Hai un problema tecnico di produzione nel settore dell'arte bianca (pane, pizza, grandi lievitati, prodotti da forno in generale)? Il tuo prodotto ha un difetto? Hai bisogno di consigli? Esponi il tuo problema e Simona Lauri ti risponderà nel più breve tempo possibile.
Senza sale
Buongiorno Prof.prima di tutto complimenti per la professionalità, competenza ed abilità. Ho un quesito da porle: nella preparazione di un impasto sono solito aggiungere baking powder senza l'aggiunta della famosa presa di sale. Posso scrivere "senza sodio/ sale"? Grazie per il servizio che offrite e complimenti ancora per la preparazione e cultura specifica nel settore.
Buongiorno a lei. Grazie per la stima e i complimenti che estendo a tutto il team della redazione, ma non facciamo nulla di particolare, semplicemente il nostro lavoro con scienza, coscienza e onestà. Tornando al suo quesito, le rispondo che nel Reg. UE 1924/06 e nella successiva modifica Reg. UE 1047/2012 non viene fatta nessuna menzione al sale inteso solo ed unicamente come cloruro di sodio (sale da cucina classica). Quando si parla di sale è opinione comune intendere solo ed esclusivamente il cloruro di sodio; in realtà in cucina e in arte bianca i "sali" chimici sono moltissimi e usati sia tal quale sia come componenti basilari di alcuni ingredienti. Nessuno presta attenzione per esempio al: bicarbonato di sodio, difosfato disodico, potassio carbonato, bicarbonato d'ammonio ecc. che sono chimicamente dei sali e usati tantissimo nelle preparazioni dolci in arte bianca e non solo, proprio perché componenti basilari proprio del lievito chimico. Da questo si capisce molto bene il motivo per cui il lievito chimico è chiamato "agente lievitante" in quanto rilascia chimicamente, da una semplicissima reazione, l' anidride carbonica avendo come reagente un sale che la contiene. Pertanto l'allegato l al Reg. UE 1047/12 quando cita il claim "senza sodio/ sale aggiunto" non specifica assolutamente che tipo di sale (sua nomenclatura e composizione chimica) quindi vieta di usare il claim, appena menzionato, tutte le volte che si aggiunge sale/sodio sia sottoforma di cloruro di sodio sia sotto forma di lievito chimico, baking powder, ecc. In conclusione per il fatto che usa un lievito chimico, baking powder, quindi un sale, non può assolutamente usare il claim "senza sale/sodio aggiunto" perché aggiunge di fatto un ingrediente che è chimicamente e a tutti gli effetti un sale. La menzione "senza sale/sodio aggiunto" può essere usata solo quando "... il prodotto non contiene sodio/sale aggiunto né ogni altro ingrediente contenente sodio/sale aggiunto e il contenuto di sodio del prodotto non supera 0,12 g, o il valore equivalente di sale, per ogni 100 g o 100 ml.". Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito e aver chiarito il suo dubbio. Un saluto cordiale e a disposizione.
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Ringraziamenti
Le scrivo per RingraziarLa per le delucidazioni ricevute. Come Lei ha intuito il mio desiderio di comprendere la funzione dei vari ingredienti è dovuto al tentativo di ottenere un prodotto buono, ma non eccessivamente calorico, in quanto destinato ad un consumo frequente. Prima di scriverle ho rifatto il pan brioche riducendo gli albumi (ho usato 6 uova intere e 3 tuorli per chilo) e ho anche ridotto il burro a 220g. Appena sfornata era morbidissima e con un buon sapore di burro (utilizzo un burro italiano di panna centrifugata). Probabilmente le fette che ho surgelato saranno meno fragranti, ma con circa 200 calorie a fetta credo che farò comunque un ottima colazione!
Buongiorno a lei. Grazie per il feedback e sempre a disposizione. A livello casalingo è un pochino problematico ed impossibile ma se avesse a disposizione un abbattitore inserisca il pane subito nell'abbattitore, dal forno all'interno dell'abbattitore e appena freddo in un cellophane per alimenti e conservi nel surgelatore/congelatore. Un saluto cordiale
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Grani "antichi", lavorazione
Gent.ma dott.ssaLauri,
Innanzitutto le faccio i complimenti per il suo lavoro. Sto cercando da un po' di tempo di imparare a lavorare il meglio possibile farine/semole di grano antico per fare il pane. In particolare trovo con facilità semola rimacinata e semola di grano duro senatore cappelli. I miei risultati dal punto di vista del gusto mi soddisfano abbastanza, non riesco a risolvere delle difficoltà e cioè in particolare sviluppo in altezza durante la cottura (il pane si allarga più di alzarsi) e maggiore alveolatura (mollica compatta anche se buona e non umida o molto poco). Premetto che utilizzo e vorrei utilizzare solo quel tipo di farina senza inserirne di diversa. Piuttosto che spiegarle tutto il procedimento che uso le volevo chiedere dei consigli su dove reperire consigli ed informazioni (libri, video ecc) dato che le ricerche sul web mi confondono un po'. Ringraziando ed eventualmente disposto a raccontare cosa faccio durante la lavorazione aspetto notizie. Saluti
Buongiorno a lei. Generalmente le caratteristiche sensoriali dei prodotti di panificazione realizzati con farina proveniente da varietà particolari come il frumento Senatore Capelli, Solina, Perciasacchi, Maiorca, ecc. sono molto simili a quelle da lei descritte: sviluppo in altezza ridotto, alveolatura della mollica non troppo pronunciata, crosta leggermente più spessa, ecc. Ciò è dovuto alle particolari caratteristiche reologiche di cui il W è mediamente intorno a max 98 seppur abbiano un discreto valore percentuale di proteine totali. La lavorazione implica quindi un quantitativo di ldb ridotto, temperature e tempi particolari, ecc., per non incorrere in una produzione eccessiva di anidride carbonica. Per quanto riguarda i consigli, se posso permettermi, personalmente faccio corsi specifici proprio su queste tematiche sia in panificazione sia in pizzeria. Nella sezione eventi metto generalmente le date oppure può scrivere direttamente alla redazione direzione@quotidiemagazine.it per sapere le date e lasciare i suoi contatti. Grazie a lei. Un saluto cordiale
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Maturazione o lievitazione
Dott. buonasera,ho un quesito: è corretto dire che in un impasto prima avviene la maturazione e poi la lievitazione oppure dire che l'impasto è lievitato 24 ore? Grazie come sempre per l'immensa gentilezza e per il servizio.
Buongiorno a lei , a domande simili ho già risposto in questa sezione. Può trovare qualche riferimento a questo link https://www.quotidiemagazine.it/sos/maturzione-impasto-pizza?searchterm=maturazione. In ogni caso non è corretto dire che avviene prima la maturazione della fermentazione e/o viceversa, perchè avvengo sempre e comunque entrambe. La "maturazione" è un processo biochimico nel quale gli enzimi presenti nella massa operano il catabolismo sui macronutrienti, ossidazione dei pigmenti, ecc; avviene indipendentemente dalla presenza dei microrganismi. Con il termine "fermentazione" invece s'intende uno specifico metabolismo microbico (senza la presenza del microrganismo specifico non avviene il processo) che porta alla produzione di prodotti differenti in base al tipo di fermentazione adottata (fermentazione alcoolica, lattica, butirrica, propionica, acido mista ecc.). Per far avvenire la "fermentazione" occorre che ci sia prima un catabolismo primario per opera degli enzimi esogeni, poi un catabolismo a seguito dell'azione degli enzimi di membrana, un'azione di trasporto mediante carriers di membrana all'interno della cellula e successivamente il processo metabolismo specifico della specie microbica. Chiaramente sia la maturazione sia la fermentazione dipendono da fattori esterni come per esempio, uno su tutti, la temperatura che a sua volta modifica lo stato fisico, chimico (Ka acidi, equilibrio, stato di attivazione enzimatico, struttura proteica ecc.) e biochimico del/i processo/i. Spero di essere stata abbastanza chiara. Nel ringraziarla per la preferenza accordata al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
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Poolish
Buongiorno Dott.sa Lauri. tanti complimenti e un grosso grazie per la sua disponibilità e professionalità, consulto sempre il suo libro "Pane e Pizza, due mondi un'unica passione", è diventato una fonte veramente preziosa, però avrei bisogno di farle qualche domanda specifica. Nel desiderio di migliorare la pizza che propongo, vorrei passare da lavorazione diretta a indiretta con poolish. Ho a disposizione una farina 00 con W=280, un forno elettrico, un frigorifero per stoccare gli impasti, e una impastatrice a spirale con due velocità, a poolish pronto da utilizzare, come calcolare la temperatura dell'acqua da aggiungere all'impasto finale ? Con un impasto preparato col poolish, ha senso fare una puntata in massa maggiore di 24h a +4°C o si consiglia solo per il metodo diretto lungo? ci sono periodi dell'anno che lavoro su grossi volumi di pizze servite, mi consiglia comunque un impasto indiretto? cordiali saluti e grazie
Buongiorno a lei. Grazie per i complimenti, la stima e la considerazione. Premetto che la metodica indiretta con poolish è usata di preferenza per impasti con una percentuale di acqua calcolata sulla farina > del 70% per cui è una metodica indicata per pizze in pala e in teglia. Con la farina da lei descritta ma soprattutto con quel valore di W, le consiglio un poolish di massimo 6 - 8 ore. Per calcolare la temperatura dell'acqua da usare nell'impasto finale, faccia una media della temperatura del poolish e quella della farina da usare e utilizzi lo stesso calcolo che trova a pag. 150. Finito l'impastamento a sua scelta, operi o una prima puntata di circa 2 ore a t.a., staglio, conservazione a +4°C per 18 - 20 ore, fermentazione per circa 2/3 a t.a (al massimo 25°C) oppure 30 minuti di puntata a t.a., conservazione a +4°C per 18 - 20 ore, staglio e fermentazione a t.a. per circa 2/3 ore a t.a. Per quanto riguarda il diretto lungo dipende dalla quantità di lievito, dalla tipologia se fresco o essiccato, dalla t.a. e dalla grandezza della massa. Indipendentemente dai "volumi" l'impasto indiretto è sempre da preferire soprattutto se condotto con biga o poolish proprio per le caratteristiche sensoriali che impartisce al prodotto finito. La lavorazione con la madre non la consiglio soprattutto se è alla prime armi; troppo laboriosa e lunga per chi fa "volumi" importanti a meno che non abbia una certa dimestichezza e manualità già collaudata con rinfreschi, gestione, riposi ecc. Gli stessi risultati in termini di proprietà sensoriali dell'impasto finale li può ottenere senza problemi con una buona biga o poolish. Spero di esserle stata di aiuto, in caso contrario non esiti a contattarmi nuovamente. Grazie per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online e a disposizione. Buona giornata
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Latte in polvere nei lievitati (sostituisce il precedente)
Gentile dottoressa, dopo aver letto alcune ricette di pasta brioche e aver notato che in generale la somma dei liquidi, principalmente latte e albumi, era simile, ho elaborato una "mia ricetta" di brioche. Ho effettuato alcuni tentativi utilizzando il 30% di uova intere, il 20-25% di burro e il 20-30% di latte intero con l'aggiunta del 3-2% di latte in polvere magro, in modo da avere i benefici di un quantitativo di latte superiore a quello previsto dalla ricetta senza dover eliminare gli albumi. Questo nella speranza che - avendo ridotto in modo consistente il quantitativo di grassi (e in particolare il burro) previsti dalla ricetta originale - questa brioche risultasse più morbida rispetto ad una realizzata o scartando gli albumi o con un quantitativo minore di latte intero. Non essendo in grado di valutare quanto la mia speranza abbia avuto un riscontro, Le chiedo se tale scelta può avere dei vantaggi reali (a parte quello, per me non indifferente, di evitare di avere gli albumi da smaltire), e se l'aggiunta di latte in polvere, allo scopo di alleggerire la percentuale di grassi, può essere indicata anche in altri prodotti lievitati. Grazie per l'attenzione e buon lavoro.
Buongiorno a lei, se facciamo un discorso prettamente di tecnologia di processo e strutturazione della massa, l'azione del burro tal quale è INSOSTITUIBILE E UNICA a tal punto da essere la base di un descrittore sensoriale universalmente riconosciuto dalla scienza del sensory in arte bianca e non può essere sostituto dal latte in polvere magro o da altre sostanze grasse. Gli albumi, la maggior parte delle volte, sono eliminati dalla ricetta perchè incrementano la pesantezza della struttura,non apportano solo acqua, seppur questa sia in percentuale maggiore, ma circa 11% di proteine che interagiscono con la complessa struttura, proteica e non, della massa. Mi riferisco alle masse lievitate dolci e non alle masse montate in cui sono incorporati a parte dopo essere stati appunto "montati" a neve. L'idea della "morbidezza" è dettata dal fatto che sia latte intero sia in polvere apportano zuccheri, oltre a quelli previsti dalla ricetta, che vanno ad incrementare le reazioni di Maillard in cottura. Questa implica una riduzione del tempo di cottura. Non conosco le motivazioni che l'hanno portata a ridurre il burro, ma molto spesso nessuna di essere concorda con le esigenze tecnico produttive. Se da un punto di vista nutrizionale, clinico e di apporto calorico ridurre il burro, i tuorli e lo zucchero hanno un perchè, la stessa cosa non si può assolutamente dire da un visto di vista tecnico produttivo; ottengo un prodotto tecnicamente peggiore, completamente diverso sia in termini di sensory sia di shelf life. Spero di aver ben compreso il suo quesito. Un saluto cordiale e grazie per essersi rivolta al nostro servizio.
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scelta velocità impastatrice
Salve Dott.ssa, vorrei sapere da cosa dipende la scelta delle velocità dell'impastatrice per gli impasti,sopratutto pizza.Per la mia esperienza, utilizzo la seconda velocità per impasti molto idratati,oppure quando mi trovo a fare impasti piccoli in impastatrici più grandi, in questo caso, sopratutto nell' aggiunta finale dell acqua dopo il sale. Leggo però di maestri che fanno girare per metà tempo in seconda velocità anche impasti più duri (o bastardi) 58-60% idro. Mi potrebbe spiegare se è consigliato usare sempre la seconda velocità o da cosa dipende questa scelta? La ringrazio come sempre per la sua indescrivibile disponibilità e professionalità.
Buongiorno a lei la scelta di usare la seconda velocità è abbastanza soggettivo e comunque non esula assolutamente dalla conoscenze teoriche. Genarlemnte, usare in panificazione la seconda velocità su impasti asciutti vuol dire riscaldare eccessivamente la massa e compromettere il successivo passaggio alla coppiatrice, chifferatrice, ecc., e quindi il risultato sul prodotto finale; per questa tipologia di impasti la temperatura a fine impastamento, indipendentemente dalla massa totale, non deve superare i 23°C. Per gli impasti bastardi, invece, non deve superare i 24 -25°C premettendo che tale valore non deve essere raggiunto con il riscaldamento per attrito meccanico, ma solo ed unicamente con l'opportuna temperatura dell'acqua al momento della miscelazione. Indicativamente, concordo sul fatto di usare da metà impastamento, dopo l'aggiunta del sale, la seconda velocità per portare l'impasto ad idratazione finale voluta così come per impasti piccoli, sempre se non fanno corpo unico con il gancio; in questo caso la seconda velocità sfibra in pochissimi minuti la massa da impastare. Dalla mia esperienza e tecnica non consiglio, in linea di massima, di lavorare fin dall'inizio con la seconda velocità, ma questo dipende dai rispettivi giri e/o battute delle singole impastatrici quando si usa la seconda velocità. Esistono in commercio impastatrici molto lente anche in seconda marcia, la cui velocità raggiunta uguaglia, magari, la velocità di una prima marcia in un'altra macchina; ecco il motivo di certi post. Non essendo tutte uguali le impastatrici sia per tecnica sia per velocità e lavorando sempre e solo con quella, senza il confronto con le altre macchine in quell'istante e sullo stesso impasto, molti professionisti scrivono che usano solo la seconda/prima velocità. Rispondo... dipende dai giri e/o battute che si raggiungono nelle rispettive impastatrici. In ogni caso l'assolutismo domina sui gruppi social. Grazie a lei per la stima, la gentilezza e per essersi rivolto al nostro servizio. Buona giornata
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Aria nel cornicione?
Buongiorno Dott.ssa sento molti pizzaioli che quando parlando di pizza napoletana, spiegano che in fase di stesura bisogna spostare l'aria verso il cornicione per farlo sviluppare maggiormente e quindi avere una texture migliore.Tutto questo ha delle fondamenta scientifiche? Grazie a lei per il servizio e la professionalità
Buongiorno a lei, La stesura del panetto, generalmente, è fatta cercando di creare prima un bordo con le dita. Dopo aver creato il bordo, si schiaccia e si allarga sempre e solo dal centro senza mai toccare il bordo per evitare la rottura della struttura e la fuoriuscita di aria. Non si sposta l'aria, ma si cerca semplicemente di non farla uscire in corrispondenza proprio del bordo o cornicione. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito, in caso contrario non esiti a contattarmi nuovamente. Un saluto cordiale e sempre a disposizione.
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Puntini neri sull’impasto a lunga maturazione
Salve Dott.ssa. Vorrei sapere a cosa si devono i puntini neri sull’impasto dopo 48/72. Ho dovuto fare un impasto 48 ore prima dalla cottura per una questione logistica e dopo le 48 ore sono apparsi sull’impasto, ma sono scomparsi dopo cottura. Grazie mille
Buongiorno a lei. Mi scusi, ma a un quesito simile a questo ho già risposto a questo link https://www.quotidiemagazine.it/sos/impasto-1 Cortesemente legga la mia risposta. Se non dovesse trovare o se la risposta non la soddisfacesse pienamente , non esiti a contattarmi nuovamente, La ringrazio per essersi rivolto al nostro servizio di assistenza online e le auguro una serena giornata. A disposizione. Cordialità
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La quantità di acqua aumenta i processi di maturazione
Buongiorno ho letto questo "un impasto altamente idratato darà come risultato una pizza estremamente soffice, morbida, ben alveolata, ma non per forza migliore, perché ci sono da considerare i pro e i contro di una elevata idratazione. Tra i punti a favore, come già detto, abbiamo una maggiore morbidezza nel prodotto finito e una mollica più sviluppata ma anche una maturazione più spinta. Infatti quando la quantità di acqua è alta i processi di trasformazione sono più veloci e quindi anche gli enzimi lavorano più velocemente sull’amido e sulle proteine." Potrei cortesemente avere delucidazioni in merito in quanto, a mio avviso, é solo disinformazione la ringrazio anticipatamente
Buongiorno a lei l'attività enzimatica è funzione della temperatura, del pH e solo indirettamente dalla quantità di acqua (in termini di idratazione totale della massa) che da sola non giustifica tutti i vantaggi descritti. La quantità di acqua aggiunta sulla farina, che non rappresenta l'idratazione totale della massa, a sua volta è correlata alla temperatura sia della stessa sia della massa ed è questo il punto cardine di tutto il processo. Modificando i valori di temperatura (impasti più idratati generalmente mostrano valori di temperatura maggiori rispetto ad impasti più asciutti) modificano completamente sia le iterazioni chimico fisiche sia quelle microbiologiche portando ai vantaggi descritti sommariamente nel suo post. In ogni caso, le caratteristiche descritte sono solamente "figlie" di una conduzione differente di processo in termini di temperatura, tempi e stoccaggi in massa rispetto ad impasti molto più "asciutti". E' la differente gestione che, in queste condizioni, influenza sia l'attività microbica sia la "forza" della massa. Lavorare impasti fortemente idratati non è facile sia in termini di modalità di introduzione di acqua nell'impasto e di manualità sia in termini di gestione tecnica: se sono troppo freddi prendono eccessiva debolezza, se troppo caldi velocizzano il processo della fermentazione. In conclusione, a mio modestissimo parere, la frase riportata non è propriamente disinformante, ma imprecisa e incompleta tecnicamente. Grazie a lei per avermi contatto e aver usufruito del servizio. Buona giornata.
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Lieviti Saccharomyces cerevisiae
Buongiorno durante la fase aerobica in presenza di ossigeno i lieviti iniziano la respirazione significa che si moltiplicano giusto e poi in assenza di ossigeno si fermano o rallentano la respirazione cambiando metabolismo. Grazie anticipatamente e congratulazioni
Buongiorno a lei, il S. cerevisiae o lievito naturale o compresso o lievito di birra che dir si voglia ha la capacità di compiere sia il processo aerobio della respirazione sia il processo anaerobio della fermentazione alcoolica e di interscambiarli in base alle condizioni in cui si trova. Se la differenza tra i metabolismi è netta, non sempre si può dire la stessa cosa sulla modalità temporale di operare prima una e poi l'altra da parte del S. cerevisiae nell'impasto per pane o pizza senza distinzione. La distinzione netta teorica, valutata unicamente sulla presenza/assenza di ossigeno, non sempre corrisponde in pratica al solo e unico processo sia della respirazione sia della fermentazione. Pertanto solo in teoria con ossigeno il S. cerevisiae compie solo ed esclusivamente la respirazione e senza ossigeno, unicamente la fermentazione alcoolica, perché in pratica le cose possono cambiare e far avvenire entrambi i processi in contemporanea oppure la fermentazione in presenza di ossigeno. Mi scuso, ma per non ripetere i concetti, la inviterei gentilmente a leggere la mia risposta al quesito "Ossigeno presente nell'impasto per pizza" . Nella speranza comunque di aver chiarito i suoi dubbi, la ringrazio per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online. Un saluto cordiale
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Olio e burro: come e perchè
Buongiorno Dottoressa. Avrei un quesito da porre: In che modo l' olio (acidi grassi e glicerina) incrementano la formazione dell impasto se aggiunti nelle prime fasi anziché all'ultimo? Che intervento hanno su amido e proteine e il rischio rispetto al lievito? Qual è la differenza con il burro che obbligatoriamente va inserito in ultimo e in più riprese? La ringrazio per la sua competenza , disponibilità e rinnovo i complimenti a tutta la redazione.
Buongiorno a lei. Si preferisce aggiunge gli olii (sostanze grasse presenti nella forma liquida a temperatura ambiente) nell'impasto nella prime fasi iniziali non solo per un motivo tecnologico di processo, ma meccanico; se si aggiunge un olio in un impasto già strutturato e formato, per poter essere incorporato all'interno della massa già formata, questa si deve rompere in più pezzi, disfarsi per poi riformarsi; nel frattempo l'azione lubrificante dell'olio fa in modo che i pezzi di impasto scivolino all'interno della vasca con il conseguente all'allungamento dei tempi di impastamento e sfibramento della maglia; in parole semplici si deve rompere/disfare completamente una massa già formata e riformare nuovamente la struttura. I motivi chimico - fisici, invece, risiedono nelle differenze di struttura e conformazione (polimorfismo, profilo di fusione, ecc.) presente nei diversi grassi (olio, burro, strutto, margarine, ecc.) atte a impartite la caratterista di solidità a temperatura ambiente, oltre al fatto di variare sensibilmente le caratteristiche sensoriali del prodotto finito (friabilità, croccantezza, ecc.). Oltre a ciò non va assolutamente dimenticato che le sostanze grasse quali: burro, strutto, oli vegetali idrogenati e margarine presentano maggiori proprietà tensioattive rispetto agli oli per la presenza di acidi grassi a corta catena e/o di gruppi fosforici. Tale proprietà tensioattive si esplicano attraverso la formazione di legami o complessi tra lipidi e altri costituenti dell’impasto, in particolare proteine e amido (amilosio). I lipidi polari possono legarsi alle molecole della gliadina mediante legami idrofilici e a quelle della glutenina attraverso legami idrofobici.In questo modo si forma il complesso gliadina-lipide-glutenina che contribuisce alla formazione di una struttura stabile, capace di trattenere i gas che si formano durante la fermentazione. Analogamente, i lipidi polari possono legarsi idrofobicamente alla glutenina e idrofilicamente all’amido. La struttura che si forma sarebbe in grado di ritardare il processo del raffermimento. L'importanza dell'impiego/scelta di una sostanza grassa rispetto ad un'altra va ricercato anche nella capacità di stabilizzare la schiuma (impasto) poichè forma un monostrato all’interfaccia tra la fase acquosa e quella gassosa, stabilizzando il sistema. Inoltre, la creazione di dispersioni acquose (micelle) contribuirebbe alla formazione di un impasto lievitato tenace e in grado di trattenere i gas. Per la sua strutturazione in acidi grassi il burro non obbligatoriamente si aggiunge alla fine; dipende dalla quantità, dal rapporto burro/uova e dall'idratazione iniziale della massa. La ringrazio per i complimenti, la sua gentilezza e per essersi rivolto al nostro servizio. Un saluto cordiale
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Conservazione Farina sottovuoto
Buongiorno Dott.ssa, in alcuni negozi bio vedo la comparsa di farina di grano tenero stoccate sottovuoto. Parliamo di sacchetti da 1Kg e 2Kg. E' corretta la conservazione sottovuoto per un alimento come la farina? Grazie per la sua grande disponibilità.
Buongiorno a lei. L'utilizzo del sottovuoto è usato per la conservazione di molte granelle, mentre per le farine è usato di prevalenza per gli sfarinati di mais, ecc., ossia per quei cereali, pseudocereali, ecc. che non devono migliorare la prestazioni panificatorie perchè naturalmente privi di gliadine e glutenine. Se da un punto di vista prettamente microbiologico è un ottimo sistema di conservazione, cosi come da un punto di vista chimico per evitare i fenomeni ossidativi a carico dei lipidi presenti (diminuzione della rancidità e odori sgradevoli) , soprattutto per quelle granelle particolarmente soggette a ossidazione lipidica, ecc., personalmente ho molte riserve per gli sfarinati che devono "maturare naturalmente", "respirare", come la farina di grano tenero e duro, per ottimizzare le prestazioni panificatorie. Alcuni dei tanti fattori responsabili dei processi chimici che avvengono nella fase di "maturazione naturale" o stoccaggio degli sfarinati, atti a migliorare le proprietà reologiche, sono proprio i ponti di solfuro, ecc. che, a loro volta, dipendono, tra l'altro, dalla presenza dei perossidi, dipendenti dalla presenza di ossigeno. A mio modesto parere, molta ricerca è ancora necessaria a questo proposito soprattutto su questa particolare tipologia di sfarinati tal quali e conservati sottovuoto subito dopo la macinazione, poichè la presenza di ossigeno, cosi come la circolazione di aria, ecc. sono fondamentali per il processo. Un saluto cordiale e a disposizione.
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I tagli sul pane
Buongiorno Dott.ssa. Ho letto su qualche risposta sua, l’importanza dei tagli sul pane. Potrebbe consigliarmi qualche articolo su questo argomento. Grazie mille e buona giornata
Buongiorno a lei, purtroppo che io sappia (spero di sbagliarmi!) non ci sono articoli e/o pubblicazioni specifiche attendibili su questo argomento. Diciamo che la conoscenza dell'argomento fa parte di quel bagaglio culturale che impari con la pratica e l'esperienza di anni. Mi scuso quindi se non sono in grado di rispondere esaurientemente al suo quesito. Grazie a lei per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza. Cordialità
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Autolisi attiva......????
Dottoressa Simona, salve . Ultimamente gira nei social....tra gli "esperti" del settore arte bianca, un altro termine : Autolisi attiva.
Mi potrebbe dire, per favore ,di cosa si tratta ?
È una variante dell'Autolisi?
Ne esiste di fatto una passiva ?....una neutra ?
Grazie mille per la sua disponibilità. Un caro abbraccio.
Buongiorno a lei. Ha centrato pienamente il problema. Mi creda, la stessa obiezione l' avrei fatta anche io. Se una persona mi parla di "attivo", implica l' esistenza obbligatoria del "passivo" per la lingua e lessico italiano o eventualmente del " non attivo" scientifico; se mi parla di "lievito vivo" implica l 'esistenza del lievito "morto". Non la so proprio la differenza, proprio perché il concetto scientifico di autolisi è ben chiaro e il "non attivo" esiste solo se si denaturano gli enzimi responsabili. Essendo un processo enzimatico c'è un range di temperatura ottimale, oltre il quale si può arrivare alla denaturazione delle proteine e pertanto alla disattivazione degli enzimi responsabili. A quel punto se ho disattivato tutti gli enzimi... a che serve? Solo con la farina di segale ha un senso, ma anche in questo caso c'è un perché scientifico. Cortesemente ponga ai diretti interessati la domanda, ma pretenda risposte scientifiche ineccepibili. Se non le ottiene beh... Grazie per la preferenza accordata al nostro servizio. Un saluto cordiale
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Strappi nel pane
Salve dottoressa, ho provato a cercare la domanda prima di porla ma non l'ho trovata, può gentilmente delucidare, gli strappi laterali del pane da cosa siano dovuti? le incisioni non sono fatte bene? impasto troppo freddo? o incordato troppo, quindi non troppo rilassato prima di infornare? o l'assenza di vapore? la ringrazio anticipatamente.
buon lavoro.
Buongiorno a lei. Una sola ragione... infornato troppo presto! Se tagliato, i tagli non erano o abbastanza profondi o non abbastanza sottopelle. Grazie per essersi rivolto al nostro servizio. Un saluto cordiale e sempre a disposizione.
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Fermentazione lattica
Buongiorno in un diretto normale a 12 o 24 ore in assenza di ossigeno e quindi in fase di fermentazione oltre a quella alcolica possiamo avere anche quella lattica avendo usato lievito di birra? Grazie
Buongiorno a lei. Il S. cerevisiae produce durante i suoi metabolismi anche acido lattico, acetico, succinico, propionico, piruvico, butirrico ecc., e considerando che tra i contaminanti di farina, lievito fresco nonchè S. cerevisiae , ci possono anche dei LAB le rispondo che ... SI anche se usa il lievito di birra fresco ci può essere la fermentazione lattica proprio in virtù dei LAB contaminanti. La fermentazione lattica (omo o etero che sia!) non è il metabolismo tipico del lievito fresco, nonostante produca come metaboliti secondari degli acidi, ma avviene solo per i LAB contaminanti la massa, perchè è tipica di quelle specie microbiche. Grazie a lei e buona giornata.
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Biga e pasta di riporto
Buongiorno dottoressa Lauri c'è chi afferma che la biga e la pasta di riporto conferiscono all impasto finale le stesse caratteristiche di profumo e sapore in quanto hanno le stesse proprietà organolettiche solo perché entrambe hanno una fermentazione lattica. A mio avviso non è così. Potrei avere delucidazioni in merito ai due impasti. Grazie mille e complimenti per il servizio.
Buongiorno a lei. Biga e pasta di riporto sono due preimpasti completamente differenti sotto tutti i punti di vista: 1. La biga è solo costituita da tre ingredienti, impastata pochissimi minuti e stoccata in condizioni opportune. Lo scopo è quello di dare forza e struttura all'impasto finale. Mi riferisco a bighe mature in condizioni ottimali di maturazione e stoccaggio 2. La pasta di riporto è un pezzo di pasta avanzato dall'impasto, che a sua volta può contenere una biga, quindi completo di tutto e se non conservato adeguatamente può impartire un eccesso di acidità totale alla massa. Ha una forza "inferiore" rispetto alla biga perché già fermentata e/o lavorata. A livello organolettico ci potrebbe essere il rischio di una nota dominante acido - amara molto marcata, ma questo dipende dalla quantità utilizzata e dalle condizioni di conservazione. La massa è già salata per cui molti la preferiscono per la comodità di non fare il calcolo del sale da aggiungere. In panificio molti residui delle lavorazioni diventano "pasta di riporto" (sfridi della lavorazione, forme già fermentate sui telai o teglie o assi che per diversi motivi non sono andati in cottura, ecc.) Per quanto riguarda il discorso della fermentazione lattica si apre una grandissima parentesi perché chi opera la fermentazione etero o omolattica sono i LAB e non i lieviti per cui, se ci sono nella rispettiva microflora, sicuramente opereranno la fermentazione lattica come metabolismo principale, in caso contrario, nel tempo della lavorazione indiretta con biga (che contiene come inoculo S. cerevisiae), dominerà il S. cerevisiae con gli acidi che produce come metaboliti secondari. La loro concentrazione non sarà comunque paragonabile a quella dell'acido lattico, acetico, ecc. prodotti dai LAB specifici non solo ma con un inoculo dell'1% di S. cerevisiae in biga (condizioni operative std) non si può affermare che nella biga avvenga di preferenza la fermentazione lattica sull'alcoolica e sulla respirazione, a meno che si siano compiuti errori importanti di processo. Spero di esserle stata di aiuto. Un saluto cordiale e a disposizione
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Puntata degli impasti molli e lunghe maturazioni
Buongiorno dott.sa Lauri, mi complimento per l'utile servizio della rubrica "SOS online" perchè permette a tutti gli appassionati dell'arte bianca di poter informarsi da una fonte attendibile e scientifica.
Ho da porle alcune domande:
1) a parità di proteine, l'utilizzo di una farina 0 piuttosto che di una 00 cosa cambia in un prodotto?
2) nell'indicazione della percentuale di proteine in una farina, qual è la differenza tra "W" e quello riportato sulla confezione?
3) riguardo i tempi di puntata, ho letto in rete (e non da un libro purtroppo) che gli impasti molli hanno bisogno di tempi maggiori rispetto a quelli duri. Sbaglio a ritenere che la maggiore quantità di acqua accelerando le diverse reazioni chimiche comporti tempi minori rispetto agli impasti duri?
4) per l'impasto della pizza (in particolare per quella in teglia alla romana) spesso leggo lunghi tempi di maturazione a basse temperatura anche con farine non molto forti. L'andare oltre tante ore di lievitazione, per effetto della proteolisi in particolare, non comporta un eccessivo rammollimento ma anche dell'acidità dell'impasto? A parità quindi di ingredienti e processo di lavorazione, quale differenza si riscontra tra due impasti dei quali uno ha una maggiore maturazione in frigo?
Grazie della sua disponibilità
Buongiorno a lei. Le domande sono tante per cui mi scuserà se procedo per schemi puntati: 1) A parità di condizioni operative...Nulla! 2) La % di proteine totali non rappresenta il W. L'analisi quantitativa delle proteine totale è una analisi chimica effettuata esclusivamente nei rispettivi laboratori per controllo qualità delle aziende, mentre il W rientra nella valutazione dei parametri reologici e deriva da un algoritmo che tiene contro dell'area sottesa alla curva nell'alveogramma. Hanno una correlazione ma non sono la stessa cosa e comunque non è sempre vero che valori elevati di proteine totali corrispondano a W elevati. In ogni caso comunque l'errore che si compie nell'analisi reologiche è abbastanza elevato per cui il W che può leggere sulle confezioni non è detto che sia quello effettivo (lotto diverso, analisi effettuate diverso tempo prima, ecc.); da comunque una indicazione sul tipo di sfarinato che si sta acquistando. 3) Se si riferisce al pane (ma questo è scienza di arte bianca in generale) l'impasti molli devono avere un temperatura leggermente superiore a quelli definiti "bastardi" oppure "duri" per facilitare il maggior assorbimento di acqua, a sua volta utilizzata con valore di temperatura ricavabile dalla classica formula. Richiedono tempi di riposo in massa di gran lunga superiore a quelli di pasta dura se vuole un impasto di forza, in caso contrario avrà un impasto debole. 4) Purtroppo su questo non la posso aiutare perché ogni artigiano opera secondo le sue convinzioni. A parità di condizioni operative (metodo utilizzato, % di lievito fresco, % biga, ecc.), ma soprattutto di W e P/L , opto per un ulteriore stoccaggio della massa di ulteriori 2/3 gg a +4°C. Durante questa fase di "maturazione" avviene la trasformazione biochimica nonché enzimatica (proteolisi, ecc.) delle macromolecole presenti nella massa, sviluppo di attività microbica e relativi metabolismi, ecc. e si potrebbe andare incontro, appunto, ad acidità totale eccessiva, rottura della struttura, alterazione microbica, ecc. se il processo non fosse limitato per tempi brevi e a valori bassi di temperatura. In ogni caso non necessariamente si opera sempre e a prescindere la fase di stoccaggio a +4°C, dipende dalle proprietà reologiche degli sfarinati utilizzati; il risultato può essere ottimale in entrambi i casi sia con una farina 180<W<200 pochissime ore di maturazione in frigor e/o a t.a (dipende dalla temperatura ambiente!) oppure 320<W<350 per 24 - 48 - 72 ore in frigor e/o riposo a t.a. Grazie a lei per la preferenza accordata al servizio. Un saluto cordiale.
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Fette biscottate
Buongiorno, chiedo gentilmente il suo aiuto per l'impasto del pan bauletto che poi affetto e tosto per farne fette biscottate. Il pan bauletto viene ben lievitato e morbido e mangiato subito e' buonissimo. Il problema è che se lo tosto per farne fette biscottate mi vengono dure e per niente friabili. Cosa da' friabilita' ad un impasto? Come posso rendere queste fette scioglievoli? Seguo questo procedimento: farina 230w acqua 63% olio oliva 13% lievito birra fresco2%,zucchero15% ,sale .impasto diretto -raddoppio - forma - quasi raddoppio - cottura. Grazie di cuore per la sua gentilezza e professionalità.
Buongiorno a lei. Per la preparazione delle fette biscottate, il pane estratto dalle cassette, dopo un'ora o poco più, deve essere introdotto in un sacchetto trasparente e conservato per 12 ore a t.a. Trascorso tale periodo può essere affettato e le fette tostate da ambio i lati. In ogni caso l'olio come materia grassa non contribuisce assolutamente alla friabilità; per migliorare questa caratteristica deve usare o lo strutto o il burro. Grazie a lei per essersi rivolta al nostro servizio di consulenza e a disposizione. Un saluto cordiale
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Virtuosismi inutili?
Salve Dott.ssa Lauri, Innanzitutto complimenti per il contributo che da con questo blog e con questo servizio, tanto valore per noi addetti ai lavori. Vedo sempre più video di pizzaiolo che, una volta terminato l'impasto, tirano un estremo per diversi metri per dimostrare non so cosa. Potrebbe spiegarmi se c'è un reale motivo o stupido virtuosismo da social? Grazie a lei e complimenti ancora per l'ottimo servizio
Buongiorno a lei. Purtroppo di questi virtuosismi acchiappa "like" ne è pieno il web! Non solo, ma la moda diffusa tra i pizzaioli è quella di fare a gara a chi aggiunge più acqua nell'impasto, al canotto più grosso, a chi fa l'autolisi più lunga ecc. come se la bravura di un operatore si limitasse solo a quello. Tirano l'impasto per far vedere che la maglia non si è rotta e che ha assorbito tutta l'acqua che volevano. Evito ulteriori commenti. Grazie a lei per la stima e per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online.
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Il grasso nell impasto
Buongiorno Dottoressa;vorrei saperne di più rispetto all' interazione dei grassi con amido e proteine;dalla mia ignoranza e formazione,ho sempre aggiunto olio alla fine dell' impasto,questo perché sapevo che, aggiungendolo all'inizio, questo avrebbe impermeabilizzato amido e proteine e quindi ostacolato l' assorbimento e la formazione della maglia glutinica; In che modo invece potrebbe favorire questi fattori?C'è un limite di quantità di olio oltre il quale non bisognerebbe andare?che differenza c' è con un grasso solido (burro,strutto..) che invece è aggiunto nella fase finale di impastamento? La ringrazio per la condivisione della sua professionalità, esperienza, conoscenza oltre che per la disponibilità sua e di tutta la redazione. Cordiali saluti
Buongiorno a lei, le sue domande sono molteplici per cui mi scuserà se rispondo per punti e in modo schematico: Per la sua particolare struttura in acidi grassi, per l'olio EVO, si consiglia di non superare il 2,5 - 3% sulla farina per qualsiasi impasto pane, pizza, ecc. In caso contrario, da un punto di vista prettamente tecnologico, l'olio EVO contribuisce ad aumentare la rigidità della maglia e a dare il noto effetto "shortening" (accorciamento) alla struttura che causa una drastica riduzione del volume finale e pesantezza del prodotto rispetto agli altri oli di semi (mais, girasole, ecc.) Per quanto riguarda tutti gli altri quesiti la invito cortesemente a leggere la mia risposta ad un quesito similare " Olio e burro come e perchè" posto recentemente da un altro lettore. La ringrazio ancora per la preferenza, i complimenti e la gentilezza. Un saluto cordiale e a disposizione.
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Autolisi a freddo e calda
Gentile Dott.sse. Vorrei approfondire questo argomento. Potrebbe consigliami alcuni articoli da lei scritti? Grazie e Cordiali saluti
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Inserimento olio nell’impasto
Buongiorno dottoressa,ho letto che nell’ordine dell’inserimento degli ingredienti, nell’impasto della pizza lei consiglia di aggiungere l olio nelle prime fasi d impastamento;mi chiedevo se questo comporta qualche difficoltà di assorbimento dell’ acqua e per la creazione della maglia,essendo il grasso impermeabilizzante sull'amido e sulle proteine (mia personale formazione ed ignoranza); lei consiglia di inserire l olio, in quanto massa grassa liquida,sempre nelle prime fasi di impastamento anche per pani ecc.? La ringrazio per la sua solita disponibilità e collaborazione,anche rispetto a queste domande forse un po’ ignoranti
Buongiorno a lei, prima di tutto grazie per la stima e per aver posto il suo quesito. Non ci sono domande "ignoranti": tutte sono ben accette, perché denotano grande curiosità, passione e amore per il proprio lavoro. Qualsiasi sostanza grassa (olio, burro, ecc.) ha un effetto "impermeabilizzante" ma la modalità dipende dalla composizione chimica degli acidi grassi (saturi, insaturi, poliinsaturi ecc.) che influenzano sia il punto di fusione, lo stato fisico a temperatura ambiente sia la modalità di reazione con le altre molecole presenti nell'impasto. Olio e acqua sono due liquidi con caratteristiche chimiche differenti; uno è un solvente polare (acqua), mentre l'altro apolare per cui non interagiranno (a meno di emulsionanti o di lipidi polari!) tra di loro, ma solo con molecole dalle caratteristiche similari. Le proteine, ecc., con gruppi R polari continueranno ad interagire solo con acqua o con parti di molecole grasse (fosfolipidi ecc.) che presentano gruppi polari. Per quanto riguarda invece il motivo della modalità di introduzione dell'olio all'inizio della fase di impastamento (vale sia per l'impasto della pizza che per quello del pane senza alcuna differenza!) la invito a leggere la risposta al quesito "Olio e Burro: come e perchè" posto da un suo collega https://www.quotidiemagazine.it/sos/olio-nell-impasto in questa sezione. La ringrazio per la sua cortesia e per la preferenza accordata al nostro servizio. Un saluto cordiale e sempre a disposizione.
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Tagli del pane
Dott.ssa buongiorno, gradirei cortesemente una informazione: i tagli del pane si fanno dopo la formatura, a metà lievitazione oppure prima di infornare. Grazie sempre per la tua cortesia, professionalità e per il servizio gratuito che offrite.
Buongiorno a lei. Dal suo quesito "deduco" che non abbia molta dimestichezza con la tecnica di panificazione artigianale. Sono mortificata, ma mi è impossibile per email aiutarla. Ogni taglio pre o post lievitazione ha uno scopo ben preciso, non solo, ma la differenza basilare tra un taglio e l'altro è rappresentata soprattutto dalla posizione più o meno inclinata della lama e della posizione della mano, dall'affilatura e piegatura della lama, dalla forza della massa oltre chiaramente dalla profondità di taglio e dal numero/lunghezza di tagli che si possono eseguire nello stesso solco. Questo purtroppo è valutabile solo praticamente e dipende dal tipo di prodotto che si desidera ottenere, dal livello raggiunto di fermentazione, dalla apertura che si desidera far effettuare ai tagli, dalla idratazione della massa, dalla spaccatura centrale che si desidera ottenere e per ultimo dalla quantità di vapore. Per un neofita sembrano banalità, ma in realtà solo l'esperienza e la ripetizione quotidiana costante di un artigiano panificatore può insegnare i "trucchi" della riuscita di un taglio di profondità o di sottopelle. Dal taglio può appunto dipendere la riuscita di un prodotto. Mi scuso nuovamente se non sono stata in grado di rispondere per email al suo quesito. Ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una buona giornata.
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Autolisi col Licoli
Buongiorno Dott.ssa. Secondo lei l’utilizzo della tecnica di autolisi serve negli impasti per pizze con farine con P/L > 1,5. Ho imparato nei corsi di Piergiorgio Giorilli l’autolisi migliora il sapore, lo sviluppo ed il shelf life del prodotto ma lui non parla di P/L. Nel libro “Sourdough” di Andre Lugg & Hveem Field si parla d’autolisi fatto con tutta l’acqua della ricetta ma anche il Licoli (secondo Giorilli solo farina e acqua (55%)
Le mie domande sono:
1) quali sarebbero i vantaggi dell’utilizzo dell’autolisi nel caso del pane dove si cerca che il prodotto cresca più in altezza di larghezza?
2) Si può parlare di autolisi quando si usa non solo farina e acqua ma anche il Licoli?
3) Il vantaggio dell’uso dell'autolisi é solo la modifica del P/L o ce ne sono altri come spiega Giorilli. Cordiali Saluti
Buongiorno a lei. Non ha senso, dal mio personalissimo punto di vista, effettuare l'autolisi con il lievito di pasta madre in formulazione liquida perchè ci pensano già (e molto bene direi!!) i LAB. I pro e contro dell'utilizzo della metodica dell'autolisi in arte bianca, li ho descritti ampiamente su questa testata nella sezione Tecnologia a questo link https://www.quotidiemagazine.it/archivio/2015/numero-7/la-parole-di-tendenza-e-idrolisi-simona-lauri-ota-milano . Leggendo l'articolo troverà, spero, tutte le risposte ai suoi quesiti. Per qualsiasi altro chiarimento in proposito che esula da ciò che ho ampiamente descritto, ponga il/i quesito/i direttamente al Sign. Giorilli. Grazie a lei e buona giornata.
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Attivazione enzimi, amilasi e proteasi.
Gentilissima dottoressa, nel ringraziarla per la preziosa attività divulgativa ed in molti casi chiarificatrice, avrei bisogno di chiederle se in un impasto con modesta quantità di lieviti (1/2%) e posto in frigorifero (+4°) per la maturazione gli enzimi amilasi e proteasi sono ugualmente attivi rispetto ad una lievitazione a +26/28°. Grazie per la disponibilità e per il tempo che mi dedicherà.
Buongiorno a lei. Grazie per la preferenza accordata al servizio e per la stima nei miei confronti. Gli enzimi, qualsiasi essi siano, sono proteine e ciascuno di essi ha un range di pH e temperatura ottimale per reagire. All'esterno dei valori di massimo o di minino, gli enzimi reagiranno lo stesso ma non in modalità ottimale. A temperature di frigorifero (+4°C) avvengono le stesse ed identiche reazioni che si esplicano a +26/28°C, ma in maniera più rallentata proprio perchè i valori di temperatura non sono ottimali; le basse temperatura non operano alcuna denaturazione proteica ma solo un rallentamento dei processi. Per farle un esempio, l'attività metabolica del S. cerevisiae aumenta circa del 10% per ogni grado dopo i 20°C arrivando all'optimum intorno ai 30°C dopo di che, oltre i 35°C, inizia a rallentare proprio per effetto della temperatura che denatura gli enzimi responsabili di tutte le reazioni metaboliche fino alla morte della cellula stessa a temperature prossime a 45°C. Per cui, se a temperature basse (+4°C) le reazioni avvengono comunque, a temperature alte possono essere bloccate per denaturazione nonché disattivazione dei complessi enzimatici responsabili di dette reazioni. Indicativamente le alfa amilasi mostrano una temperatura di denaturazione/disattivazione enzimatica maggiore delle beta; a +80°C l'alfa amilasi di origine batterica mostra ancora un 92% di attività enzimatica, mentre le beta non sono più attive per denaturazione termica dell'enzima in questione che ha portato alla sua totale disattivazione. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito. Un saluto cordiale e a disposizione.
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Pieghe e ventilazione
Salve Dott.ssa,la funzione della ventilazione in macchina dell' impasto, può essere l' equivalente delle cosiddette pieghe? quali sono i criteri di valutazione per stabilire quanti cicli di pieghe si debbano dare e ogni quanto darle? Grazie e buona lavoro a tutta la redazione
Buongiorno a lei, Le rispondo senza ombra di dubbio: NO, non sono nè sinonimi nè da considerare come lo stesso processo biochimico. Il termine "ventilazione" è un vocabolo coniato da qualcuno nel mondo pizza e consiste unicamente nell'incorporare ciclicamente aria ad una massa fortemente idratata per spingere il metabolismo respiratorio nella lag fase iniziale di adattamento del S. cerevisiae che mediamente è di circa 2 ore. Discorso differente è, invece, quello relativo alle pieghe di rinforzo. Come dice la parola sono pieghe alle quali si sottopone la massa in particolari condizione di "debolezza" e servono per migliorarne la forza. A tali pieghe si deve sempre abbinare un innalzamento della temperatura poichè non avrebbe senso, da un punto di vista tecnologico, dare le pieghe di rinforzo ad un impasto debole per il freddo e poi stoccarlo a +4°C. Il numero delle pieghe e e delle ripetizioni è molto variabile e dipende sia dal tipo di prodotto che si desidera ottenere sia dalla "debolezza" . Spero di essere stata abbastanza chiara e di aver risposto esaurientemente al suo quesito. Nel ringraziarla per la preferenza accordatami, le invio i miei più cordiali saluti.
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Impastatrice Spirale
Buongiorno Dottoressa Lauri.
Alcuni modelli di impastatrice spirale, al contatto con il frangipasta, tendono a spezzare l'impasto e mandarlo verso l'esterno della vasca, senza mai formare la zucca, anche ad incordatura avvenuta.
In termini di qualità dell'impasto finito, secondo lei questi modelli sono da preferire o non c'è differenza? Grazie
Buongiorno a lei. Mi scusi ma è difficilissimo darle una risposta corretta, obbiettiva e soprattutto onesta. Valuti i tempi di impastamento, il riscaldamento meccanico, la potenza del motore, il voltaggio, ecc. Non c'è in assoluto una impastatrice migliore di un'altra; ho visto impastatrici senza piantone centrale impastare meglio e in tempi minori di quelle con il piantone, quelle a vasca piatta essere migliori di quelle con vasca a leggera concavità per cui.. sono mortificata ma non riesco proprio ad aiutarla alla cieca e solo su basi teoriche dire quale modello sia da preferire. Grazie per la preferenza accordatami e la stima. Un saluto cordiale.
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Fermentazione controllata
Buongiorno, vorrei sapere se esiste un manuale sulla fermentazione controllata e il freddo in panificazione. Grazie a lei
Buongiorno a lei, Un testo specifico e solo su quell'argomento non esiste. Può trovare diversi lavori universitari monotematici e specifici su riviste specializzate anche online. Se invece con il termine "manuale" intende un testo che descriva le fasi, 3 o 4 di programmazione in base all'azienda costruttrice, tempi/temperature, pezzature e tipologie di pane purtroppo non la posso aiutare per email perché appunto dipende dalla casa costruttrice e dal suo personale prodotto. In ogni caso si ricordi sempre di fare una stasi fuori - cella anche di 30 minuti prima di infornare e di abbassare la temperatura di cottura di 10 - 20 gradi rispetto alla cottura dello stesso pane che non abbia subito il processo di fermalievitazione per evitare il clamoroso errore/difetto delle antiestetiche microbollicine sottopelle e la vetrosità di crosta. Grazie per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online. Cordiali saluti
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Temperatura impasto alta idratazione
Salve dott.ssa,sto vedendo che ultimamente anche grandi maestri parlano di temperature finali basse (22 gradi) per impasti di pane (indiretto con biga) ad alta idratazione;come è possibile che ottengano buoni risultati,con una buona struttura e alveolatura? La ringrazio come sempre per la disponibilità e la professionalità che mette a nostra disposizione insieme a tutta la redazione.
Buongiorno a lei. Questa tecnica di lavorazione c'è sempre stata ed è di "scuola francese" e adottata soprattutto nella preparazione delle baguette fatte in Francia e con il poolish conservato in frigorifero. Lavorano gli impasti idratati sempre freddi, li tengono anche in frigorifero e li infornano a temperature alte, ma sono costretti a ridurre i tempi di cottura con la conseguente riduzione della shelf life rispetto allo stesso prodotto con temperatura opportuna e più "calda". Il prodotto si presenta friabile appena sfornato, poi diventa gommoso e "corda" subito dopo qualche ora dallo sfornamento. Il motivo risiede principalmente nella riduzione dei tempi di cottura in quanto l'impasto diventa immediatamente "rosso" per debolezza; debolezza che naturalmente prende per il freddo e l'idratazione. Non solo, ma ricordo che anche i francesi così come i tedeschi con il bresel devono sottostare al Reg. UE 2158/17 per i valori di acrilammide che in questi prodotti risultano abbastanza elevati. Grazie a lei per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online. Buona giornata
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Ossigeno presente nel impasto per pizza
Gentile Dott.ssa cortesemente vorrei sapere: in un impasto per pizza messo a maturare in frigorifero a 4 C per 24 ore, in quante ore il lievito di birra finisce la fase di respirazione aerobica per passare a quella anaerobica? Grazie a lei per la cortesia. Cordiali Saluti.
Buongiorno a lei , mi scusi ma la risposta alla sua domanda non né semplice né scontata. Non c'è una fase prima e una dopo in quanto il S. cerevisiae ha la capacità di adattarsi alle diverse situazioni e di operare anche in presenza di ossigeno la fermentazione alcoolica in base alla concentrazione di zucchero che esercita un 'azione repressiva reversibile sulla biosintesi del citocromo A nella fosforilazione ossidativa del processo respiratorio. Può passare indistintamente da un metabolismo all'altro senza problemi, ma solo in funzioni dell'ATP (chiamiamola semplicemente energia chimica!) prodotta. In aerobiosi, il metabolismo respiratorio è molto più energetico di quello fermentativo per cui l'ATP prodotta disattiva un enzima cruciale del processo della glicolisi, la fosfofruttochinasi, interrompendo il catabolismo respiratorio degli zuccheri a favore di una maggior biomassa. La risposta non è scontata proprio perché, in base alle condizioni in cui si trova (ossigeno, temperatura, concentrazione zuccherina, tipologia di zucchero, presenza di aminoacidi , ecc.) modifica sia la sua fase di crescita sia il suo metabolismo. Una cosa è certa; l'ossigeno incorporato in fase di impastamento (concentrazione variabile in base alla tipologia di impastatrice utilizzata!) è consumato soprattutto dal S. cerevisiae oltre che dalle altre forme microbiche presenti e la composizione dell'aria a fine fermentazione prevede una concentrazione massiva di anidride carbonica, scarso o nullo ossigeno cosi come di azoto. A +4°C non si arresta nessun processo metabolico, ma subisce solo un rallentamento. Ripeto non c'è in assoluto un intervallo di tempo (ore) dopo il quale si arresta obbligatoriamente un processo e inizia il successivo, ma il S. cerevisiae ha la capacità di interscambiare i processi in base alle condizioni e allo stato iniziale in cui si trova. Spero di essere stata abbastanza chiara. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio le invio i miei più cordiali saluti.
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Temperatura di fine impasto
Buongiorno Dottoressa Lauri.
Ho un quesito da porre in questa sezione. In alcuni casi,per la pizza sia a piatto che in teglia, specie nella tecnica con puntata in massa a 4° con idratazione medio alte (circa al 65-75%) consigliano una temperatura finale d'impasto bassa, esempio di 20-21°.Quindi più bassa di quella consigliata nei suoi testi e nei suoi libri e in tanti altri testi. Per esempio, anche nel disciplinare per pinsa romana si consiglia di non superare i 24°, nonostante parliamo di un impasto ad alta idratazione, consigliando anche in quel caso i 20-21°.
Anche lei, in passato, in una domanda di un utente (in cui si restringeva la pizza nello stampo teglia durante la cottura) ha provato a consigliare una temperatura finale più bassa (20°) per vedere se migliorava il problema.
In quali casi quindi è consigliata una temperatura finale di 20-21° ? Grazie come sempre per la sua disponibilità e cortesia, ma soprattutto grazie per questa opportunità di consulenza gratuita che come testata offrite ai lettori.
Buongiorno a lei. Quando un impasto si restringe nella teglia è tendenzialmente un problema di forza eccessiva che si può correggere, tra le altre cose, abbassando la temperatura della massa e facendoli prendere "debolezza" iniziale. Non è un obbligo sempre e a prescindere, ma un metodo correttivo per una situazione! Se poi si opera con riposi lunghi e pieghe, la debolezza iniziale data dal freddo non serve a nulla! Non so quale siano le motivazioni che spingano a consigliare da parte di altri autori, maestri, ecc., le temperature basse, ma nei miei testi mi riferisco di preferenza al pane. In questo caso, la tecnica di panificazione impone che ci sia una netta differenza di temperatura in base alle tipologie di impasti se produciamo pane o pizza. 21 - 22°C sono consigliati per gli impasti asciutti tipo: coppia ferrare, crocetta, pasta dura sarda, mantovano ecc., per la pizza classica invece consiglio 23°C come temperatura a fine impastamento. Se il pane prende debolezza la segna fin da subito e il risultato non è ottimale, se l'impasto della pizza prende debolezza può essere un pregio in certi casi soprattutto se la scelta della farina in termini di proprietà reologiche non è ottimale per il tipo di lavorazione adottata. Grazie a lei per essersi rivolto al nostro servizio. Buona giornata
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Tempo di impastamento della madre e relazione con QF
Buongiorno Dott.ssa, grazie per i suoi consigli. Ho spesso letto che a parità di condizioni, temperatura farina ecc, il lievito madre impastato per più tempo agevola la fermentazione lattica e viceversa, con temperatura finale dell'impasto identica (quindi ripeto a parità di condizioni). Vorrei conoscere la sua opinione e motivazione.Grazie, cordiali saluti.
Buongiorno a lei. La variazione del rapporto molare tra acido lattico/acetico, conosciuto come Quoziente Fermentativo (QF), dipende soprattutto dai generi/specie di batteri lattici (LAB) contaminanti prima che dalle condizioni di processo in quanto non tutti i LAB producono acido lattico unitamente ad acetico ecc.; in parole semplici dipende prima di tutto dalla tipicizzazione della microflora dei LAB e lieviti presenti che mediamente, da bibliografia di lavori eseguiti unicamente su madri artigiani, si attesta in più di 50 specie di LAB (appartenenti ai generi Lactobacillus, Pediococcus ecc.) e più di 20 specie di lieviti circa (appartenenti ai generi Saccharomyces,Candida ecc.) oltre alla presenza di eventuali batteri acetici come contaminanti.
Detto questo, stabilito che siano presenti specie di LAB definiti eterofermentanti facoltativi e obbligati (la cui variazione dei metaboliti prodotti dipende dalla presenza o meno di esosi o pentosi), occorre precisare che altri parametri possono variare il QF in presenza di detti LAB come proprio: l'idratazione della madre, la presenza /assenza di ossigeno, la temperatura di conservazione, l'aggiunta di fruttosio, la gestione legata piuttosto che in recipienti arieggiati del lievito di pasta acida, ecc. Come può notare, affermare che la produzione di acido lattico sia unicamente legata al tempo di impastamento mi sembra molto riduttivo, impreciso e fortemente disinformante scientificamente. Aumentare il tempo di impastamento vuol dire aumentare la temperatura della massa, nonché la temperatura a fine impastamento, ma questo a sua volta dipende da parametri importanti come: l'idratazione della madre, la quantità della stessa, la velocità, il tipo di impastatrice, ecc. Non è una certezza, anzi direi piuttosto una superficialità/errore scientifico affermare in assoluto e a prescindere che "...il lievito madre impastato per più tempo agevola la fermentazione lattica e viceversa...". Aumentare i tempi di impastamento equivale ad un aumento della temperatura finale della massa (non è detto che questo sia compatibile con le proprietà reologiche della farina utilizzata), ma la funzione diretta e assolutistica che mette in relazione unicamente il tempo di impastamento con la produzione di acido lattico dei LAB non è corretta, a meno che non ci siano diversi studi recenti scientifici validi e specifici a supporto di tale affermazione. Grazie a lei per essersi rivolto al nostro servizio. Buona giornata
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Pubblicità ingannevole o truffa sul lievito madre secco?
Vorrei ringraziarla caldamente per questa rivista e la Sua prestigiosa consulenza. Di recente le ho posto un quesito relativo al lievito madre secco e la Sua risposta ha confermato i miei sospetti. Cosa dire allora di prodotti contenenti solo lievito madre essicato, senza aggiunta di lievito di birra, che promettono - senza gli ulteriori rinfreschi cui lei ha accennato anche nella Sua risposta - effetti lievitanti? Naturalmente, nel caso Lei non fosse già al corrente di quella che a me pare una truffa, potrei inviarle i link dei negozi online che li vendono, presumo in un messaggio da non pubblicare, affinché lei valuti la correttezza di quanto da me riferito.
Buongiorno a lei. In effetti sembra sempre un' esortazione imbonitoria e un annunciato "miracolo" da santoni. Il marketing vuole questo perché il mercato e moda del momento vogliono questo, perché il consumatore un pò troppo "fanatico" (mi passi il termine un pochino esagerato, ma comunque assolutamente non offensivo, ma figlio solo di disinformazione di gruppi social un pò troppo "facebbokiani"!) crede alle favole e ai miracoli, non avendo una preparazione adeguata in microbiologia, ma soprattutto la curiosità di approfondire scientificamente, sui testi universitari,una materia che è alla base del settore. Si fida, perché fa comodo così, del primo post scritto senza mai verificare se sia markettiano o sia figlio di non conoscenza scientifica di chi lo ha scritto! Il lievito madre essiccato, introdotto direttamente nella massa, non ha alcun effetto istantaneo nè di flavour nè di conservazione del prodotto proprio per la ridotta tempistica di lavoro e per la condizione di stress vitale in cui si trovano le cellule. Avrebbe forse effetto se si desse a detti microrganismi il tempo di adattarsi al nuovo stadio e di iniziare la fase esponenziale di crescita; in parole semplici se si desse alle cellule, che sono sopravvissute al processo dell'essicamento, il tempo per riattivarsi, adattarsi ecc., per rendersi "vitali" e in fase logaritmica di crescita. Potrebbe essere un buono starter per la creazione di una madre da gestire e mantenere come di consueto con i rinfreschi. Spero di aver risposto al suo quesito e nel ringraziarla per la stima nei nostri confronti, le invio i miei più cordiali saluti.
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Amidi e maturazione
Buongiorno dottoressa come ho letto in piu blog solo il 10 % di amidi ossia quelli danneggiati durante la fase di macinazione viene attaccato dalle amilasi durante la fase di maturazione. Dove posso trovare una fonte sicura e certa che parli di questo aspettando un suo riscontro le auguro una buona giornata
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Malto diastatico nei grandi lievitati
Buongiorno Dott.ssa, grazie per i suoi preziosi consigli. Alcuni professionisti usano il malto diastatico nell'impasto per panettone e colomba, altri no. Le chiedo per cortesia di fare un pò di chiarezza sull'uso del malto diastatico nei grandi lievitati "dando per scontato che le farine utilizzate sono state appositamente selezionate per quell'uso". Grazie, saluti. Massimo
Buongiorno a lei. Le farine che, come dice lei," sono state espressamente selezionate per quell'uso!" sono farine che presentano proprietà reologiche adeguate a quel tipo di lavorazione. In linea di massima, se sono commercializzate con le diciture obbligatorie e legali riportate nel DPR 187/01, non devono contenere null'altro se non il cereale di partenza ed essere solo il "...prodotto ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano tenero liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità......" (art.1 DPR 187/01).; possono comunque avere valori differenti naturali di Falling Number, ma questi sono dati dalla variabilità delle condizioni di raccolta, cultivar, e condizioni di stoccaggio: tempo, temperatura, UR , momento della raccolta del frumento, ecc. In caso contrario, se presentano "additivazioni" (comunque lecite e obbligatoriamente da dichiarare in etichetta!) di amilasi, farine maltate, acido ascorbico ecc., non sono più semplici "farine" ed è ... un'altra storia!
La presenza e la quantità (funzione delle unità Pollack) di malto diastasico nell'impasto per panettoni, colombe, grandi lievitati, ecc.,in genere è molto personale anche se, dal mio punto di vista, ritengo indispensabile la presenza nella massa, non tanto per l'apporto di zuccheri, già presenti mediamente intorno al 20% tra saccarosio e miele, ma per l'ulteriore supporto enzimatico fondamentale per questi impasti. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito. Un saluto cordiale e grazie a lei per essersi rivolto al nostro servizio. A disposizione
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Lievito madre con lievito di birra.
Complimenti per il Vostro servizio di informazione e formazione tecnico scientifica,
Domanda : sono un purista della panificazione, nel senso che cerco di utilizzare il lievito di birra o il lievito madre , comunque mai assieme, moltissime persone utilizzano il lievito di birra come starter, per far si che il lievito madre "parta", (non so per dove), mettendo i due agenti lievitanti assieme. Vorrei sapere chi dei due porta a completa maturazione il mio impasto nel caso mettessi il 25% di lievito madre e 1,5% di lievito di birra. Io li vedo come antagonisti, anche perché i due danno inizio a due tipi di fermentazione che viaggiano su due binari differenti. Ha senso biologicamente utilizzare entrambi? Io ho sempre il sentore che uno escluda l'altro. Grazie a lei
Buongiorno a lei. Le due tipologie di microrganismi, presenti nella madre o nel lievito di birra, non sono assolutamente antagoniste anzi alcune specie di batteri lattici e Saccharomyces exiguus e cerevisiae sono addirittura simbiotiche. In linea di massima, quello che commercialmente è definito lievito di birra è una coltura formata da 92 - 95% di S. cerevisiae e 5 - 8% di batteri lattici e muffe, mentre la madre è una microflora selvaggia costituita da una microflora molto variabile in base alle materie prime utilizzate come starter, nella quale, in linea di massima, il rapporto LAB/lieviti è 100/1 (non è sempre cosi, anzi può essere anche pari o addirittura ribaltato in base appunto alle matrici usate come starter!) con una specifica microflora autoctona di generi e specie appunto molto variabile. E' questo il punto scientifico fondamentale della cultura autoctona della madre nella quale convivono LAB, lieviti, batteri acetici e altri microrganismi in cui però LAB e lieviti formano la coltura dominante che rallenta o blocca la proliferazione di altre forme vegetative. Per esempio, nella madre, il L. sanfranciscensis e il S. exiguus così come il L. plantarum con il S. cerevisiae creano un'associazione cosi stretta tale che, per esempio, il L. sanfranciscensis scinde la molecola di maltosio fornendo nutrimento sia per se che per il lievito, il quale, a sua volta, sintetizza isoleucina e valina essenziali sia per se che per il LAB. Stessa cosa per l'associazione L. plantarum e S. cerevisiae. Questo per dire: 1.disinformazione e fake allo stato puro quando si sostiene che la madre non contiene lievito S. cerevisiae o ancora peggio se si entra nel campo delle fantomatiche nonché altrettanto fake "intolleranze" al lievito di birra in cui si consigliando i prodotti fatti con la madre. La madre contiene S. cerevisiae e questo è una certezza dimostrata da più pubblicazioni scientifiche.
2. L'azione del S. cerevisiae nell'equilibrio microbico autoctono è basilare.
3. La presenza del S. cerevisiae è un obbligo nonchè certezza proprio perché sporigeno, contaminante dei locali di produzione, ubiquitario in natura soprattutto se la partenza è a base frutta (uva, ecc.) e senza specifiche esigenze nutrizionali e/o di crescita. Metabolizza qualsiasi sostanza zuccherina,resiste a valori di pH abbastanza acidi e vive sia in presenza sia in assenza di ossigeno.
Detto questo, tornando al suo, le rispondo che la scelta di operare con solo madre, solo lievito o con il classico sistema misto è solo dettata da abitudini personali. Lievito di birra e madre, a livello microbiologico di equilibri e metabolismi, non viaggiano assolutamente su due binari paralleli, non si escludono a vicenda e nonostante uno operi un dualismo metabolico (respirazione(fermentazione alcoolica) produce comunque acidi, cosi come i LAB (dipende sempre e solo dai contaminanti di partenza) possono produrre o solo acido lattico o acido lattico+ acetico, anidride carbonica ecc. Qualche operatore mette i due lieviti insieme nell'impasto unicamente per facilitare l'immediato aumento di volume del prodotto in questione, in quanto la capacità produttiva di anidride carbonica da parte del lievito è di gran lunga superiore a quella dei LAB. In ogni caso, dalla struttura della mollica, ci si accorge immediatamente quale metabolismo microbico abbia preso il sopravvento. Spero di esserle stata di aiuto. Un saluto cordiale e grazie per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza gratuita. Buona giornata
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Prefermenti con farine di tipo integrali
Buongiorno dottoressa, le volevo porre una domanda riguardo i prefermenti (biga, poolish) , vorrei sapere se ci sono delle differenze a livello di gestione tra prefermenti fatti con farine 0/00 rispetto a farine tipo 1/2 e integrali. Grazie mille
Buongiorno a lei, la gestione tecnico operativa dei PREIMPASTI come biga o poolish fatti rispettivamente con 100% farina di grano tenero tipo integrale, tipo 1,2 ecc. non presenta differenze di gestione se non un maggior assorbimento di acqua per quelle di tipo integrale rispetto agli altri tipi e a parità di tutte le altre condizioni operative. La differente gestione è dovuta unicamente alle proprietà reologiche, tempi di impastamento, tempo di riposo/stoccaggio PREIMPASTO, riscaldamento, temperatura stoccaggio, ecc. per quanto riguarda la biga, mentre per il poolish quantità di lievito fresco, temperatura acqua, temperatura ambiente ecc. Grazie a lei e buona giornata.
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Grandi Lievitati
Buongiorno Dottoressa Lauri, chiedevo un parere su questo. Ultimamente nel doppio impasto grande lievitato ho provato una sorta di autolisi di farina, acqua e parte di tuorli della durata circa del terzo rinfresco del lievito madre, cioè quando il lievito è pronto l'autolisi anche, questo come mi hanno spiegato favorisce la formazione del glutine accorciando i tempi di impastamento. Prima di ciò usavo una metodica per cui iniziavo ad impastare senza autolisi, farina, acqua, zucchero e lievito e facevo dei fermi macchina da 15-20 minuti. Sono corrette e valide entrambi le tecniche e vale la pena usarle secondo lei?
Buongiorno a lei, l'autolisi non facilita la formazione del glutine anzi può arrivare all'impossibilità di creare il network glutinico se non controlla il processo, proprio per l'eccessiva azione enzimatica. Stiamo parlando di un grande lievitato per cui è la prima volta che sento parlare di fermo macchina, autolisi, doppio impasto ecc., come se fosse un impasto per la pizza, pertanto mi scusi ma non sono in grado di esprimere un parere. L'impasto incorda perfettamente in una bracci tuffanti con minimo 44 battute e con una impastatrice a spirale 2 velocità purchè dotata di un piantone centrale e appunto 2 velocità. L'unico problema che può incontrare è quello di riuscire a capire il tempo necessario per incordare in base ai giri/min della spirale in 1 o in 2 velocità se utilizza questo tipo di impastatrice. Grazie a lei e buona giornata
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Biga a 4°C
Buongiorno Dott.ssa avrei un quesito da porla. Ho iniziato la produzione di pane con biga standard, facendo 18 ore a 18 gradi (temperatura ambiente). Ora con l'arrivo del caldo in ambiente supererò 26/28 gradi, quindi vorrei gestire la biga in frigo, come devo procedere. Grazie a lei per il servizio gratuito che offre e per la disponibilità.
Buongiorno a lei. Ammesso che non ci siano errori in fase di preparazione della biga intesi come: tempi di impastamento (scarso o eccessivo) in base alle ore di maturazione/stoccaggio/riposo, scelta della farina in base allo stesso riposo, temperatura dell'acqua, della massa, della farina usata, temperatura ambiente di riposo, percentuale di lievito fresco, può procedere con lo stoccaggio in frigorifero. Fino a 24 ore la biga può sostare a 18°C, ma se cambiano le condizioni come il rapporto tempo di stoccaggio/temperatura ambiente, deve obbligatoriamente far variare alcuni parametri tra i quali effettuare parte dello stoccaggio a +4°C. Sempre nell'arco delle 18 ore come riportato nella sua email e quindi senza far variare il tempo, può procedere mettendo a +4°C per le prime 10 ore e successivamente a 26/28 per le restanti 8. Chiaramente per email posso prendere abbagli clamorosi, perchè se varia anche solo di qualche grado la temperatura, per esempio essere inferiore ai 26°C, oppure se la biga non riesce a maturare correttamente con 10 ore a +4°C, dovrebbe diminuire il tempo di stoccaggio a +4°C. Purtroppo solo l'aspetto visivo dopo le 18 ore può dire esattamente come modificare con correttezza tutti i parametri di gestione. Spero comunque di esserle stata di aiuto e ringraziandoLa per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza, le invio i miei più cordiali saluti. A disposizione
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Maturazione della massa in frigo
Buonasera dottoressa, vorrei porle due domande per quanto riguarda la maturazione della massa in frigo. Parliamo di pizza tonda idratata al 68%. Ultimato l impasto a una temperatura di 23 gradi circa, e temperatura ambiente idem, l impasto può andare subito a temperatura controllata o necessita di una prima lievitazione a temperatura ambiente? E' vero che se lascio riposare l' impasto in massa quest' ultimo necessita di più lievito? Io solitamente lavoro con 1,5 a kg e un tecnico mi ha detto di alzarlo addirittura a 5 g per chilo di farina in caso di maturazione in massa. Grazie mille
Buongiorno a lei. Mi scusi ma dalla sua email non comprendo molto bene se lavora con il lievito fresco o con quello secco, inoltre non cita né la metodica di lavoro usata né il tempo di maturazione in massa (24 - 48 ore!) né la temperatura (t.a. o t.c.) di stoccaggio della massa ; suppongo con il lievito fresco, leggendo la dose nell'ultima riga della sua email. Pertanto, dopo l'impastamento, la massa richiede un riposo di circa 1 - 2 ore a t.a. (non inferiore a 18°C) prima di essere messa a t.c. con la dose di 1,5 g/Kg di lievito fresco. Non mi trova d'accordo sul fatto di aumentare il lievito fresco a 5,0 g/Kg in caso di maturazione in massa soprattutto se preso come relazione assoluta obbligatoria a prescindere, sempre e comunque, di : riposo in massa = aumento della quantità di lievito. Il motivo è molto semplice; il riposo in massa (proprio perché c'è una massa grande!) ha una temperatura di riscaldamento superiore come conseguenza di tutte le reazioni esotermiche che avvengono all'interno, per cui si scalda maggiormente rispetto a una piccola pallina. Questo fatto velocizza maggiormente l'azione dei lieviti, batteri, ecc. presenti per cui aumentare la quantità da 1,5 g a 5,0 g vuol dire passare da 0,15% a 0,5% sulla farina e spingere maggiormente la fermentazione la quale, abbinata a una massa più "calda", stimola il processo della fermentazione. Questo in teoria e in generale perché, non conoscendo il tempo e la temperatura di stoccaggio della maturazione in massa del suo impasto, posso solo fare delle deduzioni. Aumentare il lievito a 5g/kg vuol dire prevedere un riposo in massa più corto rispetto a quello effettuato con 1,5 g/Kg che può anche all'occorrenza essere fatto, ma dipende dalle condizioni operative specifiche. Grazie a lei e buona giornata.
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Impasto
Dottoressa buongiorno...avrei una domanda riguardo la presenza dei puntini neri sui panetti: Perchè avvengono? Ho sentito parlare di ossidazione di sali minerali, ecc...mi saprebbe dire cortesemente a cosa sono dovuti ? La ringrazio in anticipo
Buongiorno a lei. Sui gruppi social, a questa perenne domanda, si legge di tutto. A parte le risposte ineccepibili di professionisti seri ed estremamente preparati, si leggono risposte inventate tutte di sana pianta nelle quali si inventano fantasiosissime nonché antiscientifiche reazioni e/o spiegazioni. In letteratura ci sono diversi studi scientifici che si riferiscono all'imbrunimento sia enzimatico sia non (in primis reazioni di Maillard) negli alimenti. L’imbrunimento enzimatico è strettamente connesso alla natura del vegetale, ovvero alla presenza di enzimi ossidasici. La presenza dei, più o meno numerosi, puntini neri/marroni sulla superficie degli impasti crudi della pizza sono una diretta conseguenza dell'ossidazione dei pigmenti naturali (fenoli) presenti nelle parti cruscali della farina; a loro volta, funzione del grado di abburattamento. E' quindi un imbrunimento enzimatico dovuto a un particolare enzima presente maggiormente nella crusca e/o residui di essa. Pertanto più una farina ha un indice di abburattamento elevato, più i punti saranno presenti. Per esperienza personale ritengo che ci sia anche una implicazione diretta del Saccharomyces cerevisiae.
La reazione di imbrunimento è catalizzata dall’enzima polifenolossidasi (PPO), conosciuto anche come fenolossidasi, fenolasi, monofenolo ossidasi, difenolo ossidasi e tirosinasi. E' presente nei vegetali, funghi e crostacei e anche in alcune specie batteriche del genere Streptomyces. Alcuni autori riportano che i prodotti di reazione dell’attività polifenolossidasica, i chinoni, (derivanti appunto dall'ossidazione dei fenoli ad opera della polifenolossidasi) sono in grado di reagire con altri composti, quali aminoacidi, zuccheri e possono produrre “off-flavours”. L’attività catalitica della PPO è influenzata da parametri ambientali come la temperatura e il pH. È riconosciuto come l’abbassamento della temperatura causi un rallentamento della cinetica di reazione, mentre elevate temperature denaturano la struttura dell’enzima. Le variazioni di temperatura possono anche alterare la solubilità dell’ossigeno, co-substrato richiesto dalla PPO per esplicare la sua attività catalitica; diminuendo la temperatura, aumenta la solubilità dell'ossigeno. La temperatura ottimale di attività della PPO varia a seconda della sua origine; quelle della mela sviluppano la loro massima attività a 45°C, mentre le PPO dell’uva hanno l’optimum tra i 25 e i 45°C . Il pH ottimale per la PPO varia in funzione dell’origine, ma in generale è compreso tra valori di 4.0 ÷ 8.0; valori esterni a tale intervallo causano un rallentamento delle reazioni di "imbrunimento". Il frumento inoltre contiene anche gli enzimi che ossidano le sostanze grasse tra i quali: lipasi e le lipossidasi, di cui fanno parte le lipossigenasi, le perossidasi, e, per alcuni aspetti, le polifenolossidasi. Riassumento quindi posso affermare che la presenza dei punti neri sui panetti è influenzata dal tempo di maturazione della massa, dal grado di abburattamento, dalla presenza di lipidi, dalla presenza del Saccharomyces cerevisiae, dalla bassa temperatura, dal valore del pH e dalla solubilità di ossigeno. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito. Grazie. Un saluto cordiale
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Pasta madre e pH
Buongiorno dottoressa, volevo un suo suggerimento riguardo il pH della pasta madre. Ho una pasta madre creata 15 anni fa, la rinfresco una volta a settimana con una 400W e finora mi ha sempre soddisfatto fino a qualche mese fa quando non sono venuti i panettoni e misurando con una cartina tornasole la pasta madre mi da' un pH di 6. Ora non so quanto sia affidabile la misurazione ma se fosse così come abbasso il pH? so tutti i metodi per alzarlo ma questa cosa non mi era mai successa. Grazie a lei per il servizio di consulenza tecnica gratuita, la competenza e la disponibilità.
Buongiorno a lei, leggendo più volte la sua email non sono riuscita a comprendere la metodica di gestione (solida, liquida, legata, libera) Sembra una banalità, ma le differenti gestioni determinano situazioni chimico - fisiche e organolettiche molto differenti tra loro. In linea di massima il pH di una madre (da non confondere assolutamente con l'acidità totale o con la percezione sensoriale di una maggior o minor acidità!!!) si mantiene indicativamente intorno a 4,5 - 4,8 anche se NON è assolutamente l'unico parametro da considerare. pH uguale a 6,0 mi sembra un pò troppo elevato ma per email non posso esprimere nessun giudizio obbiettivo su cosa potrebbe essere successo, compreso un errore di lettura o di viraggio della cartina. Nel caso di madri con valori di pH cosi elevati si suggerisce di non procedere assolutamente con il bagno, di aggiungere carboidrati differenti e di lasciare anche 48 ore a 30° - 35°C. In ogni caso, questo è un suggerimento empirico per email e a "occhi chiusi", dato senza avere il minimo riscontro o visione reale dello stato sensoriale attuale della madre, dello stato del microbiota, della identificazione microbiologica e della modalità di gestione. Mi scuso per questo limite e/o difficoltà tecnica oggettiva. Grazie a lei per essersi rivolto al nostro servizio e sempre a disposizione. Buona giornata.
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Impasto indiretto
Dott.ssa buongiorno, Cortesemente vorrei un aiuto; faccio l'impasto pizza indiretto poolisch 30% nel secondo impasto, con farina di media/forza come si calcola l'acqua, visto il poolisch è molto idratato? Grazie per il servizio gratuito offerto dalla testata e per la sua disponibilità. Saluti
Buongiorno a lei. Il calcolo della quantità di acqua da utilizzare in una ricetta è fatto sempre sul totale della farina e in totale. Mi spiego meglio: deve sommare (totale) alla farina presente nel poolish la farina che utilizza nel rinfresco e sul valore somma calcolare la quantità di acqua. Se la ricetta prevede per esempio il 70% di acqua in totale sulla farina, deve calcolare questa percentuale sul totale della farina usata e sottrarre quella parte di acqua che ha già utilizzato per fare il poolish in modo tale che nell'impastatrice, nella seconda fase, Lei possa aggiungere solo la quantità data dal valore differenza (quantità di acqua in totale prevista dalla ricetta - quantità di acqua già usata nel poolish). In ogni caso, la metodica indiretta con poolish, prevede che la farina utilizzata nella preparazione del poolish sia quasi sempre o 1/3 oppure la metà della quantità totale. Spero di non averla confusa ulteriormente e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online, le invio i miei più cordiali saluti.
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pane fresco
Buongiorno Dottoressa,mi domandavo,con la nuova legge sul pane fresco chi utilizza miglioratori può' definire il suo prodotto pane fresco anche se non lo surgela? Perché' comunque,a mio dire, a parità' di lavorazione con le stesse materie prime,un impasto con l'utilizzo del miglioratore sviluppando di più si aumenta la durata del prodotto finito. Grazie
Buongiorno a lei. Se il prodotto è realizzato secondo un processo di produzione continuo, non subisce interruzioni finalizzate al congelamento o surgelazione, ad eccezione del rallentamento produttivo legato all'utilizzo della cella fermalievitazione (che ricordo non congela nè surgela il prodotto) e privo di additivi conservanti o altro come da art.2 DM 131/18, può essere definito pane fresco. Se lo surgela NON può essere definito e/o venduto pane FRESCO. Chi utilizza miglioratori li deve OBBLIGATORIAMENTE dichiarare in etichetta con tutti i loro ingredienti, additivi compresi. La legge non riguarda la durata intesa come vita di scaffale del prodotto, ma le tecniche di produzione (processo produttivo che non deve essere superiore alle 72 ore) che determinano la differenza tra ciò che è pane fresco, pane conservato, pane surgelato. Se poi un pane dura solo due ore perché lavorato in tre ore, ecc., ma non subisce interruzioni finalizzate al surgelamento, congelamento e non contiene additivi conservanti può essere venduto, secondo la legge come PANE FRESCO. Sarà il consumatore a far capire in termine di vendite e/o invenduto (dipende dai punti di vista) che quel prodotto non lo vuole. Grazie a lei per essersi rivolto al nostro servizio. Buona giornata
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I segreti di un'arte
Buongiorno Dott.ssa, le scrivevo per chiederle se fosse possibile ricevere una sua copia della prima edizione del suo Libro "I Segreti di un' arte". In attesa di una Sua risposta, Le porgo Cordiali Saluti
Buongiorno a lei. Il testo "I segreti di un'arte" lo può acquistare direttamente dalla casa editrice ARTE BIANCA della FIPPA (Federazione Italiana Panificatori Pasticceri ed Affini) di Roma contattando i seguenti riferimenti:
Editrice per l’Arte Bianca S.r.l.
Via Alessandria 159/d – 00159 Roma RM
Telefono: 06 8549559 – 06 8541138
E-mail: info@fippa.it – artebianca@fippa.it
Grazie a lei per la stima e la preferenza accordatami. Cortesemente mi faccia sapere. Un saluto cordiale e a disposizione. Buona giornata
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Riscaldamento
Buonasera Dottoressa.Si legge in molti libri che i tempi d'impasto negli indiretti sono più lunghi dei diretti.Infatti, per esempio, si legge riscaldamento spirale 9 gradi, indiretto 18 gradi. Perché questa differenza nei tempi di impasto? Grazie come sempre.
Buongiorno a lei. I tempi di riscaldamenti riportati in molti libri, miei compresi, sono indicativi e dipendono non solo dal tipo di impastatrice (spirale, tuffante, forcella) ma dalla "meccanica" tipica di ogni impastatrice (due impastatrici a spirali possono riscaldare diversamente) dalla velocità, dalla quantità di massa posta all'interno, dalla consistenza ecc. La differenza tra un diretto e un indiretto tutta biga, che si traduce in un differente attrito meccanico quindi riscaldamento della massa, consiste proprio nel fatto che nel diretto inizialmente ho tutti gli ingredienti in polvere (Farina, malto ecc.), mentre nell'indiretto ho una massa già formata, già calda che offre attriti meccanici superiori agli organi in movimento. Chiaramente tutto è condizionato alla quantità di biga, madre solida presente, alla velocità e alla quantità di massa totale da impastare rispetto alle dimensioni della vasca. Spero di essere stata chiara e ringraziandola per essersi rivolto/a al nostro servizio le auguro una buona giornata.
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Problema pane congelato
Buongiorno,la seguo con interesse da molto tempo e le vorrei chiedere aiuto per un problema che ho con il pane . Dopo aver cotto il pane lo congelo per mia comodità, ma una volta scongelato si sbriciola al taglio.C'è qualche accorgimento che potrei adottare per non avere questo problema? Solitamente procedo così : autolisi 2 ore con farina macinata a pietra ed acqua -aggiungo 30%lievito madre-sale. Prima lievitazione aumento del 50%-formo filoni - faccio lievitare di nuovo.La ringrazio di cuore.
Buongiorno a lei. Il problema del distacco della crosta dalla mollica nel pane congelato/surgelato si presenta soprattutto per pani che hanno una quantità di acqua maggiore del 60% sulla farina e generalmente in pezzature non molto grosse. Avviene anche in pezzature grosse ma un pochino più raramente rispetto alla piccola pezzatura e alla forma un pochino più bassa. Il fenomeno dipende dalla sublimazione delle molecole di acqua con la rispettiva riduzione del contenuto della stessa negli immediati strati sottocrosta. Può ridurre (NON risolvere!) il distacco della crosta e/o lo sbriciolamento, chiudendo il pane dopo completo raffreddamento in un sacchetto di carta e poi in un sacchetto da congelamento di plastica dopo aver fatto uscire tutta l'aria. Può notare a volte anche delle striature molto compatte e un pochino "farinose", come se una piccola parte di farina non fosse stata impastata. In realtà non è che la farina non si sia impastata, ma la sublimazione delle molecole di acqua ha generato questo effetto di "secchezza estrema". Personalmente ridurrei, in fase di lavoro, l'autolisi e procederei con i riposi in massa. Grazie a lei per essersi rivolta al nostro servizio di consulenza e sempre a disposizione. Buona giornata
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croccantezza pizza
Dottoressa Simona buon giorno, per ottenere una pizza in pala più croccante, bisogna utilizzare, una farina, un metodo, oppure la cottura? un suo consiglio per ottenere una pizza in pala un pò più croccante. grazie a lei per il servizio che offre. Saluti
Buongiorno a lei. il descrittore sensoriale "croccantezza" riferito a una pizza descrive una percezione molto particolare della matrice in questione; il famoso "crock" è opportunamente descritto dalla scienza sensoriale. Tale parametro è una sommatoria di più fattori anzi un connubbio tra una farina con proprietà reologiche specifiche per il tempo di maturazione, la temperatura di cottura, la temperatura della massa e la lavorazione stessa. Sono mortificata, ma è impossibile descrivere tutto questo per email e soprattutto dare consigli. Scusandomi nuovamente per l'inconveniente di comunicazione (post, email, ecc.) e ringraziando per essersi rivolto a nostro servizio, le auguro una serena giornata.
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