Hai un problema tecnico di produzione nel settore dell'arte bianca (pane, pizza, grandi lievitati, prodotti da forno in generale)? Il tuo prodotto ha un difetto? Hai bisogno di consigli? Esponi il tuo problema e Simona Lauri ti risponderà nel più breve tempo possibile.
Sostituire il burro con l'olio nei grandi lievitati
Buongiorno, sono a chiedere: volendo sostituire il burro con l'olio EVO negli impasti dei grandi lievitati, vorrei capire se possibile, in quali quantità ed il metodo d'inserimento dello stesso negli impasti. Grazie per la risposta e per il servizio di consulenza gratuita che offrite.
Buongiorno a lei, certo che è possibile e l'inserimento deve avvenire previa emulsione con i tuorli; deve inoltre ricalibrare la ricetta per incrementare la parte liquida tolta con il burro. Un prodotto cosi realizzato non può assolutamente usufruire della denominazione di vendita Panettone, Colomba, ecc. in virtù del Decreto 2005. Spero di esserle stata di aiuto. Grazie per essersi rivolto al nostro servizio. Un saluto cordiale.
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Farina vecchia
Buon giorno dottoressa lauri, complimenti per il lavoro che svolge. Volevo farle una domanda: una fatina mal conservata stoccata contro il muro e senza le dovute temperature idonee, può cambiare caratteristiche, assorbire più o meno acqua? Grazie con immensa stima
Buongiorno a lei, rispondo al suo quesito con sicurezza estrema... SI cambia! Se la farina non è stoccata in un ambiente fresco, non ha riciclo di aria, staziona contro un muro, i sacchi sono impilati non alternati, UR ambientale e dello sfarinato è elevata, ecc., si può arrivare ad alterazioni biochimiche - enzimatiche, sensoriali oltre a quelle microbiologiche e biologiche (larve, presenza di insetti adulti, fili sericei ecc.). L'abbassamento di valori di pH <5,8 per metabolismi microbici e chimici attiva dei complessi enzimatici che agiranno su substrati come: pigmenti, proteine, lipidi, carboidrati variando, in senso estremamente peggiorativo, le proprietà reologiche (W, P/L, ecc.), sensoriali e l'assorbimento di acqua. Una farina in questa situazione presenta uno scarsissima panificabilità intesa come assorbimento di acqua, formazione della rete glutinica e "struttura" dell'impasto. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito e ringraziandola per i complimenti e per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una buona giornata.
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Pane/rosetta soffiato
Salve Signora Lauri sono un appassionato e da tantissimo tempo che provo e riprovo a fare il pane soffiato lo compravo quando ero piccolo. Ora nella mia zona è introvabile. Ho letto 2 articoli indietro di non laminare l impasto (a mattarello) ma riportarlo dopo la biga a 60% idratazione copparlo/lievitazione e infornare. ho fatto tantissime prove al 55 al 60 al 65% di idratazione senza pieghe con 3 pieghe e anche con 6. ho esagerato per cercare differenze.. e cercare di capire.. ma senza risultati accettabili. Hanno soffiato molto di più quelli laminati 6 volte.
la biga l ho fatta in spirale e tenuta a 18 gradi per 20 ore.
ho finito l impasto totale a 22 gradi invece di 25..
spero che non basta così poco per non fare uscire la soffiatura.
le pezzature erano da 85 g. l uno
ho infornato a 270 gradi forno convenzione per recuperare un po' di calore quando immetto in camera vapore.
vorrei proprio capire cosa crea la soffiatura e avere dei pani completamente vuoti. potrebbe consigliarmi anche qualche lettura? in internet di trovano molte fake e anche se non mollo sono un po' stanco di andare a tentativi.
comunque grazie lo stesso e molto istruttivo per me leggerla.
la farina usata e
w390 1 kg.
10g lbf
450 acqua
20 ore a 18 gradi
impasto
biga
100g w300
22 g. sale
12g malto.
purtroppo 1 ora di aperto mi sembravano tante
a 25gradi
Buongiorno a lei ha scelto decisamente un prodotto molto particolare e difficilissimo da fare non tanto per la lavorazione ma proprio per la presenza del "soffiato". Moltissimi professionisti hanno grandissime difficoltà e capisco e comprendo le sue. In ogni caso tutto nasce e dipende non solo dalla biga ma dalla presenza della spezzatrice esagonale sulla quale è posizionato il pastone e sulla modalità dello stampaggio (pressione e tempo). Inoltre se manipola troppo la massa e/o la biga non è nelle condizioni ottimali, il vuoto non esce e il bottone non si alza. A livello casalingo le consiglio di laminare più e più volte la massa per circa 5 - 10 minuti, stringere a pastone ben stretto, ungere la superficie e lasciarlo riposare coperto per circa 35 - 40 minuti a ta (20°C). Se è possibile lo spezzi con il "coppapasta" e non arrotoli o avvolga MAI i pezzi di pasta, ma una volta coppati tutti li stampi senza maneggiarli troppo. Chiuda su se stesso nel palmo della mano i singoli pezzi di pasta stampati e li metta a fermentare capovolti. Al raddoppio, li capovolga e li inforni alla massima potenza del forno con abbondante vapore prima e dopo l'infornamento. Spero di esserle stata di aiuto e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio le auguro una buona giornata. Un saluto cordiale
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aliquota iva pane
Avrei un quesito: cortesemente quali sono i criteri per applicare l'aliquota iva corretta al pane surgelato (gli ingredienti del art.20 della legge 580 consentono l'applicazione del 4%? il pane con le noci? le focacce senza con condimento di solo olio e sale? sempre surgelato). Grazie a voi per il servizio di consulenza gratuita che offrite.
Buongiorno a lei, la normativa di riferimento per le aliquote IVA ridotte è il DPR 633/72 in particolare l'Allegato A tutt'ora in vigore. Le consiglio comunque di rivolgersi ai consulenti fiscali dell'Associazione di categoria della sua zona per verificare che non ci siano cambiamenti relativi ad un aggiornamento dell'ultim'ora. La ringrazio per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza tecnica gratuita e le auguro una piacevole giornata.
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Pizza surgelata
Buon giorno dottoressa, volevo complimentarmi con lei per il servizio svolto. Leggo di continuo i suoi libri per cercare di capire il più possibile. Volevo chiedere come dovrei operare per eseguire un impasto per pizza surgelato, perchè vorrei creare un laboratorio artigianale. Grazie e spero un giorno poter fare un corso con lei. La saluto con immensa stima.
Buongiorno a lei, mi scusi ma difficilissimo rispondere a questo quesito perchè la progettazione di un impianto deve tener conto di tanti fattori che nella sua email sono mancanti. In primis l'investimento, i metriquadri, la produttività del laboratorio ecc. A grandissime linee deve lavorare con il lievito secco e non con il fresco anche se può comunque fare una aggiunta di circa 20 - 30% di biga. Subito dopo l'impastamento, nella linea prevederà la porzionatura, l'arrotondamento, la laminazione e l'immediato congelamento dei dischi crudi. Spero comunque di esserle stata di aiuto. Un saluto cordiale e grazie per essersi rivolto al nostro servizio
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Grandi lievitati
Salve dottoressa volevo sapere gentilmente se volessi aromatizzare un panettone o una colomba con pasta di pistacchio o simili, è meglio aggiungere la pasta al primo o al secondo impasto?grazie mille
Buongiorno a lei, la pasta la inserisca nella quantità di burro del secondo impasto molto morbido la sera prima e poi inserisca tutto solo nel secondo impasto. Grazie a lei e buona giornata
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Rosette con mollica
Salve dottoressa avrei bisogno di un consiglio tecnico. Eseguo la ricetta che riporto a fine messaggio per produrre rosette/michette soffiate, ma nonostante vengano leggerissime e molto voluminose sono completamente piene di mollica, nessun accenno a svuotarsi. Nonostante il prodotto sia molto apprezzato io vorrei arrivare al risultato tipico di questo pane.
ricetta: biga 18 ore a 18 gradi
10kg farina 350W 4,5lt acqua 100g lievito, impastata grezza con t finale di 22 gradi.
impasto: biga, 1,0 kg farina 250W, 220g sale, 60g malto, 0,55 acqua.
impasto finale cilindro 4 volte, lascio riposare 30 minuti spezzo a mano (non ho la spezzatrice) arrotondo punto 30 minuti, stampo metto a lievitare capovolto per 60 minuti inforno a 240 gradi con vapore per 22minuti.
Buongiorno a lei, mi scusi ma è un pochino difficile rispondere per email a questo quesito perché non vedo la consistenza nè dell'impasto nè della biga e quindi rischio di prendere le cosiddette "cantonate". In ogni modo, può aumentare il quantitativo di malto (0,5 - 1,0% sul totale della farina in base al potere diastasico e alla formulazione in pasta o in farina) e di acqua aggiunta arrivando anche al 60% in totale e sul totale della farina ed eventualmente evitare di cilindrare. Per ottenere il "vuoto" non deve arrotolare/avvolgere i panetti, ma stamparli subito senza altre manipolazioni o puntata. In linea di massima e in presenza di spezzatrice esagonale, dopo aver cilindrato, deve avvolgere stretto il pastone (2.8 Kg), ungerlo in superficie e lasciarlo puntare fino a quando non "spancia". A questo punto lo deve sollevare, senza schiacciare e/o allargare, e mettere sul piatto della spezzatrice. I 37 pezzi non devono essere arrotolati ma stampati, capovolti e lasciati fermentare. Che stampi a mano o con stampatrice deve regolare i secondi e la pressione in base alla forza dell'impasto sottostante; se l'impasto è in forza deve aumentare i secondi e la pressione. Prima di infornare, girare le forme, dare vapore alla camera, introdurre nel forno, dare nuovamente vapore e cuocere a 240 - 250°C per circa 18 minuti. Nella speranza di esserle stata comunque di aiuto e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti. A disposizione.
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Problema assorbimento farina
Gentile Dott.ssa Lauri, le scrivo per descriverle un problema abbastanza noioso che capita ormai molto frequentemente nella mia abitazione. Sono solito acquistare farine online in confezioni da 5Kg oppure 10Kg che conservo, per quanto possibile, nel luogo più fresco e asciutto della casa.
Nei primi giorni non ho grossi problemi ad impastare, sia a mano che con una planetaria, mentre col tempo la farina perde gradualmente la capacità di assorbire l'acqua. Parliamo di farine con W alto intorno ai 350/400. Risulta difficile anche far assorbire bene un 60% di acqua, la farina non appena idratata ha un effetto "lucido" sulla superficie. Ho provato differenti farine di differenti molini ma il problema rimane. Idratando al 50% forse migliora qualcosa ma con questo livello di idratazione l'impasto risulta sempre troppo "morbido" cosa che non dovrebbe accadere per farine con W molto alta.
Secondo lei quale potrebbe essere il problema? C'è un rimedio per evitare di buttare la farina?
Grazie come sempre per la sua generosità e disponibilità.
Buongiorno a lei, mi scusi ma leggendo la sua email mi viene un grande dubbio. E' solo un dubbio e pertanto non mi esprimo in proposito, ma le chiedo gentilmente di fare una piccola prova. Suppongo che stia producendo pane. Acquisti 1 o 2 Kg di farina qualsiasi alla GDO e rifaccia la prova magari lavorando con indiretto con biga (500 g di farina in biga e 500 g in allungo) lievito fresco 1% ecc. e acqua 60%, in totale e sul totale della farina, a circa 22 - 23°C evitando che si attacchi al gancio della planetaria. Puntata 20 minuti a t.a. (20°C) spezzatura, formatura ecc. La ringrazio per la sua pazienza e mi scuso se la impegno in questa nuova prova, ma vorrei essere sicurissima e non avere dubbi. Nell'attesa di ricevere, appena possibile, le sue considerazioni/impressioni in proposito e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una piacevole giornata. A presto
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Lievito madre
Buongiorno ho un quesito da sottoporre all'attenzione della Dott.ssa: Perchè il mio lievito solido che conservo nel sacco legato a una temperatura di 16°C per 16 ore con rapporto di allungo 1:2 e 45% di Acqua con il primo rinfresco del mattino in rapporto 1:2 con 45% di acqua e i successivi rinfreschi fatti in rapporto 1:1 e 43% di acqua alla fine di ogni ciclo dove lo porto a 2,5 il volume iniziale quando lo tolgo dal recipiente non ha struttura e si affloscia tantissimo? Grazie e complimenti vivissimi per il servizio di estrema professionalità e competenza che offrite.
Buongiorno a lei, mi scusi ma mi sembra di capire leggendo la sua email che il lievito sia conservato a 16°C per 16 ore e non per minimo 24, che operi immediatamente il rinfresco e che mantenga sul primo un rapporto madre/farina di 1/2. Molto probabilmente non avendo altre possibilità se non intuire quello che potrebbe essere successo, ritengo che la sua madre sia estremamente debole sia per la temperatura sia per il rapporto troppo lungo di rinfresco. Dopo il mantenimento a 16°C, la tenga circa 2/3 ore a 30°C e la rinfreschi 1:1 stoccandola durante tutto il ciclo dei rinfreschi a 28 - 30°C e operando il successivo dopo 4 ore. A questo punto può decidere, in base al prodotto che deve ottenere, se operare 2 o 3 rinfreschi ed eventualmente allungare il rapporto in base alle ore di stoccaggio e alla forza che vuole impartire. Nella speranza di aver ben compreso il suo quesito, di aver risposto esaurientemente e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una piacevole giornata.
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Inulina e shelf life
Buongiorno,vorrei sapere se l'aggiunta di inulina ad un impasto (pane e panettone) può comportare un allungamento della shelf life,se interferisce con la fermentazione in impasti di pasta madre e in che dosi può essere usata. Grazie mille per il prezioso aiuto
Buongiorno a lei, l' inulina è un polimero del fruttosio a catena lineare formato da catene di fruttosio con una molecola di glucosio terminale (da 2 a 50 unità di fruttosio). La molecola di glucosio si trova ad una estremità della catena e le molecole di fruttosio sono unite da legami beta-2-1-glicosidici per cui non sono digeribili dagli enzimi dell’uomo; è aggiunta ad alcuni prodotti alimentari non solo per la sua azione prebiotica, ma per il fatto che è in grado di complessare molecole di acqua e creare una struttura simil gel soprattutto nei prodotti di pasticceria gluten free. La fermentazione dell' inulina a livello intestinale avviene grazie la depolimerizzazione, catalizzata dall’enzima β-fruttofuranosidasi (β-Fru), che idrolizza le unità terminali di fruttosio ed agisce come invertasi nei confronti del saccarosio. Questo stesso enzima è presente anche in alcune specie facenti parte della microflora lattica della madre per cui, in un grande lievitato o nei prodotti della panificazione realizzati con la madre, si crea una situazione molto simile a quella che vede implicata la microflora lattica intestinale. Il prodotto derivante dalla degradazione enzimatica operata dai LAB della madre è principalmente il fruttosio la cui presenza stimola la componente lattica eterofermentante degli stessi LAB e il fruttosio metabolizzato dalla stessa microflora. A mio parere, nel settore della panificazione quando si utilizza la madre, l'inulina se aggiunta, serve solo per migliorare la sensory (la componente aromatica del prodotto) proprio perchè degradata dalla stessa microflora; in questo caso specifico non svolgerà più nessuna azione prebiotica ne tanto meno strutturale ne tanto meno il prodotto potrà essere pubblicizzato come "prebiotico" o claim simili molto ingannevoli. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una piacevole giornata.
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cottura indiretta piano refrattario
Buongiorno Dott. Simona vorrei porle un quesito circa la cottura del pane in casa. Opero una cottura in un forno in ferro doppia camera con mattone refrattario, panetti 620 g 55 minuti 240°C. Inizio vaporizzando i panetti con acqua e qui veniamo al punto: Come faccio ad ottenere una crosta più croccante e una mollica più asciutta? C'è una tecnica di cottura o dipende anche da altri fattori? Grazie sempre per la tua immensa disponibilità e professionalità. Un saluto cordiale e auguri.
Buongiorno a lei, ho capito benissimo il problema ma, mi creda, non vedendo il forno e non sapendo come cuoce è veramente molto difficile rispondere. La croccantezza della crosta dipende da diversi fattori non ultimo proprio la tipologia di cottura. Nel suo caso, ho delle perplessità sulla tecnica, propagazione di calore e temperature reali interne alla camera di cottura, perché, per pezzature di 620 g, mi sembra eccessivo il tempo relativo alla cottura a quella temperatura. In ogni modo dopo aver infornato, sprayzzi acqua calda con uno spruzzino direttamente in camera e dopo 20 minuti, o per lo meno dopo l'aumento di volume e la prima colorazione della crosta, apra la bocca del forno a metà e poi completamente. Sforni solo se, testando il fondo del pane, sente un suono sordo e lo lasci raffreddare su griglie di raffreddamento. Nella speranza di esserle stata di aiuto, le invio i miei più cordiali saluti. Buona giornata a lei.
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Panettoni
Buongiorno Dottoressa, mi sono sempre chiesto riguardo al confezionamento dei panettoni, dopo quante ore si devono confezionare dopo la cottura? spesso leggo di lasciare 10-12 ore all'aria appesi, ma non leggo mai una spiegazione in merito. Quando il prodotto è freddo e smette di rilasciare umidità, per quale motivo non imbustarlo? Grazie per la professionalità e per il servizio tecnico che offrite.
Buongiorno a lei, generalmente si confezionano dopo circa 8 -10 -12 ore dallo sfornamento per permettere all'acqua di evaporare il più possibile. Il numero delle ore dipende dalla pezzatura, dal fatto che sia ghiacciato o meno, dalla temperatura/UR del locale in cui sono posti i panettoni, dalla tipologia di impasto e dall'eventualità di ricoprirli con zucchero fondente, cioccolato, ghiaccia reale ecc. Uno dei problemi di riduzione della shelf - life è proprio legata alla presenza di aw per cui, in teoria, si deve farla evaporare il più possibile senza però mai aprire i tiraggi del forno. A ciò aggiunga che l'acqua non evapora solo durante il trasudamento ma inizia man mano che si innalza la temperatura nel forno e prosegue inesorabile per tutto il periodo, cioè fino alla perdita di accettabilità da parte del consumatore, qualche mese dopo. Un altro fattore che si tende a sottovalutare, dal quale dipende però, il valore di aw interno, è la temperatura a cuore, considerata come indice di cottura dello stesso; mai considerare lo stesso valore per i panettoni classici e/o per quelli ghiacciati che presentano pertanto una temperatura leggermente superiore. In conclusione, il prodotto non smette mai di perdere umidità e ciò non avviene solo nel trasudamento. Spero di essere riuscita a rispondere esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarLa per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
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uso del freddo
Dott. Lauri buongiorno, come sta? Panifico a casa cercando di fare un buon pane, biga, 20% e 15% di L M L75% acqua e impasto a mano. Dopo formo, faccio lievitare un ora a temperatura ambiente, poi 90 minuti in frigo e successivamente altri 90 minuti a temperatura ambiente. Non riesco però sempre ad ottenere lo stesso prodotto; a volte lievita bene e croccante alveolato, a volte non lievita bene e rimane la mollica quasi compatta e pesante. Cosa ne pensa? Grazie sempre e cordiali saluti.
Buongiorno a lei, mi scuso in anticipo ma rispondere per email al suo quesito è un pochino difficoltoso poiché intervengono fattori molto casuali, estremamente variabili e non ho riferimenti precisi di tempi/temperature esatti su tutto il processo. Leggendo più volte la sua email, non riesco a trovare alcuni parametri importanti ed imprenscindibili come: quantità, se presente, del lievito fresco, forza della farina utilizzata, quantità di sale e malto, temperatura dell'acqua utilizzata, tempi e modalità dell'impastamento, tempo della prima puntata, valore della temperatura ambiente e tempi di fermentazione in funzione della stessa. Il fatto che impasti a mano in realtà non mi dice molto sul modo in cui viene lavorata la pasta pertanto potrebbe essere già di per sè e uno dei fattori limitanti la qualità del prodotto finale. A ciò aggiunga che il valore della temperatura ambiente non è costante e variabile da giorno a giorno, oltre al fatto che, a mio modestissimo parere, ci sono dei piccoli errori tecnici produttivi. Un impasto con il 75% di acqua aggiunta richiede, generalmente, una puntata prima della formatura e l'alternanza nonché sbalzo ripetuto di temperatura non sono certo ideali (60 min a ta,90 min a +4°C, 90 min a ta) per ottimizzare uno sviluppo costante ed omogeno della massa in lievitazione. Decida a priori come vuole procedere e mantenga la costanza della metodica: fermentazione a ta (deve avere una costanza anche di quel valore) per le ore necessarie oppure dopo puntata e formatura subito a +4°C per 8 - 10 ore e poi fermentazione graduale a ta per le ore necessarie oppure dopo puntata, stoccaggio della massa a +4°C per 8 - 10 ore e successivamente formatura e fermentazione a ta per le ore necessarie. Tenga presente che per operare con la fermentazione controllata dovrà usare una farina con caratteristiche adeguate. La non costanza della qualità del prodotto finito nonché mancata standardizzazione dipende quindi dalla non costanza dei parametri di processo. Spero comunque di essere riuscita a rispondere adeguatamente al suo quesito e nel ringraziarLa per essersi rivolto al nostro servizio, Le auguro una piacevole giornata.
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Sponge
Buongiorno dott.ssa le volevo chiede un pò di informazioni sullo sponge, la sua preparazione ed utilizzazione in un impasto classico da pizza in teglia romana. Cordiali saluti
Buongiorno a lei, mi scusi ma lo "sponge" (trad. "spugna") non è nulla di innovativo, ma semplicemente un poolish ossia un preimpasto liquido, realizzato con un quantitativo di acqua pari alla farina e che richiami, in fermentazione, proprio una spugna. Certo che chiamarlo "sponge" fa tutta un'altra scena soprattutto quando si vuole impressionare l'interlocutore, o farlo passare per "l'innovazione del secolo" che assolutamente NON è. Spero con queste due righe di esserle stata di aiuto. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una serena giornata.
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Grano saraceno
Salve dottoressa.
Quando aggiungo il grano saraceno al mio impasto, quella quantità debbo considerarla come farina o come "un' aggiunta esterna” [per calcolare l'idratazione intendo]?
Cioè, ne tengo conto per calcolare l’idratazione totale oppure la escludo dai calcoli ?E' solo una mia impressione o il grano saraceno accelera la maturazione dell' impasto?
Grazie e scusi il disturbo
Buongiorno a lei, mi scusi ma il grano saraceno che lei aggiunge è in farina? Se Si, deve sommarla alla farina prevista dalla ricetta sia per il calcolo dell'acqua da aggiungere sia per il sale sia per tutti gli ingredienti la cui percentuale è calcolata sul totale della farina. Se invece è in cariosside, pesi la cariosside secca, la cariosside bollita e sottragga il quantitativo di acqua assorbito dalla cariosside nel calcolo dell'acqua prevista nella ricetta. In realtà l'effetto visivo che mostra il grano saraceno nell'impasto è simile a quello da lei descritto, anche se non è corretto il termine "maturazione"; il grano saraceno tal quale appartiene alla fam delle Poligonaceae, non contiene glutenine e gliadine per cui in presenza di acqua e agitazione meccanica non forma il glutine. A sua volta "indebolisce" la struttura glutinica realizzata dal frumento con il quale è miscelato; sembra che accelleri il processo metabolico, ma in realtà è solo un presenza di una struttura più "debole". Nella speranza esserle stata di aiuto e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online, le invio i miei più cordiali saluti.
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Temperatura e tempi per la biga
Buonasera Dottoressa Lauri e grazie infinite per l'approfondimento che offre con questo spazio. Sono un pizzaiolo e da anni mi cimento con le bighe. Mi rimangono alcuni quesiti, in particolare due:
1) quanto dovrebbe essere la temperatura ottimale di una biga appena impastata che verrà posta a fermentare a 17-20 gradi? Io direi tra 20 e 21 gradi.
2) Se noto che una biga classica posta a fermentare 18 ore a 18 gradi non "spinge" abbastanza sia in fase di lievitazione che come alveolatura del prodotto finito, è corretto, a parità di altri fattori, aumentare il tempo di fermentazione fino, al massimo, a giungere alle 24 ore? O dovrei aumentare la temperatura dell'acqua e quindi la temperatura della biga al termine dell'impastamento? Sperando di aver esposto con chiarezza i miei dubbi, Le porgo i miei più cordiali saluti.
Buongiorno a lei, in linea di massima dovrebbe essere circa 20°C come riportato nella sua email anche se nel periodo estivo e in assenza di cella fermabiga si cerca di abbassare la temperatura di 1 - 2°C e portarla a circa 18 - 19°C. La temperatura da impostare nella cella sarà poi 16°C in estate e 18°C in inverno per una maturazione/stoccaggio di massimo 24 ore. Premesso che si intenda per "biga" una massa realizzata esattamente con farina, 44 - 45% di acqua e 1,0% di lievito fresco impastata meccanicamente e NON manualmente con grumi grossolani ma compatti allora se cosi intesa, e se, in questo caso, fatica a maturare, i problemi posso derivare da: impastamento insufficiente, farina eccessivamente forte per le ore di stoccaggio (mediamente 300<W<320W), troppo "asciutta", temperatura troppo bassa sia dell'acqua utilizzata sia della massa, percentuale di lievito fresco non corretta. Chiaramente mi riferisco a una biga realizzata con farina di grano tenero e non di varietà definite "antiche" ne tanto meno di grano duro, segale, farina integrale di grano tenero, ecc. Non è corretto aumentare la temperatura di stoccaggio se non si è compreso la problematica relativa alla scarsa maturazione soprattutto in presenza di un eccesso di farina, poichè potrebbe essere "marcita" senza maturare. In questo caso, alzando la temperatura non risolvo il problema. Spero di essere stata chiara e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online, le auguro una piacevole giornata.
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Farine di forza "tarocca"
Salve dottoressa, ho avuto problemi con la farina che uso per panificare ed ho chiesto l'intervento di un tecnico per evitare di dover renderla visto che era già nei silos. Parlando con questa persona ho scoperto che nelle farine per "aggiustare" il W può essere aggiunto glutine secco e acido ascorbico E300, che però non danno una maglia di qualità (ed era proprio quello il problema). Ho anche scoperto che sotto una certa quantità, tali additivi/ingredienti non vanno dichiarati. Alla fine per correggere il problema avremmo dovuto mettere del miglioratore ed avendo fatto la scelta di non usarlo nel mio laboratorio, ho reso la farina. La mia domanda è, come faccio ad accorgermi che la farina è stata corretta, se non è dichiarato in etichetta? Ho in seguito a questa esperienza contattato il mulino che ha ammesso di aver aggiustato per quel lotto il W per un problema con il grano acquistato. Grazie a lei.
Buongiorno a lei, mi scusi se mi permetto, ma chi le dice che non devono essere dichiarati in etichetta le sta raccontando una falsità solo per vendere la farina di quella marca! Solo per questo motivo, cioè per la poca chiarezza e la frode commerciale compiuta, personalmente, cambierei fornitore. Premesso questo, come opinione prettamente personale, le dico che l'aggiunta di glutine è normata dal DM 351/94, in particolare l'art. 4 cosi recita "Le farine alle quali è stato aggiunto glutine ...devono riportare la dizione "con aggiunta di glutine", mentre per l'additivo antiossidante acido ascorbico E300, la norma di riferimento è il Reg UE 1229/11. Essendo quest'ultimo un ADDITIVO, deve essere OBBLIGATORIAMENTE dichiarato in etichetta secondo il Reg UE 1169/2011 indipendentemente dalla quantità. Molto spesso lo fanno passare per vit. C che di fatto lo è, ma quando compare con la sigla E300 ed è aggiunto volontariamente, per il diritto alimentare e le tecniche di processo specifiche del settore, non è più aggiunto per il suo scopo vitaminico (d'altra parte non avrebbe alcun senso in quanto la vit. C è termolabile e fotosensibile per cui non arriverebbe tal quale nei prodotti finali venendo cosi meno l'azione vitaminica!) ma come additivo con una specifica funzione tecnologica. Tale utilizzo, obbliga le aziende a dichiararlo in etichetta cosi come l'aggiunta di "glutine secco". Ora, l'additivazione di E300 è facilmente dimostrabile sullo sfarinato crudo, mettendo sulla farina 2/3 gocce del reattivo di Tauber; se diventa blu è positivo all'aggiunta e se non è dichiarato, è FRODE in Commercio. Per il "glutine secco" invece chi lo aggiunge sfrutta a suo vantaggio una "scappatoia legale" che gli permette, nonostante l'obbligo riportato in una norma nazionale, di non dichiararlo in etichetta in virtù dell'art. 20 del Reg. (UE) n°1169/2011 e dell'art.3 Reg. (CE) n°1333/2008. Questi due articoli permettono di modificare a piacimento gli sfarinati aggiungendo, in alcuni casi senza limite di concentrazione, ingredienti come il glutine secco, enzimi vari, ecc. Tornando al suo problema, aggiungendo un miglioratore cioè una sfarinato con additivi, enzimi ecc., a parer mio, avrebbe peggiorato la situazione. Come spesso accade, quando sono presi con "le mani nella marmellata" giurano che ... è stato un caso proprio perchè sanno cosa rischiano. In ogni caso tenga presente che mediamente farine con valori di 380<W<400 e W>400 sono tutte additivate di glutine secco. Spero di esserle stata di aiuto. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza, le invio i miei più cordiali saluti.
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Lievito madre e sterco di mucca
Salve Dottoressa, sono tornato da un corso sui grandi lievitati tenuto da un noto nome del momento e mi ha incuriosito la parte dedicata all'avvio di un nuovo lievito madre. Si sosteneva che l'unico modo per ottenere una madre resistente, che duri decenni, costante e che difficilmente inacidisce in maniera sbagliata (se ben trattata) sia quello di partire da 500ml di acqua e 1 grammo di sterco vecchio di mucca o cavallo. Questa acqua va lasciata 24h a ta e ossigenata periodicamente per agitazione. L'acqua cosi trattata va poi usata per impastare farina e iniziare la pasta acida. Si escludevano a priori come metodi i noti impasti o di sola acqua e farina o acqua fermentata (con frutta yogurt ecc.) e farina, perché questi lieviti tendono in pochi anni a diventare ingestibili e irrimediabilmente acidi. Cosa può dirci al riguardo? Sono veramente migliori i lieviti cosi ottenuti? È vero che le madri più vecchie giunte fin ad oggi erano fatte cosi? Grazie dell'attenzione.
Buongiorno a lei, lo sterco di vacca o di cavallo (differente per composizione e pH) derivante il primo da un poligastrico mentre il secondo da un monogastrico, dopo maturazione è chiamato humus e può diventare un ottimo substrato di coltura per la coltivazione industriale di funghi Pleurotus, champignon (prataioli), pioppino ecc. Dal letame/stallatico alla biomassa per la cultura dei funghi, la strada è molto lunga e passa attraverso un trattamento termico di pasteurizzazione prima della semina del micelio. Questa è la parolina magica ...PASTEURIZZAZIONE! Pertanto, data la pesantezza delle informazioni nel quesito, ritengo opportuno sia per quanto riguarda le affermazioni riportate sia il metodo descritto, di NON esprimere opinioni personali o commenti di genere. Grazie a lei e buona giornata
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Rinfreschi lievito madre
Buongiorno dottoressa. Volevo chiederle il suo parere su ipotesi di rinfresco del lievito madre. In passato facevo i 3 rinfreschi canonici, poi tenendo regolarmente rinfrescato il lievito e tenendo controllata la sua acidità, ho verificato che con due rinfreschi avevo comunque un ottimo risultato. Il dubbio che mi rimane riguarda la modalità dei rinfreschi. Sinceramente mi sembra abbastanza simile farne 2 con rapporto lievito farina 1:1 sulle 3 ore, 3 ore e mezzo, così come fare 1:1,3-1,5 ma almeno di 4 ore (a me sembra che anche oltrepassarle un pò non è per forza sbagliato). Le chiedo gentilmente un parere. Grazie mille per la disponibilità.
Buongiorno a lei, mi scusi ma parlare di madre e cercare di capire esattamente la problematica in termini generici, teorici (più che altro capire lo "stato" delle madre) per email è un pochino difficoltoso e rischio, alla cieca, di non essere assolutamente precisa nella risposta. In ogni modo, come opinione personale, le posso dire che ha senso allungare il rapporto quando si è in presenza di una madre "forte", una madre abituata a lavorare e pertanto ad essere rinfrescata quotidianamente. Giustamente se allunga il rapporto, allunga i tempi, ma i risultati possono essere molto confrontabili a un allungo di 1:1 su 3,3,5 ore di una madre più debole a pari condizioni di temperatura. La caratteristica dell'artigianalità della conduzione è proprio questa; ogni operatore conosce la forza della propria madre, dove con il termine "forza" identifico tutte la specifiche caratteristiche chimico fisiche di quella stessa madre oltre che microbiologiche. Concordo pertanto con lei quando afferma che può non esserci alcuna differenza sul risultato finale. Spero comunque di esserle stata di aiuto. La ringrazio per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online e le invio i miei più cordiali saluti. A disposizione.
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Pizza in pala
Buonasera, vorrei cortesemente un consiglio. Faccio una pizza in pala con biga al 50% sulla farina totale. Rinfresco con 300W , dopo un ora panetti e dopo due vado in precottura. 80 per cento d idratazione e 0,5 per cento di lievito sul rinfresco. Vorrei maggior alveolatura e inserire una percentuale di farina di mais. Il consiglio è la quantità di mais da inserire in percentuale e in che modalità, e se aumentare la percentuale di biga o usare una farina più debole per ottenere alveoli più grandi..o altro. Grazie mille
Buongiorno a lei, mi scusi ma non ho ben compreso la frase "biga al 50% sulla farina totale" Come fa cortesemente a fare il calcolo del 50% sulla farina totale quando con il termine farina totale si intende la somma della farina utilizzata per realizzare la biga e quella utilizzata per il rinfresco? Per non complicarsi la vita inutilmente e per mantenere la sua percentuale di biga al 50% sulla sola farina aggiunta consideri X la quantità di farina aggiunta e X/2 la quantità di biga da inserire. In questo caso sapendo la quantità di biga dovrà risalire al quantitativo di farina in essa contenuta che dovrà essere sommata a quella aggiunta per il calcolo del sale, olio, ecc. Nella sua email non è presente nessun valore di temperatura nè quella dell'acqua utilizzata nè dell'impasto a fine impastamento nè la t.a. nè tanto meno com' è stata condotta la lavorazione della biga. A mio modesto parere potrebbe non ottenere l'alveolatura desiderata per: 1. le ore sono troppo poche (totali 3 ore), 2. temperatura troppo bassa d' impasto, di ambiente ecc. 3. percentuale di biga troppo bassa. 4. farina troppo forte per sole tre ore. 5. Biga passata o troppo giovane, ecc. Per quanto riguarda l'introduzione della farina di mais, le rispondo che non le da un' alveolatura maggiore anzi potrebbe ottenere l'effetto contrario. Mi scusi ma alla "cieca" non riesco ad essere più precisa. Nella speranza comunque di esserle stata di aiuto, le invio i miei più cordiali saluti.
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Biga 100%
Mi scuso dottoressa per non essere stato chiaro. Alle 24 faccio la biga. Intorno alle 14 del giorno dopo rinfresco la biga aggiungendo il restante di acqua, sale e qualche panetto del giorno prima che equivale al 10\20% del peso complessivo dell' impasto per una biga così breve quindi di 14 ore può consigliarmi le caratteristiche giuste della farina che dovrei usare? per biga 100% intendevo senza aggiunta di altra farina nel giorno successivo e per "impasto di riporto" intendo quei panetti che mi rimangono del giorno precedente.
Buongiorno a lei se ho compreso bene la sua biga stocca per 14 ore ma non mi ha riportato la temperatura di stoccaggio. 14 ore non sono poi cosi poche per cui supponendo che l'impasto realizzato, come da sua email, subisca un ulteriore 24 ore di maturazione a +4°C, penso che potrebbe essere indicata una 320<W<330 sempre se non intervengano altri fattori tipo panetti troppo "passati", biga troppo "avanti" di maturazione, tempo maggiore di stoccaggio a +4°C, riposo in prima puntata troppo corto, ecc. Nel caso in cui il suo impasto finito non subisca stoccaggio a +4°C può lavorare con una 280<W<300. Spero di aver ben compreso il suo quesito e di esserle stata di aiuto. Nell ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online, le auguro una serena giornata.
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Biga 100
Buongiorno dottoressa la seguo da sempre e ho fatto già vari corsi con lei.volevo farle una domanda.ho una pizzeria, a fine lavoro faccio biga 100 quindi intorno a mezzanotte per poi andarmi a chiudere quest ultima alle 14 del pomeriggio dopo, spesso inserendo un 10-20% di riporto.ho scelto questo metodo perche a fine servizio ho un idea più precisa di quanto impasto fare per il giorno successivo.che w mi consiglia per una biga così corta ??
Buongiorno a lei mi scusi immensamente ma cortesemente non riesco a comprendere la sua email e quindi il suo quesito. Cosa vuol dire "Faccio biga 100"? o ancora "Andare a chiudere alle 14"? 10 - 20% di riporto è riferito alla percentuale di biga che inserisce oppure oltre alla biga utilizza 10 - 20% di pasta di riporto? Potrebbe spiegarsi meglio? Un saluto cordiale e a presto
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Primo impasto Panettone
Buongiorno Dottoressa Lauri, ho una curiosità a cui non riesco a dare risposta anche chiedendo e confrontandomi con altri panificatori,cosi ho deciso di scriverle chiedendo una sua opinione. La mia curiosità riguarda la giusta prima fermentazione del primo impasto panettone. Da molti anni seguo la mia ricetta ed il mio ritmo di rinfreschi per il primo impasto. Tengo il mio lievito secondo lo stile Morandin ed eseguo i rinfreschi giornalieri e quelli preparatori imparati dal Maestro.Il mio impasto deve almeno triplicare e poi si può procedere con il secondo...
Dopo avere sperimentato altre ricette ed altri modi di mantenere ed rinfrescare il lievito madre non riesco a capire perché alcuni ricette/Maestri richiedono una quadruplicazione del volume del primo impasto, per altri due volte e mezzo.Da cosa dipende e perché il primo impasto deve aumentare 2,5 volte oppure 3 oppure 4 volte il proprio volume per essere pronto per il secondo impasto? Certo ho notato un metodo diverso nei rinfreschi preparatori: c'è chi rinfresca 1.1; chi 1:1.5; io invece 1 :0,90...Dipende principalmente da come il lievito è rinfrescato? La ringrazio per la sua cortese risposta e le auguro buona giornata.
Buongiorno a lei. In effetti ha centrato il problema. La gestione della madre a livello artigianale è soggetta a una variabilità di gestione che dipende dalla abitudini di ciascun operatore nonché abilità nonché conoscenza della rispettiva madre in termini di gestione e prestazioni, forza della stessa, numero dei rinfreschi ecc. Quello che può aumentare o diminuire la forza è appunto il rapporto di gestione e il numero dei rinfreschi (due, tre o per qualcuno quattro) prima dell'utilizzo nel primo impasto ed eventualmente il bagno (Se il lievito non presenta problematiche particolari, personalmente, non lo consiglio mai né in questa fase né in generale poiché lo indebolisce notevolmente!). In linea di massima chi opera un un rinfresco 1:5 della madre avrà la tendenza a diminuirne la forza e ad allungare i tempi di lavoro che si traducono poi in un maggior volume sul primo impasto, con magari la tendenza ad inacidire, per ottenere caratteristiche similari (non sempre!) a un impasto triplicato in minor tempo proveniente da un lievito maturo con rinfreschi 1:1. Indicativamente il primo impasto con un rapporto di rinfresco 1:1 oppure 1:0,90 deve triplicare in 10 - 11 ore a 26<T<28°C. Se è lavorato prima del "triplo", ci impiegherà molto di più in fascia anche 2 o 3 ore in più in funzione di quanto manca al triplo. Ricapitolando: dipende, non da come è rinfrescato il lievito, ma dai rapporti di allungo e dal numero dei rinfreschi. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una piacevole giornata.
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Con e senza Glutine
Buongiorno dott. Simona, Le volevo chiedere se durante la cottura, in un forno dove solitamente si cucinano pane pizza,di un prodotto senza glutine è possibile un eventuale contaminazione. RingraziandoLa anticipatamente colgo l'occasione per porgere distinti saluti.
Buongiorno a lei mi scusi non capisco a cosa si riferisca la contaminazione. Vorrebbe cucinare nello stesso forno del "senza glutine" un prodotto con glutine?
I prodotti definiti "senza glutine" possono essere prodotti nello stesso locale, purchè in zone separate e sia tutto separato dalla quotidiana produzione con glutine; dal banco di lavoro all'impastatrice, dal forno alla cassette ecc. Alcune ASL ammetto che in un forno a due camere (quindi non due forni separati), una si possa destinare alla produzione del "gluten free", mentre altre ASL, addirittura, "permettono" (???) che la cottura dei prodotti "free" sia fatta nello stesso forno ma prima dei prodotti "con glutine" e sopra o carta da forno o retina in modo che non ci sia il contatto con la stessa platea. Lasciando perdere queste "libere interpretazioni" ... tutto deve essere separato proprio per scongiurare qualsiasi contaminazione incrociata sia prima sia durante infornamento/sfornamento e cottura. Spero di aver ben compreso in caso contrario non esiti a contattarmi. Buona giornata a lei e grazie per essersi rivolto al nostro servizio.
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Pizza con biga all'80%
Buongiorno,da qualche settimana sto provando per la pizza napoletana contemporanea (con cornicione pronunciato) la lavorazione con biga. Sto provando a fare la biga Fiorillo "classica" con farina w300 all'80% e poi al rinfresco il restante 20%di farina w260,idratazione al 68%,sale 2.5%,lievito di birra 2g a kg sulla farina del rinfresco e malto 0.4%sulla farina della biga. Avrei la necessità di utilizzare l'impasto già 3 ore dopo il rinfresco e per tutto il servizio che dura 3/4 ore quindi ho bisogno che tenga e sono obbligato a utilizzare il frigo,lei come si comporterebbe? Nel senso che temperatura finale darebbe all'impasto?sto provando intorno ai 24°ma non so perché molti pizzaioli per impasti del genere consigliano di uscire a 18/19°,come mai?staglio dopo mezz'ora e subito in frigo o lascerebbe un po' fuori frigo e poi a 4°?ovviamente tirando fuori l'impasto un po' prima di infornare.inoltre le dosi di lievito e malto al rinfresco le sembrano giuste anche se senza vedere il prodotto mi rendo conto che sia molto difficile. Vi ringrazio per il servizio tecnico professionale di consulenza che offrite.
Buongiorno a lei, mi scusi ma non so assolutamente cosa voglia dire "biga Fiorillo classica". Con il termine BIGA s'intende una ed una sola preparazione cioè un impasto realizzato unicamente con farina, 44 - 45% di acqua e 1,0% di lievito fresco (percentuali calcolate sulla farina utilizzata) che può, successivamente, o essere usato tutto o in % variabili in base ai giorni di maturazione a +4°C. Dalla sua email capisco che lei, invece, voglia utilizzare subito l'impasto (dopo sole 3 ore dal rinfresco!). Personalmente non le consiglio assolutamente questo tipo di procedura comunque se lei ritiene che sia la più indicata per il prodotto che vuole offrire alla sua clientela e alla sua personale organizzazione di lavoro, allora, prepari una biga 20 ore prima del servizio con una farina 270W max e 0,40<P/L<0,60 falling number circa indicativamente 240 sec con riposo/stoccaggio/maturazione della stessa a temperatura di 16 - 18°C massimo. Successivamente, il giorno dopo, aggiunga l'acqua restante fino ad arrivare all'idratazione totale desiderata, malto 0,5%, sale 2% (no, 2,5% per il poco tempo a disposizione!) temperatura finale a fine impastamento 23°C, riposo in massa circa 1 ora a t.a, staglio, avvolgitura non stretta e fermentazione nelle cassette a t.a. (sempre se la t.a. non sia maggiore di 25°C) Servire l'impasto dopo 3/4 ore dalla fine dell'impastamento non le permette di usare il frigorifero per cui se la temperatura ambiente supera i 25°C abbassi la temperatura a fine impastamento se invece il suo locale ha una temperatura di 18 - 20°C può permettersi di "chiudere" anche a 26 - 27°C. E' una lavorazione troppo altalenante da un punto di vista pratico e poco standardizzabile su grandi produzioni. Nella speranza di esserle stata di aiuto e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
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Percentuale di pasta madre in un impasto
Salve dott.ssa Lauri, La leggo da un bel po' e dopo aver scandagliato le Sue risposte e letto in giro nel sito, non avendo trovato, salvo errori, risposta ad un mio interrogativo mi accingo a porLe la seguente domanda: in un impasto di pane con una farina 0 standard, ovvero senza particolari caratteristiche e di forza W270 qual è la percentuale "ideale" di pasta madre solida da utilizzare per una idratazione diciamo del 75%? io che faccio il pane in casa mi trovo bene a metterne quantità anche del 5% in estate, o 10% massimo in inverno cosa che mi consente di far andare a mio avviso di pari passo maturazione e lievitazione ed avere un prodotto soddisfacente. Alcuni sostengono sia troppo poca, e mettono il 20%, altri addirittura arrivano al 25-30. Al di là dei tempi di gestione, Le domando se tali elevate percentuali rappresentano un miglioramento in punto sviluppo e resa del prodotto finito, anche riguardo la shelf life, ovvero se vi è una percentuale "ideale" ipotizzando una farina standard commerciale. Grazie per il tempo che mi vorrà dedicare. Un saluto a lei e grazie per il servizio.
Buongiorno a lei, sono mortificata ma non c'è una risposta esatta che vada sempre bene perchè dipende dalla metodica adottata, dalla massa, dalla temperatura, dalla forza della madre ecc. in linea di massima (molto indicativa) quando si utilizza SOLO la madre solida la percentuale minima è il 15 -20% sulla farina utilizzata (1000 g di farina 150 - 200 g di madre solida). 270W è comunque una "buona" farina cioè una farina che può permette una lavorazione fino a 15 - 18 ore con quella percentuale di madre, purchè la lavorazione sia gestita indicativamente per minimo 8 - 10 ore a +4°C. Come le dicevo, la percentuale è comunque molto soggettiva ed è funzione in primis della forza della madre ed in secundis dei valori di tutte le temperature oltre al tempo e a tutti i parametri considerati. Elevando la percentuale di utilizzo si migliora decisamente il profilo sensoriale, diminuendo, invece, non si hanno particolari note aromatiche nel prodotto finito. Le tecniche sono molto variabili e soggettive per esempio può fare un unico impasto, riposo in massa di minimo 2 ore a t.a (>22 - 23°C)., stoccaggio a +4°C, formatura e fermentazione finale (3 - 4 ore a t.a. La t.a. è variabile e pertanto può influenzare il tempo del riposo) oppure fare un primo impasto con la madre, 8 ore di riposo a 28°C, secondo impasto, riposo in massa di 2 ore, staglio, fermentazione finale 2/3 ore. Nella speranza di essere stata abbastanza chiara e ringraziandola per essersi rivolta al nostro servizio di consulenza, le invio i miei più cordiali saluti. Resto a disposizione.
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Gli amidi crudi portano acidità nello stomaco ?
Buongiorno Sig.ra Lauri, avrei un quesito da porle. Ad oggi si sente sempre parlare della scomposizione enzimatica degli amidi inerente i soli amidi danneggiati in fase di macinazione (5-8%) allorché girando su vari testi e studi riportati sul web ho riscontrato che anche gli amidi intatti se idratati a freddo, assorbono acqua e aumentano il loro volume del 10%, questo porta inevitabilmente al loro cambio di consistenza. Allora mi chiedo, questi amidi vengono attaccati ugualmente dalle amilasi anche se il processo sarà molto più lungo ? Qualcuno ha fatto dei test (da scuole superiori) con acqua, amido di grano, amilasi e tintura di iodio e la provetta effettivamente diventa rossa.
Qualcun'altro invece dei test con sola acqua farina e enzimi amilasi al 5%, ritrovandosi dopo giorni a temperatura ambiente, un impasto totalmente liquefatto e non gelatinoso. Leggendo in giro ho appreso anche che gli amidi crudi vengano compromessi e rotti dall'acidità profusa dello stomaco e poi aggredite dalle amilasi pancreatiche. Lei cosa pensa in merito? Grazie per il servizio e per la risposta.
Buongiorno a lei, la gelificazione dell'amido avviene solo se l'amido è posto in ambiente acquoso e si raggiunge la temperatura di transizione vetrosa variabile da cereale a cereale cioè in base all'origine vegetale del polisaccaride che a sua volta ne determina la forma e il differente amilosio/amilopectina. Il cambiamento fisico che è alla base della gelificazione è quindi una variazione di viscosità in conseguenza del passaggio da una struttura ordinata cristallina a una disordinata quando gli amidi si trovano in un ambiente acquoso e a temperatura opportuna. La base della differente strutturazione del granulo è la componente - amilopectina - costituita nel suo interno da ramificazioni (legami alfa 1,6) ogni 20 - 24 unità di glucosio con legami alfa 1,4 . Queste ramificazioni lunghe a loro volta 20 - 24 unità generano delle eliche tra coppie di catene laterali (ramificazioni); le doppie eliche formano lamelle cristalline che si alternano a lamelle amorfe. L'alternanza di zone cristalline e amorfe genera una struttura semicristallina a sfera cava; il granulo di amido è quindi formato da una successione di sfere cave, semicristalline e concentriche, separate da materiale amorfo parzialmente idratato. A temperatura ambiente, le amilasi agiscono solo sul granulo di amido danneggiato,previo assorbimento di acqua, ma non su quello integro e pertanto su quei granuli la degradazione enzimatica avviene anche a temperatura ambiente. La gelificazione, con il cambio di viscosità della soluzione, avviene solo se si raggiunge l'opportuna temperatura, tale da permettere l'assorbimento di acqua anche ai granuli interi oltre a quelli danneggiati; si può avere la degradazione enzimatica di una frazione di amido danneggiato anche a t.a. in soluzione acquosa, ma non avrò nè la gelificazione nè il conseguente cambio di viscosità della soluzione. Il test che lei ha descritto non è altro che una semplice valutazione colorimetrica con colorante Lugol o similari e mette in evidenza SOLO se un alimento contiene amido, nulla più; la scala decrescente di colorazione è direttamente proporzionale al quantitativo di amilosio in presenza di iodio (diminuisce il colore e diminuisce il contenuto di amilosio). Per quanto riguarda invece la digeribilità (affinché l'amido diventi digeribile deve perdere la sua struttura semicristallina e passare da una struttura ordinata a una disordinata con le caratteristiche di un gel), non mi addentro in discorsi di fisiologia della nutrizione ma mi limito a sottolineare che dipende da diversi fattori tra i quali: grandezza dei granuli, amilosio/amilopectina (meno amilosio c'è più un amido gelatinizza e maggiore sarà la digeribilità), tipo e grado di trattamento termico al quale è sottoposto, presenza di matrici non amidacee, presenza di amido-resistente (non vorrei che tra le sue letture ci sia stato un fraintendimento tra le parole "crudo" e "freddo" sul discorso dell' amido - resistente), ecc. , mentre l'azione enzimatica è consequenziale all'assorbimento di acqua. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito. Nel ringraziarla per essersi rivolti al nostro servizio, le auguro una buona giornata.
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Acidificare la massa/cartina tornasole
Salve dott.ssa. Avrei un quesito riguardo al pH dell’impasto del pane di segale dove è molto importante la questione dell’acidificazione. Lei dice che utilizzare una cartina al tornasole non è consigliabile/affidabile. Quale sarebbe allora un modo per controllare il pH della massa? Grazie mille
Buongiorno a lei mi scusi, ma mi sarò spiegata male per cui colgo l'occasione per fare una opportuna e chiarificatrice precisazione. Non è tanto l'uso della cartina come strumento analitico per valutare il pH che non è adatto, (sfido chiunque a dire che non è adatto a livello artigianale cioè al di fuori di una accurata valutazione chimico - analitica appunto da analisi strumentale chimico analitica) ma l'utilizzo dello specifico indicatore in cui è imbevuta quella specifica cartina. Il "Tornasole" come indicatore di viraggio tal quale non esiste perchè è una miscela di più indicatori di viraggio che messi tutti insieme su quella cartina offrono una scala di viraggio molto ampia in cui le diverse tonalità di colore sono date dai singoli indicatori cromatici che formano il Tornasole. Nel suo specifico caso, per avere una valutazione il più accurata possibile, non userei una cartina con il Tornasole (chiamata comunemente cartina Tornasole) ma una cartina imbevuta con altri specifici indicatori per 3,5<pH<5.1 ossia per quei valori più indicati per le madri dato che non le interessano valori oltre il 5,0. Senza entrare nel dettaglio degli indicatori cromatici di viraggio (ho affrontato questo specifico tema sul prossimo numero di Lezione di Arte Bianca n. 58 di luglio) le consiglio di usare per le madri cartine di viraggio non con scala cosi ampia come il Tornasole, ma più ridotta e più consona alle sue aspettative se vuole una misurazione con una sensibilità maggiore. Spero di aver chiarito il suo dubbio e la sua perplessità. Scusandomi nuovamente per la poca chiarezza precedente, le invio i miei più cordiali saluti.
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Forza della biga
Salve dott.ssa.Avrei un quesito su forza della farina in relazione a biga e poolish.
Se io faccio una biga o un poolish con una farina debole o una con una farina forte, tralasciando i diversi tempi di maturazione e la quantità di questo che andrò ad utilizzarne nell’impasto, quella che andrò ad ottenere sarà “semplicemente” una biga/poolish oppure uno sarà più debole e l’altro più forte? Grazie
Buongiorno a lei, la biga e/o il poolish può realizzarli con farine di qualsiasi valore di W; la differenza sarà sia nei tempi sia nella temperatura di stoccaggio/maturazione biga o poolish. Otterrà sempre biga/poolish ma con caratteristiche tecniche differenti se non modifica i parametri processo, variando la W della farina. Se invece cambia la variabili processo (NON la % degli ingredienti) della biga/poolish, in base alle caratteristiche reologiche della farina (a pari concentrazione di lievito, temperatura, tipo di impastatrice, tempi e velocità di impastamento, ecc.), otterrà prodotti molto confrontabili in termini di forza. Questo discorso vale anche per il poolish. Spero di aver ben compreso il suo quesito e di aver risposto esaurientemente. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio le invio i miei più cordiali saluti.
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Cottura pane
Buongiono Dott,ssa Lauri ho una curiosità: un forno doppia camera, sotto combustione e sopra cottura, con piano refrattaria potrebbe essere adatto alla cottura del pane? Grazie per la sua gentilezza e cortesia, Un saluto
Buongiorno a lei, dalle sue poche parole penso proprio che sia adatto anche se la cottura dipende dalla temperatura che raggiunge all'interno della camera. Il pane non richiede temperature elevatissime, purché il calore sia distribuito in modo uniforme all'interno, non ci siano dispersioni e il forno sia dotato di una chiusura della cosiddetta "bocca". La cottura del pane non è come la pizza avviene senza fiamma e a bocca chiusa. Il fatto che la camera di combustione sia separata da quella di cottura è un grosso vantaggio in quanto si può permettere di avviarlo a camera piena. Se la dispersione del calore non avviene in maniera uniforme deve, a metà cottura, "girare" il pane. Grazie a lei per la stima e sempre a disposizione. Buona giornata
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pane gommoso
Dott.ssa S. lauri buon giorno, un info, faccio pane casalingo di semola rimacinata, siciliana, con biga 10% e lievito madre liquido 10% e 75% acqua, impasto a mano con 30 minuti autolisi, buono ma dopo un giorno diventa un pò gommoso, come posso rimediare? Grazie a lei per la pazienza e disponibilità. Saluti
Buongiorno a lei, mi scusi ma per email è un pochino difficoltoso rispondere con certezza assoluta soprattutto in assenza di tutti i parametri processo compresi i dettagli di: preparazione della biga, cottura, pezzatura, ingredienti e valutazioni reologiche della farina. Nella speranza di non prendere grossi abbagli e confidando nello stato ottimale della biga, le consiglio di aumentare la percentuale della biga al 30 - 50% , evitare l'autolisi in questo caso (conoscendo indicativamente le caratteristiche reologiche comuni a quasi tutte le varietà siciliane) e di operare una cottura max 220°C con vapore e tiraggio aperto gli ultimi minuti. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una piacevole giornata.
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Pane rosso...
Buongiorno Sig.ra Lauri, spesso fa menzione del pane "rosso" come conseguenza di cottura di un impasto debole, con poca forza. Potrebbe chiarire meglio il concetto? Grazie, seguo sempre i Suoi interessanti articoli!!
Buongiorno a lei, un impasto che ha "subìto" il freddo (stoccaggio in cella fermalievita, frigorifero sia in massa sia in staglio) o troppo freddo già in massa, in cottura prende una colorazione marrone-rossa molto caratteristica. Dalla colorazione della crosta si capisce immediatamente la conduzione della lavorazione cosi come si comprende dalla struttura degli alveoli. Il "freddo", inteso sia come temperatura a fine impastamento non idonea per quel caratteristico prodotto sia come fase del processo è sempre sinonimo di debolezza per una azione diretta sulla struttura glutinica, produzione di glutatione da parte del S. cerevisiae maggior produzione di acido acetico dagli eterofermentanti, azione sulla pKa, PI delle proteine, differente entità di idratazione dei granuli di amido interi, attività dell'acqua, ecc. È stato dimostrato che l'entità della gelatinizzazione dell'amido segue la cinetica del primo ordine, in cui la costante di velocità varia con la temperatura in base all'equazione di Arrhenius (c'è molta bibliografia in proposito) non solo ma ci sono diversi modelli matematici che mettono in relazione la curva di colorazione con la temperatura del forno e della massa. Anche un breve passaggio a +4°C per 30 min delle forme prima di essere infornate (tecnica frigo - forno), viene segnata dalla colorazione rossa della crosta (accellerazione delle reazioni di Maillard, caramellizzazione e destrinizzazione). Inoltre, cosa molto importante nel settore del food, la tonalità di marrone/rosso è funzione diretta del contenuto di acrilammide. Questo è uno dei punti cardine dell'attuale Reg. Ue 2158/17 per il quale sono previsti di limiti di riferimento proprio pe ril pane e i prodotti da forno. La tonalità e sfumatura di rosso sono molto caratteristici e compaiono anche durante la caramellizzazione diretta dello zucchero. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio SOS online, le invio i miei più cordiali saluti.
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Pizza Napoletana sotto vuoto
Salve Dott.ssa. Dovuto al problema del Covid sto studiando la possibilità di offrire pizza napoletana sottovuoto con atmosfera modificata. Secondo il fornitori la shelf life del prodotto può arrivare fino a 30 giorni. La mia domanda è come rimane la qualità dell’impasto per quanto riguarda il raffermimento, sofficità, etc. La pizza sottovuoto può rimanere nel frigo o per forza si deve surgelare. Cordiali Saluti
Buongiorno a lei, mi scusi non ho capito sottovuoto o in atmosfera modificata? I meccanismi chimico fisici e biochimici che influenzano la qualità e la shelf life tecnologica e reologica di una pizza in quelle condizioni sono gli stessi di quelli di una pizza definita "fresca". Può migliorare la conservazione microbiologica perché modifica la composizione gassosa dell'aria interna. La particolarità di adottare queste metodiche di conservazione e il tempo della shelf life sono abbinate alle basse temperature di frigorifero e/o di congelatore. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito e ringraziandola le invio i miei più cordiali saluti.
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Info attività enzimatica
Gent.ma dott.ssa Lauri ho una curiosità. Amatorialmente, utilizzando una farina con "elevata attività enzimatica" per fare il pane, la massa è risultata molto appiccicosa mentre la lavoro. Quando inizia a diventare appiccicosa, metto il sale e poi quando riprende ad esserlo, chiudo l' impasto con l' olio. Di solito mi ritrovo con i tempi della lavorazione ma alcune volte no perché diventa veramente troppo difficile da maneggiare. C'è qualche sistema per rallentare l' attività amilasica? Mi sembra che il sale aiuti, almeno credo, ma volevo capire se ci si può aiutare anche in altro modo. Ringraziandola e complimentandomi per il bellissimo lavoro che fa la saluto cordialmente.
Buongiorno a lei. Mi scusi ma lei ha parlato fin da subito di una elevata attività enzimatica magari voleva dire "amilasica"; in questo caso ha potuto riscontrare questo parametro dalla scheda tecnica della farina? Le faccio questa domanda, perché molto spesso capita di confondere l'appiccicosità che si presenta in fase di impastamento, dovuta magari alla non corretta introduzione e temperatura di acqua, sfibramento della massa per eccessivo attrito meccanico, velocità ridotta per la tipologia di impasto, tempi eccessivamente lunghi di impastamento ecc. non tanto con l'eccessiva attività amilasica quando con uno squilibrio di P/L e W dello sfarinato. In ogni caso se fosse effettivamente una eccessiva attività "amilasica" (non se ne accorge dall'appiciccosità in fase di impastamento!) o "enzimatica" (se la farina si disfa in fase di impastamento è un gravissimo problema perchè vorrebbe significare o "gessatura" o additivazione volontari!) non può fare molto se non: evitare di aggiungere malto diastasico e/o estrarre circa un 20 - 25% della farina e lavorare questa parte con autolisi a caldo. Il sale non risolve il problema legato all'eccessiva attività amilasica e/o enzimatica, ma può ridurre l'appiccicosità nel senso che è igroscopico e interagisce con la struttura glutinica. Se l'attività enzimatica è dovuta effettivamente a "enzimi" volontariamente aggiunti nello sfarinato oppure a gessatura per eccessivo stoccaggio/maturazione della farina, non si può agire direttamente. Personalmente le consiglio di non aggiungere mai olio alla fine ma all'inizio insieme a tutti gli ingredienti secchi perchè se lo sfibramento fosse meccanico (ancora peggio se dovuto ad attività di enzimi aggiunti per ridurre la forza della farina) non riuscirà più a ristrutturare la massa. Spero di esserle stata di aiuto e ringraziandola per la stima e per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza, le invio i miei più cordiali saluti. A disposizione
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Pane sciapo e difetti
Gentilissima dottoressa S.Lauri vorrei porle un quesito in merito al pane sciapo. Con amici di forum abbiamo riscontrato un problema al quale vorremmo dare una soluzione.Quando realizzo il pane senza sale tramite un semplice diretto e lievitazione a cura del lievito di birra, a volte, succede che in alcuni punti, solitamente nella parte bassa del pane a circa 2 cm dalla crosta, si forma una separazione della mollica. Sembra come una "linea" che divide la fetta del pane. Non c'è traccia di farina di spolvero. Solitamente uso farina W200 grano tenero e idratazione 60% lievito compresso 1%.Procedo in questo modo: impasto e lascio riposare per circa 15/20 minuti, preforma leggera e dopo 10 minuti forma finale e lievitazione sino a quando inforno. Lievitazione che avviene in un cestino ( forato ) con un canovaccio infarinato dove deposito il pane.Questo problema si verifica saltuariamente e mai se utilizzo lievito madre solido ( 45% idratazione ) Nella mia ignoranza sono convinto che l'assenza di sale tenda a generare un impasto poco "elastico" e con un glutine più debole. Probabilmente l'acidità del lievito madre riesce ad agire sulla maglia glutinica compensando l'assenza del sale.Mi scuso per la lunghezza del mio scritto.
In sintesi: come posso ovviare al problema? tramite un preimpasto, e in tal caso quale sarebbe il più idoneo, oppure modificando altri aspetti della lavorazione del pane sciapo.
La ringrazio per il suo preziosissimo servizio. Distinti saluti
Buongiorno a lei, dovrei vedere la "linea" perché non riesco a capire se la linea separa la crosta dalla mollica. Dalla sua email non comprendo neanche il valore della temperatura a fine impastamento e se la massa sia stata surriscaldata troppo durante l'impastamento o se sia troppo fredda. La saltuarietà non mi aiuta a capire in quanto "saltuariamente" si compie un errore e per email, in questo caso, è difficilissimo comprendere quale errore si compia. 200W è una farina un pochino debole per cui il fattore temperatura (temperatura farina e massa) può fare la differenza in questo caso. Se vuole continuare a lavorare con quella farina le consiglio di lavorare con un indiretto con biga (realizzata con 300<W<330) almeno al 30 - 40% sulla farina, temperatura a fine impastamento circa 24°C, riposi, formatura, fermentazione e cottura con vapore a 220 - 230°C (temperatura indicativa). Cortesemente mi faccia sapere. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le invio cordiali saluti.
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Bagnetto del lievito madre conservato in sacco con acqua frizzante.
Buongiorno dott.ssa Lauri, è sconsigliabile fare il bagnetto del lievito madre conservato in sacco per riequilibrare l'acidità con acqua frizzante? Se si perchè?
Buongiorno a lei, premetto che il "bagnetto" è una tecnica di mantenimento che si fa solo ed esclusivamente in determinate condizioni di stress cellulare e non come operazione routinaria come molti consigliano perchè si indebolisce la madre sia di forza sia di profili aromatici soprattutto se l'acqua è a 40°C. Non ha senso assolutamente usare acqua frizzante perchè la CO2 gassosa sciolta in acqua non ha influenza sulla microflora della madre. Si assicuri di usare acqua a 20°C e di fare il bagnetto solo all'occorrenza. Nel ringraziarla per la stima, le invio i miei più cordiali saluti.
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Gestione madre liquida di segale
Salve, dottoressa, Qualche giorno fa ho avviato la procedura per una madre di segale in coltura liquida partendo da segale integrale e acqua in rapporto 1:1 (100g) e mezzo cucchiaino di miele. Dopo i primi giorni, in cui era evidente l'attività microbica dal volume raddoppiato del composto di partenza, da circa 48 ore, pare sia subentrato un problema. La crescita della massa di partenza è pressoché assente. Ho provato ad aggiungere un cucchiaino di zucchero, ma nulla è cambiato. Ho adoperato i rinfreschi nel seguente modo: acqua a 35°, farina di segale integrale e riposo in forno con luce accesa. Dopo i primi quattro giorni, data la veloce espansione volumetrica (dalle 8 alle 10 ore per raggiungere il collasso) ho adoperato i rinfreschi due volte al giorno, a distanza di 12 ore; ma dopo un paio di giorni pare che l'attività microbica sia stata inibita quasi completamente. Non so darle specifiche riguardo l'acqua da rubinetto che uso, ma non ho mai avuto problemi per l'esecuzione di altri prefermenti. Mi auguro di essere stato abbastanza esaustivo e, in attesa di una sua gentile risposta, rinnovo la mia stima nei suoi confronti e le porgo i miei saluti.
Buongiorno a lei mi scusi ma per email, senza vedere nulla, mi è un pochino difficile capire cosa effettivamente sia successo. Riesce a mantenere costante, senza oscillazioni, la temperatura del forno intorno a 30°C? Con un rapporto 1:1 segale integrale:acqua, la madre non sarà in coltura liquida ma abbastanza solida. Se desidera averla in "coltura liquida", le consiglio di riprovare, ma questa volta rispetti questo rapporto farina di segale:acqua 1:2 - 2,5 con zucchero semolato al posto del miele almeno all'inizio della coltura. Il miele contiene antibiotici naturali per cui è meglio non usarlo all'inizio. Lo può usare dopo qualche giorno quando la coltura si "stabilizza". Operi il rinfresco ogni 24 ore e prosegua per almeno 15 giorni. Mi scusi ma ho poche informazioni specifiche per risponderle. Nel ringraziarla per la stima e per essersi rivolto al nostro servizio le auguro una piacevole giornata. Sempre a disposizione
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Calcolo temperatura acqua autolisi a freddo
Salve dott.ssa Lauri, volevo chiederLe come calcolo la temperatura dell'acqua quando voglio operare un autolisi a freddo. Grazie mille anticipatamente
Buongiorno a lei, non è necessario operare nessun calcolo ne misurare la temperatura. Il generico "acqua fredda" circa 10 - 12 gradi in questo caso va bene. Le consiglio comunque di verificare che sia comunque il metodo di lavoro migliore per quella specifica farina; non segua sempre i consigli generici espressi sui forum in cui l'autolisi sembra il miglior e l'unico metodo per lavorare in pizzeria e soprattutto, se proprio ritiene necessario usare questa metodica, operi con una autolisi corta min 30 minuti. Non ha alcun senso logico e tecnologico ordinare una farina 450<W<500 per poi doverla lavorare con autolisi lunga. Grazie a lei e buona giornata
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Puntata e struttura impasto
Buongiorno Dott.sa Lauri, seguo sempre con molto interesse i suoi articoli.
La mia domanda è sulla "puntata", come influisce sull'impasto?Sulla sua struttura? E che relazione c'è fra puntata, tempo, temperatura? Grazie
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Funzione del latte negli impasti lievitati e non.
Buonasera Dott.ssa Lauri, mi potrebbe spiegare gentilmente la funzione del latte negli impasti lievitati e non, e la differenza di risultato tra l'impiego di un latte fresco e uno in polvere? Grazie, cordiali saluti.
Buongiorno a lei, il latte nella massa serve per dare morbidezza, stimolare il processo fermentativo (sia per apporto di zuccheri sia per i LAB, sempre se fresco e non UHT o microfiltrato ecc.), migliorare le qualità nutrizionali e il profilo sensoriale, inoltre svolge azione tensioattiva e stabilizzante della schiuma, incrementa la colorazione della crosta, aumenta la shelf life, riduce il fenomeno della sublimazione, rallenta la migrazione delle molecole di acqua ecc., Chiaramente tutto questo dipende dalla quantità. A livello tecnologico non c'è nessuna sostanziale e macroscopica differenza tra il latte in polvere (100g di polvere e 900 ml di acqua fanno 1 l di latte) e quello fresco se non sul quantitativo di acqua da aggiungere alla massa. Se la ricetta del suo impasto prevede la presenza del latte in polvere, rispetto ad un impasto senza la polvere e senza latte liquido, il quantitativo di acqua da aggiungere nella massa sarà un 10 - 15% in più. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
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Puntata e appretto approccio scientifico 2
Gentile dott.ssa Lauri,
la ringrazio molto per la risposta su puntata e appretto.Cerco il suo libro da molto tempo e proprio non lo trovo da nessuna parte, forse me ne può inviare lei una copia? In mancanza del testo mi scusi ma mi resta una domanda/curiosità: in che modo una puntata lunga influenza la forza di un impasto, cioè quali sono i processi chimico-fisici-microbiologici che intervengono? Cioè perché è diverso se a riposare è una massa da 20kg e non un panetto da 1kg dopo staglio? In fondo, se faccio un piccolo impasto casalingo da 1kg e lo metto a puntare prima dello staglio, esso ha lo stesso peso di una panetto es. per pala da 1kg messo in appretto dopo staglio. Mi viene quindi da pensare che più pesa una massa più diventa significativo il suo riposo. Grazie per la sua pazienza e la professionalità che mettete gratuitamente a disposizione
Buongiorno a lei il testo Pane e pizza due mondi un'unica passione (2012) FIP nel Mondo Messina (penso si riferisca a quello!) lo può ordinare direttamente alla casa editrice contattando Giovanni Mento anche su FB. Non ne ho a disposizione perché è un'altra casa editrice rispetto a quella della testata Quotidie Magazine. Ritornando al quesito nella sua email le rispondo che più sono lunghi i riposi in massa più interagiscono le proteine e i legami chimici soprattutto i ponti disolfuro e i legami idrogeni che, seppur debolissimi come singoli legami, risultano "forti" perché numerosissimi, più una massa prende "forza". Scusi ma chi ha parlato di diversità sulla massa intesa come quantità? Le reazioni chimiche sono le stesse in termini di reazioni tra i gruppi R degli amminoacidi intra o intercatena; la cosa che può influire è l'attività metabolica del lievito e quindi non solo la produzione di CO2 ecc., ma il riscaldamento meccanico e l'abbassamento dei valori di pH che va ad influenzare sia la K di dissociazione degli acidi prodotti sia l'attività delle proteine enzimatiche. Le ripeto che il riposo in massa non è funzione diretta della massa intesa come quantità (non vuol dire che più pesa più deve riposare, ma eventualmente il contrario più pesa, più si riscalda e meno deve riposare!) ma del tipo di prodotto che devo fare, della metodica di lavoro, della temperatura a fine impastamento e del quantitativo di acqua aggiunta come affermato anche in questo link https://www.quotidiemagazine.it/sos/puntata-e-appretto-approccio-scientifico-1. Spero di essere riuscita a chiarire il suo dubbio e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, la saluto cordialmente.
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Info su tutto
Buonasera Simona. Sono un pizzaiolo siciliano. Le scrivo perché vorrei iniziare ad utilizzare il lievito madre prodotto da me circa un mese fa. Mi piacerebbe iniziare ad utilizzarlo per fare il pane in casa e poi chissà, magari utilizzarlo pure in pizzeria. A tal riguardo, le chiedo se mi può dare qualche dritta per cercare di commettere meno errori possibili. Ho provato a fare il pane a casa, ma i risultati non sono stati tanto soddisfacenti, perché in forno si sono create delle crepe laterali e poi sembrava essersi seccato troppo. Attendo qualche consiglio da parte sua su un pò di tutto. La ringrazio anticipatamente.
Buongiorno a lei, mi scusi ma per email, rispondere a questo quesito, è estremamente difficile perchè non saprei da dove incominciare. Rischierei di scrivere un post infinitamente lungo che avrebbe poco senso proprio perchè appunto troppo lungo oltre al fatto di rischiare di lasciare molte questioni pratiche tecnico scientifiche irrisolte sia sulla madre sia sulle tecniche di panificazione specifiche. Se posso permettermi, le consiglierei di partecipare ad uno o più corsi sulla panificazione. Dato l'argomento specifico appunto "pane" si assicuri che il corso pratico (no consigli di tutti sui gruppi facebook o social in generale) sia tenuto da professionisti panificatori artigiani esperti e non da altri professionisti. Allo stesso modo se vuole imparare tecniche di pasticceria si rivolga a pasticceri professionisti, per la pizza a pizzaioli, per la cucina agli chef e cosi via. A fine settembre riprenderanno i nostri corsi a qualsiasi livello e il prima possibile saranno calenderizzati; se fosse interessato a partecipare a tematiche di pane, pizza, dolci, ecc. me lo faccia sapere. Scusandomi per l'impossibilità di rispondere e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti
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Lievito di birra metodica
Salve Dott.ssa,avrei un quesito;che differenze ci sono nelle metodiche di inserimento del lievito di birra fresco,ovvero se lo inserisco direttamente sulla farina o lo sciolgo in acqua e poi lo inserisco? il ldb disidratato attivo invece va inserito con la farina,ma cosa cambia con quello fresco se devo fare una fermentazione a +4C? Quale dei due è da preferire? Con infinita stima le auguro buon lavoro,cordiali saluti
Buongiorno a lei forse 30 - 40 anni ci potevano essere delle differenze, ma gli studi di ingegneria genetica e di biochimica sul S. cerevisiae hanno migliorato i ceppi e non c'è più alcuna necessità di sciogliere il lievito di birra fresco (ldb) in acqua prima dell'utilizzo nell'impasto per pane, pizza, ecc. Si faceva quando i climi erano molto freddi e aveva lo scopo di stimolare la vitalità cellulare nella stessa unità di tempo.
La differenza tra il ldb fresco e quello secco attivo (stesso microrganismo S. cerevisiae ma in due formulazioni diverse), a parte lo stato fisico e di conseguenza il contenuto di umidità che passa dal 72% circa al 6 - 8 %, consiste nel fatto che il ldb secco attivo necessità di idratazione e attivazione in una soluzione di acqua e zucchero; è un microrganismo vivo, in stato di "quiescenza" cellulare, può essere conservato a temperatura maggiore di 4°C, ma non è vitale in quello stato. Per qualche operatore è più pratico, ne serve meno, non richiede la conservazione a +4°C e ha una shelf life anche di 1 anno a confezione ermetica. Il ldb fresco è vivo e vitale e il suo stato cellulare può essere mantenuto invariato anche per 1 mese a +4°C . La scelta di operare con lo stesso microrganismo S. cerevisiae nella formulazione "fresca" o "secca attiva" dipende unicamente dal tipo di prodotto che si desidera ottenere; in linea di massima si opta per l'utilizzo del secco quando le produzioni non devono essere "spinte" come fermentazioni come per esempio nelle produzioni industriali (diverse referenze orarie) di basi per pizze ecc. e/o le basi devono essere congelate o surgelate. Una volta attivato il lievito secco si comporta nello stesso identico modo del fresco operando gli stessi metabolismi proprio perché è lo stesso microrganismo. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito e ringraziandola immensamente per la stima, le auguro una buona giornata.
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Autolisi
Buongiorno dottoressa ..e possibile fare un autolisi con farina 00 w250 con 55% acqua a kg di farina riposo 30 minuti e chiuderlo al 65% di acqua cioè aggiungendo il 10 % dopo l autolisi ?Grazie per la risposta e per il servizio estremamente professionale e chiarificatore che fornite.
Buongiorno a lei, tutto è possibile, ma cosi sulla carta e con le scarsissime informazioni che lei mi ha fornito, non le consiglio assolutamente quella tecnica di lavorazione a meno che il P/L di quello sfarinato non sia>2 ma ne dubito fortemente. Una farina 250W va lavorata cosi com'è (diretto corto, medio 8 - 10 ore, indiretto con biga corta, poolish), senza pensare di trattarla con 30 minuti di autolisi. Spero di averle chiarito il dubbio e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio di assistenza online, le invio cordiali saluti.
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Puntata e appretto approccio scientifico
Gentile dott.ssa Lauri, innanzitutto molti auguri di Buona Pasqua e tanti complimenti per la sua rubrica SOS, è davvero unica nel panorama web per chi come me non si accontenta di spiegazioni semplicistiche relative all’arte bianca. Vorrei che mi aiutasse a fare chiarezza su un argomento trattato poco (intendo dal punto di vista scientifico) nei libri e sul web, e cioè come la durata di puntata e appretto (e il loro reciproco rapporto) influenzano il prodotto finale in termini di risultato. Sono consapevole che ciò che accade all’impasto nelle due fasi è influenzato da tipo di farina, temperature, idratazione, tipo di lievito ecc., e che interviene anche un aspetto empirico legato all’esperienza, ma vorrei sapere se esistono delle linee guida generali (quindi valide sia per pane sia per pizza) per capire, in linea di massima, come scegliere la durata di una puntata e di un appretto in base al risultato che voglio ottenere. L’idea è quella, approcciandosi scientificamente anche a questo aspetto, di pensare e progettare un impasto sulla carta tenendo conto anche delle variabili di puntata e appretto (come già tutti noi facciamo per W, idratazione ecc. ecc., ), scegliendo in anticipo le tempistiche (salvo poi naturalmente correggerle eventualmente all’atto pratico come noi “impastatori” siamo soliti fare). Grazie infinite per la gentilezza.
Buongiorno a lei, mi scusi ma è molto difficoltoso e lungo rispondere a questo quesito per email o post. L'argomento l'ho trattato nel mio testo Pane e pizza due mondi un'unica passione (2012) FIP nel Mondo, Messina. In ogni modo, certo che ci sono delle linee guida e dipendono da quello che vuole realizzare e non dall'empiricità. In termini molto semplicistici; ogni impasto (in questo caso mi riferisco al pane) in base alla tipologia di pane (crocetta, pasta dura, soffiato o pasta molle, ecc.) ha una differente % di acqua aggiunta, % di lievito fresco, metodica di lavoro usata, temperatura di fine impasto, temperatura e tempi di prima puntata in base alla "forza" che devo impartire, alla dimensione degli alveoli, alla struttura della mollica, alla idratazione dei componenti strutturali la farina, alla lavorazione manuale o meccanica, ecc. Mi spiego meglio: un impasto realizzato con il 44 - 45% di acqua, deve avere una temperatura a fine impasto di 22 - 23°C, non richiede riposi in massa, ma deve essere lavorato immediatamente perchè il riposo aumenterebbe la forza della struttura già abbastanza tenace con conseguenti problemi successivi (strappi o non avvolgitura) durante il passaggio nella chifferatrice, coppiatrice, avvolgitrice, ecc. In caso contrario un impasto molle con temperatura di fine impasto più elevata, deve subire un riposo in massa di minimo 1 ora, per ottimizzare la crescita e il metabolismo microbico e renderlo "lavorabile" in termini di elasticità ed estensibilità. Non richiede un passaggio meccanico di avvolgitura se non a cilindri molto aperti (massimo 65% di acqua aggiunta), ma al massimo un taglio usando il gruppo spezza-ciabatta. Per la pizza, i concetti teorici e scientifici non cambiano assolutamente, perché gli impasti della classica (circa 65% di acqua aggiunta che ricordo non essere l'idratazione finale) teglia o pala (oltre 70% di acqua aggiunta) rientrano nella specifica degli impasti "bastardi" o "molli" della panificazione; non sono assolutamente differenti. Anche in questo caso il concetto è lo stesso con l'unica differenza per la % di lievito e la fase di stoccaggio a +4°C. La variabilità legata alla "personalizzazione" individuale deve essere comunque ridotta al minimo o annullata proprio per evitare l'approccio casuale e non scientifico. La libera interpretazione deve essere evitata il più possibile; è ammessa solo qualche rara volta e solo quando insorgono eventi casuali. A quel punto interviene l'esperienza e solo quella. Spero di essere stata abbastanza chiara e nel ringraziarla per aver usufruito del nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
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Passaggi nel rinfresco
Salve dott.ssa, cortesemente avrei un quesito: che differenze ci sono in un lievito madre rinfrescandolo sciogliendo il lievito in acqua e poi aggiungendo farina,oppure unendo tutti gli elementi contemporaneamente e poi impastare? La ringrazio, rinnovando come sempre la stima a lei e a tutta la redazione della testata per questo servizio impeccabile. Cordialità
Buongiorno a lei , sciogliere la madre solida o liquida in acqua, nel rinfresco, è uno dei passaggi cruciali e basilari. Chiaramente sto parlando di usare una impastatrice con gancio o al massimo con foglia e NON assolutamente un frullino ad immersione con lame taglienti come ho visto fare, scrivere o dire da molti "mostri - esperti". Il motivo del NON utilizzo è di facilissima intuizione! In ogni caso, lo scioglimento di lievito in acqua, prima con velocità lenta e poi, a scioglimento avvenuto, a velocità un pochino maggiore, serve a fare omogenizzare la coltura sull'intera massa, riavviare l'attività metabolica, ma soprattutto ad inglobare aria per stimolare l'azione fondamentale dei blastomiceti presenti senza causare stress o riscaldamenti eccessivi per ridotto atrito meccanico. La cultura ha bisogno di "aria" , e di movimentazione della massa microbica per ricercare nuove sostanze nutritive all'interno della massa/substrato e (ri)stimolare naturalmente le fermentazioni che in caso contrario subirebbero un rallentamento. Dopo la doverosa movimentazione, rinnovo nutrizionale, introduzione di aria, si ultima aggiungendo la farina che risolidifica la massa senza stress e prepara per un nuovo step fermentativo. Spero di essere stata abbastanza chiara e la ringrazio sia per la stima sia per la fiducia nei nostri confronti. Cordiali saluti.
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Pizza d' asporto
Buongiorno dottoressa volevo chiedere un informazione a riguardo ..io venerdì sera devo iniziare a fare pizze d asporto nel ristorante dove lavoro .. Partiamo dal presupposto che ho a disposizione due tipi di farine: 250W, 11%di proteine p/l 0.60 assorbimento min 54% e stabilità min 8'..l altra farina 330W 13% proteine p/l 0,60 assorbimento min 57% e stabilità min 13'... Dovrei fare pizze solo asporto che vanno nel cartone ... Il mio procedimento è : se uso 1kg 250W di farina 65%idro 2% sale 0.2% lievito di birra ..temperatura impasto finale 22/23 gradi 30 minuti in massa a 20/22 gradi che è la temperatura del locale poi staglio appretto 1 ora a t.a e poi frigo a 3 gradi per 24 ore poi lo esco e dopo 1 ora stendo e inforno ... Se uso la blu stesso procedimento però in frigo per 48 ore .. Però nel cartone la pizza non rimane soffice e croccante ma tende a diventare morbida e gommosa ... Da cosa può dipendere questo fatto? Temperatura del forno 340/350 panetto da 230g
Buongiorno a lei, dalla sua email è chiaro che lavora con due farine con W differenti per cui si comportano in maniera differente; non può mantenere la stessa tempistica di prima puntata e di fermentazione finale. Allunghi il riposo della prima puntata in entrambi i casi di circa 1 ora, staglio e subito frigorifero. Dopo il frigorifero allunghi di 1 ora la fase di fermentazione e quasi a 2 quando usa la farina 330W. Spero di aver ben compreso il quesito e di essere stata chiara anche se per email è un pochino difficoltoso capire nei dettagli la problematica senza vedere la struttura della massa. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza gratuita, le invio i miei più cordiali saluti.
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Lievito madre in crema
Buon giorno dottoressa, ho una domanda relativa al rinfresco del lievito madre in crema perché da sempre lo rinfresco in questo modo: rapporto 1:1:1 o 1:2:2 (a seconda delle tempistiche a me necessarie), sciolgo il lievito madre nell'acqua e poi aggiungo la farina e mescolo finché risulta omogeneo e privo di grumi. Poco tempo fa, un collega mi ha detto che usa gli stessi rapporti, la stessa procedura ad eccezione del punto finale perché mette in planetaria il lievito madre appena rinfrescato e lo fa incordare (15-20 minuti). Io ho provato già alcune volte questa pratica, ma non ho notato sensibili differenze nel prodotto finale. Lei sa darmi qualche informazione in più a riguardo? Grazie per la gentilezza e il servizio impeccabile
Buongiorno a lei, a una domanda simile a questa ho già risposto a questo link https://www.quotidiemagazine.it/sos/passaggi-nel-rinfresco Mi stanno sorgendo alcuni dubbi, gli stessi che mi assalgono quando più persone mi pongono lo stesso quesito. Ho una grande perplessità che senso ha e come fa ad "incordare" una madre liquida 1:1:1 o ancora peggio 1:2:2? In ogni modo, spero di aver risposto al suo quesito e resto sempre a Sua disposizione. Nel ringraziarla per la stima, le auguro una buona giornata.
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Processi enzimatici
Salve Dott.sa Lauri,vorrei sapere se c’è una differenza tra i processi enzimatici in particolar modo delle amilasi, diastasi insomma di tutto ciò riguarda la saccarificazione dell’amido, durante la maturazione di un impasto e gli stessi processi durante una pioggia in un campo di grano.
Il chicco non ha l’amido danneggiato, questo significa che le amilasi riescono a scindere anche l’amido intero. Ma un impasto lasciato lievitare per molto tempo risulterà più bianco non avendo zuccheri disponibili ha difficoltà a colorare e sicuramente ha ancora amido che potrebbe essere scisso per liberare zuccheri semplici, forse l’acidità che si è creata durante le molte ore di lievitazione ha inibito gli enzimi?Nel seme probabilmente non si forma una acidità tale da impedirne la completa scissione di tutto l’amido o per lo meno di tutto quello che ha bisogno il germe per sbocciare.Grazie mille sempre per la sua disponibilità e professionalità.
Buongiorno a lei, il processo della saccarificazione tal quale è sempre lo stesso e avviene sempre nello stesso identico modo (a questo link https://www.quotidiemagazine.it/archivio/2016/numero-10-ottobre-2016/la-saccarificazione-dellamido-simona-lauri-ota-milano trova il dettaglio) Come e quando si avvia dipende dalle condizioni di: temperatura, ossigeno, luce, UR, maturazione della cariosside ecc. Se non si raggiungono valori di temperatura, UR ecc., tale fenomeno può restare "quiescente" per anni all'interno del seme/cariosside fino a quando sopraggiungono condizioni ambientali tali da avviare la saccarificazione dell'amido contenuto nell'endosperma. A pag. 4 sulla testata sfogliabile https://www.quotidiemagazine.it/archivio/2019/numero-11-novembre-2019 è spiegato il dettaglio di tale azione enzimatica nel seme nella fase di pregerminazione (Imbibizione, interruzione della dormienza, incremento dell'attività delle amilasi preesintenti e sintesi ex novo dall'idrolisi delle proteine di riserva sotto stimolo ormonale, attivazione della crescita vegetativa dell'embrione) che si avvia sempre e comunque in presenza di acqua (dopo 24 - 72 h dall'imbibizione) o quando il seme tal quale aumenta la sua UR. In ogni caso la saccarificazione non è l'unico fenomeno che avviene e non deve mai essere analizzata nella sua unicità, ma all'interno di un complesso fenomeno biosintetico di pregerminazione. Se i granuli di amido non assorbono acqua, l'azione enzimatica non si avvia. Questo vale anche post germinazione cioè quando, esaurite le sostanze di riserva endogene nella cariosside, la pianta vive di vita propria (stato di autonomia) grazie all'apparato radicale e fogliare. Man mano che cresce sintetizzerà nuovo amido dal glucosio. Parte dell''amido prodotto nelle foglie è depositato transientemente nei cloroplasti durante il giorno e andrà incontro a degradazione durante la notte. Fino a quando la pianta è in campo, il grado di maturazione, le condizioni di temperatura, il rapporto giorno di sole/giorni di pioggia, umidità ambiantale, ecc., atmosferica incrementano/decrementano l'attività enzimatica. Nel momento in cui la cariosside diventa farina (azione molitoria) circa 9 - 11% dei granuli di amido interi si danneggiano (rompono) e nelle condizioni di idratazione della massa, temperatura operative della massa, temperatura ambientale, pH e UR, le amilasi endogene agiscono solo ed esclusivamente sui granuli di amido rotti posticipando l'ulteriore azione sui granuli di amido interi nel momento in cui questi assorbiranno acqua e raggiungeranno la cosiddetta temperatura di transizione vetrosa variabile da cereale a cereale; condizione che si avvia solo nelle primissime fasi della cottura. Chiaramente,essendo proteine con azione enzimatica, la loro azione ha un optimum 5,0<pH<8,5 (condizione sempre verificata in natura e nella farina 5,8<pH<6,2 in linea di massima) questo vuol dire che all'esterno dell'intervallo la loro azione è rallentata o inibita. Spero di aver ben compreso il suo quesito e di aver risposto esaurientemente. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online, cordialmente la saluto. Buona giornata
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Brioche
Salve dott.ssa;in un suo libro leggo la ricetta brioche dove,inizialmente,fa miscelare la farina il latte(10% su farina) lo zucchero e il malto,fa miscelare per 4 minuti e poi riposa 30...non ottenendo un impasto,ma rimanendo comunque uno sfarinato,volevo sapere a cosa servisse questo passaggio con riposo...poi fa mettere il 30% di riporto e 3,5% di lievito;potrei sostituirli con l inserimento di pasta madre rinfrescata e far lievitare gia formati per tutta la notte? grazie mille e buon lavoro
Buongiorno a lei, in quel caso specifico per un errore sono state omesse la caratteristiche reologiche delle farina; era squilibrata con P/L abbastanza elevato. Il passaggio specifico aveva solo lo scopo di far perdere "tenacità" alla massa. Certamente può sostituire con la madre, ma le consiglierei di operare comunque dei riposi in massa di circa 3 - 4 ore a 20°C, un riposo per 12 ore a +4°C, staglio, formatura e poi fermentazione finale dei croissant per circa 8 ore circa a 20°C. Spero di esserle stata di aiuto. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una buona giornata.
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