotto alimentare occorre trovare sempre un compromesso valido tra chi produce, vende e conserva (shelf life) il prodotto in questione e il consumatore che vede solo ed esclusivamente un discorso nutrizionale e purtroppo qualche volta questo è solo moda/ossessione. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito, la ringrazio per essersi rivolto/a al nostro servizio.
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Pasta di riporto da biga ?
Dottoressa, salve. Da un noto maestro di panificazione, ho sentito più volte affermare che la migliore pasta di riporto è quella ottenuta dal rinfresco , con tutti gli ingredienti di un impasto (sale, malto,etc) , di una biga. Volevo sapere il suo parere in merito. Cordialmente
Buongiorno a lei. Ogni artigiano ha le sue idee e le sue metodiche. Personalmente credo a tutti e a nessuno in particolare. Le rispondo: "dipende" e comunque non è "assoluto". NON è assoluto perché nessuna lavorazione è assoluta (intesa nel senso "Si fa così, perché l'ho detto io ...e basta!" e nessuno ha inventato nulla. NON ci sono inventori viventi in arte bianca! Ci sono dei dogmi tecnico - scientifici riportati in letteratura, collaudati in anni e anni e quelli con tutto rispetto per le idee e i pensieri personali ma non si discutono! DIPENDE dalle ore della biga (24 non sono uguali a 72 ore), da quanta biga era presente nella ricetta, da quanto lievito fresco, ecc. Si ottengono delle ottime paste di riporto anche da impasti diretti o indiretti con madre, poolish. Mi scuso per essere stata in grado di rispondere. Grazie a lei per essersi rivolto al nostro servizio. A disposizione e buona giornata
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preparzione biga con farine deboli
Buongiorno Dott.sa Lauri ultimamente sto facendo un pane con biga al 40% usando la stessa farina del rinfresco,farine deboli tipo 1 o 2 con un w di circa 170-200.
La biga la preparo con il 44% di acqua e 1% di lievito di birra e la lascio a 19 gradi per circa 12-14 ore al massimo.
Ne esce un pane davvero molto profumato con una mollica davvero morbida e soffice con una bella crosta croccante.Volevo sapere se è corretto condurre cosi la biga con queste farine e nello specifico che differenze ci sono rispetto alla preparazione classica della biga con farine di forza.
la ringrazio in anticipo per una sua esauriente come sempre risposta.
cordiali saluti
Buongiorno a lei. Le bighe non devono essere necessariamente preparate con farine "forti". Questo è un grave errore concettuale. Si possono fare bighe corte di 6 - 8 ore cosi come bighe lunghe di 48 ore dipende da come ha deciso di gestirle. Chiaramente in base al processo produttivo della biga, inteso sempre come rapporto Tempo/temperatura, dovrà utilizzare una farina con proprietà reologiche adeguate. In ogni caso occorre sempre specificare il concetto di "forza" in termini di W perchè la farina ideale per bighe di 48 ore è 320<W<330. La gestione corretta delle bighe parte dalla scelta opportuna della farina ma non si esaurisce con essa. Grazie a lei per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza e buona giornata. A disposizione
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impasto per pizza rimasto
Buongiorno Dott.sa Lauri, vorrei ringraziarla per il grande supporto che da a tutti noi professionisti e non e farle i complimenti per la sua grande conoscenza e professionalità.
Ho dei dubbi relativamente a metodo diretto lungo, quando mi resta della pasta maturata di un impasto per pizza... ipotesi, un 360 di W , P/L 0.5-0.7, impasto diretto lungo, maturazione 48h +4°C, fermentazione T.A. 3-4 ore.
Diciamo che a fine servizio, resta della pasta maturata, fermentata, e non fermentata, in quantità superiore al 20% (limite per poterla considerare pasta di riporto), posso preparare un impasto utilizzando questo impasto rimasto? Che considerazioni posso fare?
Se ad esempio preparo un impasto, con la pasta maturata rimasta, una farina con un W attorno ai 260-280, 2.5% di olio (sul peso nuova farina aggiunta), 2.5% di sale (s.p.f.a), 0.1% di lievito di birra fresco (s.p.f.a), staglio e faccio maturare questo impasto solo 24h a +4°C ha senso? Che considerazioni si possono fare? accorgimenti per standardizzare maturazione e fermentazione dei miei impasti senza sapere a priori quante pizze andrò a fare durante la giornata?
Grazie mille
Buongiorno a lei. Prima di tutto grazie per la stima e la considerazione. Gli impasti che suppone avanzino e non sono fermentati, li può recuperare facendo prodotti innovativi dolci come da rubrica della nostra testata mentre quelli fermentati può usarli come pasta di riporto per la produzione di pane. Personalmente non li riciclerei in un altro impasto per pizza se troppo fermentati. La standardizzazione consiste nel sapere comunque a priori quanta farina impastare, nel prevedere statisticamente, facendo una studio settimanale, la sua affluenza della giornata e nel estrarre dal frigorifero le cassette scaglionate. E' chiaro che è una previsione e non è certezza ed è proprio per questo che deve avere delle statistiche più realistiche possibile dell'affluenza nel locale. Mi scusi ma per email non riesco ad aiutarla maggiormente. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio le auguro una buona giornata.
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Grano Germinato
Buongiorno Dottoressa. I Mulini stanno pubblicizzando molto i grani germinati per una pizza alveolata. Il tutto a prezzi triplicati. Vale la pena? Quali sono i suoi reali vantaggi? Quanto sono realmente consigliati e quando no. Grazie come sempre per il servizio.
Buongiorno a lei, a parte il marketing delle aziende, (purchè sempre lecito!) ,che spinge verso quello che l'azienda decide di vendere oppure atto ad avviare azioni di convincimento/pubblicità per spingere il consumatore all'acquisto ecc ecc., vige sempre la cosiddetta "sovranità del consumatore". In parole semplici, il consumatore è sovrano sugli acquisti, se decide di non comperare non compera. Sono recenti i casi in cui il consumatore ha deciso di NON comperare un determinato prodotto perchè conteneva quella X sostanza e NON lo ha comperato mandando in fallimento e chiusura molte aziende. Tutto questo per dire che il marketing/business vanno bene, ma se poi la domanda e l'offerta non si incontrano... I grani germinati sono cariossidi che naturalmente hanno avviato internamente, perché messi nelle condizioni climatiche e di umidità adatte, il complesso delle reazioni che portano alla produzione della giovane plantula e della radichetta. In questo processo naturale il "chicco" di frumento, che prima di essere una cariosside da macinare è un seme, se posto in condizioni ideali di temperatura e umidità attiva il complesso enzimatico che dal germe porta alla degradazione dei granuli di amido, lipidi, proteine presenti all'interno dell'endosperma o mandorla farinosa; avvia cioè tutti quei complessi che producono nutrimento al piccolo embrione. Passando i giorni, la degradazione dei lipidi, dei carboidrati, delle proteine procede per fornire nutrimento interno alla giovane plantula ancora all'interno della cariosside. Il fenomeno biochimico di trarre nutrimento dalle sostanze di riserva interne al seme continuerà fino a quando il piccolo germoglio fuoriuscirà della cariosside e sarà in grado da solo di emettere le prime foglie, compiere la fotosintesi e di utilizzare l'acqua e le sostanze nutritive dall'apparato radicale. Questo per dire che i grani germinati sono semi in cui è stato volutamente (temperatura e umidità) avviato il fenomeno della germinazione con tutto il complesso enzimatico annesso. Sono grani con un elevata attività amilasica, proteasica e lipasica per cui, da un punto di vista reologico hanno valori molto bassi di Falling number e squilibri di P/L oltre che di W. Si possono eventualmente usare come farine da "taglio" in casi estremi, ma non sono proprio consigliate da usare tal quali, se non in percentuale molto bassa, per problematiche tecniche che si possono presentare durante la lavorazione. Siamo in un libero mercato fatto di libere scelte. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito, le auguro una serena giornata.
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Panettone e consistenza filante
Salve e grazie del servizio.Sto cercando di ottenere la mollica filante nei panettoni, come quella che si ottiene con i semilavorati, ma mi rimane ancora una questione di casualità non gestita, perché non so da cosa dipende questa caratteristica e come intervenire per ottenerla. Inoltre ho notato che, quelle volte che la ottengo, il prodotto ha una shelf life soprattutto dal punto di vista organolettico, che va oltre il mese. Quindi da che cosa dipende tale caratteristica? Grazie
Buongiorno a lei. Mi scusi ma quando parla di "mollica filante" in arte bianca immediatamente la mente corre alla "mollica filante" del pane, gravissima malattia del pane causata da B. cereus o da mesentericus. Leggendo la sua email posso comprendere quello che vuol dire ma il termine non è assolutamente corretto proprio perché estremamente ingannatore e riferito a una specifica malattia microbiologica. Se ha piacere, lo identifichi con "mollica filosa", ma mai "filante" proprio perché, chi è del settore, la può fraintendere immediatamente. Mi scusi ma chi l'ha detto che la mollica deve essere per forza così? In ogni caso quella struttura, abbinata a una alveolatura grande e aperta, si ottiene principalmente con l'utilizzo di semilavorati in cui, all'interno della formulazione, c'è S. cerevisiae e additivi emulsionanti. La può ottenere senza problemi anche con una madre in cui il rapporto Lieviti/LAB ha quasi lo stesso ordine di grandezza, con una impastatrice a bracci tuffanti che non danneggia la struttura glutinica con un eccessivo stress meccanico come potrebbe accadere nel caso dell'utilizzo di una impastatrice a spirale. In ogni caso non è un problema di temperatura, intesa come indice di cottura completa. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio le auguro una buona giornata.
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Fermentazione alcoolica e lattica
Buongiorno,
sono a conoscenza della differenza tra la lievitazione con lievito di birra e la lievitazione con lievito madre. Quello che non riesco a spiegarmi è come mai c'è così tanta differenza tra due pani fatti con le due tecniche. Sono solito lavorare con lievito madre in coltura liquida, quindi al 100% di idratazione e noto un'alta umidità residua nella mollica del pane a lievitazione naturale, inoltre mentre col lievito di birra si riesce ad ottenere un pane leggero anche con impasti duri, col lievito naturale trovo sia indispensabile fare impasti molto idratati. Trovo inoltre sia molto difficile fare in modo che il lievito madre riesca a spingere su spessori ridotti come ad esempio su una pizza in teglia usando le dosi standard di 1,2 chili di impasto su teglie 40x60, la pasta stenta ad alzarsi. Sperando di non averle posto domande troppo banali, la ringrazio anticipatamente.
Buongiorno a lei. Come ha ribadito anche lei, la risposta al suo quesito la trova proprio nella differenza tra i due tipi di lievitazione biologica (perché di lievitazione "biologica" stiamo parliamo sia che si tratti di ldb sia che si tratti di madre, in quanto il ldb o S. cerevisiae NON è assolutamente un lievito chimico, ma è da un punto di vista microbiologico, un lievito a tutti gli effetti e la madre contiene proprio S. cerevisiae!). Mi scusi ma per emal non riesco a capire cosa intende con "alta umidità residua". La quantità di acqua che introduce nella massa mediante la madre liquida la deve sottrarre alla quantità richiesta della ricetta per cui, non riesco a comprendere pienamente il suo quesito. Inoltre la cottura richiede temperature più basse per tempi lunghi con tiraggi o valvole aperte proprio per far asciugare il prodotto all'interno e non incorrere nella violazione dell'Art. 16 della Legge 580/67 in quanto il pane " deve essere venduto a peso" (art. 23 L 580/67). Per quanto riguarda invece il discorso relativo alla pizza in teglia anche in questo caso è una questione di rapporto Batteri lattici/lieviti presenti nel microbiota oltre chiaramente alla temperatura di lavorazione, concentrazione di madre iniziale, ecc. Tenga presente che la capacità produttiva di CO2 da parte dei LAB non può assolutamente competere con la capacità di produzione di CO2 prodotta nella stessa unità di tempo, stesse condizioni operative, nutrizionali ecc. dei lieviti del genere Saccharomyces ecc. Chiaramente la grandezza degli alveoli è una conseguenza diretta della concentrazione di gas presenti all'interno della massa oltre alla temperatura della massa in questione, ecc. Nella speranza dia esserle comunque stata di aiuto, le invio i miei più cordiali saluti.
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Il freddo nel processo produttivo
Buongiorno Dottoressa Lauri, l'utilizzo del freddo all'interno del processo produttivo di un determinato tipo di pane (es. con olive, con noci, ecc. ) inteso come surgelazione del prodotto appena formato, crudo, da lievitare e cuocere all'occorrenza è consentito dalla normativa vigente? Va dichiarato in etichetta? Si può affermare che è fresco? È vero che i consulenti HACCP dovrebbero saperlo, tuttavia mi sembra un campo minato. Grazie per la cortese attenzione e per la passione che ha per questo lavoro.
Buongiorno a lei. Nel settore dell'arte bianca (panificazione pasticceria e pizzeria) il concetto è abbastanza chiaro. La disciplina relativa alla produzione, alla distribuzione e alla vendita dei prodotti surgelati, destinati all’alimentazione umana, è stabilita dal Decreto Legislativo n. 110/1992, attuazione della Direttiva 89/108/CEE, previa autorizzazione dell'autorità competente ai sensi art.2 Legge 283/62 (art.6). Secondo tale normativa, tutti gli alimenti possono essere sottoposti a surgelazione, esclusi i gelati. Ai sensi dell’art. 2 comma 1 del citato Decreto per prodotti surgelati si intendono i prodotti alimentari:
a) sottoposti ad un processo speciale di congelamento, detto "surgelazione", che permette di superare con la rapidità necessaria, in funzione della natura del prodotto, la zona di cristallizzazione massima e di mantenere la temperatura del prodotto in tutti i suoi punti, dopo la stabilizzazione termica, ininterrottamente a valori pari o inferiori a -18°c;
a) commercializzati come tali.
Inoltre i prodotti surgelati non devono essere mai confusi con i prodotti congelati che subiscono un processo tecnologico che conduce l’alimento a temperature inferiori allo zero con tempistiche molto lunghe originando all’interno degli alimenti la formazione di grossi cristalli ghiaccio, ma non normato come terminologia come appunto i prodotti surgelati/surgelazione. L'allegato VI del Reg UE 1169/11 con riferimento alla denominazione dell’alimento e indicazioni specifiche che le accompagnano , ricorda che “comporta un’indicazione relativa allo stato fisico in cui si trova il prodotto alimentare o al trattamento specifico da esso subìto (ad esempio: in polvere, concentrato, liofilizzato, surgelato, affumicato) se l’omissione di tale indicazione può creare confusione nell’acquirente” (All. VI, parte A del Reg. UE 1169/2011). La violazione o la non citazione dello stato fisico (surgelato) comporta un regime sanzionatorio come da art.19 DL231/17 oltre che l'applicazione dell'art. 515 del C.P. nel caso in cui il prodotto surgelato sia venduto per fresco indipendente dal fatto che ci sia o meno una legge nazionale che regolamenti la produzione del PANE FRESCO. In ogni caso l'attualissimo DM 131/18 da di fatto esecuzione a quanto previsto dall’ art. 4 comma 2 – ter del DL 223/06 riguardante le liberizzazioni e la promozione di un maggior assetto concorrenziale in conseguenza dell’abrogazione della Legge 1002/56 e del comma 2 art. 22 del DL 112/98 e esprime a chiare lettere la definizione legale di “panificio” , “Pane fresco” e “pane conservato”. Riassumendo: SI va obbligatoriamente dichiarato in etichetta, NO non può vendere assolutamente il pane surgelato per pane fresco, SI obbligatoriamente lo devono sapere TUTTI i consulenti di HACCP o chi per loro. Grazie a lei.
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Rapporto acido acetico acido lattico nel lievito madre
Buonasera Dott.ssa, a livello artigianale, non industriale dove hanno altri mezzi, è possibile accorgersi se il rapporto tra i due acidi acetico e lattico è troppo sbilanciato? Se si come. Nel caso una madre abbia un eccesso molto marcato di acido lattico come è possibile correggerlo? Grazie.
Buongiorno a lei. Come ha già anticipato lei a livello artigianale non è possibile nè identificare la tipologia di acidi nè la quantità. In questo caso, la differenza e/o la capacità di valutazione sono date solo ed unicamente dall'esperienza sensoriale degli artigiani che lavorano le madri da anni. L'analisi sensoriale, contrariamente a quello che si pensi o dica, è una scienza e pannelisti addestrati (in questo caso gli artigianl definiti "lievitisti"ma non solo loro) sono molto preziosi. Con questo non voglio dire che gli altri non ci riescano ma che è solo questione di allenamento; anche i sensi, come i muscoli, vanno allenati. La gestione di una madre in base al DY, alla temperatura, al microbiota presente, (LAB/lieviti e soprattutto lattici eterofermentanti), alla presenza/assenza di ossigeno, alle iterazioni microbiche, alla presenza di particolari sostanze nutritive, ecc. può spingere verso una maggior/minor produzione di acido lattico/acetico. Il rapporto lattico/acetico ideale dovrebbe essere 3/1 cioè vuol dire che è sempre consigliabile una predominanza di lattico sull'acetico sia per un problema reologico sia sensoriale. All'analisi sensoriale la nota lattica di testa è dolce/acida molto particolare e abbastanza persistente, alla quale deve fare immediatamente seguito quella alcolica e immediatamente l' acetica, di persistenza e intensità minore. Non devono essere presenti nè note amare, nè di formaggio o altro. In ogni caso qualsiasi difetto presenti la sua madre (se non è troppo tardi!) lo può attenuare, eventualmente anche eliminare, con il bagno e i rinfreschi successivi. Grazie a lei per essersi rivolto al nostro servizio di assistenza online e nella speranza esserle stata di aiuto, le invio i miei più cordiali saluti.
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Pane e impostazione forno
Buongiorno dottoressa vorrei realizzare qualsiasi tipo di pane nel forno a legna.partendo dal presupposto che realizziamo tutto con criterio dall impasto alle varie temperature volevo sapere come
Devo impostare il forno? Grazie e buona giornata
Buongiorno a lei. Acceda il forno e mantenga la fiamma fin a quando la volta non diventi bianca. A questo punto tolga la fiamma, pulisca bene la platea, chiuda la bocca e attenda che il forno si stabilizzi alla temperatura di infornamento in base alla pezzatura. Può anche fare più infornate. Grazie a lei e buona giornata
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Corretta percentuale di lievito nei lievitati dolci
Gentile dottoressa, di recente le ho posto un quesito, certamente mal formulato o fuori tema, per cui non ho ricevuto risposta. Spero che questa volta il mio quesito sia pertinente. Mi piacerebbe poter approfondire le problematiche inerenti ai lievitati, ma non conosco testi adatti a me, ovvero a una semplice casalinga, che non potrebbe neppure comprendere un manuale dedicato ai professionisti del settore. Avrebbe qualche testo da consigliarmi, non solo sul pane, ma in generale sui lievitati? Sarebbe fantastico se potesse scriverlo Lei! Vengo ora al mio quesito: ricordo di aver letto, qui sul magazine, che nella preparazione di una pasta grassa come quella brioche, sarebbe giustificata una percentuale di lievito del 4% sulla farina. Non ho però compreso se è sbagliato, o che rischi si corrono utilizzando una percentuale di lievito minore di questa. Per fare un esempio, la ricetta di famiglia dei "frati fritti", che contiene il 10% di burro o strutto, il 20% di uova, il 50% di latte e il 10% di zucchero (percentuali riferite al peso della farina), prevedeva il 6,5% di lievito, ma io ne utilizzo il 2%, allungando così i tempi della lievitazione e scegliendo una farina un po' forte, circa 330W. Uguale percentuale di lievito e tipo di farina, utilizzo quando preparo i croissant, pasta ancora più magra in quanto nell'impasto non utilizzo burro , ma solo il 10 % sia di uova che di zucchero, e latte e acqua in percentuale del 48%. Aggiungo che in entrambi i casi faccio riposare la massa in frigorifero a 4 gradi per circa 12 ore, ma non faccio alcun preimpasto. Quale percentuale di lievito consiglia di utilizzare nei due casi e nel caso di una pasta brioche, con percentuali di grasso maggiori di queste? Grazie per l'attenzione ed un'eventuale risposta.
Buongiorno a lei. Mi scusi, ma ricevo tantissime email e sono l'unica in redazione a rispondere, il servizio è gratuito per cui chiedo cortesemente di avere un pochino di pazienza se non riesco a evadere in tempi brevi le vostre domande. A meno di errori di server a tutti do risposta, il ritardo è dato solo dai miei personali tempi tecnici e non dalla pertinenza degli argomenti, perché tutti sono pertinenti e tutti sono leciti. L'unico caso in cui le domande non sono evase è quando i lettori chiedono le ricette perché esula dall'obbiettivo del servizio tecnico SOS online della testata. Tornando al suo quesito, purtroppo non riesco a consigliarle altri testi sui lievitati se non quelli scritti dai professionisti artigiani. Sul pane,pizza, prodotti da forno, lievitati, personalmente ne ho scritti quattro, ma può trovare molte info anche su questa testata all'interno di più rubriche, dalla scienza alle ricette spiegate dettagliatamente; sono a disposizione per qualsiasi chiarimento. Per quanto riguarda la percentuale di lievito fresco, è vero, se si aumentano le dosi di tuorli, burro, zucchero occorre aumentare la percentuale di lievito. Personalmente non ho mai usato il 6,5% di lievito al massimo, nei casi estremi di "fretta", sono arrivata per impasti così "difficili" per l'attività metabolica al 5,0%. E' corretto comunque abbassare il lievito, aumentare leggermente il W della farina (300 - 310W) ed allungare i tempi. Personalmente, per impasti un pochino più magri rispetto alla pasta brioche, come appunto i croissant, al posto del 2% utilizzerei anche l'1 - 1,5% sempre per lavorazioni oltre le 24 ore e stoccaggio a +4°C. Dopo il freddo dia sempre pieghe di rinforzo prima di iniziare la lavorazione e poi proceda con la fermentazione. Scusandomi nuovamente per il ritardo, le auguro una buona giornata.
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Farina integrale brucia ferro
Ciao Simona vengo a riproporti un commento di una mia cliente ad un mio post sulle Farine semintegrali: A me hanno detto che l'impasti semintegrale brucia ferro nel nostro organismo, o mangiare integrale o bianco ne avete sentito parlare o come sempre una bufala per non farci capire più niente. Grazie infinite per la cortese risposta... ed a presto !!
Buongiorno a lei. Mi scusi ma cosa intende per farine semintegrali? Questa denominazione di vendita non è lecita perché non rientra nelle tipologie di sfarinati da DPR 187/01 per cui non riesco a comprendere a quale Tipo si riferisca. Indipendentemente da questo, per commentare da panificatore, tecnologo alimentare, dovrei sapere esattamente il contesto nel quale è stata detta la frase e il motivo. In ogni caso di bufale, fake in arte bianca ce ne sono veramente troppe e ogni giorno ne sento una nuova. Traggo spunto da questa sua email e le chiedo scusa per questo, per invitare più persone possibile a questo convegno http://www.quotidiemagazine.it/events/arte-bianca-fake-news-disinformazione-reati-e-sanzioni dove, in qualità di professionisti del settore con il supporto fondamentale di medici, ispettori e carabinieri del NAS cercheremo di limitare lo tzunami delle fake e dei reati. Grazie a lei e buona giornata
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